La festa della pecora brigasca (1° parte)

Domenica scorsa sono stata a La Brigue, in Francia. Terra di frontiera, terra di passaggio, terra prima italiana, poi francese, dove si parla il Brigasco. C’è anche una razza di pecore, quasi a rischio di estinzione, la Brigasca per l’appunto, sviluppatasi in queste terre, tra Briga Alta (Italia) e La Brigue (Francia).

E’ proprio oltreconfine che si tiene la festa dedicata a questa pecora. Quest’anno era la sesta edizione. La buona organizzazione dell’evento era evidente già dal primo mattino: le auto venivano bloccate a valle del paese, dove vi era un ampio parcheggio (ma la sera si incontravano auto parcheggiate tutto giù lungo la stretta strada scendendo verso San Dalmazzo di Tenda). Una navetta gratuita portava in paese chi non voleva salire a piedi, altrimenti con una veloce passeggiata in una decina di minuti si arrivava a La Brigue.

Era ancora presto, gli espositori stavano appena iniziando a montare le bancarelle, ma già due ragazze suonavano musica occitana e qualche coppia accennava a passi di danza. Una bella giornata di sole faceva da cornice alla manifestazione e preannunciava una buona riuscita dell’evento.

Vi presento la razza brigasca, simile per alcune caratteristiche alla frabosana-roaschina. In piazza gli allevatori avevano già iniziato a portare qualche esemplare, collocato negli appositi box di legno. Ma lo “spettacolo ovino” sarebbe poi stato un altro e l’avrei scoperto più tardi.

Se in Italia la toma di pecora brigasca è un presidio Slow Food, in Francia se ne valorizza anche la lana. Questi artigiani realizzano tappeti con la lana della brigasca ed i disegni riproducono i famosi graffiti preistorici della Valle delle Meraviglie, non lontana di lì, sotto al Monte Bego.

La lana è protagonista della festa. Sono numerosi gli stand dove troviamo gomitoli, matasse, manufatti di vario tipo.

Dalla prima piazzetta, ci si spostava tra vicoli, piazze, stradine, portici bassi dove si incontrava qualche gatto frettoloso. Qua e là qualche altro stand, ma poi ad un certo punto era la musica occitana a richiamare oltre, di là del ponte. I musicisti stavano già scaldando la voce e gli strumenti.

Cercherò, attraverso questa rapida carrellata di immagini, di mostrarvi un buon numero tra le bancarelle più a tema. Qui vedete i manufatti di lana mohair. Ovviamente non tutti vendevano prodotti derivanti da pecore e/o capre, c’era anche tutto il mercato dei prodotti agricoli e un po’ di artigianato di altro tipo (ceramiche, gioielli etnici, ecc.), ma il bello era non trovare tutta quella paccottiglia da fiera, da mercato, che spesso da noi fa “scadere” il livello di queste manifestazioni.

Tra i produttori agricoli, c’era una buona alternanza tra Francesi, Liguri e Piemontesi, in un bel mix di colori, sapori e profumi.

I produttori di formaggi erano quasi tutti Francesi e si poteva scegliere tra latte ovino, caprino, vaccino e tome miste. Nessun commerciante, nessun caseificio, tutti piccole aziende agricole tradizionali.

Ancora lane multicolori, per mostrarvi quanto fosse ampia la scelta e la varietà degli espositori. Raramente mi è capitato, anche in manifestazioni teoricamente “a tema”, di trovare così tante diverse realtà artigianali di lavorazione della lana.

Non si poteva nemmeno morire di fame! Dolci, dolcetti, torte salate, cibo “di strada”, caldarroste, già al mattino presto si mescolavano i profumi. Aleggiava un aroma di spezie e di cumino, sfrigolavano spiedini e salsiccette, tutto in modo molto più “rustico” e diretto che non in Italia. Non che mancasse la pulizia, ma ancora una volta ho avuto la sensazione che oltralpe vi siano meno vincoli, meno norme assurde a complicare le cose.

La festa è anche l’occasione per far sentire la voce della protesta. Qui vedere una pecora brigasca che metaforicamente si oppone al passaggio dei camion, per protestare contro l’ipotesi del secondo tunnel al Colle di Tenda. C’è però da dire che, dal punto di vista dei trasporti, la valle non è ben messa. Tra i tagli alla linea ferroviaria e il semaforo che regola il passaggio alternato nel suddetto tunnel, causando lunghissime code…

Non mancava ovviamente il feltro. Borse, cappelli, piccoli oggetti, animaletti, soprammobili…

Si poteva anche provare a cardare la lana. Al mattino la bisaccia era piena e davanti all’apposito attrezzo c’erano solo pochi boccoli, ma al pomeriggio la situazione si era invertita, con grandi e piccini che scoprivano la magia della soffice lana.

Si poteva anche vedere/provare a tessere, ma c’erano pure gli antichi strumenti usati per filare. Il pubblico al pomeriggio era aumentato, centinaia, migliaia di persone a vedere la festa ed assistere al momento clou del passaggio del gregge (che vi racconterò nel prossimo post).

Oltre alle piazze più affollate, dove ormai i generi alimentari erano quasi totalmente esauriti, in giro per il paese poteva anche capitare di incontrare questo gruppo di musicisti di strada, le cui melodie e canti si perdevano tra i vicoli. Tutto in un’atmosfera che sapeva di transumanza, di viaggi, di passaggi che non (ri)conoscono frontiere.

Altro genere di suono, quello che curiosi e appassionati testavano sollevando ora questa, ora quella campana. In questo caso però il pubblico della festa era composto più da turisti che non da allevatori, quindi vi era un’unica bancarella di questo tipo.

Erano arrivate altre pecore a riempire tutti i box. Il gregge che è transitato giù per la valle però era composto da merinos. Non ho idea di quale sia l’attuale consistenza della brigasca, comunque ripartendo dalla festa la sensazione è stata quella di una manifestazione molto ben riuscita, che ha davvero avvicinato la gente al mondo della pastorizia nelle sue diverse sfaccettature: prodotti, lavoro del pastore, territorio.

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