Qui in montagna il tempo di matterie ne ha sempre fatte

Alla gente piace parlare del tempo, argomento “neutro” che va sempre bene sia tra amici, sia tra conoscenti che devono trovare qualcosa di cui discorrere senza troppo impegno. Ma se pratichi un mestiere che dipende fortemente dalle condizioni meteo, allora il tempo assume un’importanza maggiore.

A dispetto di chi mesi fa con troppo anticipo preannunciava estati torride (che probabilmente si sono avute altrove, abbiamo la tendenza a vedere solo ciò che accade sotto il nostro naso), qui la “bella stagione” si è presentata con una faccia molto diversa dal solito. Altro che la siccità, il tutto secco e “bruciato” degli anni scorsi! A metà agosto i pascoli di alta montagna sono ancora così, verdi e coperti di fiori, complici le precipitazioni abbondanti e le temperature non troppo elevate. Eppure c’è già chi dice che la stagione è “alla fine”. Siamo pur sempre in agosto, nel mese di settembre molti lasceranno l’alpe, solo qualcuno resterà fino ad ottobre. C’è chi già teme la neve, che potrebbe arrivare se le temperature manterranno la tendenza attuale.

Mentre in molti si lasciano influenzare da fantasiose teorie che chiamano in causa mille fattori per “dimostrare” queste stranezze del clima, chi lavora in montagna, lontano da internet, dalla televisione e spesso anche dalla radio, si rimbocca le maniche e continua le sue attività come sempre. Si fatica un po’ meno quando c’è il sole, un po’ di più quando invece piove, grandina, c’è la nebbia o il vento gelido.

D’altra parte si diceva da tempo che l’inquinamento avrebbe contribuito a modificare il clima… E, sempre solo in Italia, se a qualcuno gelano le mani mentre si munge, magari altri soffrono il caldo in qualche regione più a sud. Vi invito a leggere un articolo scientifico dove viene analizzata la situazione dello scorso mese di luglio: come vedrete, a parte il caldo eccezionale degli ultimi anni, già solo 100 anni fa le temperature medie erano ben più basse.

Al mattino c’è già la brina a 2000 metri. Però chi vive e lavora in montagna non se ne stupisce più di tanto. Più che altro si preoccupa per l’erba che potrebbe patirne, fa i calcoli di quanto gli resta da pascolare, alza le spalle quando qualcuno gli parla di neve. Van bene le previsioni meteo, ma una volta tutti se la sono sempre cavata anche senza internet. Se al mattino era tutto bianco, si partiva e si scendeva. Oggi sembra tutto così immensamente complicato, proprio quando ci sono tante comodità in più.

Una delle pietre che costituiscono le mura di queste baite porta la data 1688. Il pastore me la mostra e io come sempre penso a come fosse la vita qui quando quelle pietre sono state poste le une sulle altre. Oggi si sono aggiunte tante comodità, anche se per la gran parte delle persone quassù si conduce una vita sicuramente spartana e priva della gran parte di ciò che oggigiorno molti ritengono indispensabile.

Fa freddo anche se c’è il sole. I ghiacciai sullo sfondo ben si intonano alle temperature. Siamo solo a duemila metri, eravamo abituati a stare in maglietta, nelle scorse estati, ma proprio i segni lasciati dal ghiacciaio nel suo ritirarsi anche troppo veloce ci fanno capire come forse non sia poi così strana quella che oggi ci pare un’estate anomala. “Su di qua di matterie il tempo ne ha sempre fatte… Forse è in pianura che quest’anno è stato peggio del solito. A volte qui non era poi nemmeno così brutto, mentre era giù che pioveva tanto. Quest’inverno ha nevicato parecchio, ma nel 2008-2009 ne era venuta ancora di più.” I pastori sono abituati a prendere quello che viene senza troppe discussioni. Adesso l’importante è sfamare gli animali giorno per giorno. Se arriverà la neve, si vedrà il da farsi. Per adesso di erba ce n’è.

Essere in alpe con questo tempo

Negli ultimi giorni, almeno qui in Piemonte, le cose sono un po’ migliorate, per quello che riguarda il meteo. Ieri tanti sono riusciti finalmente ad imballare un po’ di fieno e portarlo in cascina. Le previsioni però parlano di una parentesi di stabilità seguita da nuovi temporali, peggioramento esteso e calo delle temperature (da nimbus.it).

Si sente tanto parlare di maltempo, ma volevo provare a spiegare cosa significhi maltempo in alpeggio. Ci sono le giornate di pioggia battente e quelle di nebbia, pioggerella e umidità. La prima può anche essere pericolosa, con i torrenti che si ingrossano, addirittura frane, strade erose dall’acqua. Invece quando è “solo” una pioggia intermittente accompagnata da nebbia, ti inzuppi anche con l’ombrello. Tutto è bagnato, l’erba ed i rami. L’umidità filtra ovunque, risale. E sudi sotto le giacche e sovrapantaloni, se ti devi muovere. Ovviamente devi camminare, per andare al pascolo, per tirare fili, posizionare le reti del recinto. Devi stare all’aperto per sorvegliare gli animali, per mungerli (se non c’è la stalla).

