La festa della pecora brigasca (1° parte)

Domenica scorsa sono stata a La Brigue, in Francia. Terra di frontiera, terra di passaggio, terra prima italiana, poi francese, dove si parla il Brigasco. C’è anche una razza di pecore, quasi a rischio di estinzione, la Brigasca per l’appunto, sviluppatasi in queste terre, tra Briga Alta (Italia) e La Brigue (Francia).

E’ proprio oltreconfine che si tiene la festa dedicata a questa pecora. Quest’anno era la sesta edizione. La buona organizzazione dell’evento era evidente già dal primo mattino: le auto venivano bloccate a valle del paese, dove vi era un ampio parcheggio (ma la sera si incontravano auto parcheggiate tutto giù lungo la stretta strada scendendo verso San Dalmazzo di Tenda). Una navetta gratuita portava in paese chi non voleva salire a piedi, altrimenti con una veloce passeggiata in una decina di minuti si arrivava a La Brigue.

Era ancora presto, gli espositori stavano appena iniziando a montare le bancarelle, ma già due ragazze suonavano musica occitana e qualche coppia accennava a passi di danza. Una bella giornata di sole faceva da cornice alla manifestazione e preannunciava una buona riuscita dell’evento.

Vi presento la razza brigasca, simile per alcune caratteristiche alla frabosana-roaschina. In piazza gli allevatori avevano già iniziato a portare qualche esemplare, collocato negli appositi box di legno. Ma lo “spettacolo ovino” sarebbe poi stato un altro e l’avrei scoperto più tardi.

Se in Italia la toma di pecora brigasca è un presidio Slow Food, in Francia se ne valorizza anche la lana. Questi artigiani realizzano tappeti con la lana della brigasca ed i disegni riproducono i famosi graffiti preistorici della Valle delle Meraviglie, non lontana di lì, sotto al Monte Bego.

La lana è protagonista della festa. Sono numerosi gli stand dove troviamo gomitoli, matasse, manufatti di vario tipo.

Dalla prima piazzetta, ci si spostava tra vicoli, piazze, stradine, portici bassi dove si incontrava qualche gatto frettoloso. Qua e là qualche altro stand, ma poi ad un certo punto era la musica occitana a richiamare oltre, di là del ponte. I musicisti stavano già scaldando la voce e gli strumenti.

Cercherò, attraverso questa rapida carrellata di immagini, di mostrarvi un buon numero tra le bancarelle più a tema. Qui vedete i manufatti di lana mohair. Ovviamente non tutti vendevano prodotti derivanti da pecore e/o capre, c’era anche tutto il mercato dei prodotti agricoli e un po’ di artigianato di altro tipo (ceramiche, gioielli etnici, ecc.), ma il bello era non trovare tutta quella paccottiglia da fiera, da mercato, che spesso da noi fa “scadere” il livello di queste manifestazioni.

Tra i produttori agricoli, c’era una buona alternanza tra Francesi, Liguri e Piemontesi, in un bel mix di colori, sapori e profumi.

I produttori di formaggi erano quasi tutti Francesi e si poteva scegliere tra latte ovino, caprino, vaccino e tome miste. Nessun commerciante, nessun caseificio, tutti piccole aziende agricole tradizionali.

Ancora lane multicolori, per mostrarvi quanto fosse ampia la scelta e la varietà degli espositori. Raramente mi è capitato, anche in manifestazioni teoricamente “a tema”, di trovare così tante diverse realtà artigianali di lavorazione della lana.

Non si poteva nemmeno morire di fame! Dolci, dolcetti, torte salate, cibo “di strada”, caldarroste, già al mattino presto si mescolavano i profumi. Aleggiava un aroma di spezie e di cumino, sfrigolavano spiedini e salsiccette, tutto in modo molto più “rustico” e diretto che non in Italia. Non che mancasse la pulizia, ma ancora una volta ho avuto la sensazione che oltralpe vi siano meno vincoli, meno norme assurde a complicare le cose.

La festa è anche l’occasione per far sentire la voce della protesta. Qui vedere una pecora brigasca che metaforicamente si oppone al passaggio dei camion, per protestare contro l’ipotesi del secondo tunnel al Colle di Tenda. C’è però da dire che, dal punto di vista dei trasporti, la valle non è ben messa. Tra i tagli alla linea ferroviaria e il semaforo che regola il passaggio alternato nel suddetto tunnel, causando lunghissime code…

Non mancava ovviamente il feltro. Borse, cappelli, piccoli oggetti, animaletti, soprammobili…

Si poteva anche provare a cardare la lana. Al mattino la bisaccia era piena e davanti all’apposito attrezzo c’erano solo pochi boccoli, ma al pomeriggio la situazione si era invertita, con grandi e piccini che scoprivano la magia della soffice lana.

Si poteva anche vedere/provare a tessere, ma c’erano pure gli antichi strumenti usati per filare. Il pubblico al pomeriggio era aumentato, centinaia, migliaia di persone a vedere la festa ed assistere al momento clou del passaggio del gregge (che vi racconterò nel prossimo post).

Oltre alle piazze più affollate, dove ormai i generi alimentari erano quasi totalmente esauriti, in giro per il paese poteva anche capitare di incontrare questo gruppo di musicisti di strada, le cui melodie e canti si perdevano tra i vicoli. Tutto in un’atmosfera che sapeva di transumanza, di viaggi, di passaggi che non (ri)conoscono frontiere.

Altro genere di suono, quello che curiosi e appassionati testavano sollevando ora questa, ora quella campana. In questo caso però il pubblico della festa era composto più da turisti che non da allevatori, quindi vi era un’unica bancarella di questo tipo.

Erano arrivate altre pecore a riempire tutti i box. Il gregge che è transitato giù per la valle però era composto da merinos. Non ho idea di quale sia l’attuale consistenza della brigasca, comunque ripartendo dalla festa la sensazione è stata quella di una manifestazione molto ben riuscita, che ha davvero avvicinato la gente al mondo della pastorizia nelle sue diverse sfaccettature: prodotti, lavoro del pastore, territorio.

