Facevo il falegname, ma sono sempre stato uno “di campagna”

La scorsa settimana sono andata in Val Pellice a trovare Daniele. In pianura c’era la nebbia, mentre in valle splendeva il sole e le strade erano tutte un via vai di trattori che, dalle stalle, portavano il letame nei prati. Le previsioni dicevano che sarebbe arrivato il maltempo, quello che in questi giorni ha portato pioggia e neve un po’ ovunque in Piemonte.

Eccomi così davanti a “La Capra Bianca”, a Villar Pellice. Daniele aveva finito il giorno prima di pulire le stalle e così aveva un po’ di tempo da dedicare alla nostra chiacchierata. “L’idea è nata per colpa di mio figlio, quando aveva 16 anni. Abbiamo iniziato nel 2005-2006. Lui, finito la terza media, ha lavorato per l’azienda Melli-Gonnet e così ha deciso di voler fare questo, di allevare. Avrebbe voluto tenere mucche, ma qui in valle con sole capre non c’erano molti, poi erano più facili da gestire, anche per iniziare, potevamo usare le vecchie stalle, invece con le mucche avremmo dovuto far subito una stalla nuova.


La stalla l’abbiamo fatta nel 2011 con i contributi del PSR. Abbiamo messo i pannelli sul tetto, quella è stata un’altra grossa spesa, ma è anche una rendita. Avevamo messo una copertura, la commissione paesaggistica aveva dato l’ok, ma il Comune invece no, così abbiamo messo i pannelli. Il titolare sono io, mio figlio è coadiuvante, poi c’è la moglie che ovviamente da una mano. Passerà poi titolare mio figlio, ma non stiamo a fare le domande per i contributi di insediamento, tanto quest’anno le hanno bocciate tutte in provincia di Torino… Quello dei contributi è un sistema sbagliato: dovrebbero darti subito i soldi con il vincolo di restituirli, piuttosto che far così. Prima li devi spendere e poi loro te li danno, così sono tutti costretti ad impegolarsi con le banche. Gli unici a cui conviene sono quelli che i soldi li avrebbero già. 


Io prima facevo il falegname e mobiliere, ma sono sempre stato uno “di campagna”. Mi è sempre piaciuta la campagna. Qui era dei miei suoceri.La stalla non è piena, Daniele mi dice che potrebbero starci fino a 120 capre, ma per il momento va bene così. Proprio in quei giorni gli animali sono stati messi in asciutta, la mungitura riprenderà a febbraio, dopo la nascita dei capretti.

Abbiamo scelto le Saanen per caso! Prima di iniziare siamo andati a vedere diversi allevamenti. Un giorno un amico passando in macchina verso Piscina ha visto un cartello “vendesi caprette da latte”. Siamo andati a vedere e ci siamo innamorati delle nostre prime ventiquattro caprette, più un becco. Poi adesso ci chiamiamo “La Capra Bianca”, quindi non possiamo più cambiare!

Nonostante siamo in valle, Daniele mi spiega che da qualche anno gli animali vengono allevati in stalla e nutriti con il fieno autoprodotto. “All’inizio salivamo ad un furest d’estate, dal 2006 al 2012. Poi abbiamo dovuto fare delle scelte. Per essere autosufficienti facevamo i fieni, poi c’erano i mercati, troppo impegno. Finivi alle 10 di sera e dovevi andare su… Sui pascoli abbiamo anche avuto problemi sanitari, clostridi e una parassitosi che non si riusciva ad individuare, un verme che solitamente colpisce più le pecore, per cui i trattamenti che facevamo non erano efficaci. Ne sono morte quindici. Così diamo il fieno e granaglie, non mi piace parlare di “mangimi”, sono cereali.

La produzione di formaggi in questo momento è ovviamente interrotta. In un locale delle strutture abitative è stato ricavato il punto vendita, di fianco al caseificio. “L’ottanta per cento delle produzioni le vendiamo direttamente (specialmente sui mercati), un venti per cento tramite rivendite. Sono due anni che vado tutti i venerdì al mercato di Torre Pellice.  Sul mercato ci sono i clienti affezionati che tornano, funziona più che alle fiere. Quest’anno, grazie ad un’idea di mia moglie, abbiamo provato a metterci al ponte sulla strada, ed ha funzionato ben più che alle fiere, perché la gente torna settimana dopo settimana. Paghi il suolo pubblico, ma è poca roba.

Abbiamo fatto investimenti non indifferenti, per cui bisogna uscire dal “buco nero”, ma non è facile. Non andando in montagna e non avendo razze in via d’estinzione, non abbiamo grossi aiuti. Qui abbiamo il bollino CEE per la caseificazione. Non è stato facile ottenerlo, c’era sempre qualcosa che non andava. L’ultima volta erano le altezze dei locali di lavorazione, ma qui siamo in montagna, una casa antica… alla fine ce l’abbiamo fatta.

L’ultimo locale che visito è la cantina, in cui al momento vi sono solo più i formaggi stagionati.La gente dovrebbe capire che ad un certo punto c’è solo più questo… e stagiona sempre di più con il passare dei giorni! Come freschi facciamo tomini, primosale, tomino lattico che dura 30 giorni e a 15-20 è migliore che fresco. Poi ricotta, saras fresco e stagionato (saras del fen). Come stagionati toma e caciotta (da un chilo e da 700 grammi), paglierine, toma blu, gorgonzola. Non ci sono richieste fisse da ristoranti della zona. Anche il saras del fen nei menù qui in valle non c’è!“. Resto molto stupita da quest’ultima affermazione, dato che molto è stato fatto per recuperare valorizzare questa ricotta stagionata. Oltre ai formaggi, da “La capra bianca” troviamo anche i salami realizzati con la carne delle capre a fine carriera.