Camminare nell’erba vuol dire bagnarsi. E’ difficile (e anche pericoloso) andare al pascolo con gli stivali. Gli scarponi a lungo andare non tengono. Inoltre, con un tempo del genere, è persino difficile farli asciugare, da un giorno all’altro. L’umidità si posa sui capelli, sui vestiti. L’umidità risale lungo la stoffa dei pantaloni. Stare al pascolo dal mattino fino alla sera tardi è interminabile, in giornate così. Pensate poi quando le giornate si susseguono per settimane, come quest’anno. Umido e freddo, un freddo che non senti camminando, ma che ti assale quando ti fermi, anche perchè sei sia sudato, sia con scarpe e vestiti bagnati.

Avercelo, un alpeggio così dove potersi ritirare, accendere la stufa, mangiare qualcosa di caldo, far asciugare abiti e calzature! Un’amica l’altro giorno mi diceva: “Noi triboliamo, ma penso ai pastori, tutto il giorno fuori con le pecore… Quando arrivano alla baita devono ancora farsi tutto, se sono da soli.” E quei pastori che hanno baite dove non puoi nemmeno accendere un fuoco? E come fare per lavare/asciugare gli indumenti, se non c’è qualcuno che li porta a valle?  Sarà anche per questo che sto ricevendo, rispetto al solito, molti meno annunci da pubblicare sulla pagina del “lavoro in alpeggio”?

Gli animali pascolano, basta che ci sia da mangiare. Rispetto alle giornate di sole, sprecano più erba quando questa è bagnata, ma per il resto sicuramente è più l’uomo a patire il maltempo. Comunque, per la produzione di latte, pioggia e freddo influiscono e il livello nelle caldaie scende, nonostante i pascoli in fiore e l’erba buona.

Non manca l’acqua, quest’anno. Ogni tanto, con le piogge più violente, è fin un problema attraversare torrenti ed impluvi, ma non si fatica ad abbeverare gli animali… che però quasi non ne hanno bisogno, mangiando erba fresca, spesso addirittura bagnata. Ogni tanto, anche sui pascoli di montagna, sono cadute violente grandinate, che hanno danneggiato l’erba (oltre ad aver contribuito ad abbassare ulteriormente le temperature).

Il fascino della montagna c’è anche in giornate del genere, ma… lo ripeto ancora una volta, è diverso essere lì per una gita o lavorarci per sette giorni la settimana. In certi momenti non puoi nemmeno aprire l’ombrello, se hai le mani impegnate a fare altro (per esempio, mungere). Poi la nebbia (o nuvole “basse”) ti impediscono di vedere gli animali che stai sorvegliando, se sono tutti lì o se si sono divisi e allontanati. Quando ti fermi a mangiare, il più delle volte si tratta di roba fredda, e dopo mangiato la digestione ti porta ad avere ancora più freddo. Non puoi stenderti a riposare, al massimo ti accucci sotto qualche riparo roccioso dove, se sei stato previdente, hai accumulato un po’ di legna più o meno secca per accendere un fuoco. Spero di essere riuscita a rendere almeno un po’ l’idea di cosa voglia dire quest’estate in alpeggio…

Star bene dentro o fuori?

Dopo l’inverno mite, ecco un inizio di primavera decisamente incerto. E pensare che, gli anni passati, solo adesso si iniziava a tirare il fiato, sapendo che d’ora in avanti non ci sarebbero più stati problemi di erba…

Quest’anno invece l’erba “è già vecchia”. Mette la spiga, gli animali non la brucano più tanto volentieri e “non puliscono bene” i prati. Però meglio così che non avere l’ansia di non sapere dove portare al pascolo il gregge! Clima mite, piante in fiore, sembrava proprio che la primavera iniziasse in anticipo e nel migliore dei modi.

Quando però ormai il calendario aveva appena superato il 21 marzo, ecco un’aria gelida, nuvole pesanti e cupe, vento, pioggia ed un improvviso scoppio di tuono. Un temporale in piena regola, con raffiche di acqua a cui, improvvisamente, si sostituisce la grandine. Lunghi, interminabili minuti di chicchi grossi anche come nocciole che si abbattevano sugli albicocchi in fiore, sui giardini, sui prati e sugli orti. Che cambiamento di panorama (e di temperatura) dopo!

C’è di nuovo bisogno del maglione, dopo. E si sospende l’idea di proseguire la tosatura, poichè adesso la lana non è più un fastidio, sul dorso delle pecore. Non è facile indovinare il giusto momento per quest’attività. La stagione è quella giusta, ma va a finire che, se tosi a marzo, poi piove. Se aspetti aprile, piove e fa freddo lo stesso…

Chi ha gradito gli accumuli di grandine (che in certi luoghi sono rimasti fino a due giorni dopo il temporale) è stata ad esempio Mirka. Con buona pace degli animalisti, di chi vede ad ogni costo il “maltrattamento degli animali”… Eccola che, in una giornata fredda e ventosa, scava ben bene nel mucchietto di ghiaccio e ci si corica con grande soddisfazione.

Marzo pazzerello, e così ecco anche il ritorno del sole, insieme all’aria frizzante e al cielo limpido. Ogni tanto c’è qualcuno che chiede se gli animali non patiscono, a star fuori. Ma possibile che il dentro-fuori sia l’unico parametro di benessere per l’uomo moderno? Un essere vivente che associa al “fuori” il malessere, il disagio. Chi cerca la vita all’aria aperta è uno “strano”, un alternativo. Così non ci rendiamo conto che gli animali, specie quelli autoctoni, sono fatti per vivere all’aperto nel clima del posto.