Tutto ciò che sta intorno alla tosatura

Arriva la stagione e… inizia il solito valzer della tosatura. Come e quando tosare? Guardare la luna, guardare i costi, guardare il meteo e dipendere dagli altri. Iniziamo però a dire che BISOGNA tosare le pecore. Più si va avanti, più c’è progresso e più la gente ammattisce. Non che non lo sapessi, ma preparando questo post ho voluto vedere un po’ cosa si dice in giro della tosatura… C’è chi fa di tutto per recuperare e valorizzare la lana e chi addirittura consiglia di utilizzare le fibre sintetiche perchè tosare sarebbe maltrattamento.

Prendiamo fiato e vediamo un po’ quel che si dice in giro. Quando inizia a fare caldo, in primavera, i pastori tosano le pecore. O meglio, così fanno quelli che le pecore le tengono al pascolo tutto l’anno. Chi invece le chiude in stalla, solitamente le tosa nel cuore dell’inverno, magari a gennaio o febbraio, di modo che abbiano la loro lanetta quando usciranno a mangiar erba e che non abbiano troppa lana quando sono dentro. Le temperature, nelle stalle con un numero giusto di animali, anche in pieno inverno infatti sono gradevoli se non calde!

Se le pecore non venissero tosate, starebbero male. Il caldo, certo, ma poi parassiti, infezioni della pelle, rami e rovi che si impigliano… Sporcizia che favorisce lo svilupparsi di infezioni. Guardate il posteriore di questa pecora non tosata dopo il parto. Ogni tanto capitano delle diarree e lo sporco resta attaccato nella lana anche per lungo tempo, formando quelle che, nella pagella della qualità della lana consegnata a chi ce la ritira, sono state definite “caccole”. Queste possono anche essere pesanti e sicuramente fastidiose per l’animale, quando si sposta e sfregano contro le gambe.

Ormai non si tosa per reddito, tosare è un costo, ma lo fai proprio per il benessere dell’animale.  Così chi può magari se le tosa con l’aiuto di amici. Avendo tempo, attrezzatura e la capacità di farlo. Ma avendo anche il luogo adatto per riuscire a tosare e saziare il gregge nello stesso tempo. Una faticaccia, un impegno (ecco perchè non ho più aggiornato il blog ultimamente!) e pure un certo costo per i macchinari impiegati. Ma i pastori, tutti, comunque le pecore le tosano, una o due volte all’anno. Certi vaganti che scendono presto dall’alpe infatti tosano pure in autunno per evitare che, lungo i fiumi, negli incolti, troppi semi, rovi, spine restino aggrovigliati nel vello.

Chi il mondo della pastorizia non lo conosce, eppure lo giudica duramente, arriva a dire che tosare è maltrattamento. Leggete questo articolo e soprattutto i commenti dei lettori: c’è da rimanere ancora una volta allibiti nel sapere cosa pensa certa gente. Fermo restando che sono contraria al mulesing (qui in Italiano), una pratica in vigore in Australia e Nuova Zelanda su pecore merinos per ridurre le infezioni da parte delle larve di mosche (ma che consiste nello scuoiamento dell’area perianale), per tutto il resto… ma questa gente sa come si lavora in un allevamento in Italia o, più in generale, in Europa? Sul Sud America sono informati, ecco cosa scrivono: “La lana merino argentina è, ad esempio, condizionata dalle condizioni climatiche della Patagonia, con grandi differenze di temperatura tra estate e inverno e tra giorno e notte e con molto vento: è, quindi, una lana molto più arricciata di quella australiana, che protegge, appunto gli animali dalle intemperie. Per lo stesso motivo non ci sono mosconi e non c’è nemmeno la problematica del mulesing, anche se, anche in questo caso, quando gli ovini iniziano a produrre meno lana sono destinati al macello.

No alla lana e sì al sintetico! “Indossare lana significa, quindi, indossare violenza e morte. Ma indossare lana non è necessario. La lana può essere sostituita da tessuti, altrettanto caldi e morbidi, come il pile, il velluto, la microfibra, la ciniglia, il caldocotone, il cotone felpato, l’acrilico, la spugna di cotone; in particolare, nella trama del cotone invernale (caldocotone) si trovano microscopiche camere d’aria che isolano perfettamente dal freddo. Oltre ai materiali citati ve ne sono numerosi altri senza crudeltà, vegetali o sintetici, come, ad esempio, il lino, la viscosa, l’acrilico, la canapa, il fustagno, il goretex, il nylon, il poliestere, il thinsulate, il polarguard, il fibrefill e la cordura.” Meglio l’inquinamento, meglio le sostanze non naturali, i derivati dal petrolio… Pur di non avere a che fare con le sostanze animali, non considerano nemmeno le campagne sulla non sostenibilità del cotone. Ad ognuno la sua guerra… Io guardo le pecore al pascolo e dico che, per la loro forma di allevamento naturale, ciò che deriva da loro è più che mai sostenibile!

Tosare un piccolo gregge senza aiuti esterni può essere fattibile, ma quando superi i 2-300 animali le cose si complicano. Così, se arriva in zona una squadra di tosatori, alla fine ti affidi a loro. E inizia in balletto… Domani, no dopo-domani. Non hai mai certezze. C’è di mezzo il meteo, le attrezzature che a volte si inceppano, così si inizia a rimandare e tu non sai bene come fare sia per cercare gente che venga a dare una mano (c’è da tirare pecore, da insaccare lana), sia per essere nel “posto giusto”. Sei lì che aspetti di sapere e scopri che si rimanda ancora…

Allora ti rimetti in cammino per trovare un altro posto adeguato per l’indomani, sperando che sia davvero la volta buona. Sposta il gregge, sposta il recinto già allestito… All’imprevidibilità del pascolo vagante, con la tosatura si aggiunge sempre quell’incertezza in più e non è facile gestire tutto. Magari hai già preparato da mangiare o ti domandi se alla fine sarà un pranzo “sul campo” o una cena, da offrire alla squadra e a chi ti aiuterà. Ammesso di trovare qualcuno, così all’improvviso, in settimana.

Un’altra variabile è quella del tempo. I tosatori dicono che la pioggia non li spaventa, ma lo scorso anno la lana praticamente non ci è stata pagata, avendo tosato ed imballato con la pioggia. Già normalmente non c’è da guadagnarci, ma almeno prendere quel qualcosina… Nuvole in cielo, aria umida, previsioni molto incerte.

