Auguri, anche se…

Anticipo ad oggi gli auguri di buone feste, sapendo che molti lettori del blog accedono ad internet dal posto di lavoro, quindi per qualche tempo forse non visiteranno queste pagine.

Auguri, anche se per molti i giorni che stanno per arrivare sono uguali agli altri. L’allevatore (e soprattutto il pastore vagante) non vede differenze tra un giorno festivo ed uno feriale. Anzi, spesso utilizza il giorno festivo per compiere spostamenti sulle strade, approfittando del fatto che c’è meno traffico!

Auguri, anche se c’è poco da festeggiare, di questi tempi. Sento parlare di agnelli rimasti invenduti, di agnelli venduti a bassissimo prezzo, sia qui in Piemonte, sia in Sardegna, sia altrove. Sento parlare sempre più di furti: furti di bestiame, addirittura le campane dal collo degli animali al pascolo. Forse le profezie Maya non erano poi così sbagliate, in fondo è la fine del mondo… La fine del mondo a cui eravamo abituati.

Auguri a tutti coloro che seguono questo blog, siete aumentati tantissimo nel corso di quest’anno che sta per finire. Grazie a chi legge, grazie specialmente a chi commenta e permette di confrontarsi e scambiare le idee. Grazie a chi mi manda foto e storie, che contribuiscono ad arricchire queste pagine. AUGURI!

…transumando…

Sempre più presa da  impegni pastorali… perdonate la mia assenza, ma la transumanza è in corso… Se amate questo blog e queste storie, mi potete capire. Mancano poche settimane e poi inizierà la stagione del pascolo vagante, riprenderò ad aggiornare il blog con maggiore regolarità. A presto.

Alcune precisazioni

Dopo il servizio andato in onda ieri sul TG3 regionale del Piemonte (vedi qui, a 15’15”), è doveroso da parte mia fare alcune precisazioni, soprattutto rivolte ai lettori “nuovi” che non seguono da anni questo blog e non sanno come e perchè è nato.

Ovviamente queste pagine sono pubbliche e chiunque le può leggere, ma sono “personali” nel senso che il testo di ogni post, salvo diversa indicazione, è frutto di pensieri e riflessioni della sottoscritta. Non ha alcun carattere di ufficialità, non è aggiornato in maniera puntuale e non è da considerarsi punto di riferimento di alcunchè, non rappresenta associazioni, gruppi o categorie. La sottoscritta ha iniziato a tenere questo blog per condividere con un pubblico via via più vasto la passione per il pascolo vagante, la pastorizia in generale, la montagna ed il mondo degli alpeggi, attraverso foto e scritti. E’ un passatempo gratuito, nessuno mi paga per farlo e nemmeno mi chiede di aggiornare queste pagine, lo faccio come e quando voglio, a seconda dell’ispirazione del momento. Pubblico anche materiale che mi mandate voi, di ogni genere, purchè inerente l’argomento del blog.

Sono grata a tutti coloro che quotidianamente leggono, commentano e, per ringraziarmi in modo tangibile, acquistano anche i miei libri. Attraverso quel gesto fate sì che questo blog continui ad esistere, perchè solo di passione non si riesce a vivere! A volte mi chiedo se abbia senso continuare a scrivere qui, per svariati motivi, ma poi ricevo commenti su Facebook come questo di Francesca H. (riporto integralmente) e allora si continua: “Il tuo ultimo libro mi a fatto capire k ki cm me fa il lavoro della margara\o o comunque che lavora con gli animali nn si deve vergognare della propria passione anzi… x questo voglio fare sapere a tutti tramite il tuo profilo k la nostra e un lavoro stupendo e k dobbiamo farci forza tutti insieme e andare anvanti anke se ci sn molti sacrifici da affrontare.. grazie anke a te marzia k cn i tuoi libri nn ci fai perdere la speranza e la voglia di andare avanti!“.

Da adesso in poi…

Niente aggiornamenti, poco tempo e troppi impegni. Inizia la stagione più impegnativa (come se nel resto dell’anno mi riposassi!), in concomitanza con le prime transumanze e le salite in alpeggio.

