Foto dal Nord-Est

Oggi un po’ di spazio ad alcune tra le tantissime foto che l’amico Leopoldo mi invia sempre. Prima però volevo ricordarvi un appuntamento. “Pascolo vagante 2004-2014” sarà ospite al Festival della Montagna di Cuneo. Vi aspetto venerdì 29 maggio, ore 18:30, presso il Salone d’Onore del Palazzo Comunale per la presentazione del mio libro fotografico.

Passiamo alle immagini dal Nord-Est. Sono vergognosamente in ritardo, tant’è vero che questi sono addirittura scatti invernali. Così scriveva Leopoldo: “Sono andato a trovare Fabio Zwerger ieri mattina (28 dicembre 2014, ndA). La neve non è stata tanta, ma in questi giorni fa molto freddo e Fabio ha molti agnellini nati in questi giorni. Anche gli altri pastori sono tutti scesi dalla Valsugana e sono in pianura. I problemi dei sindaci con i divieti di pascolo, purtroppo, persistono.

Per le prossime foto, cambiamo gregge e pastore. Matteo Froner a Ramon di Loria (TV), sempre immagini di Leopoldo Marcolongo.

Le ultime due immagini riguardano un parto difficile e, per la cronaca, Leopoldo ci racconta che in seguito la pecora è stata portata via, probabilmente in un luogo adatto per essere ricoverata affinchè si riprendesse.

La fine della stagione

E’ inevitabile parlare del tempo. Quando fai un lavoro che ti espone ai suoi capricci quotidianamente, è una delle prime cose a cui pensi ogni mattina. Se poi dipendi da precipitazioni e temperature per avere di che sfamare i tuoi animali, ancor più guardi verso l’alto per capire cosa accadrà.

Nei giorni precedenti era successo un po’ di tutto, ancora stava piovendo ed i torrenti erano gonfi di acqua, neve sciolta, terra. Qua e là dalle valli arrivavano notizie anche drammatiche di animali deceduti, alcuni singolarmente, scivolati in un burrone, altri quasi in massa. Non sono però le poche righe scarne di un comunicato stampa a rendere l’idea di ciò che può essere successo davvero.

Si attendeva la pioggia, per far riprendere la vegetazione, ma a volte la natura, anche lei confusa da questo strano clima, gioca strani scherzi, come per questo rododendro, fiorito per la seconda volta in un anno dopo l’estate torrida e siccitosa.

Sono lunghe le giornate al pascolo quando piove, fa freddo, tira vento. Ma il peggio è ormai passato, la pioggerella fine bagna sì, ma non ingrossa più i torrenti, che poco per volta tornano alla normalità. Non si soffrirà più la sete ed in pianura, sul terreno caldo, l’erba riprenderà a crescere.

Quando finalmente tornerà anche il sole, sulle cime più alte ci saranno ancora le tracce della neve, quella stessa neve che si è accumulata al piede dei canalini, ma che lentamente scioglie sotto un sole ancora caldo. Chi è riuscito a  rimanere su si gode questa fine di stagione, ben sapendo che stanno per iniziare i giorni più belli.

Le pecore si sparpagliano e pascolano tranquille, senza “correre” avanti e indietro quando l’erba è fresca ed i pascoli sono ancora tutti “interi”. Presto rimarranno le uniche padrone della montagna, quando a poco a poco i marghè scenderanno a valle. Ovvio che però questo accade dove lo cose sono andate più o meno come in tutte le stagioni, e non dove già nel mese di agosto c’è stato bisogno di organizzare la transumanza.

Personalmente amo l’autunno, i suoi colori, le sue atmosfere. Quando risali le valli, incontri sempre meno turisti, solo qualche isolata targa di stranieri che possono permettersi delle ferie quasi fuori stagione, mentre tutti gli altri automobilisti, in settimana, sono persone che vivono e/o lavorano in montagna. Alla tristezza delle seconde case sprangate, si affianca quella sensazione di pace in quota, quella luce più radente, le giornate che finiscono prima, con il buio, il piacere di entrare la sera nella baita calda, luminosa, accogliente.


Le giornate che si accorciano sempre più trascorrono però lente, rilassate, quasi ci si riposa in vista dei giorni che verranno, con le transumanze, gli spostamenti, l’arrivo in pianura e tutto ciò che questo significa. Non hai ancora voglia di scendere, stai bene lassù…

L’impegno maggiore di questo periodo sono i parti delle pecore: devi seguirle, capire dove vanno a partorire, fare attenzione che prendano gli agnelli, eventualmente darne uno in balia alle capre se la mamma ha poco latte o lo rifiuta. La montagna si popola di belati, le madri che chiamano gli agnelli, gli agnelli che cercano le madri. Alcune, più attente, non abbandonano per un istante i loro piccoli, altre partono per i pascoli come se niente fosse, salvo poi all’improvviso ricordarsi della prole, e allora ritornano correndo sui loro passi, disperate, belando come matte. E’ un’allegra confusione che talvolta può anche innervosire, specialmente quando il numero di parti quotidiano è abbastanza elevato.

La pastorizia dei giorni di festa

Allevare animali è un mestiere che non prevede festività. Gli animali mangiano ogni giorno della settimana, ogni giorno dell’anno, e quando prendiamo in conto l’idea di allevarli, dobbiamo esserne consapevoli. Agli animali domestici possiamo forse lasciare una ciotola piena ed andarcene per un giorno o due altrove, ma in una stalla o ancora di più al pascolo le cose funzionano diversamente.

Così, che sia Natale, che sia un altro giorno, il pastore vagante è lì con le sue pecore. Forse anche il “sentire” le festività è un qualcosa di diverso. Non parlo di significato religioso (che appartiene alla sfera personale), ma proprio il senso di “giorno di festa” forse non esiste nemmeno. Un giorno festivo è quello in cui si incontra meno traffico sulle strade, quello in cui è più probabile che venga qualche amico o parente a farti visita.

Ma questo non è un qualcosa che “pesa” al pastore. Fa parte del mestiere, è così. Lo vede come un peso chi è al di fuori, chi non capisce quanto sia fatto di amore e di passione questo lavoro. Sembrerà forse inconcepibile, ma ricevere un invito a pranzo per il giorno di Natale può anche essere quasi un fastidio.