…questa ovviamente non è che una parte di quel che Daniele mi ha raccontato… ma tutto il materiale raccolto finirà nel mio prossimo libro dedicato alle capre…

 

Dal punto di vista economico non rifarei questa scelta

Era un giorno torrido di settembre quando sono andata a trovare Marco. Si parte in direzione della pianura, per attraversare poi le colline astigiane, costeggiare la città di Asti e puntare verso altre colline ancora. La meta è in provincia di Alessandria.

Un paese di 145 residenti: “…ma metà sono di comodo!“. La casa di Marco è vicino al “centro” del paese, un pugno di case sulla sommità della collina. Dal balcone si vedono gli orti sottostanti, i piccoli frutti, più lontano altre colline e vigneti. “Nel 1992 ho comprato tre pecore a Sanremo, lavoravo là in Comune come giardiniere. Le ho prese per passione, non avevo ancora idea di fare questo. Poi nel 1995 sono tornato a casa, ho riaperto l’azienda di mio papà che aveva le api e i vigneti.

Prima di vedere gli animali e sentire la storia di Marco, ci si siede a tavola. Il rischio è quello di non riuscire poi a rialzarsi per un po’. Gli gnocchi sono freschi, li abbiamo visti preparare, e verranno conditi con due sughi, entrambi con i formaggi di produzione propria a far da base per questi condimenti.

Ho iniziato con fragole e frutti di bosco, pochi capi di pecore e facevo formaggi per uso famigliare. Nel 2000 ho preso le prime tre capre. Le pecore sono la mia passione, ma le capre mi danno da vivere. Vado al pascolo quasi tutto l’anno, ma bisogna sempre integrare con fieno. Adesso è tutto secco, quindi do solo fieno, come quando c’è la neve.

Adesso prendo anche i contributi per la capra di Roccaverano, ma di pure ce ne sono ormai ben poche, sono quasi tutte meticciate. La razza stava scomparendo totalmente. Io preferisco le pecore perchè se ne metti una nuova nel gregge, le altre la annusano e poi è finita. Le capre si picchiano, io sono pacifico e mi da fastidio che si picchino! Una volta una me l’hanno ammazzata a forza di picchiarla!

Richiesta di formaggio di capra ce n’è. Per fare la robiola più buona, che era il formaggio tipico che si faceva qui una volta, i vecchi dicevano che ci voleva una pecora e sette capre. Il caseificio autorizzato ce l’ho dal 2013. Faccio soprattutto formaggi puri, o pecora, o capra, la gente cerca di più quelli di capra.” Una scelta di vita e di lavoro, quella di Marco. “Dal punto di vista economico… non la rifarei! E lo dico con la morte nel cuore! Soddisfazioni ce n’è, ma una volta lo stipendio al 27 sapevi che c’era. Adesso hai il nulla, certi mesi non sai come fare per le spese di casa.

Marco ha anche due vitelli, i maiali che consumano il siero della caseificazione, innumerevoli conigli, galline, anatre… La passione è quella per l’allevamento in generale. “Potessi farlo… terrei un “arsenale” di pecore! Due per tipo, tutte di razze da latte. Qualche capra, ma molte meno. Adesso ho una cinquantina di capre e venti pecore.

La capra è donna, la pecora uomo

E’ passato qualche anno da quando avevo intervistato Marta per “Di questo lavoro mi piace tutto”, il libro sui giovani allevatori. Marta aveva fatto la scelta di stare in montagna, nonostante le scomodità che questo comporti per qualsiasi lavoro. All’epoca la sua attività era all’inizio e, addirittura, mi diceva che non le piaceva andare al pascolo.

Mi mettevo a piangere, le capre erano quelle di mio papà, erano abituate a stare con le pecore. Sia loro, sia il cane, obbedivano alla voce di un uomo! Adesso io e Luca litighiamo per andare al pascolo, guai se non posso andarci!“. Marta è tornata a Sambuco dopo aver visto il mondo, in azienda gli animali c’erano già, lei ha scelto le capre. “Le ho scelte per il latte, con le mucche è troppo impegnativo iniziare dal niente, poi da sola sarebbe stato troppo difficile.” Luca è arrivato dopo: “Facevo il fotografo, stavo seguendo un progetto sul lupo e la pastorizia. Ho conosciuto il papà di Marta, sono tornano, lui non aveva tempo e mi ha mandato da lei…

Dal 2011 lavorano insieme. “Ci siamo sposati, siamo andati in viaggio di nozze in Val d’Aosta, là abbiamo visitato aziende di capre, ci siamo ispirati a quello che abbiamo visto… Come razze, quelle di mio papà con cui ho iniziato erano nostrane, a me piacevano le Rove, ma qui non danno latte, ne hanno a malapena per il capretto. Il formaggio lo faccio io, vado a fare mercati. Adesso da un mese e mezzo mungiamo a macchina, prima tutto a mano.

Lo scorso anno spesso eravamo in tre, ma quest’anno quando lei è al mercato, dovevo farmele tutte io, 150-160 litri…“, racconta Luca. “Io ero contraria alla mungitrice, c’è meno contatto con l’animale, è più una catena di montaggio, ma da quando c’è siamo meno stanchi. I primi anni sono stati un po’ così… i capretti non volevo venderli, le caprette mi faceva pena svezzarle, le capre vecchie non me la sentivo di venderle… Le capre hanno tutte un nome e non si da mai il nome di una capra morta ad una nuova capretta!

