L’importanza dell’acqua

A volte mi sembra che non ci sia da parlare di certe cose, tanto sono ovvie e scontate, ma evidentemente invece non è così. Nonostante io non abiti in città, tra asfalto e cemento, ma in un paese dove boschi, prati e campi sono ovunque intorno alle abitazioni, mi è appena capitato di sentire una conversazione sul tempo.

Ero in coda all’ufficio postale e, davanti a me, due signore parlavano a voce abbastanza forte da essere udite da chiunque. Si lamentavano per il fatto che, “proprio per il fine settimana“, fosse prevista una perturbazione. Non so quale evento la pioggia avrebbe potuto funestare, magari un matrimonio… Sta di fatto che, fin quando dal rubinetto esce l’acqua, molti ormai si dimenticano della sua importanza. Non c’è bisogno di andare fino in alta quota per capire cosa significhi la mancanza d’acqua.

Chissà se la gente si accorge che, laddove da settimane, anche mesi, non cade una goccia di pioggia, è tutto giallo e stanno persino seccando gli alberi? Guardatevi intorno, le chiome hanno un verde spento e, sui versanti, specialmente quelli più rocciosi, ci sono alberi con le foglie rosse. Non il rosso o l’arancione brillante dell’autunno, ma un marrone rossastro di siccità. In montagna, intorno agli alpeggi, la terra è riarsa, calpestata. Il verde è rappresentato solo dai cespugli: ginepri, rododendri, mirtillo rosso…

Dove si può, si bagna, e allora si vede la differenza. In Val d’Aosta, vallata abbastanza secca dal punto di vista delle precipitazioni, ma ricca di acqua grazie ai ghiacciai, c’è un vasto sistema di irrigazione, che permette di far fronte anche alle annate siccitose come questa. Ma l’acqua non è inesauribile. Aumento delle temperature, minori precipitazioni nevose in inverno, poche piogge (spesso torrenziali e concentrate in poco tempo) sono fenomeni che dovrebbero far preoccupare.

Chi vive lontano dal mondo “della terra”, che non ha a che fare direttamente con la produzione agricola o con l’allevamento, i fenomeni atmosferici li vive soprattutto in funzione del fastidio che possono arrecare alle sue attività di svago. Non ci si pone nemmeno la domanda del perchè questo pascolo sia verde ed altri più a monte siano completamente ingialliti.

Prati pascolati, dove il verde è tornato solo se c’è stata irrigazione. Ancora più gialli e “disordinati” quelli dove gli animali non sono passati. Qua e là, negli ultimi giorni, c’è stato un temporale a spezzare la siccità. “Ormai quassù se piove non serve nemmeno più, fa solo marcire l’erba“, mi diceva un’amica al pascolo sotto l’ombrello ieri, mentre io invidiavo la “sua” pioggia. “E’ in pianura che dovrebbe piovere, altrimenti quando scendiamo di erba ce n’è poi proprio poca!

In alta quota la stagione è finita proprio in anticipo, con colori e panorami da fine ottobre quando invece è solo l’inizio di settembre. Quest’anno non è stato il gelo a far cambiare faccia alla montagna, ma il caldo e il secco.

La vedete la differenza? Dovremmo chiederci di più il perchè delle cose. Invece molte persone vivono prendendo tutto quello che c’è, senza domandarsi come e perchè è arrivato nel bancone di un supermercato. E questo discorso non vale solo per l’acqua, ovviamente.

I bovini sono ancora al pascolo, poco oltre si bagna per avere poi altra erba per loro, per i giorni, le settimane successive. Come stagione è andata bene per i fieni, ma nello stesso tempo di fieno ne servirà di più, dato che c’è poi poca erba da pascolare all’aperto, sempre per colpa della siccità e del caldo. Tutti questi meccanismi naturali sfuggono a chi si lamenta perchè, accidenti, proprio domani o dopodomani deve piovere??

Manca la pioggia

Dove non ha piovuto la situazione si sta facendo davvero critica e, probabilmente, ci saranno allevatori costretti a scendere dall’alpeggio con qualche settimana di anticipo. Dove ha fatto qualche temporale va già subito meglio, ma… in generale la situazione è critica.

Facciamo una carrellata tra le valli. Qui siamo in Val Germanasca (TO) ai Tredici Laghi. I pochi bovini presenti, lasciati liberi di spostarsi a piacimento, vanno dove l’erba è ancora un po’ più verde e fresca.

Ma sui costoni, tutto dove le rocce sono più superficiali, dove manca quel po’ di umidità dei laghi (anch’essi molto bassi di livello), l’erba è gialla, rossa, completamente secca. Il sole splende implacabile, caldo, ogni tanto si unisce il vento ad asciugare ancora di più il terreno.