Piovesse, nevicasse, allora entrare in una casa calda e mandar giù qualcosa di bollente potrebbe essere un sollievo, un piacere. Ma in giornate dal sole tiepido, quando vedi gli agnelli coricati nell’erba a godersi l’aria mite, davvero faresti a meno di quell’invito. C’è chi lo rifiuta, deve stare per forza a sorvegliare gli animali, e chi invece tira reti, le rinforza con picchetti aggiuntivi, e poi si allontana per qualche ora.

Così si ritorna dal gregge quando ormai il sole è tramontato e ci sono ancora tanti lavori da fare. Si è stati bene, si è stati in compagnia, ma poi quella sera si finirà più tardi, si rientrerà a casa ancora più stanchi. Io personalmente faccio parte della categoria dei pastori “selvatici”. Non che non ami la compagnia, ma sto tanto bene all’aria aperta e gli amici preferisco vederli alla spicciolata, piuttosto che in grandi riunioni affollate!

Santo Stefano non è diverso dal Natale, ovviamente. La solita routine, le solite incombenze. E continua il bel tempo, il cielo limpido, l’aria tersa e le temperature non troppo basse, nelle ore centrali della giornata.

E’ da così tanto tempo che non piove che il gregge alza polvere mentre si sposta lungo una strada confinante con un campo arato. I pastori esistono anche nella realtà e non solo nel Presepio… Infatti nei giorni di festa capita anche che passino famiglie a piedi lungo le vie secondarie che tagliano la campagna. Fa piacere quando un padre, una madre, un nonno porta il bimbo a vedere le pecore. Fargli accarezzare un morbido agnello spero sia sempre un gradito regalo… ed un ricordo che si porterà dietro crescendo!

Pascoli di pianura che via via vanno esaurendosi a mano a mano che si avanza nell’inverno. Troppo avaro di pioggia è stato l’autunno. Pascolo vagante vuol però dire andare alla ricerca di altri pascoli e quindi si vedrà verso dove condurrà il cammino dei prossimi mesi. Chi tra le colline, chi nelle pianure, chi verso i fiumi, chi attraversando province e magari persino cambiando regione.

Giorno feriale, giorno festivo, si finisce sempre con le tenebre che avvolgono il gregge e la pila frontale ad aiutare i pastori nelle ultime incombenze di giornata. Quando ormai il gregge, sazio, è chiuso tra le reti, c’è da dare da mangiare ai cani, a quelli da lavoro ed ai maremmani. Magari anche raccogliere qualche rete rimasta tirata sul confine di un prato, a protezione di un campo, di un vigneto.

Anche l’ultimo giorno dell’anno è uguale a tutti quelli che l’hanno preceduto ed a quelli che lo seguiranno. Quando il gregge viene aperto dal recinto, prende la corsa alle spalle del pastore. Non c’è più nulla da pascolare lì, ma sicuramente verrà condotto nel luogo più adatto per trascorrere la giornata.

Invece subito il pastore porta le pecore a bere. Con tutta quell’erba secca c’è bisogno di abbeverare quotidianamente gli animali e, dove mancano ruscelli naturali, si chiede al proprietario dei prati e della cascina la possibilità di avere una gomma, un po’ d’acqua, degli abbeveratoi.

Ci sono posti dove le case non sono circondate da reti, siepi, cancellate, muri, e così capita di vedere un’abitazione completamente circondata dal gregge, con gli inquilini che si affacciano un po’ perplessi dal balcone! Ma è questione di pochi attimi e poi il gregge si sposterà altrove, quando tutte le pecore che volevano bere l’avranno fatto a piacimento.

Forse non ci si rende conto di come sia in un certo senso difficile spostare un gregge. Passare accanto ad un frutteto d’inverno sembrerebbe innocuo, ed invece diventa un vero problema tenere gli animali lontani da mucchi di mele cadute a terra al piede delle piante. Forse non era economicamente vantaggioso raccogliere i frutti di piccola pezzatura? Chissà… Però intanto c’è da sgolarsi e sudare sette camicie per tirar via di lì le pecore.

Pascoli, altri pascoli che paiono magri, ma dove le pecore invece si sparpagliano e restano tranquille per lungo tempo, forse fin più di quando c’è abbondante erba verde. Verso le montagne ancora vento e tormenta, quaggiù aria forse appena un po’ più fredda.

Il 2012 sul gregge si apre con una luce dorata che accarezza la schiena delle pecore. Forse quel mattino si è arrivati al recinto appena un po’ dopo, unica concessione alla “festa”. Ma poi, per il pastore, non è un giorno di festa ogni giornata in cui tutto va bene? Ogni giorno in cui riesce a saziare adeguatamente il gregge, dopo varie ore al pascolo senza imprevisti, senza incidenti, senza discussioni?

Giochi di cuccioli

I cuccioli, di qualsiasi razza e specie, giocano. I giochi degli agnelli ve li ho già mostrati tante volte, ma così come non mi stufo mai io di guardarli, penso che anche a voi faccia piacere condividere questi momenti.

Al mattino i pastori stavano provvedendo ai soliti lavori, come far succhiare il latte ai gemelli. Era un’altra mattinata di splendido sole e temperature gradevoli. Forse ancora troppo presto per sperare in un “buon” inverno, ma comunque al momento non c’era di che lamentarsi.

Alcuni agnelli giocavano sulla groppa delle madri o di altre pecore coricate nel recinto in attesa del momento per andare al pascolo. Questa scena è meno frequente da osservare rispetto ai capretti (più vivaci e dispettosi), ma ogni tanto si verifica. Ecco infatti un agnello che “scava” tra la lana, forse per prepararsi una morbida cuccia, o forse solo così per gioco.

Dopo il gregge viene portato ad un nuovo prato, dove le madri si gettano a brucare mentre i piccoli, sazi per la poppata mattutina, o dormono al sole o provano a brucare qualche filo d’erba. In questo periodo il gregge è diviso, appezzamenti di erba più verde per il gregge degli agnelli, in modo che non ci sia bisogno di fare lunghi spostamenti frequenti.