Così la gente ti chiede dove le porti, quando incontra il gregge lungo la strada. Ti guardano un po’ strano quando rispondi: “A pascolare!“, come se quella fosse l’ultima delle cose che pensava di sentire in qualità di destinazione. Ci sono dei momenti in cui mi sento un po’ un alieno a camminare alla testa di un gregge lungo una strada! E’ proprio vero che dovresti sempre stare il più lontano possibile dal resto del mondo, perchè nella nostra società sembra che si capisca sempre meno tutto ciò che riguarda la terra, l’agricoltura, l’allevamento.

Quando piove, sono “poverine” le pecore, non il pastore che le guida e magari salta persino il pranzo per far pascolare loro. Solo ieri un signore, affondando la mano nel vello, esclama: “Adesso ho capito perchè non patiscono sotto la pioggia o la neve!“.  Toccare per credere…

Viene voglia di non vedere più nessuno, di non dover far sempre le stesse parole. Ti stufi a dover spiegare le stesse cose giorno dopo giorno, specialmente quando vedi che la gente non vuole capire e se ne va con la sua idea in testa. Quelli che stanno “dentro”, ti dicono che è rilassante vedere fuori il tuo gregge al pascolo e ti invidiano. Tu a volte daresti non so cosa per fermarti un paio d’ore a riposare, perchè la pastorizia non è affatto rilassante, quando la pratichi e non solo quando la guardi.

Per non parlare poi di quando, per far sì che le pecore mangino abbastanza, decidi di spostarle ancora quando è ormai sera. Loro sono soddisfatte, tu concludi la tua giornata ancora più tardi, la sera. Le pecore stanno bene quando hanno mangiato a sazietà. Fuori brucano liberamente anche sotto la pioggia, dentro attendono che qualcuno venga a riempire la mangiatoia…

Autunno anticipato

Il calendario ufficialmente non dice ancora che è autunno, ma su in alpe l’estate è finita ormai da qualche tempo. Nelle ultime settimane, alle giornate di nebbia si è aggiunto altro, per esempio un freddo intenso che, al mattino, regalava brinate e primi candelotti di ghiaccio dove l’acqua cola lungo le rocce.

Ogni tanto alla nebbia si univa la pioggia, poi c’erano giornate dal cielo velato ed aria decisamente fredda anche di giorno. La costante di quest’anno è stata avere il vento dopo ad ogni giorno di pioggia, così da vanificare gli effetti benefici della perturbazione. Giorno per giorno l’erba diventa sempre meno verde.

In questa stagione basta poco per far cambiare faccia alla montagna. Nel giro di una settimana i colori mutano drasticamente. Qualcuno è già sceso, altri lo stanno facendo, altri ancora sanno che non potranno comunque resistere a lungo ed iniziano a fare progetti guardando il calendario, anche se però la neve, che potrebbe cadere da un momento all’altro, potrebbe vanificare in poche ore quanto programmato.

Certi giorni sembra che debba far bello, poi all’improvviso, guardando verso le creste lontane, sembra di veder cambiare qualcosa nell’aria. All’inizio è quasi un miraggio, un grigiore come di una nuvola di fumo che appanna la vista. Qui c’è ancora il sole, non fa caldo, ma si pranza godendosi il timido tepore. Il grigio avanza, guadagna una cresta e poi l’altra, l’aria cambia e ci si prepara alla fuga, dopo essersi vestiti adeguatamente. Il tempo di raggiungere una balma sotto le rocce e la perturbazione ci raggiunge. Non è neve, come si temeva, ma una gelida pioggia finissima che dura per qualche decina di minuti, forse più.

Pioverà ancora più tardi, con maggiore intensità. E dopo, la sera, arriverà il vento. Un vento fortissimo, a raffiche, che scuoterà i muri delle baite, si infilerà sotto i tetti in lamiera, facendoli tremare ed impedendo il meritato riposo. Al mattino ci sarà ancora, accompagnato da un cielo velato e temperature rigide. Salendo verso il recinto i colori saranno sempre più autunnali e ci si aspetta, presto, di vedere anche i larici ingialliti.

Su di qua non arrivano le previsioni meteo, ma il barometro naturale delle carline annuncia bel tempo. Il vento è un po’ meno forte, le raffiche sono state sostituite da un vento più normale, che concede anche momenti di tregua, ma occorre avere un abbigliamento adeguato per restare fermi a sorvegliare il gregge. Anche quando si cammina comunque non ci si scopre più di tanto.

Sono giorni in cui i pastori sono totalmente soli, in montagna. E’ sempre più raro veder passare degli escursionisti ed anche lungo le strade di valle il traffico è diminuito, si incontra solo più chi da queste parti abita o lavora. Sarebbe il periodo più tranquillo, più rilassante, ma il meteo preoccupa, perchè con questo freddo si teme che possa venire a nevicare.

Nella notte di nuovo raffiche fortissime ed al mattino, insieme ad un’alba multicolore, nell’aria vi sono minuscole goccioline di pioggia. Improvvisamente le temperature si sono un po’ rialzate, ma il pastore è inquieto. Scesa a valle però posso controllare le previsioni, che annunciano bel tempo e “tepore settembrino”. Bene, allora potremo sperare di concludere tranquillamente la stagione, anche se vento e freddo hanno rovinato l’erba e fatto diventare piccoli i ruscelli.

