Un appuntamento ed una ricetta

Dopo un periodo di stop, ecco che riprendono le serate di presentazione dei miei libri. Il primo appuntamento è per questo venerdì, 3 marzo.

Vi aspetto alle ore 21:00 presso la sede CAI di Coazze (TO) per raccontarvi le “Storie di pascolo vagante” e per chiacchierare di alpeggi, pastorizia e montagna.

Veniamo alla ricetta. Passato il Carnevale, iniziamo a pensare alla Pasqua. Così come una certa propaganda ignorante inizia a bersagliarci con foto fasulle di agnelli neonati strappati alle madri che li hanno appena partoriti (sic!), io inizio a proporre qualche ricetta con cui cucinare l’ottima carne ovicaprina, sia di agnello, sia di capretto. La premessa, come sempre d’obbligo, è quella di ricercare carne italiana, locale, meglio ancora riuscire ad accordarsi con l’allevatore per andare a ritirarla direttamente al macello.

Oggi vi presento un piatto dalla Sardegna. Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato a mettere insieme un buon numero di ricette a base di carne di capra/capretto per il mio futuro libro. Mattea Usai è una di loro, la ricetta è sua. Io l’ho sperimentata nella variante con l’agnello.

Capretto del Campidano

Ingredienti: carne di capretto mista, polpa e parti con osso; limoni; uova; cipolla; aglio; alloro; olio; sale.
Rosolare la carne in un tegame basso e largo con un velo di olio extra vergine di oliva. Tritare finemente una cipolla grossa e due o tre spicchi di aglio. Aggiungere alla carne rosolata alcune foglie di alloro e far stufare, senza farla colorire. Salare e mentre la cipolla appassisce spremere alcuni limoni in una ciotola e aggiungervi i soli rossi delle uova. Salare leggermente, amalgamare e tenere da parte. Rosolata la carne ed appassita la cipolla, coprire con acqua tiepida a filo. Chiudere con un coperchio e portare a cottura a fuoco basso. Tirar su la carne cotta con una schiumarola e tenerla in caldo. Far freddare il fondo. Filtrarlo e aggiungerlo all’insieme di uova e succo di limone. Assaggiare e regolare di sale e di succo di limone, che si deve sentire. Rimescolare bene. Al momento di andare in tavola rimettere la carne nel tegame e scaldarla per bene. Togliere dal fuoco e versarci sopra la miscela di uova, limone e fondo di cottura. Rimettere il tegame sul fornello a fuoco basso e non rimescolare ma solo scuotere il tegame. La salsa si addenserà piano piano nappando per bene la carne.
La ricetta può avere delle varianti. Al momento di aggiungere l’acqua o il brodo si possono aggiungere carciofi in quarti, oppure finocchietto selvatico antico o finocchi bianchi.

Io l’ho servita con un contorno di purè di patate, non avendo aggiunto alcuna verdura nella cottura con la carne. Buon appetito a tutti (la carne di agnello la si trova tutto l’anno, quella di capretto invece ha una reperibilità più stagionale, quindi generalmente la trovate soltanto a Pasqua).

Il libro sulle capre si farà

Una buona e una cattiva notizia. Ho trovato un buon editore per il libro sulle capre. Blu Edizioni, che 10 anni fa aveva pubblicato “Vita d’alpeggio”, è interessato al mio progetto. L’interesse è tale da volerlo con una scadenza abbastanza ravvicinata, quindi devo darmi da fare, scrivere i testi e concludere nel più breve tempo possibile le interviste. Ciò significa che mi dovrò concentrare specialmente su alcuni aspetti e aree che non ho ancora visitato. Mi spiace, non posso andare da TUTTI quelli che avrebbero avuto piacere di chiacchierare con me. Soprattutto, cercherò di vedere realtà di caseificazione, che sono quelle particolarmente interessanti per una certa fetta di lettori. Qual è la cattiva notizia? Scrivere sembra facile, ma è anche questa un’attività che richiede tempo. Quindi… a venire sacrificato sarà il blog. Non so come e quando riuscirò ad aggiornarlo. Di sicuro non quotidianamente.