Si pascola più che si può, l’indomani le pecore dovranno attendere, per riprendere a brucare a piacimento. Ma comunque il disagio della tosatura finisce qui, qualche ora di “digiuno”, a cui il pastore farà seguire un pascolamento prolungato fino a notte inoltrata per recuperare il tempo perso. La fatica della giornata richiederebbe un riposo anticipato per l’uomo, e invece, tanto le pecore i pastori le maltrattano, anche in questa occasione si sacrificano loro stessi per il benessere del gregge.

Alla fine ecco la squadra al lavoro. Solo questa foto, perchè poi non ho più avuto modo di prendere in mano la macchina, con tutto il lavoro di raccolta ed insaccamento della lana. Si è lavorato a ritmo serrato tutto il mattino, con le nuvole incombenti. Qualche goccia è poi caduta, ma solo a lavoro ultimato, per fortuna! Questa volta, dopo Francesi, Spagnoli, Neozelandesi, Polacchi e non so cos’altro, i tosatori erano Italiani, dalla provincia di Rieti. “Nostro padre e nostro nonno prima di lui venivano anche qui in Piemonte a tosare, fino al 1993… Noi adesso nel Nord Italia tosiamo soprattutto in Veneto.

E così ecco il gregge pronto per la primavera. Quando sarà ora di salire in montagna, sulle schiene ci sarà già quel dito di lana a proteggere gli animali dall’aria più fine e dal sole estivo. Tosatura è benessere anche perchè, appena liberate dal vello, ecco le pecore muoversi veloce, alimentarsi più avidamente (che fatica per i pastori star loro dietro, i primi giorni) e… sì, anche riprodursi! Non è uno scherzo, venite a vedere come aumenta l’attività dei montoni appena dopo la tosatura!

Per chi volesse leggere altri articoli con notizie tendenziose e errate (almeno per la nostra realtà) legate alla tosatura, eccone alcuni: La lana è vegan? Come vivere un inverno caldo e cruelty free: no alla lana. Cosa non va nella lana? (in quest’ultimo articolo almeno si raggiunge il meglio con queste affermazioni: “Le povere pecore di routine sono prese a calci, pugni e tagliate durante il processo di tosatura.“)

PS: La nostra lana va a finire qui e di conseguenza qui, Biella The Wool Company.

Su Geo&Geo e… un interessante seminario

Per chi ieri pomeriggio era al pascolo (come me) o altrove, qui potete vedere il servizio sulle lane andato in onda ieri pomeriggio su RAI3 durante Geo&Geo. Vengono mostrate alcune mie foto e si nomina la sottoscritta… Sono in attesa di sapere dalla Redazione de davvero sarò, in futuro, ospite di una puntata

Invece, di seguito inserisco il programma di un interessante seminario aperto al pubblico che si terrà all’Università di Agraria di Torino. Vi invito (se ne avete le possibilità) a partecipare.

Seminario

L’AGRICOLTURA DI MONTAGNA: L’ABBANDONO E IL RITORNO

Venerdì 30 novembre 2012

Aula C – Dipartimento Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA)

via Leonardo da Vinci, 44, Grugliasco

09.00                    Saluto delle autorità

Intervengono: Ivo Zoccarato (Direttore Dipartimento Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari); Alberto Alma (Direttore Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria); Bruno Giau (Presidente Centro Studi per lo Sviluppo Rurale della Collina); Lido Riba (Presidente UNCEM); Pietro Piccarolo (Presidente Accademia di Agricoltura); Luciana Quagliotti (Presidente onorario Associazione Museo dell’Agricoltura del Piemonte)

09.30                    Introduzione

Valter Giuliano (Presidente Associazione Museo dell’Agricoltura del Piemonte)

09.45                    Relazioni – Prima parte “L’abbandono”

Intervengono: Marcello Bianchi (Università di Torino), Filippo Brun (Università di Torino), Beniamino Marchetti

Modera: Paolo Sibilla (Università di Torino)

11.00                    Coffe break

11.30                    Relazioni – Seconda parte “Il ritorno”

Intervengono: Federica Corrado (Politecnico di Torino/Dislivelli), Giacomo Pettenati (Politecnico di Torino/Dislivelli), Marzia Verona (Scrittrice e pastore, Progetto ProPast), Franco Bronzat (Scrittore e produttore di vini); Andrea e Silvia Scagliotti (Azienda Scagliotti), Alessandro Moschietto (Studente e agricoltore in Val Sangone), Aurelio Ceresa (Laurea Produzioni Animali, alpeggio in Valle Orco).

Modera: Giuseppe Dematteis (Dislivelli)

13.15                    Pausa pranzo

14.30                    Presentazione volumi, trailer film

Paolo Sibilla, Approdi e percorsi: saggi di antropologia alpina (Olschki, 2012)

Marzia Verona, Di questo lavoro mi piace tutto (L’Artistica Editrice, 2012)

Luca Battaglini, trailer del film “Storie di pastori”(Progetto ProPast)

Modera: Valentina Porcellana (Università di Torino/Dislivelli)

 15.30                    Tavola rotonda

Intervengono: Giorgio Alifredi (Associazione Terre Alte), Martino Patti (Castagneto Po), Martino Noce (studente), Silvia Novelli (Centro Studi per lo Sviluppo Rurale della Collina), interventi liberi (testimonianze del mattino).

Modera: Valter Giuliano (Associazione Museo dell’Agricoltura del Piemonte)

17.30                    Chiusura lavori

La Foire des Alpes

L’erba del vicino sembra sempre più verde, così dicono… Però davvero alla Foire des Alpes di Aosta mi pareva di respirare un’altra aria rispetto al vicino Piemonte. Per carità, anche lì ho sentito parlare di crisi e di futuro incerto per la manifestazione, quest’anno alla seconda edizione.

Da quando è stata rinnovata, la manifestazione è stata dedicata alle “razze minori”, tutto ciò che non è bovini. Non soltanto capre e pecore, ma anche molto altro, compresi animali “mai visti” o quasi. La facevano però da padroni gli ovicaprini ed i loro appassionati, di tutte le età.