Gli effetti della siccità sono ancora più visibili in basso, in alcuni prati che, non so per quale motivo, non sono nemmeno stati pascolati. Gialle distese che paiono campi di grano… e siamo solo a fine agosto, non ad ottobre! Un tempo da queste parti si vedevano più animali, invece oggi gli alpeggi paiono sotto utilizzati, con il bosco che avanza.

Cambiamo vallate: Vallone dell’Arma in Valle Stura (CN), zone già normalmente più aride e meno piovose. La mandria è sparpagliata sul ripido pendio, a pulire tutto quello che resta.

Anche più in alto ci sono altre mandrie, laddove ormai quasi tutto è stato pascolato. E’ normale, a questa stagione. Si finiscono i pascoli alti, poi si scende. Il problema è che, più in basso, le alte temperature e la siccità non hanno fatto ricrescere l’erba già pascolata ad inizio stagione, o hanno fatto seccare quella che c’era.

Se solo avesse piovuto almeno un po’… Qui siamo ai Tornetti in Val di Viù (TO), dove invece ci sono stati dei temporali, alcuni anche violenti e con grandine. Mi dicevano che la grandine ha addirittura schiacciato l’erba. Però almeno qui di erba verde ne ho vista, i colori erano quelli giusti per la stagione, per l’inizio di settembre a questa quota.

Val d’Aosta, Vallone di Saint Barthelemy, Tsa de Fontaney. Non c’è più niente, l’erba è stata totalmente pascolata, nei prati sottostanti è stato già sparso il liquame, ma la terra è dura, non vede pioggia da settimane.

La mandria sta pascolando molto più in alto, quasi sotto al colle, accanto un laghetto, dove ancora c’è un po’ di verde. Lungo il ruscello, salendo quassù, era l’unica zona dove si vedeva quel colore. Non ha ancora fatto molto freddo, anzi… le temperature sono spesso ben superiori, il suolo è ancora caldo, con la pioggia l’erba ci sarebbe ancora.

Su di un altro versante, in un vallone laterale, le vacche sono puntini scuri sparsi in una zona più verde… ma vengono i brividi a vedere la pendenza di quel pascolo, forse più adatto a pecore e capre. Probabilmente, in un’annata normale, non sarebbero state mandate a pascolare lassù, ma per prolungare la stagione, si coglie tutto quello che c’è, dove c’è.

Altro alpeggio, anche qui pare che non ci sia più da mangiare per molti giorni. La desarpa sarà anticipata per molti, quando non c’è più niente, le bestie torneranno giù.

Più in basso c’è un pastore con il suo gregge, per pecore e capre si trova ancora sempre qualcosa in più, dato che si pascola ovunque sui pendii, sotto agli alberi, tra i cespugli. Il gregge poi è piccolo, sono animali affidati al pastore solo per la stagione estiva.

Il recinto è nella versione “massima sicurezza”, più alto della media e con un giro di reti “normali” intorno. Qui i lupi ci sono, sono già stati visti e fotografati quando ancora c’era la neve. “Di solito dormo qui nella roulotte, ma se capita di scendere la sera, voglio essere tranquillo!

Il pastore si chiama Remo, ci conoscevamo a vicenda, ma solo di nome… Sapevo che era stato a lungo nel Nord Est a fare il pastore da quelle parti, ma adesso è tornato nella sua regione d’origine dopo aver venduto il gregge che conduceva al pascolo da quelle parti.

Mi piacerebbe riuscire a fare un gregge solo di pecore Rosset, in alpeggio. Qui adesso ci sono delle Biellesi e delle Rosset. Oppure mi piacerebbe prendere delle pecore Lacone, farle partorire in primavera, salire e mungere, fare formaggio di pecora.

Anche se in Val d’Aosta soffia il vento, oltre a non piovere, la fortuna è avere almeno tutto un valido sistema di irrigazione a mezza quota e in bassa valle. Dove sono stati tagliati i fieni, poi si bagna e, quando scenderanno gli animali, potranno esser messi al pascolo. Ma, dove l’acqua non c’è, qualcuno ha già addirittura problemi a far bere mandrie e greggi, su negli alpeggi.

Siccità e una fiera un po’ povera

Il 23 agosto è il giorno della fiera di Balboutet, frazione di Usseaux, in Val Chisone. Una volta c’erano gli animali degli allevatori locali, poi più niente, poi lo scorso anno, in una fredda giornata di nebbia e pioggia, erano tornati i commercianti. Nonostante quest’anno si promettesse la presenza del bestiame… non è andata proprio così.

C’erano tutte le bancarelle che uno si aspetta di trovare ad una fiera, a partire da quelle delle sellerie, dove gli addetti ai lavori potevano acquistare attrezzature di vario genere e… perchè no, una campana.