Neanche tanto lentamente

Ancora qui a parlare del tempo, ma d’altra parte è questo il fenomeno che condiziona maggiormente il lavoro del pastore. Per il resto, ormai ben sapete che la routine quotidiana non presenta grandi variazioni. Le giornate sono lunghe, solo che ora iniziano prima del sorgere del sole e finiscono di notte, per effetto della diminuzione delle ore di luce.

C’è ancora stato qualche giorno un po’ più estivo, con sole e temperature gradevoli, ma l’aria s’era ormai fatta più fine e bastava poco per dover indossare una camicia sopra alla maglietta. In montagna le stagioni iniziano e terminano all’improvviso, tutti sanno che, dopo la metà di agosto, ci si può aspettare ogni cosa, anche la neve.

Quest’anno spesso le giornate sono iniziate con il sole e l’aria limpida, ma prima ancora di arrivare sul pascolo già c’erano nebbie e nuvole in agguato. A pensarci ora, i giorni in cui davvero si è patito il caldo sono stati pochi e paiono già lontanissimi i momenti in cui il sole scottava e si sognava un po’ di refrigerio, peraltro sempre ottenuto la sera, grazie a temperature fresche e gradevoli.

Era bastato qualche giorno di aria più fredda per veder mutare i colori, con la comparsa delle prime tonalità che annunciano l’autunno. Se, giù per la valle, ci sono foglie che cadono ed erbe ingiallite per effetto della siccità nelle zone più rocciose, qui il verde predomina ancora, ma poco per volta i pascoli stanno comunque cambiando faccia.

Molte giornate sono all’insegna della nebbia, che spesso arriva nella tarda mattinata e, a volte, si prolunga fino a sera. Più o meno fitta, più o meno umida, ma subito non ancora così fredda. Da una settimana all’altra però le cose cambieranno drasticamente.

Magari è un giorno come tanti, all’inizio ancora estivo, soleggiato, caldo, persino afoso in pianura. Poi, la sera, lassù sui monti passa un temporale che si allontana continuando a brontolare rumorosamente verso il fondovalle. In seguito arriveranno le notizie degli effetti che questo avrà portato in città, ma in alpeggio la conseguenza immediata sarà un brusco cambiamento delle temperature.

Come spesso accade, dopo simili fenomeni violenti, a seguire si ha almeno una giornata di bel cielo sereno e luminoso. Però il caldo non è più insopportabile, anche con il sole indossi qualche capo di vestiario in più e, nello zaino, meglio avere tutto il necessario per coprirsi, compresi anche i guanti ed il berretto.

Capita davvero di rado, in questo periodo, di riuscire a pascolare comodamente il gregge da mattina a sera, senza problemi di scarsa visibilità. La stagione ormai è da considerarsi alla fine, per qualcuno la permanenza in alpe sarà ormai di durata inferiore al mese. Per altri, soprattutto i pastori, si conta di rimanere in quota ancora più a lungo, ma ovviamente sarà sempre il tempo a dettar legge. La speranza è di avere un buon autunno, con un tempo accettabile…

L’autunno può anche essere migliore dell’estate, magari tiepido, sereno, senza troppa nebbia. Questa fine estate invece è di tutt’altro tipo, quando arriva la nebbia fa anche parecchio freddo, forse proprio per quello allora ci si auspica una fine di stagione migliore, una specie di contrappasso. Lo so, l’autunno ufficialmente deve ancora arrivare, ma a queste quote si ragiona diversamente e il mese di settembre praticamente lo si considera già autunno a tutti gli effetti.

La fine di agosto sembra avere ben poco di estivo. Certi giorni parti con il cielo incerto e l’aria fredda, poi già a metà mattina inizia a piovere. Non tanto tempo prima si considerava come quest’anno (a parte la primavera che ben ricorderete e le prime settimane in alpe) la neve non si fosse ancora fatta vedere nemmeno sulle punte. Ebbene, non c’era da aspettare oltre!

Quel giorno infatti è stato un susseguirsi di piogge, acquazzoni con qualche granello di grandine, poi arcobaleni e persino un po’ di sole. Tempo instabile, insomma, durante il quale il gregge continuava a pascolare, salvo interrompersi nei momenti di particolare violenza delle precipitazioni.

Per esempio quando, nella seconda parte del pomeriggio, per qualche decina di minuti la grandine ha tamburellato sulla schiena delle pecore e sugli ombrelli dei pastori. Chicchi piccoli, ma insistenti, che hanno coperto e schiacciato l’erba, rendendo scivolosi i pendii e abbassando ulteriormente la temperatura. Il temporale poi è proseguito con pioggia e violenti colpi di tuono.

Alle quote maggiori però si intuiva un grigiore diverso. Quella non era più pioggia, quella era la prima neve di questa fine estate, che forse salutava la partenza di un amico che aveva trascorso diverse settimane in alpe e rimpiangeva di non aver visto le cime imbiancate. Se solo avesse aspettato un giorno in più, il suo desiderio sarebbe stato esaudito!