Ogni allevatore poteva partecipare alla mostra con due soli capi. Come diceva lo speaker della manifestazione: “Hanno dovuto fare le primarie in stalla!“. Da queste parti però le greggi non sono numerose, per la maggior parte si tratta di greggi di piccole dimensioni, magari chi ha una decina di capi, chi una ventina o poco più.

Erano presenti anche degli ospiti, in questo caso dalla Lombardia. C’erano le capre orobiche e le pecore brianzole, con cartelli esplicativi per illustrare le caratteristiche delle diverse razze.

Visto che ormai il lupo è arrivato anche in Val d’Aosta, ecco al centro dell’arena un recinto con piccolo gregge + cane da guardiania, per spiegarne il funzionamento, l’utilità e le norme di comportamento per i turisti.

La razza ovina che predominava era la Rosset, razza autoctona, “antica razza di montagna” con alcune caratteristiche simili alla Savoiarda (con cui vi sono stati numerosi incroci in passato). Oggi si punta al recupero di tale razza e questa manifestazione è una delle azioni intraprese a tale scopo. Qui potete leggere la scheda della razza, se volete saperne di più.

Nello spazio dedicato alle bancarelle del produttori, c’era davvero tanta scelta. La filosofia era quella del KM0 ed i produttori della Coldiretti esponevano le più diverse bontà locali, dai salumi ai formaggi (ovviamente), frutta e verdura, dolci, pane, erbe, miele, confetture… Una particolarità che mi ha colpita? Le Capramelle!!! (Caramelle mou al latte di capra)

Non potevano mancare le Fontine, anche se primeggiavano soprattutto i formaggi di capra nelle più diverse forme e tipologie. Nel corso delle premiazioni, sono anche stati assegnati riconoscimenti alle diverse tipologie casearie a latte caprino, per l’appunto.

Anche se non a Km0, ma pienamente inserito nella manifestazione, il banco della pecora brianzola, per mostrare come la lana possa ancora essere impiegata . Mi sarebbe piaciuto vedere anche qualcuno che esponesse manufatti derivanti dalla lana della pecora Rosset, ma purtroppo non c’era nessuno. Ricordo infatti che qualche anno fa si era parlato di un recupero della razza anche attraverso la lana, ma ieri non ho avuto modo di approfondire l’argomento.

Come in tutte le fiere che si rispettano, c’era anche un banco di una selleria con un’ampia scelta di campane, dedicate soprattutto a pecore e capre (eccezion fatta per questo capolavoro in primo piano).

Di pecore ne sono arrivate tante, nel corso di tutta la mattinata, anche se il tempo continuava ad essere inclemente, con una pioggia più o meno intensa che contraddiceva le previsioni meteo inneggianti al miglioramento. Oltre 500 partecipanti e ben più di mille capi esposti, perchè oltre alla mostra degli ovicaprini vi erano piccoli gruppi di animali in vendita e le altre razze.

Chi si aggirava tra le bancarelle poteva approfittarne per degli assaggi e non erano minuscoli! Sia per i salumi, sia per i formaggi, ma anche al banco dei dolciumi tipici uno poteva approfittare per capire davvero il gusto di ciò che sarebbe andato ad acquistare.

Le capre occupavano i box normalmente dedicati alle reine. Sì, perchè la Foire si teneva nell’arena della Croix Noire, dove ogni anno avviene la finale delle battaglie. Una struttura perfetta per ospitare queste manifestazioni, uno “stadio” della zootecnia, che ancora una volta conferma come, da queste parti, vi sia grande attenzione per il settore, in tutte le sue forme (anche quelle “scenografiche”, che però lo avvicinano al pubblico).

Grande entusiasmo lo riscuotevano le “altre razze”, tra cui le renne, i lama, gli Highlands, ma anche conigli e cani da pastore. Nello specifico, le renne provenivano da un allevamento di Courmayeur (qui potete leggere un articolo che riguarda questi animali in Val d’Aosta). Sicuramente si sentivano a casa, con la neve fresca caduta poco più in alto durante la precipitazione che solo in tarda mattinata andava esaurendosi.

La Foire è stata anche l’occasione per conoscere dal vivo alcuni amici con prima di erano stati solo contatti “virtuali”. Ecco allora Angelo ed i suoi asini, pastore “solo d’estate”, che ogni anno sale in alta quota per la stagione d’alpe insieme ad allevatori locali.

Il tempo stava migliorando, verso l’alta valle iniziava a scorgersi uno sprazzo di cielo azzurro, mentre le montagne si presentavano nella loro veste migliore, completamente innevate. Da queste parti, una manna sì per il turismo invernale, ma anche per tutta l’attività zootecnica, sotto forma di riserva d’acqua e buona erba nella stagione estiva.

Fabio ci teneva tanto ad essere fotografato insieme a Nutella. Ha 19 anni, Fabio, e nei giorni precedenti, è stato uno dei protagonisti di articoli comparsi su La Vallèe in merito alla manifestazione. “Questo è un lavoro che riempie il cuore, i sacrifici ci sono, ma non pesano perchè c’è passione.” Nutella aiuta Fabio nella pulizia dei terreni e nei viaggi con il carico. Bravo Fabio, auguri per i tuoi progetti!

Con puntualità, alle 15:00 sono iniziate le premiazioni, che hanno riguardato sia i prodotti caseari, sia i capi ovini e caprini in mostra. Ovviamente la soddisfazione dei premiati è stata tanta, ma c’è da sottolineare anche come vengano dati degli incentivi affinchè gli allevatori partecipino a questa rassegna. Un modo come un altro per aiutare, favorire il mantenimento delle razze e garantire anche un buon ritorno di immagine, perchè il pubblico non era composto solo da addetti ai lavori.

Mentre la sera si avvicinava, con un cielo dai colori variegati del tramonto, ciascuno riconduceva gli animali a casa, anche perchè c’erano i lavori in stalla da fare. Pecore e capre salivano su furgoncini, trailer, bighe, ma anche in macchine non proprio nuovissime e probabilmente prive di apposite autorizzazioni, ma funzionali per il breve viaggio verso i paesi di provenienza. Davvero una bella fiera, gente cordiale e gentile, ancora un grazie a tutti per la bella giornata trascorsa.