Per qualcuno una necessità, per altri una passione, per i turisti forse solo una curiosità pittoresca dal significato non completamente comprensibile.

Fatta eccezione per il gregge di un commerciante, che sale in alpeggio sulle montagne sopra a Balboutet e che è stato fatto scendere per l’occasione, altri animali non c’erano. Niente vacche con i grossi rudun al collo. Le motivazioni? Presumo economiche… A questa stagione sono ancora tutti in alpeggio e non si fanno ancora acquisti. Così è inutile spendere e perdere una giornata solo per riempire i prati… e così il senso della fiera va a morire.

Gente ce n’era tanta, complice anche l’ennesima giornata di sole e cielo limpido. Il villaggio è sempre un bel posto ed è piacevole far tutto il giro tra le bancarelle, alternando attrezzature, generi alimentari, artigianato e altro.

Non mancavano i vari produttori di aziende agricole, con formaggi, frutta, verdura, salumi. Una buona occasione per incontrare e salutare un po’ di amici e fare qualche acquisto.

Gli allevatori presenti non erano tanti, proprio perchè non c’era il bestiame. Qualche volto noto, gente più o meno del posto, ma dagli alpeggi non sono scesi in tanti. Bisogna aspettare Pragelato il 14 settembre per trovare margari e pastori un po’ da tutto il Piemonte.

La speranza è che per metà settembre si sia ancora in montagna… La siccità si fa sempre più intensa. Non piove, fa caldo, spesso c’è anche vento. Va molto bene per chi deve fare il fieno, ma per il resto seccano i pascoli, le fontane i torrenti. Addirittura cadono già le foglie dalle piante. Non sarà facile nemmeno quando si tornerà in pianura, se le cose vanno avanti così, perchè nei prati, nelle stoppie, lungo i fiumi c’è ben poco.

Un tardo pomeriggio al pascolo

Più o meno i posti sono quelli, quindi guido con un occhio alla strada e uno ai prati circostanti. Vedo prima un gregge abbastanza grosso, ma non è quello che sto cercando, che individuerò poco dopo, nei prati accanto alla strada.

La giornata è alla fine: anche se le ore di sole stanno aumentando, il pomeriggio è ancora breve. Mi sono attardata altrove a chiacchierare e così arrivo da Giovanni mentre il sole sta tramontando. Il vento in pianura è finalmente cessato, ma soffia ancora in montagna, così nel cielo si rincorrono veloci delle nuvolette che assumono via via colori e forme diverse.

Il gregge pascola tranquillo, anche se il pastore mi dice che, in giornata, le pecore hanno già mangiato parecchio mais nelle stoppie, quindi gli animali sono più nervosi e tendono a voler andare sempre avanti, in pezzi nuovi. Il gregge si è ridotto nei numeri rispetto ad un tempo, ma gli animali sono sempre belli come qualità e come stato di salute.

Le nuvole si rincorrono in cielo. La notte precedente, non lontano di lì, favoriti dal vento e (probabilmente) dalla mano di qualcuno, si erano sviluppati alcuni incendi che avevano portato addirittura alla chiusura dell’autostrada. Non è stato un brutto inverno per i pastori vaganti: nelle stoppie il mais non è marcito o ammuffito, non c’è stata neve o fango, però le montagne intorno con i loro pendii secchi e le evidenti chiazze di nero dov’è passato il fuoco in questi mesi di siccità sono strane, innaturali.

Come sempre da quelle parti la concentrazione di greggi è elevata, ma Giovanni non si lamenta. Non ha più bisogno di girare tanto con quel numero di animali. L’aria cambia dopo il tramonto, fa più freddo, le previsioni parlano di una perturbazione in arrivo e sarebbe la prima di questo inverno. Probabilmente non si vedrà la neve, fa troppo caldo… Ma anche se fosse neve, ormai è febbraio.

Per i pastori è ora di riportare il gregge al recinto, per me di rientrare a casa. Le capre non hanno ancora iniziato a partorire, cercherò di fare una visita quando ci saranno i capretti. Scende la sera, dalla quiete senza tempo del pascolo vagante, poche decine di minuti dopo mi ritroverò imbottigliata nel traffico caotico della tangenziale. L’incredibile coesistere di mondi così diversi, nel XXI secolo…

Gli antichi detti o il “nuovo” clima?

Non sono passati molti mesi da quando cercavamo di leggere i segni che potevano far capire come sarebbe stato l’inverno. Ci sono i giorni “di marca”, i detti popolari, quelle piante, quegli animali che… Bene, aveva nevicato sulla foglia e l’inverno non ha dato noia (fino ad ora non è quasi stato inverno). I quaranta giorni e una settimana di Santa Bibiana si sono addirittura estesi. Le vespe e i sorbi che annunciavano tanta neve per ora non hanno funzionato, a meno che febbraio riservi delle sorprese.