Se ce la faccio a scrivere qualcosa mentre sono al pascolo delle mie capre, allora troverete articoli. Ma scegliere le foto, impaginare… ogni cosa richiede il suo tempo e devo dedicarmi soprattutto alle attività che (faticosamente) mi danno da sopravvivere. Parlando di capre… certo, potrei metterle nelle reti e dimenticarmi di loro dal mattino alla sera. Ma, come scriverò anche nel libro, sia che si scelga di tenere degli animali per passione, sia per attività remunerativa, è fondamentale aver cura di loro e delle loro esigenze, altrimenti è meglio lasciar perdere! Non mi interessa “avere delle capre”, cerco di fare del mio meglio per avere delle belle capre, in salute, anche un tantino viziate!

Sono sempre i benvenuti TUTTI i vostri interventi. Se mi chiedete il questionario, ve lo invierò e il vostro contributo andrà ad arricchire il libro. Molto gradite anche le RICETTE. Sto infatti cercando ricette (tradizionali e non), da tutta Italia, ma non solo, in cui si utilizzi la carne di capra (e capretto). Eventualmente anche ricette con formaggio e ricotta di capra. Anche queste verranno inserite nel libro. Se poi avete anche una foto che le illustra, tanto meglio! Scrivetemi

Ogni storia che abbia a che fare con le capre è gradita. Per esempio mi ha scritto Elena da Avigliana: “Ho richiesto il modulo per l’intervista, ma mi sento un po’ troppo al di fuori per far parte di questo. Mi interessava in qualche modo venire in contatto con lei che stimo per quel che fa. Ho quasi sessant’anni ed ho le capre cachemire dal 2012, anno in cui ho anche acquistato due femmine di asina di Martinafranca. Tutto questo in seguito alla morte di mio padre che dal 1986, andando in pensione, ha allevato cavalle trotter. Abbiamo origini contadine e sempre io ricordo cavalli al nostro fianco. Era appassionato di attacchi ed abbiamo ancora numerosi calessi, ecc. Quando è mancato nel 2011 ha lasciato l’azienda a mio fratello, più piccolo di me di 12 anni. Andrea è avvocato ma ha sempre fatto parte dell’azienda come coadiuvante grazie al fatto che è perito agrario. Contestualmente ai cavalli in pensione ha inserito l’allevamento di vacche piemontesi, ora ha dieci femmine, cinque vitellini e tre manze. Ci sono poi dieci pecore biellesi di cui curo la lana. Io ho invece, sempre con il suo codice stalla, quattordici capre cachemere e due asine dell’allevamento Basile di Martinafranca che per il momento ho rinunciato ad ingravidare dopo diverse vicissitudini. Mio padre già aveva capre tibetane, abbinate ai cavalli, per il prato, ecc.  Perché cachemere? Perché sono appassionata del cachemere, prima che mancasse mio padre avevo acquistato un telaio e proprio il giorno in cui ho acquistato la lana in val Maira, papà ha avuto un infarto e tre giorni dopo avevo già un nuovo lavoro che mi ha tolto questa fantasia. Al mattino 4 giorni la settimana mi occupo degli animali; io veramente sono un’astrologa e questo è il mio lavoro principale.  Perché le capre? Perché sono intelligenti. Non so, c’è un feeling. Mi piace vederle pascolare, così come mi piace contemplare il fuoco e le onde del mare. Adoro le immagini dei nomadi.

Anche se Pasqua è passata

Coerentemente con quanto è stato detto e scritto nei giorni scorsi, non dimentichiamoci di continuare a consumare carne ovicaprina anche nel resto dell’anno. Non la trovate in macelleria? Chiedetela, chiedetela, chiedetela!!! I pastori hanno pecore da macello costantemente, ci fosse richiesta di castrati, eviterebbero di vendere agnelli piccoli e avrebbero per l’appunto ottimi castrati una volta scesi dalla montagna o in altri momenti dell’anno. Dove la richiesta di questi tipi di carne c’è, la troviamo nelle macellerie per 12 mesi e non solo a Natale o Pasqua.