Trovo che la capra sia un animale femminile, è più furba e maliziosa della pecora. La capra è donna, la pecora è uomo! Le pecore non ti riconoscono come le capre…” Marta e Luca alternano tradizione alla modernità. “Un anno a dicembre non avevamo soldi per il fieno. Luca usava internet più di me, abbiamo copiato da un’azienda della Toscana ed abbiamo lanciato “adotta una capra“. Non conoscevo il potere di internet, dopo tre giorni già chiamavano dalla Sicilia per aderire all’iniziativa. Continuiamo a farlo, molti vengono a ritirare il pacco e passano la giornata al pascolo con noi.” Leggete anche QUI un’altra intervista a Marta con ulteriori dettagli sull’iniziativa.

Le capre sono al pascolo in una frazione a monte di Sambuco. Tutte le sere vengono fatte rientrare in paese per la mungitura. Se il caseificio è stato realizzato ed è in piena attività, una lunga vicenda riguarda le stalle utilizzate dall’azienda. “Speriamo di riuscire a farcene una, ma servono soldi e ci sono tanti problemi. Dicono che aiutano, ma bisogna provare ad andare a fare le domande per i contributi per capire cosa significa…“, racconta Luca.

Pensavo di saper lavorare il latte perchè avevo lavorato in caseificio a Demonte… Ho poi fatto dei corsi a Moretta e sono stata un paio di volte in Francia da un’allevatrice di capre per imparare a fare la lattica. Io non riesco a capire le cose solo in teoria, devo vederle, toccarle. Poi vado ad occhio, a sensazioni, non sono una tecnica. I formaggi li trovate nel punto vendita a Sambuco, al mercato di Demonte e a quello di Vinadio.

Non potrei più stare senza animali

Ancora una storia di capre… e di donne! Sempre in Val d’Aosta, in una mattinata ho incontrato due amiche che gestiscono due aziende a poca distanza l’una dall’altra. Andiamo con ordine ed iniziamo da Eliana.

Ci eravamo già viste alla Foire des Alpes ad Aosta in una delle passate edizioni, ma questa volta l’ho raggiunta a casa sua in Valpelline, in una frazione di Bionaz, dove ha sede l’azienda agricola “La Tza” e dove lei vive tutto l’anno con i suoi bambini. “E’ stata una scelta di vita. Io e il mio ex marito lavoravamo all’ARPA , stavamo a Torino, ma volevamo vivere in montagna. Quando sono nati i bambini abbiamo deciso di realizzare questo sogno. Conoscevamo già la val d’Aosta, quando io ho visto questo posto me ne sono innamorata, era d’autunno, era caduta la prima neve… Volevano affittarlo, ma c’erano troppi lavori da fare per sistemarlo. Abbiamo girato, anche in Piemonte, ma io continuavo ad avere in mente questo posto. Per una serie di coincidenze eravamo in valle quando il padrone ci ha telefonato, siamo passati da lui e… abbiamo comprato!

Alla Coop c’erano bottiglie da 250 ml di latte di capra ad un prezzo tipo 3 euro, così per scherzo abbiamo detto: <<Possiamo allevare capre!>> Ho fatto il corso sia per giovani agricoltori, sia per caseificare. Non avevo mai avuto animali, solo pesci rossi e il criceto. Adesso ho 42 capre, due cani e sei gatti, mi manca il cavallo, ma prima o poi… Siamo arrivati qui nel 2010 per seguire i lavori di ristrutturazione, nel 2011 abbiamo preso le capre. Ho imparato provando, subito di notte nemmeno dormivo, avevo paura che morissero!”

Adesso sono da sola, faccio tutto io, seguo gli animali, vado al pascolo, faccio il formaggio e vado a vendere ai mercatini. D’inverno è dura, non puliscono la strada, lo scuolabus arriva fino alla fermata sotto, con i bimbi scendiamo a piedi. Per me le bestie sono una grande responsabilità, lo sento pesante nei momenti di crisi. Però nello stesso tempo sono la compagnia migliore, ti danno tanto e non chiedono niente. Io non potrei più stare senza animali! Qui per me è una gran libertà, stare così come mi sento, non dover guardare come sono vestita, pettinata… Mia madre invece non ha mai accettato che io, laureata in biologia, facessi questo.

Quando ho iniziato… non mi aspettavo niente! Per me tutto è stato fantastico! Non posso pensare di fare altro, anche se tutto sembra difficile, duro. Vederle belle con il pelo lucido al pascolo a questa stagione è una gran soddisfazione. Poi quando la gente apprezza i tuoi formaggi, specialmente se lo fa un Francese!“. Ad una certa ora le capre smettono di pascolare e tornano verso la stalla.

Qui le capre sono mal viste, ci sono solo vacche. Per gli allevatori sono bestie stupide, inutili. Non mangiano nemmeno il formaggio di capra. L’accoglienza comunque è stata buona, mi danno una mano, io non ho il trattore e vengono ad aiutarmi. E’ tutta una grande famiglia, nel bene e nel male.

Mentre le capre risalgono, anche una comitiva di bambini cammina lungo la strada. L’incontro non è proprio dei migliori, la maggior parte di loro grida terrorizzata. Molti esclamano: “Le pecore!“. Eliana invita una bambina ad accarezzare un animale, ma lei si ritrae inorridita. Una si lamenta perchè la “pecora” le ha annusato lo zaino. “E’ sempre così, i bambini di città non sanno più niente. Hanno paura degli animali, sono schifati.