Questi sono i giorni della merla e si va in montagna in maglietta. Una montagna spoglia dalla neve, dove le sorgenti sono secche non per il gelo, ma proprio perchè l’acqua non c’è più. Al massimo un esile filo. Se fa caldo durante i giorni della merla, dicono che la primavera arriverà tardi. Poi com’era quella cosa del Natale con la luna piena? Non dicevano che, quando succede, ci sarà la Pasqua con la neve?

Ho ben paura che la “saggezza popolare” non sia più sufficiente di fronte a spettacoli del genere. Questi sono i pascoli del Vallone di Pramollo (TO), nei pressi del Colle di Lazzarà. “Prima o poi pioverà, prima o poi arriverà la neve“. Speriamo, e speriamo che non arrivi “tutta insieme”, a portare alluvioni, su di un terreno duro, compatto, polveroso, riarso: servirebbero lente piogge per far sì che l’acqua lo ammorbidisca pian piano e penetri in profondità.

Qui gli allevatori spargono il letame sui pascoli, a fine stagione. In certi alpeggi lo si fa ancora con l’acqua, la cosiddetta “fertirrigazione”, qui il pianoro permette di passare con la botte e il trattore. Questa operazione si fa affinchè la neve copra tutto e, quando scioglie, il concime lentamente penetra nel suolo, garantendo un nuovo pascolo abbondante la primavera/estate successiva. Per il momento ciò non è successo.

Bisognerà cambiare tutto? Adesso sembra che già molto sia cambiato rispetto ad un tempo. Non si vive più in certi posti, in altri si passa solo a pascolare salendo e scendendo dall’alpeggio. Ci sono stati momenti forse più caldi di questi, altri ancora con climi ben più rigidi. Non è solo questione di chiedere “la calamità naturale” quando il clima causa qualche danno, con gli animali se non c’è da mangiare e da bere, non puoi stare. Specie se sono animali con certe esigenze, abituati ad un certo clima.

Sulla via del ritorno della mia gita, incontro proprio degli animali che non sono di queste parti! Se prima ragionavo sull’adattamento delle nostre razze autoctone a questi sbalzi di clima (non me le vedo le nostre capre in cima agli alberi, come in Africa sulle acacie a brucare non si sa bene cosa), adesso mi domando come stiano questi camelidi (alpaca e lama) da queste parti. Il pregio del loro pelo penso derivi anche dal clima in cui vivono (sulle Ande, a quote che arrivano anche ai 5000 m).

Personalmente sono sempre un po’ perplessa quando vedo allevare animali che non appartengono alle razze locali: non che non siano belli, non che non si possano ottenere buoni risultati anche lontano dalle zone di origine, però se dovessi lanciarmi in un allevamento “di nicchia” per valorizzare un prodotto/un territorio, cercherei di puntare sulle razze autoctone, magari quelle più a rischio di estinzione. Se in un certo ambiente si è evoluta una razza, sarà quella che maggiormente riuscirà a sopravvivere anche di fronte ai mutamenti. Oppure dovremo presto passare ad altri camelidi? Quelli del deserto? Perdonatemi la provocazione… speriamo presto di vedere le montagne ricoperte di un bel manto di neve, scorta d’acqua anche per chi sta in pianura e apre il rubinetto senza porsi troppe domande.

L’acqua è già un problema

Che strano, stranissimo inverno. Nessun problema di neve, per ora, niente fango, un po’ di freddo, ma neanche eccessivo. Però il “bel” tempo ha i suoi risvolti negativi.

Quando arrivo dal gregge, il Pastore sta abbeverando le pecore. E’ costretto a farlo, altrimenti non mangerebbero più. L’erba è verde, ma non trovando acqua per dissetarsi, le pecore non pascolano come dovrebbero. Appena inizia a scaricare l’acqua nei bidoni, si ammassano le une contro le altre per venire a bere.

Per adesso si procede pascolando l’erba dei prati di pianura: si prepara il pezzo con le reti e poi si fanno entrare gli animali. Potrebbe andare peggio, potrebbe esserci la neve, oppure troppa pioggia e fango, ma questa siccità a lungo andare presenterà il suo conto. Prima o poi dovrà piovere, dovrà nevicare almeno in montagna. Anche i fossi, i torrentelli che scorrono tra le pianure in molti casi sono asciutti. Il sole che è tornato a scaldare l’aria  fa sciogliere pian piano quelli che erano ghiacciati. C’è ancora tempo per “recuperare”, ma il rischio di un’emergenza idrica è tutt’altro che remoto.