Costolette di agnello in salsa al rosmarino

Ingredenti: 600 gr di carre d’agnello, 200 ml di vino bianco, rosmarino fresco, olio d’oliva, burro, senape, sale e pepe

Ricavate dal carrè d’agnello le costine e battetele leggermente con il batticarne. Prima della cottura, cospargete la carne di olio e rosmarino e lasciatela insaporire per almeno un’ora. Quindi cospargetela con sale, pepe e con un leggero strato di senape. In una padella scaldate un filo d’olio d’oliva, quindi insieme ad abbondante rosmarino fate rosolare le costolette a fuoco vivace per circa 10 minuti, girandole in modo che risultino ben dorate su entrambi i lati.
Togliete la carne dalla padella e riponetela nel forno caldo (spento) a riposare.
Preparate la salsa facendo sfumare la padella utilizzata per la cottura con il vino bianco. Aggiungete un po’ di amido di mais sciolto in acqua fredda per addensare. A fuoco basso fate ridurre il liquido, aggiungendo ulteriore rosmarino ed insaporendo con sale e pepe.
Quando sarà quasi pronta, togliete le costine dal forno ed adagiatele sui piatti, accompagnatele con la salsa al rosmarino.

Giornata nazionale del capretto

Sono stata contattata da Caterina del sito Beuf à la mode per scrivere un post dedicato al capretto: per l’Associazione Italiana Food Blogger infatti questa è la settimana dedicata alla cucina della Pasqua e oggi, domenica 20 marzo, si parla per l’appunto di capretto. Io non sono una food blogger, anche se (di tanto in tanto) pubblico delle ricette, limitatamente alla carne ovicaprina. Le potete leggere tutte qui. A quanto pare l’argomento sta diventando sempre più scottante anche tra i blogger che si occupano di cibo: non solo chi segue una dieta vegetariana/vegana, ma anche chi consuma comunemente carne, latticini ecc. si blocca di fronte alle campagne che demonizzano la macellazione di agnelli e capretti. Parlo di entrambi, visto che sono carni tradizionalmente utilizzate per Pasqua: animali di piccola taglia, visti dal vivo suscitano non solo l’immagine della purezza (motivo per cui sono stati scelti originariamente per questo “sacrificio”), ma anche quel senso di simpatia e tenerezza su cui fa leva chi si oppone alla loro macellazione.

C’è un motivo naturale per cui questa carne si consuma adesso: specialmente la capra, se non interviene l’uomo per avere capretti (e quindi latte) distribuiti nel corso dell’anno, ha una stagionalità nel parto. Questo significa che vi è una stagione in cui le femmine vanno in calore e, 5 mesi dopo, nascono i capretti. Il calore della capra generalmente è a fine estate (agosto/settembre), per cui i capretti nascono a gennaio/febbraio e raggiungono peso e dimensione adeguata proprio in concomitanza della Pasqua. Si tratta quindi di un alimento che potremmo definire stagionale. Possiamo avere carne di capra  tutto l’anno, ma il capretto solo in questi mesi.

Chi segue questo blog da anni ormai ben sa tutta la storia, anche se non si tratta di un allevatore. Dal momento che questo post però verrà condiviso in occasione di questa particolare giornata, prima di darvi una ricetta, vi spiego alcuni motivi per cui sarebbe impossibile non macellare i capretti. Posto che si allevino gli animali, ciò è imprescindibile dalla loro macellazione. A parte il fatto che sarebbe uno spreco lasciarli morire di vecchiaia, nel caso dei maschi è impossibile allevarli tutti.

