Oggi lascio che sia qualcun altro a raccontare. Mi ha scritto una “vecchia” conoscenza, Riccardo, che si è trovato in Appennino per lavoro e, anche là, ha incontrato dei pastori. “Ho conosciuto Renzo Nizzi di Fiumalbo, ti ho scritto un post come resoconto della giornata e ti ho anche messo delle altre foto delle sue pecore che ho fatto alcuni giorni dopo quando ho fatto un altro giro sull’Appennino e sono passato a trovarlo a casa sua. Lui non sapeva di te e di quello che scrivi, ma adesso ti segue anche lui (e soprattutto i figli).” Cedo così a lui la parola.

(foto R. Dellosta)
Dopo aver sentito parlare a lungo dell’alpe del Cimone, un giorno un po’ per curiosità e un po’ per sfuggire alla calura della bassa decido di farci un giro. Salendo osservo i pascoli già bruciati dal caldo che quest’anno è salito fin quassù, le uniche chiazze verdi sono di nardo che in molti punti, soprattutto quelli più freschi, ha preso completamente il sopravvento sulle altre specie, segno che un tempo questi pascoli sono stati molto sfruttati, ma ad oggi l’erba non sembra mangiata e non ci sono molte tracce degli animali.

(foto R. Dellosta)
Proseguo la salita su un ripido sentiero fino alla vetta dove il panorama è meraviglioso, nelle giornate più limpide si riescono a vedere i due mari, addirittura il Monviso ed il Monte Rosa, ma oggi si alza la foschia dalla pianura, così mi limito ad osservare le montagne circostanti così diverse dalle Alpi, con pochi prati solo sulla cima e le Apuane ripide e rocciose, quasi senza un filo d’erba. In lontananza si sentono dei campanacci, quindi decido di incamminarmi verso dove sembra provenire il suono, e, camminando comincio a scorgere in un vallone un piccolo gregge, proseguo affrettando il passo fino a raggiungerlo.

(foto R. Dellosta)
All’arrivo saluto il pastore, iniziamo a parlare, gli mostro sul cellulare alcune foto di pecore biellesi, faccio apprezzamenti sulle sue: questa è giovane, questa sembra che deve partorire … lui mi interrompe: “Ma allora tu sei un pastore? perché sai distinguere una recchia da una pecora adulta, guarda che qui di gente ne passa, ma solo uno una volta si è fermato e sapeva queste cose, era uno che aveva fatto il pastore”, No dico, ho la passione per gli animali, non sono un pastore, ma in due minuti già abbiamo fatto amicizia.

(foto R. Dellosta)
Il gregge di Renzo non è particolarmente grande, il giusto numero per degli animali da latte, ma davvero ben tenuto, solo una pecora molto in là con l’età è un po’ tirata “sai quella la tengo perché ci sono affezionato, ma le altre, nemmeno una zoppa, era successo un anno che l’avevano presa, poi le ho curate per bene e adesso sono tutte perfette”. La passione e l’attaccamento ai suoi animali traspare da ogni suo gesto “le pecore sono la mia droga, non credo che riuscirei mai a smettere di allevarle” noi la chiamiamo la malattia gli dico, “ no no sono una droga, sei anni fa sono riuscito a smettere di fumare, non è mica facile sai …, ma non togliermi le pecore, non riuscirei proprio a farne a meno”.

(foto R. Dellosta)
“Guardale le mie massesi, purtroppo ci sono quelle bianche in mezzo, sono di mio figlio, non le posso proprio vedere quelle macchie bianche nel mio branco, ma sai … sono costretto a tenerle, non ci fosse lui che fa tutto in cascina” questione di punti di vista penso, “qui danno i contributi per le cornelle, per le massesi no, solo in Toscana, ma la Toscana è li a duecento metri, possibile che non si rendono conto, li danno a chi pianta i lamponi e non a noi pastori che ci stiamo estinguendo. Ma fin che posso tengo le massesi. Addirittura ho preso il premio per il migliore montone alla fiera, ma ho dovuto prima darlo ad un altro perché noi emiliani non possiamo partecipare, poi lui mi ha dato a me la coppa, ma io sono già contento così ”.

(foto R. Dellosta)
È mezzogiorno, il sole picchia forte nonostante le nuvole che si addensano sulle cime e le pecore si raggruppano per sfuggire alla calura. Noi ne approfittiamo per un veloce pranzo seduti sul prato, in cui assaggio il suo formaggio accompagnato con le pere ed un sorso di vino, una delizia! Parliamo della sua razza, a lui piacciono le nere, nemmeno troppo le bigie, ma devono assolutamente avere le corna, mi racconta di quando ne aveva addirittura che assomigliavano alle capre girgentane “erano uno spettacolo, anche se purtroppo ho perso la razza”, gli parlo dei pastori in Piemonte che in genere le corna non le vogliono vedere. Questione di punti di vista, dopotutto il vero pastore seleziona anche per la bellezza, non solo per la resa ed ognuno ha la sua razza.