Oggi sono ad Aosta (vi aspetto stasera!), ma domani cercherò di aggiornare queste pagine. A presto…

…e sono cinque!

Cinque anni. Sono tanti per un blog? Forse sì, forse no. Nel mondo virtuale ci sono cose che nascono e muoiono velocemente, diventano “obsolete”. Ci sono fior fiore di articoli sul fenomeno dei blog e di tutto quello che si può trovare on-line. c’è chi preferisce altre forme di comunicazione, brevi messaggi mandati in rete anche grazie a telefonini sempre più evoluti, visibili a tutti o solo agli “amici”… Io non so se i 1.200-1.500 visitatori quotidiani di questo blog sono tutti amici, c’è chi apprezza e c’è anche chi legge per poi controbattere, criticare. C’è chi lo fa apertamente, e allora possono nascere anche utili discussioni, e chi invece sparla altrove, senza darmi la possibilità di replicare.

Da quando è nato il blog sono cambiate tante, tantissime cose. Il prossimo anno saranno 10 anni che so cos’è il pascolo vagante… Però in effetti sono solo gli ultimi  mesi che hanno visto il mio passaggio alla pastorizia a tempo pieno. E’ stata una prova in tanti sensi ed adesso mi trovo a riflettere su quale strada seguire. Non abbandonerò la scrittura, il blog, i libri, ma molte altre cose poco per volta sì, perchè anche se gli ultimi mesi sono stati faticosi, quando uno crede in qualcosa, perchè deve mettere da parte sentimenti e passioni per occuparsi d’altro? In questi mesi è nata la capretta della mia prima capra… (Ma la mia prima pecora non accenna a voler partorire!). In questi mesi ho vissuto tutte le fasi della pastorizia nomade, dal cercare l’erba a condurvi le pecore a pascolare. Ho incontrato soddisfazioni, momenti di gioia, persone gentili, persone ignoranti, persone grette, persone dal gran cuore, persone semplici ma oneste, persone che si credono superiori… Persone che sanno tutto e persone curiose. Amici veri e amici di facciata.

Cinque anni di blog, cinque anni di pascolo vagante, e non solo. Ho intervistato e sono stata intervistata. Ho fotografato e sono stata fotografata, filmata con i telefonini da macchine ferme in sosta al passaggio del gregge. Ricevo sempre più materiale da voi amici di questo blog: foto, storie, video, piccole segnalazioni. Come spero non si fermerà mai, nonostante tutto, il cammino delle greggi, spero non si debba fermare nemmeno questo blog. Ha traslocato, negli ultimi mesi, ma questa nuova “casa” sembra non dispiacere agli affezionati lettori.

Albe e tramonti si susseguono. Sogni e progetti per il futuro ce ne sono tanti, chissà quali si potranno concretizzare? Come nel mondo della pastorizia è impossibile al mattino prevedere quel che si farà la sera (si può solo teorizzare), anche qui non so darvi punti fermi. In questo nuovo anno di blog che sta iniziando uscirà (salvo imprevisti) il nuovo libro sui giovani. Il titolo (già svelato su facebook) sarà “Di questo lavoro mi piace tutto”. E’ un libro sui giovani, sul presente e futuro dell’allevamento. Un conto è parlare di allevamento, un conto è praticarlo e viverlo. Questo blog va avanti anche grazie a tutti i giovani che lo seguono assiduamente, magari senza commentare, ma discutendone magari dopo tra di loro, commentando la foto di una pecora, di un cane, di un campanaccio. Chi l’avrebbe mai detto, cinque anni fa…