Pieno regionale per la difesa dai canidi e solite storie sul meteo

Anche quest’anno la Regione Piemonte interviene a sostegno degli allevatori con un contributo che venga incontro a chi sostiene delle spese per adottare i mezzi di prevenzione e difesa dagli attacchi da canidi. Il bando si è appena aperto, non ho trovato i documenti da scaricare su internet, ma tutti i pastori interessati devono rivolgersi agli uffici della Comunità Montana per compilare e presentare la domanda. Attenzione, la scadenza è fissata per il 1 luglio 2013!! (NB: Segnalazioni successive indicano come sede adatta quella dei CAA, dove alla domanda è possibile allegare direttamente tutta la documentazione necessaria, cosa che non sempre è in possesso delle Comunità Montane).

Il finanziamento verrà erogato sulla base di un punteggio che tiene conto della presenza dei cani da guardiania (massimo per chi ha 1 cane ogni 150 capi ovicaprini), della consistenza del gregge, dell’utilizzo di reti per il confinamento notturno degli animali, della presenza continua del pastore durante le ore di pascolo in alpe.

Comunque sia, aiuti o non aiuti, orsi, lupi e linci presenti o assenti, in alpe adesso si continua ad avere a che fare con il maltempo. Poco per volta i pastori salgono, ma alla spicciolata e tanti attendono ancora. In quota l’erba è bassa, se hai pochi animali allora magari vai già su per dare una pulita generale, mangiare quelle erbe che altrimenti diventano dure e di conseguenza vengono rifiutate dal gregge (o dalla mandria). Ma quando i capi sono numerosi, salire troppo presto significa pascolare in pochi giorni l’erba di un mese. E dopo??

Le temperature iniziano pian piano ad alzarsi (anche se basta l’ennesima grandinata per riportare il freddo) e così su certe montagne compare l’odiata nebbia. Magari in pianura finalmente c’è chi riesce a tagliare, far asciugare ed imballare il fieno, ma lassù la nebbia inizia ad incombere, nascondendo tutto alla vista. Per adesso si pascola al limitare di quella quota alla quale si “ferma” la cortina umida ed avvolgente, ma prima o poi ci sarà da passare ore ed ore lì in mezzo.

La neve delle ultime nevicate se n’è andata tutta ed anche le grosse slavine che ostruivano il sentiero poco a poco si ritirano. Lo scioglimento è lento, d’altra parte servirebbe il sole per accelerare il processo! E’ un rischio quando gli animali passano sopra alla neve, questa potrebbe crollare, facendoli precipitare nel torrente sottostante. Per fortuna questa slavina non dovrebbe più durare a lungo, nel giro di pochi giorni dovrebbe andarsene completamente.

Da qualche tempo comunque le giornate iniziano con un po’ di sole, poi viene la nebbia e nel pomeriggio si mette a piovere. Solitamente sono temporali, più o meno intensi. Quando parti, devi sempre avere con te l’ombrello, giacca e sovrapantaloni, sei sicuro che, prima di sera, torneranno utili! Però è meglio non lasciare mai a casa nemmeno un maglione, il berretto e molte volte rimpiangi di non avere un paio di guanti.

Quando una montagna la frequenti da anni, quando hai iniziato a venir qui da bambino, conosci tutto e sai dove andare in caso di pioggia intensa. Come le capre cercano le rocce per ripararsi, così il pastore ed i suoi cani. Il tetto naturale, fin quando non inizia a colare acqua lungo la pietra (ma in quel caso la precipitazione dev’essere davvero abbondante e prolungata) offre un buon riparo dove accoccolarsi. A star fermi a volte il freddo peggiora, ma per fortuna quella volta il temporale è stato abbastanza rapido. Appena smesso di piovere, bisogna riscuotersi dal torpore e ripartire veloci, perchè le pecore si sono messe in cammino. Ci sono quelle che già scendono e altre invece sono andate su, verso le rocce, verso la nebbia.

La lenta avanzata del verde

Quest’anno sto vivendo la stagione d’alpeggio quasi a tempo pieno, con una sola discesa settimanale per fare la spesa ed occuparmi un po’ delle varie questioni dell’azienda e personali. Molti di questi post vengono scritti la sera, in alpeggio, mentre la cena cuoce ed i pastori ancora non sono rientrati, poi li assemblo e li pubblico quando riesco a rientrare a casa e sedermi davanti ad un computer con la connessione internet. Sono quindi partita da “giù” quando la primavera bussava molto timidamente, per arrivare “su” con temperature rigide, pioggia, neve, grandine, brina. L’ultima mia risalita mi ha vista incontrare lungo la strada mucchietti di grandine e vedere la montagna ancora una volta imbiancata.

Poi però, per fortuna, il sole ha ricominciato a farsi vedere. In quota, la neve e la grandine scioglievano molto lentamente, l’aria restava fredda, tagliente. Vedere il cielo blu era comunque già un incoraggiamento alla giornata da trascorrere al pascolo. Nello zaino comunque si metteva sempre la cerata per la pioggia e si indugiava sulla necessità di portarsi dietro l’ombrello. Bastava poco perchè ricominciasse a piovere!

Si stava ormai finendo di pascolare i “prati”, quegli appezzamenti privati nella parte bassa dell’alpeggio, quelle zone dove, un tempo, si tagliava il fieno. Erano anni in cui la gente qui viveva tutto l’anno. Oggi invece è tutto territorio da pascolare a mano a mano che si sale verso la montagna.