Prendiamo un gregge di capre, animali molto rustici, adatti anche a terreni marginali con cespugli, versanti ripidi, aree altrimenti improduttive. Nel secolo scorso l’allevamento della capra (anche detta “la vacca del povero” per queste sue caratteristiche) aveva conosciuto un incremento tale da richiedere delle leggi che lo regolamentassero, tanti erano i danni che questi animali arrecavano ai boschi, mangiando le giovani piantine e scortecciando alberi. Oggi, in molte aree di montagna e collina, semmai il problema è l’abbandono, l’avanzata dei boschi e dei cespugli anche laddove un tempo vi erano prati e coltivi. Proprio in questi ultimi mesi mi sto interessando particolarmente alla capra, dal momento che ho deciso che sarà l’argomento del mio prossimo libro: in sintesi, posso dirvi che esistono alcune categorie di allevatori di capre. C’è chi ha un’azienda di capre da latte di razze selezionate, generalmente stanziale, cioè non sale in alpeggio, possiede un numero di animali abbastanza elevato e chi ha greggi più piccoli, magari ad integrazione di un’azienda zootecnica con un altro indirizzo prevalente (ovini o bovini). Poi ci sono numerosi appassionati con greggi più o meno grossi, dove o si allevano le caprette femmine per aumentare il gregge o le si vendono ad altri allevatori. Qualcuno munge anche gli animali, ma lo scopo principale non è la caseificazione.

Qualunque sia la forma di allevamento, nascono i capretti. C’è chi li lascia succhiare sotto le madri e chi li alimenta con latte di altra provenienza (latte in polvere, latte di vacca), per mungere le capre e fare formaggi. Le caprette femmine costituiscono la “rimonta”, cioè andranno a sostituire capre vecchie, non più produttive, oppure troveranno una collocazione in altre aziende. I maschi, come si diceva, vengono destinati alla macellazione. I capi più belli, figli di madri di particolare pregio, valore e produttività, talvolta vengono ricercati da altri allevatori per “cambiare il sangue”. Cosa significa?

In un allevamento bisogna sempre evitare la consanguineità, quindi si cerca un nuovo maschio in un allevamento esterno per coprire le capre, in modo che le figlie non debbano venire fecondate dal loro padre. A seconda del numero di animali ci sono uno o due becchi, un numero maggiore proprio solo in casi di greggi particolarmente numerosi, ma la presenza di troppi maschi può causare anche problemi, dato che nella stagione dei calori questi si affrontano tra di loro (così come accade in natura con gli stambecchi) per stabilire la dominanza di un individuo sugli atri e quindi avere il diritto di tramandare i propri geni. Gli scontri tra maschi possono avere esiti anche cruenti.

Torniamo ad nostro dolce capretto morbido e indifeso: le campagne contro la macellazione lo mostrano sempre così, a pochi giorni di vita, per indurre compassione, e non con l’aspetto che ha quando viene realmente macellato 2-3 o anche 4 mesi dopo. La carne di animali appena nati non ha nemmeno caratteristiche di particolare pregio, niente a che vedere invece con un animale che invece, oltre al latte, ha già pascolato erba, magari le particolari erbe di certi prati e versanti secchi, erbe aromatiche che attribuiscono alla carne un sapore particolare.

Chi si lascia impietosire sembra non voler nemmeno prendere in considerazione il fatto che il capretto inevitabilmente si trasformerà in qualcos’altro: chi vorrebbe “salvarli” dalla macellazione, spesso ignora completamente le necessità e il comportamento di questi animali. Non si tratta di cani o gatti, il capretto diventerà un becco, con tanto di barba, corna, odore caratteristico nella stagione degli amori e comportamento da maschio adulto. L’alternativa alla macellazione a pochi mesi di età è la castrazione. Viene praticata raramente poichè non c’è mercato per questa carne. In realtà si tratta di un prodotto dalle caratteristiche di pregio: personalmente apprezzo la carne dell’animale adulto più di quella dell’animale di pochi mesi. La castrazione del maschio fa sì che non si sviluppi con la maturità sessuale quel gusto “forte” che potrebbe risultare sgradevole, particolarmente nel becco, ma anche nel montone.