Il resto del gregge invece si sposta qua e là sulle colline, pascolando prati più o meno grossi. Quando ormai era in cammino, una signora dice che avrebbe avuto piacere che si pulisse anche il suo prato, ma ormai la direzione era stata presa ed erano già state tirate alcune reti per il recinto notturno. Sarà per la prossima volta, il prossimo anno…

Tra una cosa e l’altra fanno in fretta a passare le giornate, ad arrivare al tramonto, ai raggi di sole obliqui sulla schiena delle pecore. Qui in collina i prati sono un’altra cosa rispetto alla pianura… Altra terra, nessuna irrigazione e non sempre vengono concimati. A proposito di concimazioni: arriva un contadino e spiega di dover concimare entro una certa data perchè adesso la legge stabilisce così e questo è un problema per i pastori (tutti vorrebbero che pascolassi entro la metà di dicembre!!) e per gli stessi contadini. “Il miglior periodo per spargere il letame è a fine gennaio, a febbraio…“, spiega l’uomo. Cercherò di saperne di più.

Si torna dall’altro gregge per dare un nuovo pezzo per la sera. Le pecore pascolano mentre scende la sera, mentre gli agnelli si dedicano al loro gioco preferito, le corse di gruppo. In quel momento arriva l’ennesimo contadino anziano con le sue considerazioni sulla bella vita dei pastori…


Ecco un gruppo di agnellini alle prese con le corse. Come e perchè uno dia il via e gli altri lo seguano non lo so, comunque è un’attività che può andare avanti per diverse decine di minuti. Poi, magari, gli stessi agnelli, se ci fosse da spostarsi per la strada, non camminerebbero o si fermerebbero a guardare questo e quello, facendo faticare i pastori.

Con le idee chiare

Ogni tanto i giovani da intervistare mi vengono suggeriti da chi li conosce e sa che hanno una bella storia da raccontare. Matteo (classe 1994) è proprio uno di questi. E' al pascolo non lontano da casa, siamo nella parte di Borgo San Dalmazzo che si protende verso la Valle Stura. Mi viene incontro sulla strada, lasciando suo fratello a sorvegliare il gregge. Ci avviamo, ma arrivati al prato, le pecore non si vedono ed un urlo proviene dal bosco.

Niente panico, sono solo passate in un buco della staccionata, imboccando la stradina. In pochi istanti Matteo le recupera, manda davanti Marco (classe 2001) e le riporta nel prato, dove potremo poi chiacchierare con più calma e mi farò raccontare chi è questo ragazzino alto e magro. Non è uno che sta giocando con qualche pecora, ma ha le idee ben chiare e la sua determinazione già si intuisce dalla ferrea stretta di mano.

Marco cammina in testa, le pecore lo seguono. Anche a lui piacciono gli animali, fare il pastore, ma soprattutto i macchinari e guidare il trattore.
Finalmente il piccolo gregge si ferma nell'erba verde. Qui è più fresco e non si vedono i segni della siccità. Di pioggia ne ha fatta, pioveva sempre quando dovevamo fare il fieno. Il primo fieno ce l'ha rovinato tutto”, spiega Matteo. A casa animali ne abbiamo sempre avuti, ma animali da cortile, galline e conigli. Il vicino però ha le mucche ed io andavo sempre da lui ad aiutare. Quando facevo la seconda media mi hanno regalato due pecore, due Roaschine e così è iniziato tutto. Quando ho conosciuto Antonio della Comunità Montana, lui mi ha portato un montone e due femmine, due Sambucane. Hanno partorito, ho allevato le agnelle femmine, i maschi o li mangiavamo noi o li vendevo. Sono andato avanti così, Antonio me ne ha portata qualcun'altra."

Il gregge è ancora piccolo, ma Matteo deve ancora finire la scuola. Sono a Limone Piemonte al Liceo sportivo. Studiare non è che mi piaccia tanto, ma vorrei diventare maestro di sci. Pratico sci alpino, discesa, ogni tanto faccio anche qualche gara. Fin quando andrò a scuola, non tengo più di 25 pecore, poi dopo vorrei aumentare il numero, lavorare d'estate con le bestie, fare il fieno e tutto, mentre d'inverno che c'è meno lavoro e le tieni in stalla, fare il maestro di sci per avere un'altra entrata. I miei sono contenti, quando possono mi aiutano, specialmente d'estate per fare il fieno.
Il primo impegno di giornata è andare a vedere che tutto sia a posto in stalla, poi si va a scuola, al ritorno di nuovo dalle pecore. Al pomeriggio studio un po', altrimenti si va a cogliere le castagne nei nostri boschi, o a far legna, in questa stagione. Prima che venga sera vado al pascolo. D'inverno invece le ho dentro. I prati qui sono tutti nostri di famiglia, ma ogni tanto c'è anche qualcuno che mi chiede di metterle nei suoi pezzi a pascolare. In primavera andiamo soprattutto nei boschi, anche quelli sono nostri, così possiamo già fare il primo fieno il più presto possibile."

"Quest'anno mi ha dato il maschio nero e sono nati tutti agnelli neri. Quasi tutti sono giusti, neri con la stella in fronte e la punta della coda bianca, una invece ha anche le calze bianche dietro, ma altre sono proprio belle." Matteo non si annoia facilmente. Tempo libero, proprio da mettersi sul divano e fare niente non ne ho, ma anche perché per me stare qui al pascolo è la cosa più bella. Anche far legna, cogliere le castagne… Adesso andrò a Vinadio per la Fiera dei Santi e porto le mie pecore. E' il secondo anno che partecipo. I miei compagni di scuola non hanno animali, ma c'è un mio amico che d'estate viene spesso a darmi una mano, anche a fare il fieno.
La scelta delle pecore è stata dettata innanzitutto da ragioni pratiche, poi è diventata una passione. La pecora è una bestia meno impegnativa della mucca, la capra dove la metti mangia tutto, anche le piante, e poi comunque le Sambucane mi piacevano. Per il futuro Matteo sta già facendo progetti. Mi piacerebbe fare l'insediamento come giovane agricoltore, ne ho parlato proprio con Antonio della Comunità Montana. Quando finirò la scuola di bestie ne voglio tenere di più, se vuoi vivere di quello servono altri numeri, anche se d'inverno conto di guadagnare qualcosa anche facendo il maestro di sci.