La transumanza con la pioggia

La due giorni delle transumanze (erano numerose le iniziative organizzate in tutto il Piemonte) si è svolta all’insegna del tempo autunnale, umido e talvolta decisamente piovoso. Per gli allevatori, anche se avrebbero preferito il sole, quello che era da fare si faceva lo stesso… L’afflusso di turisti invece ne ha risentito.

Vi parlerò ovviamente di Novalesa, dove ho partecipato a diverse iniziative. Ha avuto un buon successo la mostra targata ProPast “Pastori piemontesi nel XXI secolo”, che dopo questa inaugurazione verrà esposta in numerose altre occasioni. Grande pubblico anche per la presentazione ufficiale di “Di questo lavoro mi piace tutto”, tenutasi alla sera  insieme alla proiezione di un film sulla transumanza 2011 a cura di Pietro Rivetti, alla lettura di testi da parte dei bambini delle scuole ed alle evocative immagini dell’amica Barbara Stefanelli.

Il giorno successivo al mattino non si incontrava quasi nessuno per le pittoresche vie del borgo. Gli espositori stavano allestendo i loro stand e gli abitanti del paese svolgevano le loro abituali attività domenicali, ma la pioggerella sottile faceva presagire poco di buono. Intanto si rincorrevano voci sulla reale posizione del gregge, che la sera prima non era sceso a valle.

Gli stand potevano essere visitati con tutta calma, apprezzando i caldi colori naturali della lana e dei manufatti  esposti da Gaia, proveniente dalla provincia di Verbania, o i colori più accesi della ligure “La Matassa Ultravioletta“.

Giangili il cantastorie non aveva potuto installare tutti i suoi pannelli e si era rifugiato con la sua musica meccanica al riparo di un portico ed intratteneva i primi visitatori con le sue suggestioni fatte di suoni, colori e parole.

Sasha e le sue creazioni in feltro si erano rifugiate in un altro androne delle case e cortili  che si affacciavano sulla Via Maestra, dove nel pomeriggio era attesa la transumanza. Sua mamma filava, suo papà suonava, coadiuvato dai nipoti, e si continuava a guardare all’insù aspettando che smettesse di piovere.

All’imbocco della via c’erano gli amici Silvio e Tiziana (prossimi alle nozze, auguri!). Silvio d’le cioche aveva creato nuove campane per l’occasione ed ancora una volta ha voluto omaggiarmi di un nuovo elemento che andrà ad arricchire la melodia della nostra prossima transumanza.

C’era poi dell’artigianato a tema pastorale, simpatiche  idee per rallegrare la nostra casa anche senza avere animali  “vivi” a cui dover pensare quotidianamente.

Non mancavano due espositori di formaggi ed alcune altre bancarelle di prodotti agroalimentari, dai salami alle mele, dalle zucche alle patate. Ma il gregge, dov’è??? Intanto, per fortuna, nel primo pomeriggio aveva smesso di piovere ed era uscito qualche timido raggio di sole.

Forse erano state le melodie delle campane di Giovanni Mocchi a far sì che la festa potesse essere tale, senza la pioggia (utile sì, ma in questo caso guastafeste?).

Mentre finalmente il gregge era stato avvistato, durante la sua discesa scenografica lungo le le strette curve della pista che porta all’Alpe Prapiano, cavalli e cavalieri hanno dato il via alla sfilata nella via. Complice il meteo, anche il pubblico stava  iniziando ad arrivare. Non erano le folle dello scorso anno, quando la meravigliosa giornata di sole aveva richiamato migliaia di persone, ma comunque sui due lati della strada iniziavano ad esserci le “due ali di folla” come ad una tappa del Giro d’Italia.

Prima delle pecore, ecco un margaro locale con le sue vacche, che attraversano il paese orgogliosamente a testa alta, facendo risuonare  i rudun indossati  per l’occasione.

Ancora qualche minuto di attesa e poi finalmente il fiume di pecore invade Novalesa. Anche se è una scena già vista, anche se è un’esperienza già vissuta decine e decine di volte, in tante transumanze, l’emozione è sempre forte, lo spettacolo unico, magico, senza tempo.

Far passare qui una transumanza è un’idea vincente. La cornice del paese è un qualcosa di speciale, dare a gregge e pastori la Via Maestra è renderli protagonisti, dire che sono loro al primo posto nella vita delle Terre  Alte, delle nostre montagne.

Belati, campanelle, le esclamazioni stupite dei bambini, il gregge scorre per lunghi interminabili minuti. La domanda più comune riguarda il “quante sono”, poi c’è chi immagina chissà quanti padroni o ancora chissà quale destino per i giorni a venire. Non tutti conoscono il pascolo vagante…

Il  gregge man mano esce dal paese, la fila si assottiglia, ma non si spezza come lo scorso anno, anche perchè c’è meno gente e premere lungo i fianchi, a mettersi in mezzo per scattare foto, filmare o accarezzare un agnello.

La  fine della colonna, dopo resterà solo lo “sporco” sul selciato. Ma Novalesa è un paese antico, c’è modo di far passare l’acqua del Cenischia e lavare tutto in poco tempo. La gente se ne va insieme alle pecore, segue il gregge domandandosi dove andrà.

La tappa per quella sera è nei prati vicini all’abbazia, poi l’indomani verranno i camion a caricare il gregge. “Scende con i camion perchè lo scorso anno, a piedi, ha tribolato troppo“, spiega alla gente che fa domande uno degli aiutanti del pastore. “Verranno a caricarne un primo gruppo, poi vanno giù e scaricano, poi vengono a prendere le altre. Non c’erano 9 camion liberi tutti insieme“. Ora ho capito perchè il gregge non è sceso la sera prima, dev’esserci erba per sfamare gli animali fin quando si completeranno queste lunghe e difficili operazioni. Ma la gente che ride, chiacchiera, saluta il pastore queste cose non le immagina…

Tosatura, ma…

Le condizioni meteorologiche non stanno aiutando una delle attività stagionali, cioè la tosatura. Bisogna tosare le pecore per liberarle del vello ormai pesante, che le infastidisce, nel quale si sono impigliati ramoscelli, spine, semi. La lana con la pioggia si infradicia e pesa. Con il sole invece gli animali ansimano e sudano. La tosatura un tempo era un reddito, oggi si fa esclusivamente per il benessere dell’animale.