Tutti i giorni bisogna chiamare un contadino che venga a portare l’acqua. Non si può fare diversamente. Le temperature si stanno nuovamente rialzando, se solo piovesse un po’, in poco tempo ci sarebbe erba anche sotto i pioppeti. Non bisogna ancora pensare che le difficoltà che non si sono patite in inverno verranno scontate in primavera, ma un susseguirsi di mesi con condizioni meteo così strane non consente assolutamente di azzardare previsioni. E se la siccità si prolungasse? E se arrivasse una stagione delle piogge particolarmente intensa?

Anche gli animali hanno avuto comportamenti un po’ strani. Le capre per esempio: tantissimi allevatori avranno i parti molto più avanti nella stagione. Questo dovrebbe essere il momento in cui nascono i capretti, e invece solo pochissimi sono venuti alla luce in questi giorni. In certi greggi ci sono capre che sono tornate in calore anche più di una volta. Non è da escludere che il caldo anomalo della scorsa estate non abbia giocato la sua parte in tutto questo.

Pecore degli agnelli e capre sono in stalla, però grazie al bel tempo di giorno vengono messe al pascolo. Escono anche gli agnelli già più robusti, seguono le mamme nel breve spostamento verso il prato dove ci sono già le reti. Certo, il bel tempo dicono che non stufa mai, però…

Lavori in alpeggio

Non vieni a trovarci?“. Ogni tanto qualcuno mi fa questa domanda. Sarebbe bello poter andare ovunque, non aver niente da fare e girare ora qui, ora là. E’ vero che, tra il 2003-2005 ho girato moltissimi alpeggi, anche 3-4 ogni giorno, ma era per lavoro ed ero pagata per farlo. Adesso ogni tanto mi concedo una gita, un giorno per andare a far visita a qualche amico. Era proprio dal 2003, quando facevo il censimento degli alpeggi, che non salivo in questo vallone.

Nonostante sia un vallone fresco, nei versanti esposti a sud si vedono i segni della siccità e dell’andamento di questa estate. L’erba è gialla, secca, ed è stata pascolata male dagli animali, poichè è cresciuta molto ed è diventata troppo dura. Rispetto ad un tempo, mi sembra sia stata prolungata la strada che risale il vallone, poi inizia il sentiero che risale nel bosco. Si cambia versante e si incontra il primo alpeggio, adesso chiuso, nei pressi del quale vi sono alcuni asini.

Anche l’alpeggio è stato aggiustato, sono state create nuove baite e si sta ancora lavorando per finire di sistemare le altre. Qui le strutture sono private, quindi fare dei miglioramenti significa beneficiarne per tutti gli anni a venire. Al ritorno dalla gita, incontrerò anche il pastore: al mattino era andato a portare uno dei generatori a riparare, poi la sera scenderà in moto per caricarsi a spalle un boiler. Tutto quello che arriva qui è sulle spalle delle persone o della mula. Per i lavori della baita invece si è utilizzato l’elicottero, ma a quale prezzo!!

La mula adesso è in piena attività, porta terra e pietrisco dal torrente al luogo dove i muratori stanno ultimando i lavori. Sembrano scene d’altri tempi, ma laddove gli alpeggi sono ancora isolati, raggiungibili solo a piedi, questa è una realtà attuale.

Gli animali li incontriamo più a monte. Sul percorso che abbiamo scelto per la nostra gita, ci sono i pascoli dei bovini, il gregge è nell’altro vallone. Questa immagine ci mostra come i pascoli si stiano impoverendo, chiudendo per colpa dei cespugli. Credo che un tempo qui salissero più animali.

Nonostante la siccità e le alte temperature registrate nelle scorse settimane, salendo in quota si incontrano ancora queste meravigliose fioriture. Sono valloni freschi, probabilmente c’è stato anche qualche temporale, si vedono persino qua e là dei nevai in alcuni canaloni. Non che sia anomalo, a fine luglio, ma non me lo aspettavo, con il caldo che c’è stato. Quassù gli animali avranno ancora erba per pascolare in abbondanza nel mese di agosto.

Le vacche pascolano e ruminano, più tardi salirà qualcuno a prenderle per farle scendere per la mungitura. Questi sono esemplari di razza barà. Le montagne che vedete sullo sfondo, nei versanti esposti a sud, mostrano molto più evidenti i segni della siccità e della mancanza di acqua, per fortuna però nessuno (al momento) ha già dovuto abbandonare il suo alpeggio. Una frase che sento ripetere spesso è che, anche se piovesse: “…ormai per i pascoli è tardi.” Comunque, si continua ad attendere ed invocare la pioggia.