E così, se vi piace vedere animali al pascolo, ma anche solo se amate gustare l’infinita varietà di formaggi di capra, sappiate che tutto ciò può esistere solo se questi stessi animali vengono macellati. E’ ipocrita rifiutarsi di mangiare agnello o capretto, ma non disdegnare una salsiccia o un trancio di tonno. Che senso ha cibarsi/non cibarsi di un animale solo in base alla sua bellezza? Scegliamo carne di animali allevati bene, carne italiana di animali che non hanno compiuto lunghi viaggi per arrivare qui, carne di animali allevati al pascolo. Allevare (in modo sostenibile) vuol anche dire mantenere la biodiversità, sia delle razze allevate, sia del territorio, con tutte le sue specie vegetali ed animali.

Costine di capretto al mirto

E’ vero che è una ricetta che sa di Sardegna, ma qualche anno fa mi sono fatta portare due piante di mirto e quest’anno ho prodotto per la prima volta il vino di mirto. Così ho deciso di usarlo con questo piatto.

1 kg di costine di capretto (oppure spezzatino), 200 ml vino bianco, 200 ml vino di mirto, 1 cucchiaio di farina, 2 spicchi d’aglio, qualche foglia di alloro, 1 rametto di mirto fresco, olio extravergine d’oliva, sale e pepe

Far marinare la carne per una notte con il vino bianco, l’aglio, il mirto e l’alloro, dopo averla salata e pepata. Accendere il forno a 200°, quindi trasferire la carne nella teglia con la sua marinatura e cuocere per 40 minuti circa. Quando la marinatura sarà stata quasi del tutto assorbita, irrorare la carne con il vino di mirto e farlo evaporare, continuando a cuocere in forno. Scolare le costine e disporle su un piatto da portata. Filtrare il fondo di cottura rimasto nella teglia e farlo addensare in un pentolino sul fuoco, aggiungendo la farina e facendolo sobbollire per un paio di minuti. Cospargere con la salsa la carne e servirla ben calda.

Nel mio caso, i non avevo del capretto, ma delle costine di becco castrato e le ho fatte con lo stesso procedimento, aumentando i tempi di cottura.

Spezzatino di capretto con patate e piselli

Altra ricetta, per avere scelta per il menù di Pasqua. Anche se ben sapete che io non mi stufo di ripetere di consumare queste carni tutto l’anno e non solo durante le festività. Inoltre quest’anno molte capre sono in ritardo con i parti, quindi i capretti non saranno pronti per Pasqua e ci sarà disponibilità nel mese di aprile o anche oltre.

Spezzatino di capretto con patate e piselli

Volendo, possiamo sostituire l’agnello al capretto anche in questa ricetta.
– 1kg di patate
– 800g di spezzatino
– 250g di piselli sgranati
– 3l di brodo di verdura
– 100ml di vino bianco
– 1/2 cipolla
– olio extravergine d’oliva
– pepe
– salvia
– sale
– timo

Procedimento: Preparare il brodo. Tagliare finemente la cipolla e farla soffriggere in una casseruola con l’olio extravergine d’oliva. Rosolare la carne nell’olio e, quando ha preso colore, aggiungere il vino bianco. Continuare la cottura per un’ora aggiungendo il brodo fino a coprire la carne; unire anche timo, salvia, pepe e sale.
Tagliare le patate a pezzi regolari. Dopo un’ora di cottura della carne, aggiungere le patate e i piselli e, se si è asciugato troppo, bagnare con altro brodo. Cuocere ancora mezz’ora, quindi servire ben caldo.

Costine di agnello / capretto in umido

Oggi una ricetta. Va bene per Pasqua, ma io vi consiglio come sempre di mangiare carne ovicaprina tutto l’anno. E’ buona, fa bene (specialmente se di animali allevati al pascolo o comunque a fieno in inverno) e aiuta a mantenere vivo l’allevamento, il territorio e la biodiversità. Cercate carne di animali nati ed allevati in Italia, mi raccomando!!