Parla con passione dei suoi animali. “La cosa più bella è quando nascono gli agnelli, quando vedi dopo cinque mesi cosa partoriscono le pecore. Vedi che puppano, che stanno bene. Anche la sera, quando sono belle piene, quello è la soddisfazione nel tenere animali. La prima pecora che mi ha partorito, ero andato a vederla prima di andare a scuola, stava per nascere l'agnello, vedevo che sforzava, che era grosso, così l'ho aiutata. Ho sempre cercato di capire come fare.
Fa sempre più freddo lì a ridosso delle colline e dei castagneti. Marco mi riaccompagna al cortile di casa, mostrandomi anche la stalla ed il fieno ammassato per l'inverno. Suo fratello invece resterà al pascolo fino a notte. "E tu, i compiti?" Mi risponde di averli già fatti. Quest'anno fa la quinta elementare, nel suo caso non c'è bisogno che le maestre lo accompagnino in qualche fattoria didattica.

La fiera ed un po' di pastorizia francese

Lunedì 17 ottobre, è ancora notte fonda quando risalgo la Val Chisone diretta al Monginevro. Il freddo è arrivato, il termometro dell'auto scende sotto lo zero dalle parti di Pragelato. Anche a Guillestre non fa caldo ed il sole arriverà tardi, dopo le nove del mattino. Sono qui per vedere per la prima volta la Fiera di San Luca.

Prima di arrivare alla parte zootecnica, attraverso le vie del paese ancora quiete, mentre le bancarelle vengono montate. C'è di tutto, abbigliamento, artigianato, generi alimentari, dolciumi, salumi, formaggi, frutta e verdura… Una fiera, insomma! Poi, nella parte alta del paese, inizio ad incontrare campanacci, attrezzatura tecnica, volatili, conigli, cinghie, corde, ombrelli inframmezzati a bancarelle dove viene venduto aglio, insalata e pomodori appena raccolti dall'orto e molto altro ancora.

C'era anche questo artista con quadri dedicati esclusivamente al mondo dell'allevamento, della transumanza e dell'alpeggio. C'era la capra di rove, il montone merinos, l'asino con gli agnelli, il pastore con alle spalle il gregge, il patou, la vacca savoiarda…

Vi era lo stand degli allevatori contro il lupo, attrezzati con camper, gazebo, cartelli illustrativi con foto e testimonianze. Questo gruppo ha anche un sito, un blog, che potete consultare qui.

I pastori presenti spiegavano a chi si fermava ad ascoltare e chiedere informazioni cosa succede in montagna quando ci si trova a dover "convivere" con il predatore. Erano numerosi i poster dove, nel dettaglio, si mostravano i vari aspetti della problematica.

Al mattino presto c'erano quasi solo gli addetti ai lavori, gli allevatori locali che avevano portato qui i loro animali. A differenza di Barcellonette, dove ero rimasta colpita dal gran numero di pecore, qui a Guillestre c'erano tanti gruppetti chiusi tra le transenne. Come succede anche nelle nostre fiere, alla fine ci sarebbe stata la premiazione degli animali più belli.

Il significato quindi era più quello di una rassegna che non di una fiera per la compravendita, anche se su molti box era affisso il nome e cognome dell'allevatore, con i recapiti per i contatti e l'annuncio di vendita di montoni e pecore. Intanto, su mezzi di ogni tipo, continuavano ad arrivare animali.

Non solo pecore, ma anche capre e qualche cavallo. Quello che tardava ad arrivare invece era il sole e l'aria era pungente, frizzante. Poco per volta tutti sarebbero stati ai loro posti e la gente sarebbe arrivata, sempre di più, fino al punto che si faticava quasi a camminare, tra le bancarelle.

C'erano anche campanacci per i bovini anche se, numericamente, prevalevano quelli per pecore e capre. Tra i venditori, anche alcuni italiani, sia con attrezzatura tecnica, sia con tome, vini, farina da polenta ed altri generi alimentari. Pure una buona parte del pubblico proveniva dal Piemonte e così ogni tanto capitava di salutare qualcuno dalla Valle Stura, dalla Val Pellice, dalla Val di Susa…

I bovini erano in piazza, nel "Campo della Fiera", la parte asfaltata. Colpiva soprattutto questo possente toro di razza Limousine, che placidamente mangiava fieno nel suo box, incurante del via vai e delle attenzioni del pubblico.

Ancora un giro per le vie di Guillestre, sempre più animate ed affollate. Ogni tanto era d'obbligo alzare gli occhi dai prodotti esposti per ammirare gli scorci pittoreschi di questo borgo, intorno al quale le montagne si stavano tingendo dei colori vivi dell'autunno. Anche senza la fiera, merita venire a fare un giro da queste parti.

Ritorno ancora nel prato/frutteto dove vi sono gli animali. Individuo anche volti di pastori che avevo già visto a Barcellonette. Su alcune bancarelle vi sono biglietti scritti a mano: "Pastore e la sua compagna aiuto-pastore cercano alpeggio per la stagione 2012, esperienza e dotati di cane, ecc ecc ecc". Le cose in Francia funzionano diversamente ed il pastore salariato è una figura ben definita, che si differenzia dall'allevatore.

Anche tra le bancarelle i colori sono quelli dell'autunno. Qui si vendono ceste e cestini in vimini e sono numerose le donne che girano con la loro cesta al braccio, già colma di acquisti. Le immancabili baguettes e molto altro ancora vanno a comporre la spesa quotidiana contenuta qui dentro, un'alternativa al sacchetto di nylon, ma anche alle sporte in tela.

Nel Campo della Fiera a mezzogiorno iniziano i saluti ufficiali, i discorsi e le premiazioni degli espositori. La giornata è stata l'ennesima di cielo limpido e sole, ma forse da queste parti sono maggiormente abituati ad un clima simile, come si può intuire dal tipo di vegetazione che si incontra nei prati e lungo i versanti attraversati lungo la strada.

La fiera, per quello che riguarda gli animali, sta per finire. Qualcuno sta già caricando le sue bestie su fuoristrada, bighe e camioncini, mentre altri si attardano a fare ancora due chiacchiere. Anche per me viene l'ora di ripartire, perchè… anche se i chilometri non sono moltissimi, le ore di viaggio sono comunque tante, e poi ho in mente di guardarmi un po' intorno, adesso che splende il sole e non c'è più quell'aria gelida del mattino.