Una lettera che sta già facendo discutere

Ci sono quei momenti quando non riesci più a trattenerti e allora le cose le devi dire. Nel mio caso io le scrivo, le scrivo di getto, come mi vengono dal profondo del cuore. Un evento in particolare ha fatto nascere la lettera che, di seguito, riporto integralmente. E’ stato questo articolo della scrittrice Dacia Maraini sul Corriere della Sera. Mi ha colpita soprattutto perchè ho sempre apprezzato la Maraini come scrittrice, soprattutto per la sensibilità nella costruzione dei personaggi femminili nei suoi romanzi. E allora ho scritto… Le ho scritto una lunga lettera con il cuore. L’ho inviata in redazione, ho cercato di contattarla attraverso il suo sito privato, ho telefonato al CdS ed ho rispedito la lettera, ma non ho avuto riscontri. Nel frattempo ho letto anche questo articolo di Annibale Salsa su L’Adige. Dulcis in fundo, ho visto un servizio di Sveva Sagramola a Geo&Geo ieri sera ed ho letto un comunicato stampa della CIPRA Italia che mi ha spinta ad inviare la stessa lettera anche alla trasmissione RAI ed a Francesco Patorelli, direttore di CIPRA Italia. Oggi la mia lettera è stata ripresa su L’Adige e ne parlano sul Forum del Centro per lo Studio e la Documentazione sul lupo qui. Una lunga premessa ad una lunga lettera. Ho già detto tutto lì.

Gentile signora Maraini,

 ho letto il suo articolo “Non sparate sul lupo. Cattivo solo per le favole” nella pagina della Cultura del Corriere della Sera. Ho sempre apprezzato i suoi scritti e la grande sensibilità che traspare nei suoi romanzi.

Per questo ho deciso di scriverle, da donna a donna, perché ritengo sia importante far conoscere la verità sul lupo. Le scrivo dal Piemonte, dalla provincia di Torino.

Purtroppo ci sono e continuano ad esserci troppe strumentalizzazioni intorno a questo tema e si vuol far credere che ci siano branchi di lupi pronti ad assalire gli abitanti dei villaggi.

I branchi di lupi ci sono, è vero che scendono nei paesi, infatti negli ultimi 10 anni ci sono stati numerosi casi di lupi investiti su strade e ferrovie nelle vallate alpine (Val di Susa, Val Chisone). La gente li vede, li sente, trova i resti delle loro prede non lontano dalle case. Questo genera sicuramente paura, il timore del lupo è qualcosa di atavico che abbiamo dentro di noi. Io li ho sentiti ululare un mattino prima dell’alba, in alta montagna, e mi è letteralmente venuta la pelle d’oca.

Il vero problema per il quale però in Piemonte si è chiesto il contenimento del numero di lupi è un altro: non solo la paura di quei pochi che vivono in piccoli villaggi di montagna che d’inverno contano poche decine di abitanti, ma i danni all’allevamento tradizionale degli alpeggi.

Io sono la compagna di un pastore. Lui è originario della Val Pellice, più precisamente di Angrogna. Per lui, come per la maggior parte dei suoi “colleghi”, il gregge è la vita. Il pastore non dice: “Le pecore hanno pascolato un prato nel tal posto”, ma: “Ho mangiato l’erba…”.

Sarebbe bello che il lupo fosse un animale spazzino che preda solo bestie malate, vecchie, caprioli e camosci ormai stanchi di vivere. E’ furbo, è intelligente, il lupo. Viene detto anche nel Suo articolo. Potendo scegliere, lo fa. E la pecora, animale domestico, è più facile da catturare. Se poi è bella grassa, rappresenta un succulento boccone. Lo sa che i pastori hanno notato che, se una pecora con dei problemi, alla quale magari è stata fatta una puntura di antibiotico, resta indietro, il lupo non la prende?

Noi nell’estate 2011 abbiamo avuto 30 perdite per causa del lupo. Nel 2010 una ventina. Ed attacchi più o meno consistenti ci sono stati anche negli anni precedenti. Il gregge è composto da circa 400 animali di proprietà del mio fidanzato ed altrettanti “presi in guardia” da piccoli allevatori locali, che, secondo la tradizione, li affidano al pastore affinché li porti in alpe d’estate, cosicché loro possano occuparsi della fienagione in fondovalle, fieno prezioso per il mantenimento dei loro ovini nel lungo inverno.

Sono quindici anni che il lupo è presente sull’alpeggio dove saliamo. Claudio, il mio fidanzato, è sempre stato su quelle montagne, prima con i genitori, poi con lo zio che l’ha indirizzato sulla strada della pastorizia. I suoi genitori invece allevano bovini. Conosce ogni sasso, ogni cespuglio, ogni leggenda e storia di quella montagna che già i vecchi avevano denominato Infernet.