Dopo bisognava andare in su, verso le creste, dove il verde faceva la sua comparsa a fatica. Mentre eri al pascolo, vedevi e sentivi poco a poco la montagna che si popolava. Alla spicciolata, anche altri pastori salivano agli alpeggi, chi per trascorrervi l’intera stagione, chi per condurre i suoi animali “in guardia” ad un pastore.

A volte il cammino di queste transumanze è lungo, tra sentieri e mulattiere, di valle in valle, ed interseca la zona di pascolo di altri pastori. Ci si vede da lontano, si girano gli animali in modo che non accadano incidenti, poi ci si ferma un attimo, per scambiare un saluto, quattro chiacchiere, due considerazioni sulla strana stagione. D’ora in poi però l’erba dovrebbe crescere…

Già, dovrebbe, perchè per il momento è ancora ben poca. Una tenue colorazione verde, che si allarga alle zone dove la neve sta sciogliendo, ma sicuramente c’è ancora poco, meno che in altre primavere più precoci. Almeno quest’anno non si sentirà la solita litania dell’erba che viene dura e vecchia mentre si pascola quella giù in basso!

Il calendario gira pagina, finalmente è giugno, e sembra davvero che cambi qualcosa. Il cielo è blu, l’aria si fa più tiepida, si può arrischiare a dire che faccia già caldo al mattino, quando viene aperto il recinto e le pecore si dirigono verso i pascoli. prima o poi doveva succedere, non poteva continuare il maltempo per sempre!

Su in cresta, mentre il sole per la prima volta brucia e abbronza, soffia un po’ di vento e fioriscono i crochi, le genziane, le viole. La terra sembra incredibilmente riarsa, sembra che il ritardo nella ripresa vegetativa sia legata alla siccità. Forse sono gli strascichi della carenza di precipitazioni della scorsa estate, ma molto più probabilmente è l’effetto del freddo, della grandine, della brina, delle nottate di vento.

Sarà una grama annata? Sarà un’estate secca? In giro senti dire di tutto, ciascuno ha la sua personale interpretazione delle previsioni meteo. Intanto i versanti caratterizzati dai pascoli più magri hanno un colore che si avvicina più all’autunno che non alla primavera inoltrata. Le pecore per ora si saziano, ma presto ne arriveranno altre di quelle in guardia e poi… e poi la stagione non è che all’inizio!

Tosatura, che incubo!

E’ la stagione della tosatura, solo che ormai non si tosa più come una volta… Molti pastori mi hanno raccontato della tosatura dei tempi andati: un giorno di festa, di incontro con la famiglia e gli amici. Oggi toso io e vengono altri a darmi una mano, domani rendo il favore all’amico che mi ha aiutato e così via.

Decisamente era troppo, il caldo arrivato all’improvviso. Non così anomalo per la stagione, ma dopo il freddo delle settimane precedenti, nessuno era pronto per un drastico sbalzo ai venti e più gradi che si erano registrati nelle ore centrali della giornata. Dalle giacche e maglioni alla canottiera, ma per le pecore non era così semplice “spogliarsi”. Però da giorni si parlava dell’arrivo dei tosatori. Ormai i pastori che hanno un gregge di qualche centinaio di capi ben di rado provvedono autonomamente a questa incombenza, quindi si rivolgono alle squadre di tosatori professionisti. Uomini (e qualche donna) di diverse origini: Nuova Zelanda, Francia, Spagna (quelli che ho incontrato fino ad ora), ma anche qualche Italiano (Lombardo, Veneto, Sardo). Spesso sono loro a farsi vivi, a contattare i pastori, sapendo chi c’è in zona, per organizzarsi il giro. Oppure sei tu che li chiami e solitamente il telefono suona, suona, suona… se ti va bene richiamano la sera, quando smettono di tosare e allora riprendono i contatti con il mondo.

Quest’anno da queste parti c’era una nuova squadra che girava, la solita era impegnata da altri pastori, sempre in Piemonte, ma non c’era verso di contattarla. Invece un amico chiama ed offre il contatto con i tosatori che stavano per arrivare da lui. Visto che è ora, si accetta volentieri, pur non conoscendo questi tosatori. Tutto è organizzato per un giorno, si cerca gente che venga ad aiutare, si inizia a preparare da mangiare, si fa la spesa, ma poi si slitta di uno, due, tre giorni addirittura, sempre nell’incertezza di quello che accadrà. Cambia anche il tempo ed i ritardi si accumulano. Inoltre, bisogna portare il gregge nel posto giusto, ma non troppo presto, altrimenti bruca tutta l’erba e non ne resta poi per quella giornata complicata e lunga in cui si tosa.

Finalmente arriva anche quel giorno. Ovviamente fa freddo, si intervallano momenti in cui l’acqua cade in scrosci violenti, l’unica fortuna è poter lavorare al coperto, anche se tutt’intorno il fango creato dalle pecore ammucchiate non è piacevole. Questa squadra (sono Polacchi) ha un metodo mai visto da queste parti. Le pecore non devono essere “tirate” (con minor dispendio di energie da parte di chi aiuta), ma vengono fatte entrare a gruppi in due recinti, di qui incanalate in un corridoio, per poi entrare in una gabbia chiusa, da cui ogni tosatore prende via via l’animale da tosare. Apparentemente meno faticoso per  gli amici venuti ad aiutare, ma un po’ più lento per le operazioni di tosatura.