Quasi alle baite, incontriamo dei piccoli lavoratori che si sono sostituiti agli adulti nelle operazioni di trasporto. Anche il mezzo è cambiato, proporzionato alla statura degli operai. Dalla mula, si è passati al pony. Forse qualcuno avrà da obiettare a questa foto, siamo in un’epoca in cui potremmo trovare sia chi si indigna perchè si “costringe” l’animale a fare la bestia da soma… Sia perchè dei bambini stanno lavorando. Ma è questo un lavoro? O è un dare una mano, un imparare giocando, un emulare gli adulti e intanto rendersi utili?

Secondo me sono delle scene bellissime, preferisco vedere questi bambini che, con molta responsabilità e senso pratico, conducono il pony e caricano i secchi di terra, piuttosto che loro coetanei imbambolati davanti ad un apparecchio elettronico con il quale stanno “giocando”. Ovviamente questo non è sfruttamento, ma è il normale rendersi utili di tutti i membri della famiglia, così com’è sempre stato.

Due parole con il loro papà alle baite. Impossibile non notare la frase sullo schienale di una delle due panche: “L’ho messa dopo l’incidente che mi è successo qualche anno fa. Quando ti capitano certe cose, dopo rifletti sulla vita, sull’essere ancora al mondo.” E così… per tutto il resto c’è una soluzione, un qualcosa su cui tutti siamo invitati a riflettere, indipendentemente da come sia la nostra vita.

Brucia tutto…

Non sono solo gli incendi a “bruciare”. Lo scorso anno ci si lamentava per la non-estate: la troppa pioggia, il freddo, le condizioni di vita/lavoro negli alpeggi, le difficoltà nel fare il fieno. Bene o male però, tribolando, la stagione in alpeggio tutti l’avevano portata a termine. Quest’anno invece la situazione è ben più grave. Sta “bruciando” tutto: il sole cocente, il vento, la siccità influiscono pesantemente.

La cosa che preoccupa di più probabilmente è l’acqua. Fino a qualche settimana fa, prima dell’inizio del grande caldo, ruscelli, torrenti, pozze d’acqua, fontane, laghi erano colmi, gorgogliavano, davano un senso di vita tutt’intorno. Quando però iniziano ad inaridirsi, quando tra le rocce non scorre più niente, quando il fango si secca e la terra si screpola, c’è da preoccuparsi. Senz’acqua, avvizzisce la vegetazione, ma sono soprattutto gli animali che, senz’acqua, non possono stare.

Sole e vento inizialmente hanno fatto felici tutti coloro che dovevano tagliare il fieno. In pianura è andato bene il primo taglio, ancor meglio il secondo. In montagna si è fatto un buon fieno, anche se qualcuno parlava di “erba dura”, grazie alla strana stagione con alternanza di periodi caldi in modo anomalo e brusche interruzioni.

Dove non si può bagnare, sarà dura fare altri tagli, se va avanti così. E poi… bagnare con cosa? Qua e là ruscelli e torrenti calano drasticamente di livello. Sole e caldo in pianura portano benefici agli operatori del turismo di montagna, che vedono arrivare la folla di cittadini in fuga, alla ricerca di refrigerio, ma a lungo andare questo caldo eccezionale, unito alla siccità, sarà un problema per molti.

Giorno dopo giorno, l’erba dei pascoli sta seccando prima ancora dell’arrivo degli animali, alle quote più elevate. Guardate questo pianoro, in un luogo sicuramente fresco e ricco di acqua: lì vicino scorre un torrente impetuoso, gonfio di acqua lattiginosa che scende dai ghiacciai, ma appena ci si sposta un po’ ecco chiazze giallo-rossastre di erba che sta seccando, fiori che si accartocciano, steli che si induriscono.

Dove c’è poco suolo, rocce e ghiaia superficiali, l’erba man mano secca. Quando gli animali arriveranno qui, se non pioverà prima, non troveranno un buon pascolo. Ma almeno ci sarà il torrente che scorre nel mezzo del pianoro. Dove manca l’acqua, la situazione è ancora più critica. Sole, caldo, erba cattiva, cala anche la produzione del latte, gli animali pascolano male, mangiano meno.

Alle quote inferiori, si finisce l’erba che c’è ancora. Anche qui sta venendo sempre più dura e chiazze ingiallite emergono qua e là. Dovrebbe poi piovere, affinchè l’erba ricresca e ci sia la possibilità di pascolare una seconda volta quando gli animali scenderanno dagli alpeggi più alti.