Incontro un gruppetto di pecore con i loro agnelli, tra le reti, in un prato dall'erba ancora alta. I segni di passaggi di pecore sulla strada però sono più consistenti e, da qualche parte, sono sicura che troverò altre greggi. Guardandomi intorno dalla sommità di un'altura, qua e là vedo pecore al pascolo, greggi che non sono scese verso la pianura, verso la Crau.

Gli agnelli di queste razze sono buffi, con le loro orecchie così diverse da quelle cui siamo abituati. Le madri mi guardano con sospetto, al di là della rete, battendo i piedi in segno di minaccia. Mi allontano e riprendo il mio cammmino, chiedendomi se davvero riuscirò ad incontrare un gregge lungo la strada.

Poco oltre sono accontentata, in un prato accanto alle case c'è un gregge di pecore con i loro agnelli, molte con una coppia di gemelli. E' tutto un allegro concerto di belati ed un paio di piccoli mi vengono incontro verso la rete, forse aspettando una poppata da qualche pecora balia. Li deludo dando loro solo un buffetto ed una carezza, così ritornano nella massa belante che si sta godendo il sole ed il venticello.

Soddisfatta, mi fermo solo più a leggere questo cartello nei pressi di una vasta area incolta. Si tratta di un sito protetto per le sue caratteristiche ambientali, un sito che è stato recuperato, ripulito e che adesso viene gestito attraverso il pascolamento delle greggi di passaggio.

Sono le praterie secche, "la ricchezza dei suoli poveri", come recitava il cartello. Molto secche e molto povere, ma le razze di pecore locali devono essere adattate a questi ambienti. Ancora una volta rifletto sull'importanza del pascolamento ovino nella gestione del paesaggio e su come questo sia riconosciuto ed apprezzato in Francia… mentre da noi quasi non ci si rende conto di cosa vorrebbe dire se non dovessero più esserci pecore e pastori.

Pioverà prima o poi?

Si assiste increduli a questo strano autunno. Chi è già sceso, dando il via alla stagione di pascolo vagante in pianura, si asciuga incredulo il sudore e guarda le sue pecore avanzare tra nuvole di polvere e foglie secche portate dal vento. La terra secca, l'erba ingiallisce, diventa dura. Cosa accadrà? Perchè questo caldo, e questo vento, e la siccità? Si teme un autunno magro ed un inverno difficile, se non pioverà al più presto. Ma dovrà essere una pioggia giusta, non troppo forte, per riuscire a penetrare nel suolo ormai riarso. Altrimenti ruscellerà via, altrimenti farà danni.

Chi è in montagna, soffrendo per lo stesso caldo, lo stesso vento, la stessa arsura, attende e posticipa la discesa. Gli animali pascolano l'erba secca rimasta, che ancora non ha patito il freddo o la neve. Non si sa nemmeno se sia un bene o un male rimanere qui. Giù l'erba seccherà ulteriormente, oppure ogni giorno guadagnato è un vantaggio in vista della lunga stagione invernale? Speriamo che la nuova campana, quella dell'amico Silvio, sia di buon auspicio!

Intanto gli agnelli nati nelle ultime settimane si godono il sole, che però diventa fin troppo forte nelle ore centrali della giornata. Se solo le ore di luce non si fossero ridotte con il passare dei giorni, si soffrirebbe più il caldo in questo strano mese di ottobre che non a luglio o agli inizi di agosto.

Le pecore stanno a mucchio come d'estate. La loro lana è già lunga, ricresciuta nei mesi dopo la tosatura. Sarebbero pronte ad affrontare i primi freddi, la brina e magari quella nevicata che ti fa lasciare la montagna senza alcun rimpianto. Invece tocca andare a cercare l'acqua ed accontentarsi delle misere pozze, delle sorgenti sempre più povere. Pioverà? E cosa accadrà quando finalmente lo farà? Sono ancora troppo vivi i ricordi ed i segni delle passate alluvioni, sembra che ormai tutti gli eventi metereologici debbano essere estremi e pericolosi.

Erba da pascolare nonostante le apparenze se ne trova ancora, magari spostandosi sui versanti dell'inverso, dove il sole se ne va prima, tra felci ed ontani. Invece lì, sui pascoli esposti a sud, erba secca e terra dura fanno sì che sia difficile persino per gli animali reggersi in piedi e scendere lungo i soliti pendii, seguendo tracce e vecchi sentieri. Ogni tanto un animale perde l'equilibrio o scivola per un breve tratto, facendo rabbrividire il pastore, nonostrante il caldo ed il sole accecante.

Eppure parte del gregge si sposta proprio lì, tra rocce e balze, un costone scosceso incastonato tra due torrenti che scendono ripidi dalla montagna. L'unica speranza è lasciare che gli animali scelgano la loro strada e la loro direzione, distogliendo lo sguardo per timore di vederne precipitare uno o sentire i tonfi di un sasso smosso dall'alto che cade tra le pecore disposte qua e là a pascolare.

Gli agnelli sono rimasti giù in basso, al sicuro, con un po' di ombra offerta dai grossi alberi accanto alle vecchie baite in rovina. Gli aceri non hanno ancora cambiato colore delle foglie, il giallo dell'erba è comunque il colore dominante in contrasto con il blu intenso del cielo. E' ottobre, i pastori non riescono a non prendersi dietro la maglia di lana al mattino, perchè sembra che tutto questo sia un sogno (o un incubo), dal quale ci si risveglierà con le mani intirizzite e l'aria che taglia la faccia. 

Invece no, fa caldo fin quando il sole si avvia a tramontare ed anche dopo il freddo non è quello di questa stagione, a queste quote. Arriverà la pioggia? La si attende con ansia, le previsioni lasciano poco spazio alle illusioni, almeno per i prossimi giorni. Forse qualcosa tra venerdì e sabato, poca roba, ma meglio che niente.