E’ un alpeggio difficile, spesso c’è la nebbia e non se ne va per giorni. E’ ripido, sassoso, con molti cespugli perché ormai lassù non salgono decine di persone come un tempo, ma solo lui con il suo gregge. Non si vive più con due vacche e venti pecore, si fatica a campare con quattrocento.

In alpeggio purtroppo tocca adattarsi: nel nostro caso si paga un affitto al Comune, che però non ha mai aggiustato le baite. Queste stanno crollando, l’unica più o meno in piedi ha muri attraverso i quali passa il vento, quando piove c’è il fango sul pavimento perché la “casa” è addossata alla roccia e l’acqua a lungo andare filtra. Non si può accendere un fuoco all’interno e ci sono allegre famiglie di topi che ti passano fin sulla faccia mentre dormi. Il letto è un “soppalco” costruito con alcune assi e pali. Il materasso erba secca e qualche vecchia coperta. Bisogna camminare per oltre un’ora e mezza lungo un ripido sentiero per arrivare lì, portando su tutto a spalle, viveri per te e per i cani. Più volte si è tentato di fare il carico con l’elicottero, per portare almeno il sale per le pecore, il pane per i cani, ma la nebbia il più delle volte ha mandato a monte il tutto.

Le baite non possono essere aggiustate perché sono del Comune, così ci si arrangia con teli di nylon e riparazioni precarie. Perché affrontare la spesa della costruzione di un nuovo edificio… quando l’anno prossimo il Comune potrebbe affittare ad un altro?

E perché non cercare un altro alpeggio? Perché non è semplice trovarne di liberi. E’ una lunga storia anche questa, ci sono meccanismi complicati da sintetizzare, perverse storie di alpeggi affittati ad allevatori di pianura pronti a sborsare cifre che mai un pastore potrebbe permettersi (e loro invece lo fanno per accaparrarsi i contributi CEE, senza peraltro portare in alpeggio i loro animali).

Poi su quell’alpeggio c’è la sua vita. Nella parte bassa ci sono pascoli ed edifici di proprietà, che lui e la sua famiglia hanno ristrutturato a spese loro. Si potrebbe utilizzare quelli, camminando un po’ di più, ma avendo una vita civile.

Il lupo però non lo consente…

La mia lunga premessa serviva infatti a dare un’idea di quello che c’è lassù nelle montagne dove i lupi mettono in pericolo le greggi e gli uomini.

Per l’uomo il pericolo fino ad ora non è stato l’attacco alla persona, ma la sofferenza, lo stress, il senso di impotenza, la frustrazione, il danno economico e morale.

“Convivere” con il lupo per un pastore vuol dire essere sempre insieme al proprio gregge. Bisogna chiudere le pecore nei recinti (e le reti mobili vanno spostate frequentemente, per il benessere degli animali… il tutto a spalle…), quindi devi essere lì dal mattino presto fino alla sera tardi. A volte degli animali restano indietro nella nebbia e così tendi le orecchie al suono delle campanelle, poi parti con la pila a cercarli. Quelli che non trovi, sono condannati. Quest’estate io ero in alpeggio e, ogni volta che ciò è successo, al mattino vedevi già i corvi che giravano. Allora andavi a raccogliere i cadaveri e, se ti andava bene, curavi quelle ferite.

Di notte finisce che non dormi più, al minimo abbaiare del cane maremmano da difesa salti in piedi ed esci con la pila. Un pastore mi ha raccontato di aver sognato un attacco al proprio gregge. Svegliatosi, non è più riuscito a prendere sonno ed ha dovuto andare a controllare che non fosse successo niente di male alle pecore.

Fai di tutto, dai tutto te stesso per gli animali, i tuoi animali che magari hai salvato da piccoli, allevandoli con il biberon quando la mamma non aveva latte a sufficienza, e poi te li trovi uccisi, divorati.