Questa ricetta è indicata sia per la carne di agnello che di capretto. Il procedimento è lo stesso. Potete farla o solo con le costine, oppure anche usando uno spezzatino con pezzetti tagliati non troppo piccoli (carne con l’osso delle costine e della coscia, spezzatino misto, come preferite)

Costine di agnello (o capretto) in umido con purè di patate

Ingredienti: (per 4/6 persone) carne di agnello/capretto 1,5kg; olio extra vergine d’oliva 6 cucchiai; pancetta a fette 100g; 1 cipolla grossa; bacche di ginepro 15-20; foglie di alloro fresco 2; rosmarino fresco 2 rametti; farina 1 cucchiaio colmo; brodo vegetale; vino bianco secco 2 bicchieri; aceto di vino cc 100; sale fino q.b.

Lavare bene i pezzi carne e metterli a marinare per 3-4 ore in una ciotola nella quale avrete aggiunto la cipolla a fette sottili, le bacche di ginepro schiacciate, le foglie di alloro, i rametti di rosmarino tagliuzzati, un cucchiaino colmo di sale fino, l’aceto ed un bicchiere d’acqua. Nel corso della marinatura rigirare più volte tutti i pezzi di carne. Far soffriggere a fuoco basso la pancetta a dadini con l’olio; aggiungere dopo 10 minuti le carni scolate dalla marinata, farle rosolare a fuoco forte rimestando. Dopo altri 10 minuti aggiungere un bicchiere di vino, abbassare la fiamma e farlo evaporare, unirvi mezzo litro di brodo vegetale ed aggiungere gli aromi della marinata (se amate un sapore più intenso, anche qualche cucchiaio di liquido), coprire con il coperchio la casseruola e cuocere per 30 minuti rimestando un paio di volte. Togliere il coperchio, rimestare, aggiungere il secondo bicchiere di vino e continuare così per altri 15 minuti a fuoco basso, senza coperchio. Se la carne fosse di un animale non molto piccolo, aumentare i tempi di cottura.
A questo punto aggiustare di sale, stemperare la farina in un bicchiere d’acqua, aggiungerla velocemente alla pietanza, rimestare ancora e cuocere per soli 5 minuti, quindi togliere dal fuoco. Servire ben caldo accompagnato da un purè di patate.

Capretto al rosmarino

Iniziamo a segnalare qualche ricetta che può essere adatta per Pasqua? Quest’anno cade abbastanza presto, forse ci saranno più agnelli “pronti”, rispetto ai capretti (molti nasceranno in ritardo, la stagione dei calori è stata molto irregolare). Comunque ovviamente la carne sia di agnello, sia di capretto, è buona tutto l’anno e l’invito è quello di mangiarla ogni volta che se ne ha voglia, a prescindere dalle festività. Questa ricetta ben si presta con entrambi i tipi di carne, io oggi ho cucinato capretto.

Capretto al rosmarino

Ingredienti:  1 kg spezzatino di capretto, 3 dl latte intero, 2 rametti rosmarino, succo di 2 limoni, 2 spicchi aglio, 5 cucchiai olio di oliva extravergine, sale e pepe q.b.

Lavate la carne per lo spezzatino poi asciugatela tamponandola con carta assorbente da cucina; mettetela in una terrina insieme al succo di limone, all’aglio sbucciato e tagliato a fettine sottili, al rosmarino pulito, lavato e spezzettato, al sale, all’olio e al pepe. Fate insaporire la carne per circa 4 ore smuovendo molto spesso i pezzi nella marinata per far sì che si insaporiscano bene. Toglietela poi dalla terrina e fatela rosolare in un tegame per 10 minuti. Filtrate il succo della marinata attraverso un colino a maglie non troppo strette, versatelo sulla carne e lasciate che si restringa leggermente sul fuoco. Aggiungete il latte, salate e insaporite con una macinata di pepe a piacere (se vi sembra ancora necessario). Abbassate la fiamma e procedete con la cottura a fuoco moderato per circa un’ora, unendo, se necessario, ancora un po’ di latte caldo.