Eliana mi parla dei debiti, i soldi da restituire all’ex marito: “Quando ci siamo separati, lui voleva vendere tutto. Io di qui non voglio andare via! Mi piace stare quassù, sto bene anche da sola. Da giovane avevo letto Il barone rampante e volevo vivere su di un albero…

Mi mostra la stalla, il fienile. “Faccio le scorte ad ottobre, poi spero che la neve vada via…“. Le caprette giovani non vengono portate al pascolo, restano in stalla, fuori con Eliana c’erano solo le capre in mungitura. “Qui in stalla mi da soddisfazione impagliare, vederle che stanno bene, nel pulito.

Il caseificio è moderno, realizzato con la ristrutturazione degli edifici. Poi c’è la cantina, con tutte le forme a diversi gradi di stagionatura. “Faccio tome, robiole e caprini, lattiche e presamiche. La robiola ha vinto al concorso. Tutto quello che ho ancora lo vendo alla Fiera di Sant’Orso, lo scorso anno al sabato avevo già finito tutto.

A lavorare in proprio non sei solo un numero

Esattamente una settimana fa, in un venerdì pomeriggio di sole e di vento, ho fatto un giro per Aosta. Non c’ero mai stata, intendo dire, non avevo mai visitato il centro della città. Visto che uno degli allevatori mi aveva dato appuntamento alle 16:00 quando avrebbe partecipato ad un mercatino, ne ho approfittato per riempire le due ore che avevo da aspettare facendo la turista.

A volte andiamo tanto lontano a cercare cose da vedere e poi… i piccoli gioielli li abbiamo dietro casa. I resti romani della città possono essere visitati ed ammirati, ci sono numerosi turisti stranieri in giro… Ma alla fine io sono comunque qui per parlare di capre e presto lo farò con un “personaggio” che incontrerò di lì a poco.

Subito non capisco dov’è il mercatino “dietro alla cattedrale“, ma continuando a girare a piedi, troverò un portone aperto e, in un giardino, le bancarelle. Dopo Fulvio mi spiegherà che si tratta di uno spazio messo a disposizione da un privato, pertanto tutti gli espositori non devono nemmeno chiedere l’autorizzazione al Municipio. “Siamo nel circuito di Genuino Clandestino.

Subito Fulvio non c’è, dopo mi racconterà di essere arrivato in ritardo perchè gli erano scappate le pecore. “Le tengo per pulire quello che le capre non mangiano, sono di razza Rosset, la razza locale valdostana. Faccio mercati, ma in futuro l’obiettivo è di farne meno, poi ho il punto vendita in azienda a Gignod. Fornisco negozi, ristoranti. I negozi sono i più costanti negli acquisti.

Il mercatino ha un suo pubblico che arriva in modo mirato, compra e se ne va: c’è frutta, verdura, torte, pane… “Avevamo una piccola azienda di bovini, io ho studiato all’estero in Francia all’Ecole Nationale d’Industrie Laitière, poi ho lavorato sempre in Francia. Quando sono tornato, ho lavorato sia per l’Institut Agricole, sia come tecnico della Regione, poi ho aperto l’azienda a mio nome. Ho scelto le capre per mia passione, poi c’era più possibilità di innovare.

Adesso siamo in 20 in val d’Aosta a fare formaggio di capra. Noi, dal 2007, siamo sempre stati i più cari in valle, ma non abbiamo problemi a vendere i prodotti. Ho iniziato facendo un po’ di tutto, poi da un paio di anni privilegio le lavorazioni francesi: lattiche, tronchetti, piramidi, con carbone vegetale… Non siamo ancora certificati, ma l’alimentazione degli animali è già totalmente bio. I negozi sarebbero ancora più interessati al prodotto bio.

Sono soddisfatto delle mie scelte. L’obiettivo è arrivare a 40 capre, non di più. Ho tutte Saanen. Per una famiglia 40 è un numero che va bene, il fieno è tutto autoprodotto. In inverno faccio anche un po’ di altri lavori, consulenze, mia moglie era cuoca, adesso lavora nell’azienda. Quando abbiamo iniziato, ho detto: <<Proviamo, vediamo come va!>> Anche adesso, la società francese per cui lavoravo, mi riprenderebbe subito, però da più soddisfazione lavorare in proprio, là invece sei solo un numero.

La Toma in fiera

L’autunno è tempo di fiere, per vendere i prodotti, per fare scorte per l’inverno. Questa almeno era la tradizione. Oggi i tempi sono cambiati e si trova di tutto nel corso dell’intera annata. Quello che non cambia però è il fatto che… I formaggi si producono nella stagione d’alpeggio e sono disponibili, in diversi gradi di stagionatura, quando si scende dai monti.

Così a Condove, in Val di Susa, nel mese di ottobre si tiene la Fiera della Toma. E’ una bella manifestazione che attira nel paese migliaia di persone nelle giornate del sabato e della domenica. Quest’anno poi il sole ha aiutato a far sì che l’affluenza fosse ancora maggiore.

Certo, è una fiera, si va per acquistare i prodotti, ma anche per assistere alle manifestazioni correlate. Per esempio, c’è chi intaglia il legno “a tema”, ma c’è anche chi intaglia le tome e le trasforma in opere d’arte più ancora di quello che già sono.