Arrivi a capire il lupo, è un animale, deve mangiare, ma non capisci perché non puoi difenderti come facevano i tuoi nonni, i tuoi bisnonni. Almeno sparare, per far paura. Perché l’ultima pecora prima di scendere dall’alpeggio a fine stagione te l’ha presa dietro alle baite, in pieno giorno, senza timore dell’uomo. Il lupo non ha più paura dell’uomo. Quando ti vede, si allontana, ma non scappa.

Ti alzi alle 6:00 e vai a letto alle 23:00 se non oltre. Non puoi allontanarti un giorno, un’ora. Se non ci fosse il lupo, alle cinque o alle sei di sera potresti scendere alla tua baita dove c’è una stufa, un letto, mangiare e riposare, stare con la famiglia. Invece no, e se non c’è nessuno con te, alla sera molte volte sei così stanco che o non mangi, o sbocconcelli qualcosa di freddo.

Per colpa del lupo noi non possiamo farci una famiglia: non si può più crescere un bambino lassù, in quelle condizioni… E non vogliamo nemmeno stare lontani 4-5 mesi, soprattutto in quella stagione che è (era) la più bella per chi fa questo mestiere. Dobbiamo per lo meno trovare un altro alpeggio, con una baita in cui si possa vivere civilmente.

Tentare di difendersi dal lupo è anche un costo non indifferente, per un’azienda dal bilancio ridotto come la nostra. 5-6.000 euro a stagione non sono pochi (spesi tra reti, pagare un aiutante estivo, alimentazione dei cani anti-lupo, medicinali per le pecore ferite…), per non contare poi tutti i danni indiretti. Le pecore producono meno, quelle genericamente “disperse” dopo un attacco al gregge non vengono rimborsate, ecc ecc ecc.

Viene persino voglia di smettere, ma se un pastore vende le pecore gli muore qualcosa dentro.

 Questa è la nostra storia, io mi sento impotente quando Claudio è sconvolto dopo l’ennesimo attacco. La sua non è rabbia, è disperazione. Mi dice: “Ma che vengano qui con me, quelli che ci tengono tanto al lupo! Vengano su con me a fare una settimana della vita che faccio io!”.

Io quella vita la sto facendo, ma non è vita, meno che mai nel XXI secolo.

Vorrei che almeno venissero raccontate anche queste storie e non solo dire teoricamente che è bello il lupo e bisogna proteggerlo assolutamente.

Se l’uomo, se il pastore abbandona la montagna, crolla un ecosistema. Se smettesse lui, venderanno le pecore tutti quei piccoli appassionati che ne tenevano cinque, dieci, cinquanta nel fondovalle e gliele affidavano per l’estate. Così si smetterà di falciare quei prati che servivano per il fieno. Sarà abbandonata la montagna, sarà abbandonato lo spazio intorno alle frazioni in basso. Andranno a perdere anche i sentieri che salgono all’alpeggio, quei sentieri che ogni volta che li percorrevi sistemavi una pietra, toglievi un ramo, davi due colpi di zappa perché le bestie passassero con meno pericolo… e con loro anche gli escursionisti che sarebbero venuti dopo. Non ci sarà più la fontana vicino alle baite. Per chi la montagna la frequenta da turista, è più facile godere della vista di un gregge di pecore che non riuscire a scorgere un lupo. L’escursionista di passaggio, magari in difficoltà per qualcosa lassù dove non prende nemmeno il telefonino, al pastore poteva sempre chiedere aiuto, un’indicazione o anche solo scambiare quattro chiacchiere.

Noi e tutti gli altri che fanno questa vita dura, ma piena di soddisfazioni semplici, non c’è l’abbiamo con il lupo. Ce l’abbiamo con chi non capisce la montagna e i suoi abitanti. Il lupo cacci il capriolo, il camoscio, il cinghiale, ma dateci la possibilità di difenderci quando invece arriva vicino alle nostre pecore. Volete aiutare il lupo? Allora aiutate i pastori. Aiutateci a risolvere i problemi che hanno fatto sì che il lupo fosse la goccia che fa traboccare il vaso: abbiamo bisogno di baite decenti, abbiamo bisogno che il nostro lavoro torni ad avere un valore, mentre adesso a fatica con i ricavi si coprono le spese, abbiamo bisogno di meno burocrazia, di affitti degli alpeggi abbordabili.