Una volta tosate mangiano di più e crescono meglio“, frase ripetuta e confermata da tutti i pastori. Forse non lo immaginate, ma il pastore vive anche con un misto di curiosità ed apprensione il giorno di tosa. Vuol vedere come si presentano le sue pecore tosate, se sono “belle”, cioè in carne, o magre, patite. Quest’ultima condizione, a meno che si tratti di una pecora che sta allattando, magari con una coppia di gemelli, è sinonimo di cattiva gestione, incapacità di svolgere il proprio lavoro: vuol dire non essere stato in grado di badare a loro come si doveva nel corso dei mesi.

E allora si guardano le schiene pulite dalla lana che, a poco a poco, aumentano tra quelle ancora coperte. E’ un gran lavoro, quello delle giornate di tosatura. La squadra di tosatori (Francesi, Neozelandesi, Spagnoli) avvisa pochi giorni prima, ma la conferma ce l’hai solo la sera precedente. Devi trovare il posto giusto, devi trovare gente che “tiri le pecore” e che insacchi la lana.

Già, la lana… Che fare di tutte queste montagne di lana? Come vi avevo detto qualche tempo fa, questa proposta di Biella The Wool Company è un’importante novità nel settore, che spero possa contare un numero sempre maggiore di adesioni per far sì che la lana locale venga raccolta, lavorata ed utilizzata. Tosare una pecora ormai costa più di 2,00 euro, ma se aggiungono i costi collaterali (dal vitto per i tosatori a quello per gli aiutanti di giornata più varie altre spese) si può pensare che sia verosimile un costo di 2,30-2,50 a seconda del numero di pecore del gregge. Forse quindi nemmeno 1,00 euro al chilo sarebbero sufficienti per pagare le sole spese di tosatura!

Una giornata di tosatura è lunga per tutti. Capita di alzarsi alle 6:00 ed andare a letto alle 2:00, per esempio… Perchè c’è da organizzare tutto, ma anche sfamare le pecore come in un qualsiasi giorno. E poi la lana da ritirare al coperto caso mai venga a piovere… Ai tosatori tocca la fatica di quelle ore, agli altri, specialmente al pastore, tutto il resto, prima e dopo. Anche chi “tira” le pecore, arrivato a fine giornata, non ne può più. E chi raccoglie ed insacca lana? Insomma, per fortuna che si tosa una volta sola all’anno. C’è chi lo fa due volte, primavera ed autunno, ma visti i costi e la resa forse non ne vale davvero la pena.

Annunci vari

Un po’ di spazio per le comunicazioni…

Bruno di Ala di Stura (3335386727) vende 12-12 caprette Saanen pure, vaccinate e sverminate.

Davide di Ozegna (3382967052) vende 3 – 4 quintali di mais nazionale essiccato al sole, chiede 22.5 euro al quintale.

Valentina ci segnala questa petizione per l’agricoltura “su piccola scala”, contrapposta a quella dei grandi numeri. Ridurre la burocrazia che porta alla morte delle piccole e piccolissime aziende, quando non addirittura impedisce di iniziare sarebbe un gran bel risultato. Firmate e fate firmare!

Tempo di tosatura, la lana si fa lunga e le temperature crescono… Quasi in contemporanea, l’amico Beppe Mila e Pier dal Biellese mi comunicano la stessa cosa: l’apertura di un centro di raccolta (il primo in Italia) per la lana succida. “Liberarsi” della lana è un problema per tutti i pastori, purtroppo quella che un tempo era una risorsa preziosa oggi è un problema, un fastidio, uno scarto. Gli amici di Biella the Wool Company vogliono invertire questa tendenza. Andate a vedere anche il blog The Wool Box… Leggete qui tutte le informazioni e scaricate il documento per la raccolta lana 2012. Ovviamente serve un certo quantitativo di lana affinchè sia organizzato il viaggio per ritirarla, quindi si sta cercando di trovare pastori che temporaneamente fungano da punto di conferimento presso le loro strutture, dove più allevatori convergano a conferirla ed il camion possa venirla a ritirare. La lana verrà pagata, tolti i costi di lavorazione, in base alla qualità. Si tratta quindi di sceglierla mettendo a parte quella nera e separando quella proprio sporca (viene ritirata anche questa, ma deve essere in una bisaccia a parte). Piacerebbe anche a me conferire la nostra lana, ma ne abbiamo troppo poca (servirebbe almeno l’equivalente di 3000 pecore per organizzare il trasporto. Spero in futuro si possa trovare un punto di raccolta in zona Pinerolese (dove le pecore non mancano!) per recuperare e valorizzare anche questa lana.

Craf in Crof

Le fiere zootecniche sono manifestazioni che generalmente vantano antichissime origini, anche se molte di loro attualmente hanno perso la gran parte delle funzioni originarie come mercato di scambio di inizio e fine stagione. Non ho trovato molte informazioni in rete, credo che questa fiera delle capre, denominata Craf in Crof (Capre a Croveo), tenutasi per l’appunto nella frazione di Baceno posta all’imbocco della strada che sale alla conca del Devero, sia nata poco più di una decina di anni fa.

Tanto basta per far sì che un nutrito pubblico affollasse il villaggio, creando anche qualche problema alla viabilità. La fiera si teneva in un prato ai piedi della via principale e, oltre alle capre a cui era dedicata, comprendeva anche pecore ed un paio di cavalli.

Era una splendida domenica autunnale, con la prima neve che contrastava con i colori più belli della stagione. La fiera è stata anche la scusa per una gita, per tornare nei luoghi frequentati assiduamente ai tempi degli studi universitari e di successivi incarichi professionali.

Tra i capi esposti, primeggiavano le capre vallesane, razza di origine svizzera, in Piemonte considerata tra le razze a rischio di estinzione. Molti degli espositori erano appassionati che possiedono un numero variabile di capi, ma come attività principale svolgono altri mestieri. Ciò è abbastanza frequente con gli allevatori di capre, animali rustici che si adattano ai luoghi più impervi. Guardando le pareti intorno a Croveo, potevano a pieno titolo essere definite “posti da capre”!