Nebbia e ancora nebbia

Si diceva che una bella giornata è tale quando, almeno la sera, la nebbia si toglie e si riesce ad avere una panoramica generale della montagna. Allora vi parlerò di brutte giornate, belle giornate e loro conseguenze.
Volevo però precisare una cosa che credevo fosse chiara fin dal giorno in cui è nato questo blog. Questo sito non ha pretese di nessun tipo, meno che mai di far politica e nemmeno di rappresentare il VERBO. Qui si racconta e si mostrano foto, video. Per la maggior parte delle volte sono stata io a raccogliere il materiale, altrimenti siete stati voi lettori ad inviarmelo. Indipendentemente dagli incarichi professionali che, negli anni, mi sono trovata a ricoprire, qui ho sempre solo parlato di pastorizia, allevamento, alpeggi. Ovviamente, qualora lavoro e passione hanno trovato punti di fusione, ho segnalato qui convegni, inaugurazioni, mostre, iniziative. Non pretendo che a tutti piaccia quello che scrivo, ci mancherebbe!
Anche nella mia vita personale ho avuto momenti di nebbia e si sole, ma sono una testa dura e quindi il cammino prosegue: quello della vita, delle passioni, del lavoro. Arrivare a chiedere che io venga rimossa da uno dei miei attuali incarichi professionali perchè ho spiegato i motivi per i quali la maggior parte dei pastori piemontesi sarebbero daccordo con un contenimento dei predatori mi sembra ridicolo.
I risultati scientifici ed analitici del lavoro di cui mi sto occupando verranno resi pubblici nella sede opportuna e soprattutto alla conclusione dei lavori. "Storie di pascolo vagante" è uno spazio mio personale dove trova ospitalità ogni tema che ha a che fare con la pastorizia ed ogni dibattito, confronto, opinione a riguardo.

Sui pascoli d'alpeggio l'eco delle parole e delle polemiche che infiammano il mondo virtuale e non giunge attutito e più che mai inconcepibile. Qui i problemi sono tutti concreti e richiedono interventi immediati, fin dal momento che ci si alza la mattina e la nebbia già avvolge le cime delle montagne. Bisogna dividere il gregge, sta iniziando la stagione dei parti e quassù non c'è erba sufficiente o di qualità ottimale per pecore che devono allattare uno o due agnelli. Inoltre come si farebbe a fare recinti fissi o andare al pascolo con un gregge contenente agnelli di pochi giorni, tra queste rocce e questi pendii?

Fin quando i nati erano quattro o cinque una soluzione temporanea la si poteva trovare, ma tra poco gli agnelli aumenteranno. Molti pastori hanno iniziato a stagionalizzare i parti, riducendo o evitando le nascite nel periodo estivo. In montagna i rischi sono maggiori: volpi, corvi, aquile, buche tra le pietre… E poi serve una persona apposta a badare al gregge degli agnelli, ma le altre pecore non possono essere lasciate sole. Anche quando si è in due, dividersi vuol dire lasciare da solo chi bada al gregge… lo si può fare aumentando i rischi e la fatica. Tra l'altro, in questo periodo la richiesta di agnelli è in leggera crescita ed i prezzi sarebbero un po' più remunerativi che in altri momenti dell'anno, ma quasi nessuno ha animali già adatti alla vendita, visto che le nascite sono appena iniziate.

Dopo aver diviso il gregge, si scende con le mamme, i piccoli e le pecore prossime al parto. Per fortuna gli agnellini sono ancora pochi, perchè già così è una faticaccia: davanti bisogna frenare le pecore che vorrebbero scendere di corsa verso il verde che intuiscono esserci in fondovalle, dietro c'è la solita confusione di belati, di chi resta indietro, di chi attarda a studiare una foglia, un sasso, una cavalletta.

Ci sono quelli più grandicelli ed arditi, nati la settimana prima, per i quali la "transumanza" è una gioiosa passeggiata, ed altri che devono essere portati in braccio dal pastore. Ogni tanto una sosta per pascolare, per ricompattare il gregge, per tirare il fiato. Nonostante la nebbia, si è fradici di sudore e digiuni dal mattino. Il pranzo sarà un discorso da affrontare solo quando le pecore saranno tranquille ed alla fine l'orario sarà più che altro quello della merenda. Anche così però basteranno poco più di una decina di minuti per dover poi andare a recuperare animali sparsi un po' dappertutto lungo il pendio. Ci fosse erba di qualità migliore questo non accadrebbe, ma la montagna qui è quella che è…

Si riparte per arrivare a destinazione quasi a sera. Bisogna ancora preparare il recinto, bello grosso affinchè chi vuole ancora pascolare possa farlo durante la notte. Un recinto più piccolo adiacente al primo è per la pecora che ha partorito durante la discesa. Mentre cala l'oscurità, nella nebbia che non accenna a sollevarsi, risuonano più in alto le grida e l'abbaiare dei cani. Si riuscirà a recuperare tutti gli animali là tra canaloni e cespugli? Se almeno si vedesse qualcosa…

Anche l'indomani la nebbia arriva fin da subito. C'è la sgradevole sensazione che qualcosa sia andato storto nella notte, perchè giù in basso stanno arrivando nuvole di corvi che volteggiano e poi calano in picchiata. Anche i cani sono inquieti e guardano verso il basso, fiutando l'aria. Il pastore, ormai solo, indirizza il gregge verso l'altro versante ancora da pascolare. Pendii ancora più ripidi, ancora più rocciosi. E la nebbia cala, inesorabile, avvolgendo tutto per ore ed ore. Solo chi questa montagna la conosce anche ad occhi chiusi sa dove andare a cercare gli animali, ma servirebbero non due, non dieci, ma cinquanta persone per sorvegliare il gregge, in un posto così, con una giornata simile. Per di più dovrebbero avere tutti pratica di alpinismo e non soffrire di vertigini.                 

Passano le ore, il pastore sparisce giù in basso dopo aver teso le orecchie alle campane. Poi ricompare e sale a cercare il resto del gregge. Un istante di "maggiore visibilità" tanto per capire se ci sono animali sparpagliati tra le cenge, poi di nuovo più nulla per un tempo che pare interminabile. Anche il suono delle campane sembra venire ora di qua, ora di là. Sola, cerco di sforzarmi pure io a capire, per poi poter riferire al pastore più tardi, quando finalmente tornerà. Qui il telefono non prende ed il senso di smarrimento è totale. Anche se esperta di pastorizia, una persona non pratica del posto qui faticherebbe davvero a svolgere il suo mestiere.