Qui il gregge è già al secondo passaggio: le pecore erano salite presto, nella seconda metà di maggio, prendendo addirittura qualche fiocco di neve durante una nevicata tardiva, però avevano mangiato bene la prima erba. Adesso però ciò che è ricresciuto nel frattempo, ingiallisce e viene pascolato malamente, eppure bisogna mangiarlo, altrimenti a fine stagione sarà peggio ancora. E poi… basterà l’erba per arrivare a fine stagione, se l’estate prosegue così?

Questa è una veduta di alcuni pascoli della Val Chisone, in una zona notoriamente secca ed assolata: si vedono le chiazze verdi dove le mandrie hanno pascolato ad inizio stagione, ma tutt’intorno è giallo. “Se va avanti così, presto avremo problemi a far bere gli animali…“, mi dice un pastore. Senz’acqua, senza erba, ci sarà chi dovrà scendere prima dagli alpeggi? Ricordo, nel 2005, di aver incontrato una triste transumanza a fine agosto, forse primi di settembre, una mandria che scendeva tra la polvere, senza nemmeno i campanacci, con tutt’intorno pascoli gialli e riarsi.

Siccità, pioggia, neve…

Venerdì mattina, alle prime luci dell’alba, in un cielo finalmente nuvoloso, solcato da fulmini, ho attraversato una pianura ancora riarsa, dove dominavano colori spenti: il giallo, il marrone, ma non quelli vivaci dell’autunno, quelli impolverati della siccità. Niente verde nelle stoppie, mais secco in piedi, prati sfalciati dove non era ricresciuto nulla, incolti poco appetibili, fiumi in secca, le cui sponde non avevano vegetazione erbacea fresca, verde. Al ritorno già qualcosa era cambiato, dopo soli due giorni. Stava tornando il verde, favorito dalle piogge e dalla terra ancora calda. Adesso in pianura l’erba crescerà, ma…

Foto: Silvio Acchiardi

Intanto in montagna ha nevicato. In queste foto dell’amico Silvio (prese da Facebook), possiamo farci un’idea di cos’è successo in questo fine settimana in Valle Maira (CN) e nelle altre vallate dove le precipitazioni nevose sono cadute abbondanti.

Foto: Silvio Acchiardi

Qualcuno è dovuto scendere, specialmente con le vacche, complice anche la precedente siccità e la carenza di erba che già faceva pensare di anticipare il rientro in pianura. Altri sono rimasti, confidando nel previsto rialzo delle temperature, che sta trasformando la neve in pioggia e farà sciogliere quella caduta a terra.

Comunque sia, anche se tornerà l’estate, come dicono (d’altra parte siamo ad inizio settembre!!), ormai i versanti hanno cambiato colore. Anche laddove l’erba c’era, con la pioggia e la neve gli animali ne sprecano di più, calpestandola e sporcandola con gli zoccoli. Poi l’erba vecchia marcirà e chissà se si farà ancora in tempo a pascolare una ricrescita che fino ad ora non c’era stata?

Chi ormai è sceso, si preoccupa di quello che (non) c’è in pianura. Durante la mia breve permanenza in Trentino, ne ho approfittato per incontrare un pastore che doveva essere nel comune che mi ospitava, ma per la carenza d’acqua era ormai sceso in pianura sul versante veneto, in periferia di Schio (VI). Proprio quel mattino, prima dell’alba, aveva attraversato la cittadina. “Non ce l’ho fatta in tempo ad avvisare, qui di solito funziona così, avviso il Comune quando passo e loro, per quella volta, cambiano il giorno di pulizia strade. Ma quest’anno è andata così, tutto di corsa, non sono mai arrivato qui al primo di settembre! Adesso piove, le strade si puliscono da sole…“.

Piove anche sulle montagne che avevano ospitato il gregge d’estate. Montagne meno alte di quelle frequentate dai pastori piemontesi, montagne che comunque non ti consentono di rimanere in quota fino ad ottobre. “C’è stata tutta una serie di problemi, ho anche dovuto dividere il gregge e mandarne metà da un’altra parte. Qui avevo affittato diverse malghe, tutta roba piccola, lunghi spostamenti da fare tra una e l’altra, ma il problema principale era che mancava l’acqua. Mi sarei messo a posto io le vasche e tutto, ma il Comune dice che è un’opera edilizia e servono i permessi, così le mie pecore non potevano più bere. Con un’erba dura e secca come c’era quest’anno…“.

Si lamenta per lo stato degli animali, che hanno patito tutti i problemi che ci sono stati in montagna, dalla salita tardiva alla carenza d’acqua. Parla a lungo, questo giovane che racconta di come abbia iniziato a fare il pastore ad otto anni di età. Pur nella sua ancor breve carriera, di difficoltà ha dovuto affrontarne molte. Certi discorsi sono quelli di sempre, gli spazi di pascolo che si riducono, la tolleranza sempre minore nei confronti della pastorizia, certi “colleghi” che si comportano scorrettamente, rovinando il nome della categoria e facendo sì che sia sempre più complesso praticare il pascolo vagante.

