In questi giorni non si sa più dove guardare per avere un soffio di speranza e qualche pensiero positivo. “Quest’anno va a finire che ci mangiamo il cabial…“, confidava disperato un margaro l’altro giorno. E non si sa bene cosa sarà a mangiare la mandria, se la colpa sarà della crisi, delle spese in crescita, della siccità che fa scendere prima dall’alpe, dei costi dei foraggi in aumento per la crisi & la siccità…

Certo, nell’immediato è la siccità a colpire, sia visivamente, sia concretamente. C’è chi scende perchè non ha acqua, chi perchè non ha più pascoli e chi ancora non può mandare le vacche a pascolare certi pendii perchè letteralmente non si sta in piedi. L’erba secca, il terreno polveroso… e così si parla di vacche morte, precipitate. La siccità è grave in pianura, è orribile e pericolosa in montagna. Tra l’altro, chi in alpe ha la centralina idroelettrica per la corrente, non riesce nemmeno più ad avere energia, con i corsi d’acqua ridotti al minimo. Adesso dicono che pioverà, ma è tardi per la maggior parte dei pascoli d’alpe. Ben venga comunque l’acqua, per la pianura, per la montagna, per le riserve idriche future.

Quindi una volta di più vi chiedo di riflettere su come l’alpeggio non sia solo l’idilliaca realtà che certe foto possono far immaginare… L’alpeggio è vita dura e fare l’allevatore lo è ancor di più. Quando “c’è la crisi”, tu devi comunque pensare ai tuoi animali, badare a loro, sfamarli quotidianamente. Eppure… eppure queste terre alte, queste terre difficili, sembra stiano diventando territori di conquista? Non so, sento voci, leggo articoli, ricevo segnalazioni e c’è chi mi domanda: “Perchè?“.

Degli amici mi hanno segnalato, venerdì scorso, un articolo su “La Stampa”. Nelle pagine della provincia il giornalista Gianni Giacomino riportava un fatto avvenuto nelle valli di Lanzo, a Chialamberto. Qui il Comune avrebbe addirittura VENDUTO un alpeggio (un intero vallone + baite) ad una società privata del Cuneese. Vi è stata un’asta dove l’azienda della zona titolare dell’alpe, a quanto leggo, non è riuscita ad aggiudicarsela, a fronte di un’offerta di 93.000 euro (per 440 ha di terreni). Il Sindaco, leggo, afferma di non poter affrontare la spesa di ristrutturazione delle baite (100-200 mila euro), ma non era informato del futuro nuovo bando della Regione?
Mi domandano e mi domando io stessa… Ma un Comune PUO’ vendere un alpeggio? E chi lo compra, può cambiarne la destinazione d’uso? L’opposizione parla di una manovra poco chiara e spiega come inoltre quei terreni fossero frutto di una donazione privata per l’Eca (Ente comunale di assistenza), poi si domanda se lì verranno veramente monticati animali o se “l’ha fatto solo per ottenere i finanziamenti europei“.

Comprare un alpeggio… Certo, un grande sogno per un allevatore tradizionale, avere un vallone, una montagna sua, dove avere la certezza di salire anno dopo anno, dove gli investimenti e le migliorie fatte resteranno a te ed alla tua famiglia. Ma sono pochissimi, in Piemonte, i margari e pastori che salgono su un’alpe di proprietà. Quasi tutti affittano, dai Comuni, da Consorzi o direttamente da privati, o ancora dal Comune e da privati. Ma al giorno d’oggi, quale allevatore tradizionale transumante può permettersi di acquistare un alpeggio? Crisi o non crisi, di soldi ne restano pochi, le spese sono tante e “la tua roba non vale nulla“, come senti dire sempre più spesso davanti a vitelli, agnelli, forme di toma d’alpeggio.

A fonte di una situazione sempre più difficile, ci mancavano solo più gli avvoltoi… E sono arrivati, in tutti i sensi! Quelli della foto (non ho fatto in tempo a zoomare, sono spariti dietro la cresta) vengono avvistati sempre più frequentemente, anche 20-30 e più insieme. Sono i grifoni, avvoltoi spazzini che, fin quando hanno cibo a sufficienza, si nutrono di carogne. A quanto sembra però, quando questo scarseggia, possono arrivare ad attaccare bestie sofferenti o in difficoltà. Gli altri avvoltoi invece, quelli a due gambe, si aggirano intorno ad ogni possibile preda (leggi FINANZIAMENTO) e non esitano ad accaparrarsela. Il piccolo allevatore riceve una lettera in cui gli comunicano che, per un paio di capi in meno, gli sono stati decurtati i “contributi” (nome generico per indicare vari finanziamenti), mentre poi si sente dire di montagne intere affittate (e adesso persino comprate!) dove poi non sale nemmeno una bestia.
Per carità, non so chi abbia acquistato il Vallone di Trione, luogo “di notevole interesse paesaggistico e panoramico, famoso per le leggende di diavoli e maghi“, si legge su alcuni siti. Sempre su “La Stampa” però il Presidente di Coldiretti Torino si tiene sul generico, ma chiede di intensificare i controlli… Comunque il pensiero che si possano vendere gli alpeggi comunali mi fa paura. Già certi Comuni approfittano delle aste d’affitto per fare cassa, senza pensare al benessere della montagna e dei pascoli, ma per lo meno il contratto dura 5 anni e poi teoricamente si può cambiare. Se però arriviamo alla vendita, dopo cosa accadrà? Oggi usiamo quei terreni solo come numeri, ettari da inserire in una casella per avere contributi da migliaia e migliaia di euro, e domani?