Persone come Lei, persone che possono parlare a milioni di altre persone, ci aiutino a far sentire la nostra vera voce. Per favore, non contribuite ad alimentare quelle voci che dicono che qui vogliamo sterminare i lupi così, tanto per passare il tempo. Io non so quanti siano i lupi, nessuno ci sa dire un numero preciso, ma non è un lupo da solo che, in una notte, divora completamente 3-4 pecore. Però non mi interessa discutere sui numeri, vorrei solo che anche noi potessimo avere una vita senza arrivare sull’orlo della disperazione e, per di più, leggere poi articoli dove si dice che il lupo mangia solo la pecora zoppa.

 Spero che questa mia lettera Le venga recapitata.

Cordiali saluti, Marzia Verona – Cumiana (TO)

Dimenticando la neve

Visto il tempo, viste le temperature, per un attimo andiamo altrove con immagini di tutt’altro genere. Attingendo dall’archivio delle foto che mi avete mandato e che non avevo ancora mai pubblicato, ecco qui un po’ di tutto.

Iniziamo da chi sicuramente in questi giorni è più al freddo di noi. Marco “il Polacco” mi aveva mandato alcune immagini dal paese in cui attualmente risiede. Inizierei con quella che si intitola “fine inverno”, sperando che sia di buon auspicio per chi in questi giorni è davvero nella morsa del gelo e per chi sta attendendo di vedere quanto scenderanno davvero le temperature.

Sempre in Polonia, l’attraversamento di un gregge in mezzo al traffico locale. Scene che, a quanto pare, si ripetono qua e là un po’ ovunque.

Infine un curioso cartello stradale che dalle nostre parti non si è ancora visto, anche se in varie zone d’Italia l’orso c’è e capita pure di incontrarlo lungo una strada.

Emanuele ci aveva mandato le immagini della manifestazione “Tempo di Migrar”, la festa della transumanza in Ossola. Ecco il pastore Ernestino in testa al suo gregge mentre scende lungo la valle a fine stagione.

Riconosco il posto, se non sbaglio quella località si chiama San Rocco. Il gregge è un fiume infinito e la gente osserva con stupore e meraviglia. Questa è una festa che si tiene ormai da alcuni anni, richiamando curiosi ed appassionati.

Emanuele immortala un becco dalle corna davvero imponenti, che svetta non solo tra le pecore, ma anche tra le altre capre mescolate qua e là nel gregge.

Una sosta per il gregge, gli animali pascolano mentre il traffico defluisce, i turisti scattano foto… E’ lunga la Val Formazza! Il cammino di questo gregge non credo possa avvenire altrove se non sull’unica strada che percorre lo stretto fondovalle.

Ecco uno di quei momenti di scambio e contatto tra pastore e turisti. Speriamo che quei bambini portino a lungo impressi i ricordi di quella giornata…

Ancora “ordinarie” transumanze, ma questa volta siamo in Valchiusella con Giacomo. Anche da quelle parti la gran parte delle transumanze avviene ancora tradizionalmente a piedi.

Infatti eccone un’altra ancora: “E’ quella dei Giono, che ieri (20 ottobre 2011, ndA) ha concluso le “tramie” autunnali valchiusellesi.” E’ passato molto tempo da allora, ma almeno oggi la neve copre i pascoli, dando maggiori garanzia di buona erba e acqua per la stagione estiva.

Per completare, sempre Giacomo dalla Valchiusella ci documenta la rassegna caprina di Vico Canavese. La componente di giovani e giovanissimi in queste occasioni non manca mai!

Concludiamo con l’immagine di questo giovane (ahimè, non conosco il suo nome) che mostra fieramente il suo altrettanto fiero becco. Come sempre le vostre immagini, testimonianze, racconti sono graditi. Anche se con qualche ritardo, io pubblico sempre tutto… Anzi, sto per chiedervi una nuova forma di collaborazione, ma avremo modo di riparlarne.