E' sera, la voce del pastore arriva da più in alto. Ci sono anche belati e campanelle, forse gli ultimi, perchè il resto del gregge si è ormai avviato verso il recinto. Ma poi all'improvviso arriva il vento e la nebbia si dissolve mostrando un cielo livido. E' un vento a raffiche, autunnale. Fosse arrivato prima… Ci sono 5 pecore ferme su di una cengia molto più indietro, molto più in alto. Ed altre che forse però si stanno avviando. E ancora due in un posto molto pericoloso da raggiungere, più in basso. Il pastore impreca, ma almeno sa che, nonostante la faticaccia che ancora lo aspetta per ricondurle al recinto, quella sera nessuna resterà fuori.

Le due che si trovavano in basso salgono da sole aggirando il costone e seguendo una traccia nota soltanto a loro. Mi raggiungono mentre sto scendendo. Giù in basso il gregge è solo parzialmente entrato nel recinto, il resto degli animali è sparpagliato lì intorno e bisognerà faticare ancora un po' prima di concludere la giornata. Intanto lassù in alto si sentono i cani ed i comandi del pastore che arriva con le "indisciplinate" che l'hanno costretto ad altre corse, altri metri di dislivello. Nonostante le speranze, il recinto verrà chiuso quando è ormai quasi notte. A questo punto il pastore sa anche quanti animali gli mancano e teme quello che troverà più in basso tra i cespugli.

Il primo cadavere illuminato dalle pile presenta solo il morso sul collo. Sono stati i corvi a creare le altre lesioni, iniziando soprattutto dagli occhi. Il senso di frustrazione e rabbia è immenso, ma lo può capire completamente solo chi fa questo mestiere, chi fa questa vita, chi ha allevato un animale fin dalla sua nascita.

La frustrazione è quella del sapere che, nonostante tutti gli sforzi, nonostante la fatica, nonostante le reti, i cani, nonostante la presenza dell'uomo… Il rischio c'è sempre. Sbaglia chi dice che i pastori si ostinano a non usare questi mezzi di protezione! Li utilizzano eccome! Chi non lo fa (succede specialmente con i cani da guardiania) sbaglia a sua volta, perchè la loro efficacia è dimostrata e ribadita da tutti coloro che invece da anni li hanno inseriti nel loro gregge. Però cosa doveva fare il pastore in quel caso? Avrebbe dovuto risalire di notte, dopo aver chiuso pecore e agnelli più in basso e, insieme all'altro pastore, passare ore ed ore nella nebbia e nell'oscurità, insonni, a pattugliare quella parte di montagna dove si presumeva potessero esserci degli animali rimasti fuori dal recinto? Facile da dirsi, molto meno da farsi, specialmente quando hai 16 e più ore di lavoro alle spalle. "Che senso ha ancora, tutto questo?", si chiede amaramente il pastore. Cercherà gli altri cadaveri il giorno successivo, ne troverà almeno due, mentre i corvi arrivano apparentemente da ogni parte del cielo per partecipare al banchetto. Ma mancano alcuni altri animali e per quelli, in mancanza di "prove", non ci sarà nemmeno il rimborso previsto per i capi predati.

E così nei giorni successivi si abbandona quel posto, lasciando indietro quel po' di erba che c'era ancora da pascolare. Da solo, con le reti in spalla e nello zaino tutto quello che ci poteva stare, cambia vallone, raggiunge l'altro alpeggio dove concluderà la stagione. Non che qui non ci siano pericoli, ma si spera, si spera sempre che ci possa essere qualcosa di meglio. Anche di là c'è poi la nebbia, anche di là versanti ripidi, pietre, valloni e cenge. Ma almeno la sera c'è il conforto di una stufa accesa, di una baita illuminata ed accogliente.

Nei "nuovi" pascoli le pecore si saziano e prendono la strada del recinto ad una certa ora della sera. Questo vale per la maggioranza, ma tocca sempre fare un giro di ricognizione e correre qua e là per colpa di alcune ritardatarie. Finirà, finirà anche questa stagione d'alpeggio. Si attende con ansia di tornare in pianura e ben sapete quanto questo sia incredibile da sentir dire in bocca ad un pastore nato praticamente in alpeggio.

Un mese, poco più o poco meno, poi ci sarà la transumanza. Questo è essere pastori in certe vallate delle montagne del Piemonte oggi, nel XXI              secolo. Non per tutti la situazione è ugualmente difficile, non per tutti i problemi sono i medesimi, ma per certe realtà così stanno le cose. Abbandonare le montagne meno favorevoli a tentare forme di "convivenza" con il lupo? E dove potranno andare quei pastori? Chi pagherà loro le spese aggiuntive che dovrebbero sostenere se anche riuscissero a trovare altri alpeggi da affittare? E chi pagherà le conseguenze dell'abbandono di quei pascoli, pascoli tanto difficili da utilizzare che nessun altro si farà avanti per prendere il posto dei pastori che se ne andranno…?

Autunno che avanza, senza romanticismo

Strane giornate, queste di fine estate. Tecnicamente è ancora estate, ma l'aria è quella dell'autunno. Lassù alle alte quote certe cose si manifestano più nettamente, senza quelle sfumature delle colline, della pianura. Basta uno sbuffo più freddo e potrebbe persino nevicare, uno di questi giorni.

Dopo quel caldo c'erano state giornate ancora limpide e terse, con un sole sì caldo e bruciante, ma senza essere soffocante o fastidioso persino in montagna. L'erba però aveva cambiato faccia: nel giro di pochi giorni il sole, il caldo, ma soprattutto il vento l'avevano mutata in distese dai colori più tendenti al giallo ed al marroncino che non al verde.

Sotto all'apparenza delle spighe secche c'è ancora tanto da pascolare, foglie verdi e, in alcuni punti, ricrescita del pascolamento di inizio stagione. Però anche la bella giornata tersa diventa improvvisamente fresca la sera, quando tramonta il sole. E l'oscurità arriva prima, già le ultime fasi di rientro al recinto avvengono con sempre meno luce.

E' l'autunno che avanza. Sono belli i colori, sono belle le pecore che si avvicinano al momento del parto, è bello pensare alla stagione che va alla fine, perchè su di qua da faticare ce n'è davvero a non finire. Se alcuni dalla montagna non se ne andrebbero mai, altri da qualche tempo non vedono l'ora di scendere. Perchè l'autunno non è solo il momento in cui le piogge ti possono bloccare senza che tu possa nemmeno rientrare alla baita, non è solo la stagione in cui può arrivare la nevicata improvvisa. L'autunno, da qualche anno a questa parte, un po' per tutti è il periodo più rischioso per gli attacchi dei lupi.