Capre e non solo (anche una ricetta)

Cari amici, voglio svelarvi a cosa sto “lavorando”. Mentre finisco di correggere le bozze del nuovo libro, già penso al nuovo progetto. Così… ecco che il libro che seguirà sarà dedicato al mondo della capra. Pecore, pastori, pascolo vagante già li conoscete bene. Certo, se siete appassionati, continuerete a seguirmi anche quando parlerò di quell’argomento. Ma non avendo più un gregge all’interno del quale muovermi e lavorare, ho meno stimoli di un tempo e meno materiale da raccontare. Così, visto che adesso ho anche delle capre di mia proprietà… un amico un giorno mi ha suggerito di scrivere su questo mondo particolare. Ci ho riflettuto su ed ho pensato che potrebbe davvero essere un’ottima idea. E’ vero che qualche libro c’è già, ma cercherò di fare qualcosa di diverso. Tra capre (razze, attitudini, etologia), caprai, formaggi, casari, ricette, battaglie, storia, leggende e molto altro ancora. Che ne dite? Come territorio, per questioni logistiche esplorerei soprattutto Piemonte e Val d’Aosta, ben sapendo che il mondo caprino avrebbe tantissimo da dirmi in tutta Italia.

Per cominciare però… ecco una maglietta dedicata alla passione caprina. Potete vederla e ordinarla su questo sito, ci sono due settimane di tempo per fare l’ordine, ma non verranno realizzate se non se ne richiedono almeno 50. Quindi… fatevi avanti, il prezzo è più che vantaggioso (12 €)!

Poi passiamo alla pentola che sta borbottando sulla mia stufa. Questa sera ho cucinato uno stufato di becco castrato. Ricette per questa carne non ne ho trovate, quindi ho improvvisato. Ingredienti: carne di becco castrato 6-700g, una cipolla, un rametto di rosmarino, un finocchio medio, due gambi di sedano, semi di anice, finocchio e cumino, curry, coriandolo, bacche di ginepro, due cucchiai di gin, pepe, sale, olio evo. Preparazione: ho tritato la cipolla con il rosmarino, mentre la carne iniziava a rosolare nella pentola di terracotta con poco olio evo. La carne era stata ben sgrassata da tutto il grasso “duro”, quello che ha l’odore intenso. Anche se il becco era castrato, un po’ di gusto si sente comunque. Quando la carne iniziava ad essere colorita, ho aggiunto il trito e ho rimesso il coperchio, continuando a rosolare a fuoco vivace per 5 minuti. Tenete conto che io cucino sulla stufa a legna. Intanto ho tritato il finocchio ed il sedano insieme ai semi misti. Prima di aggiungere questo secondo trito, ho sfumato con il gin ed ho salato con sale grosso. Infine ho aromatizzato con le bacche di ginepro schiacciato e le spezie (quantità a piacere, senza esagerare). Ho rimesso il coperchio ed ho lasciato cuocere per almeno un’ora, aggiungendo di tanto in tanto dell’acqua bollente. Come contorno, lo accompagnerò con il cous cous.

La carne di becco è poco utilizzata per il suo sapore decisamente intenso. Vengono castrati i caprettoni che non saranno usati per la riproduzione, per avere una carne più delicata sia nel gusto, sia nella consistenza. Possono essere castrati anche dei becchi già adulti ai quali non si vuole più consentire l’accoppiamento all’interno del gregge, ma ciò è meno frequente. Quando si vuole “cambiare il sangue”, il becco viene venduto ad altri allevatori, oppure portato al macello. Se qualcuno ha delle ricette o se, dalle sue parti, c’è l’usanza di utilizzare carne di becco o di castrato… mandatemele! Saranno utili anche per il libro. Anzi, tutte le ricette a base di carne caprina e formaggi caprini (ricotta ecc ecc) che mi vorrete mandare, saranno le benvenute. Scrivetemi qui.

Due ricette: capretto e castrato

Rinnovo ancora una volta l’invito ad inserire nel menù delle prossime feste (ma non solo!) della carne di qualità, allevata in Italia, preferibilmente nella regione in cui abitiamo e… allevata come si deve! Sappiamo che con la carne non dobbiamo eccedere, ma quelle volte che la mangiamo, spendiamo magari un po’ di più andando a cercarla dal macellaio di fiducia che ci garantisce l’origine dell’animale.