Alla fiera partecipava anche un intero gregge di diverse decine di animali (ho sentito dire 200), arrivato a piedi quando la maggior parte degli altri animali invece era già al suo posto negli spazi designati. “Manca gente, dovevano esserci anche altri“, ho sentito dire in giro. Animali ed espositori erano comunque numerosi. Qui giocavo “fuori casa”, quindi non saprei dirvi se si trattava di animali locali o anche provenienti dalle vallate confinanti. Di sicuro c’erano i due amici dalla Val Vigezzo, di cui vi avevo parlato qui.

Poi c’erano le pecore, in un miscuglio di razze e fattezze molto diverse da quelle a cui siamo comunemente abituati da queste parti. A prescindere dagli incroci, anche le presunte Biellesi differivano da quelle presenti in altre parti del Piemonte. Qui comunque c’erano numerosi capi che mostravano chiari segni di incrocio con razze d’oltreconfine.

Ho anche ritrovato le pecore di cui mi ero innamorata la scorsa estate durante la mia breve vacanza in Vallese. La tentazione di caricarne una in macchina e portarla a casa è stata davvero forte! Quando, nel pomeriggio ne ho viste altre nel gregge di amici ed ho saputo che le avevano acquistate proprio a Croveo, un po’ mi sono pentita di non aver almeno indagato sul prezzo!

Ai margini dell’esposizione degli animali, alcune bancarelle variopinte, tra cui si distinguevano quelle dedicate alla lana. Qui vediamo quella delle “Mastrofeltraie” Elena ed Amelia. Per conoscerle meglio, vi rimando al loro sito qui.

Ancora feltro e lane dai colori naturali da Gaia (Gaiadilana), di cui vi invito a visitare il sito ricco di spunti e prodotti in lana che vi sorprenderanno.

Ancora un giro tra gli animali, incontrando anche qui qualche faccia nota, pastori vaganti che salgono in alpeggio da queste parti, ragazzi e ragazze conosciuti durante i miei vagabondaggi. Nei pentoloni intanto cuoceva la polenta e gli organizzatori stavano preparandosi alle premiazioni dei partecipanti. Per tutti, un riconoscimento per l’impegno nel portare avanti l’attività di allevatore.

Andare alle fiere è anche sempre l’occasione per guardarsi intorno e vedere certi personaggi caratteristici… Non so se questo simpatico cow-boy d’alta quota possieda animali o se fosse un semplice curioso, comunque era uno di quei personaggi che non passavano sicuramente inosservati.

Per finire, prima di lasciare la fiera si poteva pensare a qualche acquisto: perchè non una fetta del famoso Bettelmat? Questo proveniva dall’alpe Forno, uno degli alpeggi dove il prezioso formaggio viene prodotto durante la stagione estiva. Insomma, è stata una piccola, ma bella fiera, buona occasione per conoscere un’altra realtà dell’allevamento piemontese. Poi, al pomeriggio, avevo un appuntamento, ma… ve lo racconterò la prossima volta.

La Fiera dei Santi di Vinadio

Sono quasi le ultime fiere prima dell'inverno, quelle che si tengono in questi giorni. O almeno, sono le ultime fiere nelle valli, le prossime saranno in pianura. A Vinadio temevano per il tempo, visto che all'inizio della settimana nevicava. Invece poi la domenica lassù in valle il tempo era splendido.

Vinadio era circondata dai colori dell'autunno: la neve in alto, il cielo blu, alberi che si tingevano di rosso, di giallo, di arancione. Il traffico era già congestionato al mattino presto, nonostante il cambio dell'ora, ed i parcheggi si stavano affollando.

La fiera occupava tutto il paese, ma la mostra della Pecora Sambucana si teneva ancora una volta all'interno del Forte. I box con i capi scelti per la premiazione erano già tutti occupati e, intorno, vi erano i box con gli animali dei vari allevatori che avevano partecipato. La maggior parte di loro erano pastori della valle, ma alcuni venivano da altre zone della regione.

Per molti di loro ci sarebbe stato un premio. Di lì a poco sarebbero iniziati i saluti, i discorsi ed infine la premiazione degli allevatori e dei capi valutati come i "più belli", cioè con le caratteristiche morfologiche migliori secondo lo standard di razza della pecora sambucana.

Gli amici della Valle Stura avevano anche dedicato uno spazio a questo blog, realizzando un collage con le pagine delle intervidte ai giovani locali. Molta gente si fermava a leggere, forse "Storie di Pascolo Vagante" adesso conta qualche lettore in più?

Tre ragazzi hanno richiamato l'attenzione del pubblico prima dell'inizio delle premiazioni. Non sono campanacci da pecore e non è una tradizione tipica di queste parti, ma ha suscitato l'effetto voluto ed è stato impossibile non sentirli, a mano a mano che si avvicinavano alla zona centrale della mostra.

Ecco la campionessa della mostra, ma i premi sono andati a diverse categorie, dal montone alla pecora nera. C'è stato chi ha fatto incetta di premi, riscuotendo riconoscimenti in varie categorie, e chi è stato premiato anche per il nuovo insediamento, come l'amico Donato che già conosciamo. Premi anche per il lavoro svolto all'interno del consorzio di valorizzazione della pecora sambucana, ed allora è stata la volta della nostra amica Gloria.

Ma prima delle premiazioni, mentre iniziavano i discorsi ufficiali, c'era tempo per fare un giro tra le bancarelle di articoli "tecnici". Quest'anno per la prima volta c'era anche Alberto di Taglio Avion, con la sua linea di capi da pastore, "ol feder". Mi ha raccontato che il pubblico francese ha apprezzato particolarmente mantelle e tabarri, ma forse anche i pastori locali hanno acquistato i suoi famosi gilè e le calde camicie?

Oltre alle pecore, qualche asinello e pure alcune capre rove, così apprezzate oltreconfine, ma che trovano numerosi appassionati anche in Piemonte. Oltre agli asini, vari prodotti derivati dal suo latte, compresi i biscotti!

C'era poi la Selleria Abbona, che per l'occasione esponeva una gran varietà di campane e rudun adatti a pecore e capre. Qualche ombrello per le piogge annunciate e poi reti per chi ancora aveva erba e metteva le pecore a pascolare all'aperto…

In un angolo erano esposti i lavori in feltro realizzati dai bambini delle scuole. Un buon metodo per entrare in contatto con il mondo della pastorizia e rivalutare l'uso della lana, anche se si spera che chi vive in valle non abbia comunque mai perso il legame con le origini e con ciò che c'è fuori dalle mura di casa.