Alle varie bancarelle era possibile anche fare degli assaggi, per conoscere meglio i prodotti e procedere successivamente all’acquisto. Lungo le vie di accesso alla piazza principale, si trovavano bancarelle di tipo diverso. Formaggi, certo, ma non solo.

Era possibile acquistare e degustare molti dei prodotti tipici locali, come i canestrelli. Ma anche birre artigianali, pane, cioccolatini, oltre a prodotti provenienti da altre regioni d’Italia. Tutto questo mentre si arrivava al cuore di Condove…

Lì allora, in un percorso tra le bancarelle, si faceva il giro degli alpeggi della Val di Susa e vallate confinanti. Infatti questo spazio era dedicato ai vari margari, ciascuno con i propri prodotti. Le classiche “tome” nelle diverse varianti legate alla lavorazione, al latte, all’alimentazione degli animali, alla mano del casaro.

In questi ultimi anni si sta procedendo con diverse iniziative di valorizzazione del prodotto: caratterizzazione della tipicità, ma anche apposite marchiature, come possiamo vedere in questo caso le vere e certificate “tome di Condove”.

Ovviamente non si trovavano solo formaggi stagionati, ma burro, ricotta, tomini e ogni tipo di latticino che viene prodotto nelle aziende agricole. Come si fa a non rimanere affascinati da tutta questa varietà?

C’è la tradizione, come detto, ma anche tanta innovazione. Il consumatore medio è cambiato nelle esigenze e nei gusti. Troviamo allora molti più formaggi freschi, magari aromatizzati alle erbe, al peperoncino. Troviamo formaggi stagionati, affinati nelle vinacce, nelle spezie. D’altra parte, se tutte queste bancarelle vendessero solo tome, tutte simili, gli acquirenti sarebbero meno stimolati all’acquisto.

Un’intera via era dedicata ai prodotti ortofrutticoli e in questo caso le tradizioni più antiche premiano maggiormente delle innovazioni: le mele delle varietà “di una volta” vengono riscoperte e apprezzate con gioia e con gusto. Oltre all’agro-alimentare si poteva poi trovare parecchio artigianato e hobbistica. Insomma, anche se Condove non è una metropoli, per girare con attenzione tutta la fiera e le manifestazioni collaterali, c’era da dedicarci almeno un paio d’ore ben spese.

Già solo a fine mattinata la dimensione delle forme si era ridotta e la gente ritornava ai parcheggi, affollatissimi, carica di borse e sacchetti. Una manifestazione ben organizzata, con espositori di qualità e prodotti… beh, quelli avreste dovuto assaggiarli! A questo punto cercate di non mancare il prossimo anno, se ve la siete persa!

Un weekend impegnativo, ma il prossimo…

Amici appassionati di zootecnia e, soprattutto, delle fiere, siete pronti per una serie di weekend in cui vi sarà sempre più difficile scegliere dove andare? E’ dura, è dura davvero! Già solo qui in Piemonte, dove andare? O dove andare prima?? Questo fine settimana è molto ricco, ma il prossimo sarà ancora meglio!

Iniziamo da questo venerdì 9 ottobre. Sarò a Condove (TO), Val di Susa, a presentare il mio romanzo “Lungo il sentiero” e il libro fotografico “Pascolo vagante 2004-2014”, ore 21:00 presso la Biblioteca Comunale. Nell’ambito della serata gli agronomi Gianpaolo Bruno e Valentina Andrea illustreranno lo studio per la valorizzazione dei pascoli comunali.

Questa serata si inserisce nel ricco calendario della “Fiera della Toma” di Condove. Tutto il programma della manifestazione lo trovate qui sul sito, a partire dal primo appuntamento di questa sera. Sabato 10 e domenica 11 XXVI Fiera della Toma, con bancarelle dei produttori, degustazioni e molto altro ancora.

Sabato 10 l’appuntamento è a Bellino (CN), Val Varaita. Può cadere ovviamente in qualsiasi giorno della settimana, ma la Fiero dei Des… è al dieci! Mostra zootecnica, fiera, bancarelle, tutto nel meraviglioso paesaggio d’alta quota di Pian Melezé.

Per domenica 11 ottobre, altri appuntamenti sono a Corio per gli appassionati di capre e di battaglie, mentre per chi prederisce le pecore, la lana e le transumanze, a Ternengo (BI) c’è la Festa della Lana, con il passaggio di un gregge nel centro del paese (al pomeriggio, ore 15:00). Qui il programma. Voi dove andrete? Io… non ve lo dico, lo scoprirete vedendo le foto su facebook e i post qui sul blog. Comunque… Non ditemi che non vi segnalo per tempo gli appuntamenti!!

Gli occhi sono sono mai sazi

A Bra (CN) anche quest’anno, così come accade con cadenza biennale, si è tenuta la manifestazione Cheese, dedicata a “tutte le forme del latte”. Certo, i formaggi erano i protagonisti, ma non solo. Io ho fatto un giro il primo giorno, venerdì mattina, riuscendo così a vedere quasi tutto senza una folla eccessiva. Gente ce n’era, ma chi c’è stato la domenica mi ha parlato di difficoltà nell’avvicinarsi alle bancarelle.

Tutte le forme e i colori del latte! E’ impensabile andare a Cheese ed assaggiare tutto, sia per limiti fisici, sia perchè ad un certo punto il nostro palato non ce la fa più ad apprezzare le differenze. Da qualunque parte avessi voluto iniziare la visita, formaggi freschi, stagionati, cremosi, piccanti, ma anche latticini e dolci a base di latte e derivati si mescolavano, intervallati da miele, vini… Quindi ho degustato soprattutto con gli occhi, senza stancarmi mai e lasciandomi sorprendere da forme e colori, per l’appunto!