Capretto marinato al limone (su internet viene presentata come ricetta veneta)

Tempo di preparazione: 2 ore più il tempo per la marinatura (almeno 12 ore)

Ingredienti per 4 persone:
kg 1,5 di capretto (preferibilmente la parte della coscia)
2 spicchi d’aglio
1 rametto di rosmarino,
qualche foglia di salvia e di alloro
pepe in grani
1/2 bicchiere di olio extravergine d’oliva
2-3 limoni
sale e pepe
Preparazione:

Private il capretto di eventuali parti grasse, lavatelo e asciugatelo. Preparate un trito con gli spicchi d’aglio spellati e le erbe. Mescolate il tutto con un pizzico di sale e passatevi la carne sfregandola bene, poi mettete il capretto in un contenitore non troppo grosso, in modo che rimanga ben raccolto e costretto, versate l’olio e ungete uniformemente tutta la carne.
Irroratela quindi con abbondante succo di limone, aggiungete qualche grano di pepe e ricoprite il tutto con fette di limone. Lasciatelo marinare per almeno 12 ore, voltandolo almeno una volta. Scolate la carne, mettetela in una casseruola o in una teglia (io ho usato la pentola di terracotta), rosolatela a fuoco vivo e regolate di sale. Cuocete nel forno caldo, ungendola di tanto in tanto con il succo della marinatura, a 230° per 1 ora circa o finché risulterà ben dorata in superficie. Servitelo caldo guarnendolo a piacere con fette o spicchi di limone. Nel mio caso, ho continuato la cottura, irrorando con l’intera marinatura, nella pentola di coccio.
Vi faccio vedere anche il mio arrosto di castrato con patate di tre colori. Per chi ha la fortuna di trovare il castrato, carne veramente squisita, animale alimentato al pascolo tutto l’anno (quindi non eccessivamente grasso), ogni preparazione ben si presta ad ottenere ottimi piatti. Nel mio caso, ho rosolato la carne nella mia solita pentola di terracotta con un filo d’olio extravergine, quindi ho aggiunto un trito grossolano di carota, cipolla, sedano, timo, rosmarino, salvia, bacche di ginepro, semi di cumino. Quando era ben rosolato ho bagnato con un bicchierino di cognac, ho aggiunto il sale e le spezie poi ho coperto ed ho lasciato cuocere lentamente. Come spezie, ho utilizzato paprika dolce, coriandolo, misto di pepe (bianco, nero, verde e rosa) e cannella. Durante la cottura (almeno un 2-3 ore), irrorare con brodo vegetale o acqua calda.

Una ricetta: capretto al limone

Ogni tanto è bene ricordare che il mondo dell’allevamento non esisterebbe se non si consumasse la carne… A chi mi dice che non trova carne ovicaprina in macelleria io rispondo: chiedete, chiedete e chiedete! A fronte della domanda, i macellai magari si daranno da fare a tenerla! Oggi comunque vi propongo… Costolette di capretto al limone cotte al forno.

Ingredienti: circa 500g di costolette di capretto, vino bianco, un limone bio, uno spicchio d’aglio, rosmarino, prezzemolo, maggiorana, salvia, olio evo, sale, pepe.

Marinare le costolette in una marinatura composta da tre cucchiai di olio, mezzo bicchiere di vino bianco, succo di un limone, scorza di limone grattugiata, uno spicchio d’aglio, un pizzico di sale, una spolverata di pepe, un trito di rosmarino, prezzemolo, maggiorana e salvia. Lasciarle a marinare per circa 2 ore, girandole di tanto in tanto.
Mettere le costolette in una teglia, cospargerle con parte della marinatura e metterle in forno caldo a 200 gradi per 10 minuti. Girare le costolette irrorarle con la marinatura rimasta e cuocere a 180 gradi per altri 10-15 minuti.

Servire con un contorno di insalata mista.