La giornata di tosatura è lunga, i tosatori sono solo tre… Ma si vuole terminare ed alla fine ce la si farà, dopo molte molte ore. Le pecore, mai salite su di un camion, non vogliono entrare nel corridoio che porta al box, quindi si fatica non poco a farle avanzare ad una ad una. Altro che giornata di festa, c’è la musica che si sente appena, quella che i tosatori ascoltano per distarsi un po’ dal lavoro ripetitivo e faticoso, ci sono i continui belati di pecore ed agnelli che si cercano, ci sono le imprecazioni degli uomini, l’abbaiare dei cani… Una volta si tosava il giorno giusto, guardando la luna, guardando il tempo, la temperatura. Oggi, con le previsioni meteo attendibili, invece tocca farlo quando la squadra arriva, anche se la luna è sbagliata, tuona e fa freddo!

La primavera all’improvviso

Il 21 marzo è passato da un po’, ma nemmeno una settimana fa al mattino c’erano a volte due, a volte quattro gradi. Come vi ho già raccontato, i pastori stavano faticando molto, negli ultimi tempi. La fine di marzo e i primi di aprile solitamente sono quei periodi in cui si “tira il fiato” dopo le “ristrettezze” dell’inverno, invece quest’anno qualche pastore aveva dovuto addirittura “fermare” le pecore, alimentandole con foraggio secco, cosa che non era avvenuta nel corso di gennaio e febbraio.

Poco o nulla da pascolare, l’erba stentava a crescere, le piante erano spoglie, il sottobosco brullo ed il cielo continuava ad essere coperto. Non mancava l’umidità, visto che quasi quotidianamente cadeva qualche spruzzata di pioggia, oppure si verificavano giornate durante le quali l’ombrello rimaneva aperto per diverse ore. Però era soprattutto la mancanza di caldo a frenare la comparsa del verde, sui rami e a terra.

Toccava camminare, spostarsi qua e là, camminare e camminare per sfamare il gregge. Non è normale che accada, in aprile! “Consumano più in questi giorni che non d’inverno!“, esclama sconsolato il pastore, guardando i suoi animali. Anche gli agnelli nascono con condizioni non ottimali, sia per il clima, sia per la quantità di latte. Eppure non può mancare tanto, eppure prima o poi dovrà arrivare il caldo…

Nei prati pascolati oltre un mese prima non c’è l’atteso ricaccio, ma solo un verdino che il gregge ripulisce in poco tempo, senza saziarsi. Anzi, le pecore paiono ancora più nervose, come se quell’erbetta fresca non faccia che aumentare la loro fame e la loro voglia, finalmente, di saziarsi con un bel pascolo primaverile. Invece il cielo scurisce, le nuvole si abbassano e ricomincia a cadere qualche goccia di pioggia.

L’aria è fredda, tocca essere vestiti quasi come d’inverno, con quattro, cinque o più strati di maglie, camicie, giacche e impermeabili. Persino ancora il berretto in testa! Di prato in prato, viene sera. Riuscire a riempire le pecore è una faticaccia che comporta numerosi spostamenti tra pascoli non sempre vicini. E, se le pecore non sono “soddisfatte”, il pastore lo è ancor meno, quindi piuttosto si continua fino a tarda ora, finendo per tirare le reti del recinto quando è ormai notte.

Passa un giorno per così dire transitorio, intermedio, poi la mattina dopo di colpo… è primavera! Cos’è successo? Aria limpida, che via via si fa tiepida e poi persino calda, un calore che non ci si aspettava, senza mediazioni. Come se non avesse aspettato altro, la terra si trasforma a velocità accelerata, si colora, si apre alla stagione ritardataria. Fiori ovunque, api, uccelli che cantano e… finalmente l’erba!

Come ha fatto a venir su così in fretta? In due giorni si passa dal non riuscire a saziare il gregge ad avere le pecore che si fermano quasi “ingolfate” dall’erba! Ne mangiano fino ad avere la pancia gonfia, piena, stupite da quell’abbondanza che non vedevano da tempo. Finalmente andare al pascolo non è più una fatica, quando entri in un pezzo ci stai per un po’ e gli animali non vanno qua e là per vedere se oltre c’è ancora altro da mangiare.

Dopo qualche ora, con il sole sempre più caldo, succede persino di vedere animali che si coricano nell’erba non del tutto pascolata! Normale, certo, ma avevamo perso l’abitudine. E così adesso i giorni scivoleranno veloci verso il momento in cui si salirà nel fondovalle, preparandosi all’alpeggio. Le montagne sono ancora coperte di neve, ma questo calore la farà sciogliere e si prepareranno i primi pascoli in quota. Ci sono ancora tante cose da fare, prima fra tutte la tosatura: con questo caldo è più che mai necessaria, ma le squadre stanno già girando e presto tutte le greggi saranno spogliate della loro lana.

Lenta primavera

Anche se sappiamo bene che i pastori (ma più in generale tutto il comparto agricolo) sia abbastanza incline alla lamentela, talvolta anche ingiustificata, quest’anno chi scuote la testa alla parola “primavera” ha le sue ragioni.