Ogni tanto un assaggio era d’obbligo, anche perchè mi è capitato di incontrare sia amici che vedo solo qui, di due anni in due anni, e persino di essere riconosciuta da amici virtuali con i quali questo è stato il primo incontro! Produttori di varie parti d’Italia, chi mi segue qui sul blog, chi via Facebook, chi mi aveva contattata per informazioni, ricerche, ecc.

In questa prima giornata, pur tra il pubblico che iniziava ad affluire numeroso, si riusciva ad assaggiare con calma, se uno ne aveva l’intenzione, ed anche scambiare quattro chiacchiere con i produttori. Anche per loro c’era ancora la freschezza del primo giorno, ma la manifestazione si protraeva poi fino al lunedì, mettendo a dura prova la resistenza di tutti.

Io ho iniziato nel padiglione dei produttori italiani e mi sono lasciata trasportare da Nord a Sud, passando per tutte le possibili varietà di prodotti da latte ovino, caprino, vaccino, bufalino, misti, stagionati in ogni modo possibile ed immaginabile. Anzi, ogni tanto c’era pure qualcosa che mi riusciva difficile credere che fosse un formaggio, tanto era strano nella forma e nell’aspetto.

Un’altra sorpresa l’ho avuta vedendo uno stand che non mi aspettavo proprio di vedere qui. Il sabato ci sarebbe stato un convegno dedicato alla tematica delle speculazioni sugli alpeggi, di sempre più scottante attualità, soprattutto da quando chi di dovere ha iniziato a far venire a galla le prove. Non sono solo più illazioni, ci sono stati arresti, nomi sui giornali. E allora come mai questa cooperativa, scomoda protagonista di queste inchieste, partecipava a questa rassegna?

Per addolcirsi la bocca, qua e là il latte si trasforma anche in gelati, oppure in ricotta che poi viene impiegata per realizzare dolci tipici di vario tipo. Non mancavano anche tiramisù, panne  cotte, budini, pastiere e molto altro ancora.

Il mio vagabondare tra gli stand mi ha portata nella via dei Presidi, cioè quei formaggi che Slow Food tutela dato che sono quasi a rischio di estinzione. Piccole produzioni casearie del territorio, ciascuna realizzata da uno ridotto numero di produttori locali. Impensabile trasformarli in prodotti di massa, ma proprio questo è il bello della loro esistenza.

Vi erano presidi stranieri e presidi italiani, ciascuno con il loro pubblico di estimatori, venuti fin lì magari per acquistare proprio una forma di questo o quel formaggio, non avendo altrimenti la possibilità di andare a cercarlo nel luogo di produzione. Qui vedete il Cevrin di Coazze, presto protagonista di una festa nell’omonimo Comune, a metà ottobre.

Forme e colori, il viaggio tra i formaggi può anche portarci a scalare la strana torre rappresentata dal Montebore, prodotto in provincia di Alessandria, recuperato quando ormai era quasi solo più un ricordo.

Un vero e proprio viaggio lo proponeva la Regione Val d’Aosta nel suo stand. Ricalcando l’appena concluso Tor des geants, i partecipanti qui, muniti di schede, affrontavano un’impegnativa escursione tra gli alpeggi della Vallèe, degustandone le Fontine.

Nella piazza centrale intanto, dopo l’inaugurazione, si stava procedendo con discorsi ufficiali da parte delle Autorità e premiazioni di personaggi meritevoli nel campo, appunto della caseificazione. Non avevo voglia di ascoltare parole, per fortuna ero a Cheese in veste del tutto privata, così ho potuto tirar dritto e immergermi tra le vie di Bra.

I piccoli produttori delle aziende agricole piemontesi, le fattorie didattiche, erano collocate all’estremità opposta. Anche qui, vendita di prodotti, qualche animale per far capire CHI produce il latte e spazio per imparare toccando con meno.

Per il pranzo, Bra abbonda di ottimi ristoranti, ma quella era una calda giornata di sole e il cibo di strada la scelta più indicata per una manifestazione del genere. Ampio spazio era dedicato, un po’ ovunque nella cittadina, ai più disparati alimenti che, in Italia, vengono prodotti e consumati sul posto. Dagli arancini di riso alle olive ascolane, focaccia di Recco, panino con la salsiccia di Bra, gelati e molto altro, accontentando i gusti di tutti.

Mi mancava tutta la parte degli affinatori, dove ancora di più la vista (e l’olfatto e il palato, volendo e potendo ancora!!) poteva soddisfarsi con una miriade di formaggi diversi. Oltre all’Italia, c’erano tutti gli stranieri, i vicini francesi e svizzeri, ma anche Americani, Inglesi, Olandesi, Sloveni, Irlandesi, Tedeschi… Ve l’ho detto, era uno spettacolo. Mettere qui tutte le foto sarebbe eccessivo e complicato, ma chi mi segue su Facebook può vedere l’intero album, come sempre.

Non manca mai questo affinatore di formaggi davvero strani che non sembrano nemmeno commestibili! Eppure c’era chi ne acquistava… Sicuramente l’aspetto visivo e la presentazione di tutte queste bancarelle hanno un ruolo determinante nell’attirare il pubblico. Probabilmente però certi formaggi sono davvero riservati ad alcuni intenditori e non al palato di tutti!