Ecco l'ariete vincitore. Antonio, il tecnico della Comunità Montana, sta parlando della razza sambucana, delle sue caratteristiche e delle iniziative intraprese nel corso degli anni per il suo recupero e valorizzazione. Questa è stata la 26° edizione della Mostra, 26 anni di una storia che ha portato ad un successo ed ha scongiurato il rischio di perdere questa razza autoctona.

Un premio a tutti i giovani che hanno dato una mano nell'organizzare la mostra e molti sono personaggi che già conosciamo perchè sono stati protagonisti delle mie interviste. Prima delle premiazioni hanno però parlato gli amministratori locali, pronunciando parole chiare in difesa della montagna e della pastorizia, due ambiti legati, entrambi in pericolo per diversi motivi… Dai tagli economici che mettono in pericolo l'esistenza dei Comuni, delle Comunità Montane, fino a parlare del lupo, a metà tra pericolo reale per i pastori e simbolo di una montagna sempre più abbandonata e fragile.

Tra i premiati, anche Marta per le sue capre. Mi racconterà più tardi di aver iniziato i lavori per il caseficio, piccoli passi verso la realizzazione di sogni e progetti per il futuro.

Terminata la premiazione, gli interventi anche degli amici d'Oltralpe (tra cui allevatori di origine piemontese ed un pastore della Val Maira, che ha lavorato tutta la vita in Francia), c'è tempo per fare ancora un giro dei box, mentre i sole dona i suoi ultimi raggi, avviandosi già verso la cresta delle montagne innevate.

I bambini sono attratti dagli animali, la loro soddisfazione maggiore è vederli brucare il fieno preso direttamente dalle loro mani. Il pubblico però sta defluendo verso i ristoranti del paese o il luogo dove si può consumare il pranzo della fiera, all'interno del quale non manca l'agnello.

Nelle vie e nelle piazze di Vinadio, c'è la fiera dove si può trovare un po' di tutto, dalle calze al miele, dai formaggi ai salumi, dalla farina da polenta alla biancheria, le tende, la frutta, la verdura… I negozi del paese hanno allestito delle vetrine a tema con la giornata.

Prima di ripartire, uno sguardo ai prodotti dell'Ecomuseo della pastorizia, con tutte le confezioni in pura lana sambucana. Maglie, maglioni, plaid ed anche un plaid tricolore realizzato per l'unità d'Italia, che contiene lane da tutta la penisola, compresa quella di sambucana.

Tutti a caccia di lana!

Quest'anno un po' tutti hanno inziato presto a tosare, complice anche il caldo anomalo che ha investito il nord Italia la scorsa settimana, il bel tempo che permette di andare avanti con i lavori, senza interruzioni dovute alla pioggia. E' uno di quei lavori fastidiosi, ma che bisogna fare… E allora tocca affrontarlo.

C'è chi ricorre alle squadre di tosatori internazionali, chi si affida a singoli tosatori locali o a squadre formatesi temporaneamente per dare una mano a qualche amico pastore, ma anche chi le pecore se le tosa da solo, un po' per giorno. Qualunque sia la modalità, tutti gli anni si ottenevano montagne di lana, quella lana che ormai era uno scarto, un rifiuto da smaltire, che fruttava pochi centesimi al chilo, se proprio si riusciva a darla via. Quindici, magari venti centesimi al massimo.

Però quest'anno c'è chi telefona ai pastori ancor prima che abbiano tosato per prenotare la lana! Tutti che cercano lana, arrivano ad offrire anche cinquanta, sessanta, sessantacinque centesimi per avere la lana della tosatura primaverile del 2011! Intendiamoci, anche queste cifre non coprono il costo della tosatura, specialmente se si sono chiamate delle squadre di tosatori. Però è già qualcosa rispetto al nulla. Ma che fine fa tutta questa lana? Pannelli isolanti per edilizia? Il modo per combattere ecologicamente e naturalmente le "maree nere"? E' l'effetto della "crisi del cotone" di cui si è parlato?

E così le pecore vengono spogliate della loro lana, per loro è un benessere, specialmente con queste giornate torride. Quando verrà il momento di salire in montagna, avranno già di nuovo un leggero vello protettivo, ed i pastori finalmente affrontano un po' più a cuor leggero questa faticaccia. Pensare che, un tempo, la lana era uno dei redditi principali dell'allevamento ovino! Colgo l'occasione per segnalare qui un laboratorio organizzato dal Parco Lame del Sesia "Dalla pecora al feltro", sabato 16 e domeniva 17 aprile. Segnalo poi ancora il blog di questi amici che ci hanno scritto dalle Marche, Dal Filo d'erba al Filo di Lana. Anche loro cercano lana… Andate a leggere!

Proprio quest'anno, con questa "fame di lana", ieri ho ricevuto una telefonata di una persona che sta realizzando una casa con la bio-edilizia e cerca una ventina di quintali di lana per coibentare le pareti della sua abitazione. Non sapendo che, effettivamente, ci fosse questa caccia alla lana così serrata, gli ho detto che non ci sarebbero stati problemi a trovarne… E invece, fino ad ora, ne ho recuperati solo pochi quintali. Tutti mi dicono di averla già venduta o di averla promessa a chi gliel'aveva chiesta. Provo comunque a chiedere anche a voi qui tramite il blog: cercasi lana del Piemonte, possibilmente in provincia di Torino. L'interessato verrà a ritirarla con un furgone dopo Pasqua, in quantitativi di almeno 2-3 quintali. Comunque contattatemi se siete interessati e vedremo se si riesce ad organizzare il trasporto. Per il prezzo, ovviamente sarà quello del mercato di quest'anno.

Speriamo che questa tendenza non si esaurisca nel giro di una stagione e che la tosatura torni ad essere se non un reddito… almeno non un'attività faticosa e costosa. Non sarebbe male un ritorno alla lana, con tutti i suoi possibili utilizzi, dal materasso al maglione, dal materiale per edilizia a qualsiasi altro impiego innovativo. Spero anche, in futuro, di potervi documentare la realizzazione della bio-casa con la lana dei pastori piemontesi.