In queste settimane si va spesso al pascolo vestiti quasi come d’inverno, o perchè l’aria è fredda, o perchè piove. Nelle scorse settimane, quando ormai il calendario diceva che la primavera era iniziata, ci sono state giornate di pioggia battente e temperature basse dal mattino alla sera.

Poi c’è il problema dell’erba, ancora bassa, scarsa, nonostante l’umidità del terreno dovrebbe favorirne la crescita. Ci sono pastori davvero in difficoltà perchè non sanno dove pascolare: fango da una parte e poca erba dall’altra, per qualcuno sono giornate più difficili che non nel mese di gennaio o febbraio.

La peggior giornata di pioggia è “rischiarata” quando puoi pascolare un’erba così. Un appezzamento di un bel verde intenso con erba alta come non se n’era ancora vista. “Andate pure, quest’anno non l’ho arato…“, aveva detto qualche giorno prima il proprietario, ed i pastori non se l’erano fatto ripetere!

Mentre le pecore puliscono ben bene fino all’ultimo filo d’erba, le nuvole si sollevano un po’, lasciando vedere la neve, nuovamente caduta fino a bassa quota! Altro che primavera!! Cappello, guanti, giacca ben chiusa, ma comunque il freddo lo si sente eccome!

Quando finalmente si riesce a godere di una mezza giornata abbastanza soleggiata è davvero un altro mondo! Gli animali per primi ne beneficiano, i pastori lavorano con meno difficoltà e disagi, ma la speranza è anche quella che l’erba finalmente inizi a crescere come si deve. A quest’ora dovrebbe già esserci il ricaccio nei prati pascolati oltre un mese prima…

Per avere una vera giornata di primavera tocca attendere il giorno di Pasqua, con colori e temperature più consoni alla stagione. L’erba fresca e tenera è poca, per fortuna la superficie è vasta, così c’è maggiore speranza di riuscire a saziare il gregge. “Era fin meglio l’erba un po’ secca del mese scorso, perchè le sfamava di più.

Il giorno festivo richiama pubblico: amici in visita, ma anche moltissima gente dalle case circostanti, persone che stanno facendo una passeggiata per digerire il pranzo, famiglie, bambini, tutti si fermano a guardare il gregge e fare domande.

Bisogna però spostarsi ancora verso sera. C’è chi rientra a casa e chi raggiunge un altro ramo della famiglia per una nuova occasione di incontro, invece il gregge si sposta verso un altro pascolo. Brutta giornata quella in cui viene cambiata l’ora… Non importa cosa segnano gli orologi, il pastore (e le pecore) guardano il sole e così se prima più o meno si finiva intorno alle otto di sera, adesso saranno le nove.

La sera incombe, il cielo torna a chiudersi, mentre il pastore prepara il recinto, il gregge pascola ancora in un prato dell’erba bassa e rada, poi risale nel bosco per concludere la sua giornata tra le reti. Le previsioni non sono di nuovo buone e sicuramente quelle poche ore in maglietta non si ripeteranno il giorno successivo.

Le previsioni annunciavano pioggia tutto il giorno, invece per fortuna fino a sera il tempo si è mantenuto grigio, freddo, ma senza precipitazioni. Quel giorno c’erano da pascolare diversi prati abbandonati, dove nessuno passa nemmeno più la trincia per tenerli puliti, ma solo il gregge nel suo pascolamento primaverile da due anni fa ancora un po’ di manutenzione.

Oltre ai caprioli, gli altri ospiti fissi di questi terreni sono i cinghiali, che infatti hanno lasciato visibili tracce del loro passaggio. L’abbandono e la loro “attività” impoveriranno sempre di più questi prati. Ci sono così tanti animali selvatici che chi da queste parti coltiva ancora la terra ha dovuto recintare o posizionare fili elettrificati intorno a vigne e frutteti, per salvare il raccolto.

Per quanto questo sarà ancora un prato? La vigna sottostante è ormai un bosco quasi impenetrabile, tra i lunghi rami delle viti che, come liane, si sono inerpicate o hanno intrecciato i loro fusti sul terreno. Poi ci sono addirittura ancora i fili di ferro, a volte inglobati nel tronco di qualche albero. Il prato invece è sempre meno libero, assediato da alberi e cespugli.

Tra i boschi, vecchie case in pietra. Racconta uno degli ultimi abitanti: “Quando ero bambino, qui era tutto coltivato. C’erano ancora delle vigne su di là, mentre su quel versante c’erano dei peschi, erano i più precoci, vista l’esposizione. Non c’erano tutti questi cinghiali, anzi, non c’erano proprio! Il primo l’ho visto su di là nel ’72, mi sono spaventato, non avevo mai visto una bestia così.

Era tutto coltivato, poi c’erano i prati… Mio nonno aveva 4-5 vacche e poi le capre, io pascolavo le capre, giravo tutto su per la montagna, era compito mio. Mungevamo e facevamo i tomini, erano ricercati perchè erano più buoni, con il latte misto di vacca e capra. E adesso? Sono contento che passate voi, mi fa piacere vedere degli animali che mangiano ancora l’erba, perchè altrimenti qui sparisce tutto…“.

E alla sera, mentre si pascola l’ultimo prato prima del recinto, arriva la pioggia, preceduta da un’aria fredda che si porta insieme qualche minuto di grandine fine come chicchi di riso. Non è ancora primavera…