Mentre mangiamo la discussione prosegue “sai ho anche un’altra passione io: le campane, ne ho di tutti i tipi quelle di ottone, di bronzo, di acciaio, dalla Sicilia, della Sardegna. Quando viene qui il campanaro facciamo sempre degli scambi, ne ho persino di legno del Marocco. Poi i collari li faccio io con la pelle di vacca” gli parlo dei rudun e delle campane che si usano in Piemonte, lui ovviamente ne ha anche di piemontesi e valdostane, addirittura mi spiega mostrandomele che quelle di una nota ditta valgono solo se prodotte prima di una certa data. Nel gregge si notano diverse pecore con più di una campana al collo, alcune hanno addirittura una grilliera cioè un collare tutto pieno di campanelle.

Renzo nel gregge tiene solo un cane da conduzione “due sono troppi, invece di lavorare si intralciano tra di loro”. Gli chiedo se ha mai pensato di prendere dei maremmani visto che qui ci sono molti lupi “il maremmano buono deve sempre stare nel gregge … se ne avessi avuto uno non ti saresti potuto avvicinare, li regalavano ma non li ho voluti, non si sa mai con i turisti giù in paese …”. Parlando di lupi mi racconta del recinto per la notte “ne avevano fatti di fissi con i soldi della regione, ma li dovevano fare con la rete elettrosaldata come gli ho detto io, non con la rete normale che alla prima neve si sono piegati tutti”. Lui alla sera fa un recinto un po’ particolare con i pannelli di rete elettrosaldata e all’esterno la rete con la batteria, un’ulteriore accortezza per non che si impigliano con le corna anche se un recinto così richiede più tempo e soprattutto tanta fatica per essere montato.

(foto R. Dellosta)
“Le vedi quelle montagne laggiù? Una volta erano tutti pascoli, poi campi di segale e grano più a valle, adesso tutti abeti e larici, non sono piante di queste parti, li hanno piantati e adesso sono tutti malati, poi quando arriva la neve scirocca li rompe tutti” La montagna pian piano si sta rimboschendo, “mi dovrebbero addirittura pagare perché porto le pecore qui, da altre parti so che lo fanno, non come noi che dobbiamo pagare per il pascolo”. Lui è l’ultimo pastore del suo paese, una volta faceva il pascolo vagante giù in pianura fino in Veneto dalle parti di Chioggia, ora d’inverno resta a casa e gli animali stanno in stalla. In paese ci sono altri che le tengono per passione o per prendere qualche contributo ma nulla più, mi racconta di un giovane pastore che ha cominciato e poi dopo pochi anni ha smesso ed è andato in un’altra regione a lavorare con le vacche, di un altro che anziano non trovando più manodopera ha dovuto vendere tutto.

(foto R. Dellosta)
Quest’anno il clima non è buono, è andata bene per il fieno, ma le temperature sono troppo alte e c’è siccità, le sorgenti sono ormai asciutte e le pecore patiscono il caldo. Ci spostiamo un po’ più a valle alla ricerca di erba più tenera, qui oltre il nardo che si propaga sempre di più anche grazie ai cavalli del rifugio vicino che mangiano la spiga e lo disseminano ovunque, non è rimasto molto da mangiare.

(foto R. Dellosta)
Riflettiamo sui problemi della pastorizia che qui come altrove non sono solo i lupi o la manodopera che non si trova, nemmeno il clima o la siccità che ha seccato anzitempo l’erba, i problemi sono la burocrazia e le leggi che ti ostacolano in tutto anche qui sull’alpe, le spese che aumentano sempre più, ma soprattutto la gente che ormai ha cambiato le abitudini. “mi chiedo tutti i giorni che cosa mangiano. Pazienza l’agnello che lo devono cucinare … ma il formaggio? No, nemmeno quello, anche i turisti che vengono qui comprano la ricotta al supermercato. Meno male che ci sono tanti toscani, a quelli piace mangiare bene, ma gli altri … sono stretti come la foglia del ginepro, se gliela regali è buona ma non la comprano mica eh!”.

Si fa tardi, io devo incamminarmi lungo il sentiero del ritorno e Renzo deve riportare gli animali più in basso per la mungitura, qui non ci sono strutture sull’alpe e le pecore, anche quelle asciutte da quando c’è il lupo, scendono ogni sera vicino alla cascina. Ci salutiamo dunque con la promessa di rivederci in un’altra occasione. Al mio ritorno in pianura, parlando con un altro pastore originario di queste parti ho saputo di aver visto le “più belle massesi di tutto il Frignano”

(foto R. Dellosta)
P.S.: Alcuni giorni dopo al ritorno da un’altra gita da quelle parti ho rincontrato Renzo con il suo gregge mentre si avviava verso casa, ecco alcune foto.

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)