Alla bancarella del Tête de Moine, DOP svizzera, alle donne di passaggio veniva regalato un fiore di formaggio. Quale dono può essere più apprezzato? Anche quest’anno, come per le passate edizioni, devo dire che rimpiango la mancanza di tanti piccoli produttori che ricordo esserci stati nei primi anni di Cheese, comunque valeva la pena andare, anche solo per vedere tutto questo (che qui vi ho mostrato proprio solo in minima parte).

Infine, è anche sempre piacevole aggirarsi per Bra, tanto più se animata da manifestazioni come questa. Musicisti di strada, vetrine addobbate a tema, negozi di tutti i tipi e un’atmosfera da cittadina cosmopolita che forse non è generalmente associata, come luogo comune, al Piemonte. Arrivederci al 2017…

Le campane suonano…

Come già vi avevo mostrato, non ho avuto fortuna con le condizioni meteo, mentre ero in Svizzera. Anche il giorno successivo il tempo non era buono. Anzi, era peggio dei precedenti! Nella notte la neve era arrivata fino alle baite ed anche più a valle, al mattino pioveva, le nuvole erano basse.

Andare a cercare le pecore era un’impresa praticamente inutile. Altro discorso sarebbe stato dover andare al pascolo, ma il gregge era già libero di pascolare, quindi… Avrebbe continuato a farlo! Il pastore mi propone di cambiare versante, andare a controllare che le pecore non siano scese in basso, superando le reti tirate nei punti di passaggio, e risalire verso l’alpe delle vacche. Certo, con il bel tempo sarebbe stato maggiormente spettacolare, ma comunque… ci mettiamo in cammino, tra nebbia e pioviggine.

L’alpeggio è completamente avvolto nella nebbia fittissima, non si vede nemmeno il rifugio poco sotto. Veniamo accolti con gioia e invitati a pranzo. Anche gli allevatori qui sono intralciati nei loro lavori dalla nebbia. Due di loro sono comunque ancora fuori, sono andati a vedere le manze. L’indomani invece le vacche da latte scenderanno a valle, nell’altro tramuto accanto al lago. Chiacchieriamo, io soprattutto ascolto. Il giro delle strutture lo faremo dopo, a partire dalla cantina piena di formaggi. Parte della produzione è già stata portata giù con la teleferica (per fortuna che c’è!), parte resterà qui a stagionare fino al prossimo anno, appesa in dei sacchi di rete, in modo da non avere la necessità di venire girata.

Le strutture sono belle, moderne. Mungere qui all’aperto, con un clima così, mette al riparo dalla pioggia, ma non dal freddo e dall’aria. Sull’alpeggio, oltre al conduttore, c’è un giovane originario della Lombardia, che lavora stagionalmente coma aiutante, già da diversi anni su questa montagna. Poi c’è una giovanissima ragazza originaria della Svizzera tedesca. Ha studiato da maestra, ha fatto lettere all’università, poi è andata a dare una mano in un’azienda di una signora anziana d’inverno ed ha cercato un posto per l’estate in un alpeggio. “All’inizio l’ho vista così dolce, mi sembrava fragile… Adesso do a lei da portare il sale a spalle, così riesco a tenerle dietro quando saliamo dalle manze!“, scherza (ma solo fino ad un certo punto) il malgaro.

Gli animali non sono ancora stati messi al pascolo, si spera che la neve se ne vada via. Per fortuna il giorno dopo si scende. Si sta bene nella baita con la stufa accesa, il pranzo che cuoce. Fuori fa freddo, l’umidità non accenna a diminuire. Una delle sale del caseificio è dedicata all’affioramento della panna e al burro, burro quindi da latte e non da siero! Questo viene portato a valle ogni pochi giorni. “Quando non c’era la teleferica, a tutti quelli che passavano di qui, chiedevamo se potevano portare giù un po’ di burro!

Il formaggio prodotto qui viene interamente venduto direttamente, senza intermediari. Questo garantisce una buona rendita e la sopravvivenza di una piccola azienda di montagna. Qui in alpeggio, oltre agli animali del conduttore dell’alpeggio, ci sono quelli di altri allevatori della valle, affidati per la stagione estiva. Anche questo alpeggio è di proprietà del patriziato, come per l’alpe delle pecore. Il punto vendita giù in basso, accanto al lago, garantisce un buon afflusso di turisti. Vengono prodotti anche yoghurt e formaggelle.

Dopo pranzo, le vacche vengono messe al pascolo. La nebbia continua ad essere molto fitta, ma almeno sembra aver smesso di piovere e la neve se n’è andata quasi tutta. Ogni animale ha una campanella al collo, piccole campane, fondamentali per localizzarli nella nebbia o nel buio del mattino, quando si esce per andarli a prendere e condurli alla mungitura. Eppure il gestore del rifugio lì accanto si è ripetutamente lamentato per il suono delle campane, che lo infastidisce e infastidirebbe pure i suoi clienti. “Sai qual è il problema? Il problema è che non c’è soluzione…!“, gli era stato risposto. Montagna, alpeggio, vacche al pascolo e campane. Fai il turista in montagna? C’è anche questo, così come se dormi in un albergo in città c’è il traffico, il treno…

L’indomani devo ripartire, ma decido di aspettare, anzi, di andare incontro alla transumanza! Poso i bagagli in macchina e risalgo (nuovamente tra nuvole basse e pioggia) verso l’alpeggio, fin quando sento le campane e i richiami delle persone che stanno accompagnando gli animali. Il primo tratto di sentiero è bello, poi vi sono alcuni passaggi delicati. Il giorno precedente avevo sentito criticare a lungo il lavoro di chi doveva sistemare il sentiero, che teneva conto più dei turisti che non delle esigenze degli animali. Non solo in Italia, allora…

Dopo il passaggio sul torrente che fa da immissario al lago, inizia un tratto abbastanza pianeggiante, che però “taglia” dei versanti molto ripidi. Mi chiedono di non stare troppo vicina alle bestie, c’è un po’ di tensione, perchè in effetti i passaggi sono delicati e le Brune sono animali pesanti, pochi agili.