Qui sembra verde, ma Cristian afferma che è una delle poche belle stoppie che ha visto. “Stamattina ho portato a casa delle pecore che avevano partorito e ne ho approfittato per vedere dove spostarmi. Non c’è niente! In certi posti l’erba non è venuta, in molti altri il sorgo è ancora tutto da tagliare. Non sono mai sceso così presto, nemmeno nel 2003 quando c’era stata quella siccità. Ma anche allora, nonostante tutto, nelle stoppie c’era tutto questo sorgo selvatico bello verde e lo mangiavano bene. Quest’anno niente.” Da un lato all’altro dell’Italia le storie di pascolo vagante rimbalzano, spesso molto simili tra di loro…

Troppo tardi?

Piove, finalmente! Ce n’era disperatamente bisogno, in un attimo tutto sembra riprender vita, nel mio cortile l’erba è già più verde e le piante stremate del bosco hanno già ripreso vigore. Le previsioni danno qualche giorno di pioggia ed immagino già di sentire quelli che se ne lamenteranno perchè rovinerà loro il weekend.

E’ comodo aprire il rubinetto e vedere sempre e comunque scendere l’acqua… Ma in certi alpeggi già non succedeva più, ammesso che vi fosse l’acqua interna nelle baite. Se qui in pianura questa pioggia è una benedizione per molti, forse in alpeggio è ormai troppo tardi. Dove l’erba è così gialla, dov’è seccata in piedi, dov’è stata brucata rasoterra, ormai non ricrescerà più per allungare la stagione in alpe. E dove rimaneva da pascolare qualcosa, con la pioggia il rischio è che gli animali la calpestino, sprecandola. A certe quote c’è addirittura il rischio che nevichi! Insomma, questa pioggia ci voleva e non ci voleva insieme. Si prende quel che viene e si va avanti, sperando che l’autunno e l’inverno siano meglio dell’estate.

Un’estate torrida nella seconda metà di agosto, che sembrava ancora più calda a chi, come me, era scesa dall’alpe per ritrovarsi nel caldo e nell’afa. Una volta tornata in quota, si capiva però che qualcosa stava cambiando. Faceva sì ancora caldo, ma l’aria era diversa e poco per volta si respiravano sensazioni d’autunno. In cielo si vedevano già alcune nuvole, ma erano leggere e sospinte dal vento.

Il caldo residuo della pianura inviava verso le montagne la nebbia, che a poco a poco saliva lungo la valle, a volte più fitta, altre disperdendosi dopo pochi istanti. Nell’isolamento dell’alpe, dove non c’è la TV, i cellulari non hanno campo ed ovviamente non c’è internet, non si conoscono le previsioni del tempo, se non per quello che si era visto on-line prima di salire.

Verso sera la nebbia si fa più fitta e ci si domanda se addirittura non ci saranno le nuvole a coprire le cime, quando si dissolverà. Invece no, la notte avrà un cielo stellato ed una luna crescente sempre più grossa, ad illuminare il cammino di ritorno verso le baite a fine giornata.

Altro che pioggia, era arrivato il vento, due giornate di cielo terso con una visibilità che spaziava tra le valli e la pianura, inaridendo sempre di più il terreno. I pastori non si preoccupavano tanto del poi, dell’autunno, quanto di quello che succedeva lì in quel momento. Il domani si sarebbe visto successivamente, nel bene e nel male.

Dopo il vento, una giornata che veramente parlava d’autunno, con velature più o meno consistenti ad attraversare il cielo, un sole caldo, ma non fastidioso, raggi radenti e quella pace che solo le giornate di settembre possono avere. La sensazione ondeggiava tra la serenità e la malinconia. “Una giornata di quelle giuste per scendere…“, cioè uno di quei giorni adatti per la transumanza, perchè non ti dispiace lasciare la montagna. Non fa caldo, non fa freddo, non c’è un sole brillante, ma nemmeno piove…

Poi nel pomeriggio aveva vinto la malinconia, con quella cappa di nuvole che si era posata su tutto il paesaggio. Faceva anche freddo, tutto era immobile, sembrava una di quelle giornate che preludono alla neve. Gli animali pascolavano fermi, sia le pecore, sia le vacche sul versante di fronte. Le capre si battevano improvvisando scontri incruenti, gli agnelli nati la settimana prima correvano e saltavano improvvisando buffi balletti. L’estate è finita, quello che verrà dopo a queste quote ormai sarà autunno. Ci potranno essere giornate calde ed assolate, ma sarà un’altra cosa.