Le belle giornate di fine estate vedono la luce farsi più radente, le pecore che tendenzialmente pascolano più tranquille, come se sapessero che devono riempirsi la pancia in attesa di giornate di maltempo. I pastori iniziano a calcolare i giorni che restano, suddividendo mentalmente le varie aree, pensando a come e quando pascolarle. Poi però, inevitabilmente, questi progetti non verranno rispettati…

Ad esempio, quando arrivano le piogge, tocca cambiare i programmi. Perchè quando piove gli animali pestano l'erba e la sprecano. Perchè quando piove con una nebbia tanto fitta in certe zone non puoi andare, per timore che qualcuna resti indietro e che non si riesca a chiuderle tutte nelle reti, la sera. Oltretutto le ore di luce più scarse fanno sì che il rischio di non vedere le ritardatarie o di non riuscire ad individuarle in tempo aumenti, lasciandole così fuori dal recinto alla mercè dei lupi.

Una giornata di pioggia, secondo il punto di vista dei pastori, può essere buona quando… non c'è la nebbia. Nuvole alte, buona visibilità, anche se piove può andar bene così. Ma la pioggia a dirotto con la nebbia proprio no. E aspetti al riparo di una balma, finché inizierà a colare l'acqua lungo la parete di roccia e ti costringerà ad andartene anche da quello scomodo rifugio. Certo, pare anche romantico a leggerlo e vederlo in foto, ma provate un po' a viverlo! Non c'è nulla di romantico in tutto questo.

Il giorno successivo era quasi una di quelle buone giornate di pioggia. Non che l'acqua a questa stagione serva per i pascoli quassù, ma è una manna pensando all'erba giù in pianura, ai pascoli che serviranno dopo la transumanza. La pioggia però si fa insistente, diventa un vero e proprio rovescio a cui segue una pausa di minore intensità, e poi altri rovesci, per tutto il corso del pomeriggio. Niente foto o quasi quando l'acqua battente ingrossa improvvisamente i ruscelli che ormai erano praticamente in secca. Le pecore si rifiutano di attraversare l'acqua marrone che rumoreggia portando pietre verso valle.

Le pecore smettono di mangiare, le capre cercano delle balme sotto cui ripararsi. I pastori ora cercano di difendersi dall'acqua e dal vento, ora sudano sotto la cerata e l'ombrello per cercare di fermare quegli animali che già tentano di scendere verso il basso. E' vero che il clima è autunnale, ma non è ancora il momento della transumanza!

Da sole le pecore rientrano al recinto passando in mezzo ai ruderi delle vecchie baite. Qua e là comunque ci sono delle ritardatarie che i pastori devono correre a recuperare. Finalmente smette di piovere, ma è una breve tregua. Ormai si è fradici, l'umidità è passata ovunque, dentro agli scarponi, agli stivali, tra maglie, pantaloni e camicie. Un pasto caldo è un sollievo, ma anche il vestiario di ricambio è comunque umido. Non c'è la possibilità di accendere un fuoco, di scaldarsi e fare asciugare qualunque cosa. La speranza è nelle previsioni del tempo, che annunciano miglioramenti… Intanto persino il pavimento della vecchia baita è fangoso e viscido.

Questa pecora ha partorito proprio in una giornata così e l'ha fatto nel punto più lontano dal recinto. Il pastore l'ha recuperata ed ha portato in braccio il piccolino. Per i prossimi giorni per loro non ci sarà da seguire il gregge, ma mamma e piccolo saranno confinati insieme ad altri in un recinto accanto alle baite. Un tempo i parti si susseguivano durante tutto l'anno, ma ormai quasi tutti i pastori preferiscono stagionalizzarli, se non hanno un aiutante che badi al gregge degli agnelli. Troppo grande il rischio delle predazioni: o si seguono gli agnelli, o si sta con il gregge delle pecore. Rimandare oltre un certo tempo le nascite però non è conveniente, visto che questa è l'unica fonte di reddito per i pastori.

L'indomani il bel tempo quassù è arrivato davvero, mentre invece la pianura resta coperta dalle nebbie. Tipico dell'autunno, avere giornate così. Anche il sole, quando arriverà, avrà un calore diverso. E' comunque quel che serve per far asciugare tutto. Lo spazio tra le baite si colora di ombrelli, giacche, pantaloni ed ogni altra cosa stesa ad asciugare, persino i cuscini, le coperte ed i sacchi a pelo.

Uno degli ospiti della vecchia baita si fa sempre più sfacciato e decide di partecipare alla colazione insieme ai pastori. La tazza di thè non è di suo gradimento, ma un biscotto, magari… La lotta contro i topi va avanti da inizio stagione, questi ultimi tra poco torneranno ad essere padroni indisturbati, rosicchiando tutto quello che verrà lasciato lì senza la possibilità di metterlo sufficientemente in salvo. Può essere carino e simpatico da vedere così, ma quando ti tocca buttar via quanto ti sei portato fin lassù in spalle, negli zaini stracolmi e pesantissimi perchè lui o i suoi parenti l'hanno intaccato o insozzato con escrementi ed urina, non ti senti più così amichevole.

Ancora una volta verso la cresta, c'è qualche ultimo ciuffo da pascolare. A dire il vero la pastura sarebbe ancora abbondante, ma gli animali sono inquieti e non vogliono saperne di fermarsi. Tutto il giorno è un continuo camminare, quasi senza consentire ai pastori nemmeno di pranzare. Intanto le nebbie, dalla pianura, risalgono i versanti.

Per fortuna è una nebbia gentile, che va e viene, poi si dissolve nel pomeriggio. E' bastato quel poco di nebbia e la breve sosta per mangiare qualcosa per far sì che il gregge si incamminasse lungo il viottolo ed attraversasse tutta la montagna. Su altri pascoli non farebbero così, qui è il territorio ad influire sul comportamento degli animali in modo dominante. E così tocca dividersi, tocca correre, i cani per fortuna aiutano e non poco, arrivando ancora più in fretta dove l'uomo altrimenti faticherebbe a raggiungere le pecore. Può sembrare romantico, il mestiere del pastore, ma venite a passare una settimana quassù. A fine giornata probabilmente la penserete diversamente.