La foto scattata da lontano in effetti non riesce a rendere l’idea di come fosse questo punto: il sentiero stretto, un accumulo di terra e pietrame che l’ha invaso parzialmente, cadendo dal canalone soprastante, le vacche passano lentamente. Sotto, il canalone roccioso precipita direttamente nel lago. Per fortuna gli animali avanzano uno ad uno, attraversare qui con una mandria nervosa, vacche che si spingono, sarebbe troppo rischioso!

Dopo il cammino è più semplice, il sentiero è una vera autostrada. Per fortuna ha smesso di piovere, la transumanza si conclude nel migliore dei modi. Non abbiamo nemmeno incrociato turisti, non in quest’ultimo tratto, mentre prima ve n’erano alcuni che salivano al rifugio, altri che già scendevano. Da queste parti meno che altrove ci si fa intimorire dalle condizioni meteo avverse.

Le vacche sfilano lungo il lago. Tra una settimana scenderanno anche le pecore e la montagna resterà silenziosa, senza campanelle, senza cani da protezione, con buona pace del gestore del rifugio e dei turisti! Non avrei pensato che questi “problemi” esistessero anche altrove, pensavo che le montagne di Heidi fossero più sane, più rurali, e che la dimensione sempre più da parco giochi/parco avventura fosse una prerogativa italiana, invece ciò che ho visto ed ascoltato mi ha fatto capire che un po’ ovunque le cose si ripetono.

Ed ecco che le ultime vacche arrivano all’alpe. Resteranno qui ancora qualche settimana, poi anche questa stagione si concluderà. Per me invece si è concluso il soggiorno in Svizzera, per il giorno dopo il tempo si annuncia ancora peggiore, quindi anticipo il rientro e mi metto in viaggio. Ma non sceglierò la via più breve per tornare a casa…

Appuntamenti

Non è vero che non segnalo gli appuntamenti, come ha scritto su facebook qualcuno l’altro giorno! Certo, non li segnalo TUTTI, ma solo quelli di cui sono a conoscenza o che reputo più interessanti. Ogni tanto poi c’è chi mi invia le locandine di questo o quell’evento e le ho sempre pubblicate. In queste settimane è davvero difficile elencare tutte le fiere, rassegne, feste in ambito zootecnico anche solo per il Piemonte. Così… Faccio una rapida panoramica. Poi nei prossimi giorni continuerò a scrivere il racconto di ciò che ho visto in Canton Ticino.

Iniziamo con domani. In occasione della manifestazione Canta-Libri a Cantalupa, comune limitrofo al mio, si terrà una tavola rotonda alla quale parteciperò in qualità di relatrice. Venerdì 18 Settembre ore 21.00, via Chiesa 73 (villa comunale), MAI GRIDARE AL LUPO? CHI TEME E CHI APPLAUDE AL RITORNO DEL PREDATORE. Intervengono: Giustino BELLO, Sindaco di Cantalupa, Gianfranco RIGHERO, Dirigente Servizi Tutela Fauna e Flora Provincia di Torino, Marzia VERONA, Scrittrice-esperta di pastorizia, Luca GIUNTI, Guardiaparco del Parco naturale delle Alpi Cozie, membro del progetto LIFEWOLFALPS.

Sempre domani, a Bra (CN), si aprirà l’edizione 2015 di Cheese, la biennale dedicata ai formaggi del mondo. Qui tutto il programma dei quattro giorni della manifestazione. In particolare, vi segnalo un incontro che si terrà sabato 19 settembre ore 10.00 presso la Sala incontri CRB, via Principi di Piemonte 12. “Come sarebbero le Alpi senza gli alpeggi? Paesaggio, cultura, economia, turismo: il territorio alpino è indissolubilmente legato all’allevamento ed ai suoi prodotti non sempre adeguatamente valorizzati, ma qual è oggi il futuro di questa attività? E’ possibile immaginare un patto tra istituzioni, comuni, malgari per superare gli ostacoli? Quali elementi possono garantire un’alleanza efficace? Come valorizzare adeguatamente i prodotti di questa attività? Se ne parlerà con Sindaci, allevatori e con l’Assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero.

Appuntamento meno impegnativo, dopo i convegni e le tavole rotonde! Dalla Val d’Aosta mi inviano la locandina della battaglia delle capre di Gaby, sempre sabato 19 settembre alle ore 14:00.

Un’altra manifestazione che potrebbe interessare agli appassionati è a Perosa Argentina (Val Chisone – TO), dove sabato 19 e domenica 20 settembre si terrà la rievocazione storica “Poggio Oddone Terra di Confine” e la Fiera del formaggio Plaisentif. Qui il programma. Ci saranno sicuramente molti altri appuntamenti interessanti, io vi segnalo questi, aggiungete nei commenti gli altri di cui siete a conoscenza!