La scorsa settimana sono andata in Val Pellice a trovare Daniele. In pianura c’era la nebbia, mentre in valle splendeva il sole e le strade erano tutte un via vai di trattori che, dalle stalle, portavano il letame nei prati. Le previsioni dicevano che sarebbe arrivato il maltempo, quello che in questi giorni ha portato pioggia e neve un po’ ovunque in Piemonte.
Eccomi così davanti a “La Capra Bianca”, a Villar Pellice. Daniele aveva finito il giorno prima di pulire le stalle e così aveva un po’ di tempo da dedicare alla nostra chiacchierata. “L’idea è nata per colpa di mio figlio, quando aveva 16 anni. Abbiamo iniziato nel 2005-2006. Lui, finito la terza media, ha lavorato per l’azienda Melli-Gonnet e così ha deciso di voler fare questo, di allevare. Avrebbe voluto tenere mucche, ma qui in valle con sole capre non c’erano molti, poi erano più facili da gestire, anche per iniziare, potevamo usare le vecchie stalle, invece con le mucche avremmo dovuto far subito una stalla nuova.”
“La stalla l’abbiamo fatta nel 2011 con i contributi del PSR. Abbiamo messo i pannelli sul tetto, quella è stata un’altra grossa spesa, ma è anche una rendita. Avevamo messo una copertura, la commissione paesaggistica aveva dato l’ok, ma il Comune invece no, così abbiamo messo i pannelli. Il titolare sono io, mio figlio è coadiuvante, poi c’è la moglie che ovviamente da una mano. Passerà poi titolare mio figlio, ma non stiamo a fare le domande per i contributi di insediamento, tanto quest’anno le hanno bocciate tutte in provincia di Torino… Quello dei contributi è un sistema sbagliato: dovrebbero darti subito i soldi con il vincolo di restituirli, piuttosto che far così. Prima li devi spendere e poi loro te li danno, così sono tutti costretti ad impegolarsi con le banche. Gli unici a cui conviene sono quelli che i soldi li avrebbero già. ”
“Io prima facevo il falegname e mobiliere, ma sono sempre stato uno “di campagna”. Mi è sempre piaciuta la campagna. Qui era dei miei suoceri.” La stalla non è piena, Daniele mi dice che potrebbero starci fino a 120 capre, ma per il momento va bene così. Proprio in quei giorni gli animali sono stati messi in asciutta, la mungitura riprenderà a febbraio, dopo la nascita dei capretti.
“Abbiamo scelto le Saanen per caso! Prima di iniziare siamo andati a vedere diversi allevamenti. Un giorno un amico passando in macchina verso Piscina ha visto un cartello “vendesi caprette da latte”. Siamo andati a vedere e ci siamo innamorati delle nostre prime ventiquattro caprette, più un becco. Poi adesso ci chiamiamo “La Capra Bianca”, quindi non possiamo più cambiare!”
Nonostante siamo in valle, Daniele mi spiega che da qualche anno gli animali vengono allevati in stalla e nutriti con il fieno autoprodotto. “All’inizio salivamo ad un furest d’estate, dal 2006 al 2012. Poi abbiamo dovuto fare delle scelte. Per essere autosufficienti facevamo i fieni, poi c’erano i mercati, troppo impegno. Finivi alle 10 di sera e dovevi andare su… Sui pascoli abbiamo anche avuto problemi sanitari, clostridi e una parassitosi che non si riusciva ad individuare, un verme che solitamente colpisce più le pecore, per cui i trattamenti che facevamo non erano efficaci. Ne sono morte quindici. Così diamo il fieno e granaglie, non mi piace parlare di “mangimi”, sono cereali.”
La produzione di formaggi in questo momento è ovviamente interrotta. In un locale delle strutture abitative è stato ricavato il punto vendita, di fianco al caseificio. “L’ottanta per cento delle produzioni le vendiamo direttamente (specialmente sui mercati), un venti per cento tramite rivendite. Sono due anni che vado tutti i venerdì al mercato di Torre Pellice. Sul mercato ci sono i clienti affezionati che tornano, funziona più che alle fiere. Quest’anno, grazie ad un’idea di mia moglie, abbiamo provato a metterci al ponte sulla strada, ed ha funzionato ben più che alle fiere, perché la gente torna settimana dopo settimana. Paghi il suolo pubblico, ma è poca roba.”
“Abbiamo fatto investimenti non indifferenti, per cui bisogna uscire dal “buco nero”, ma non è facile. Non andando in montagna e non avendo razze in via d’estinzione, non abbiamo grossi aiuti. Qui abbiamo il bollino CEE per la caseificazione. Non è stato facile ottenerlo, c’era sempre qualcosa che non andava. L’ultima volta erano le altezze dei locali di lavorazione, ma qui siamo in montagna, una casa antica… alla fine ce l’abbiamo fatta.”
L’ultimo locale che visito è la cantina, in cui al momento vi sono solo più i formaggi stagionati. “La gente dovrebbe capire che ad un certo punto c’è solo più questo… e stagiona sempre di più con il passare dei giorni! Come freschi facciamo tomini, primosale, tomino lattico che dura 30 giorni e a 15-20 è migliore che fresco. Poi ricotta, saras fresco e stagionato (saras del fen). Come stagionati toma e caciotta (da un chilo e da 700 grammi), paglierine, toma blu, gorgonzola. Non ci sono richieste fisse da ristoranti della zona. Anche il saras del fen nei menù qui in valle non c’è!“. Resto molto stupita da quest’ultima affermazione, dato che molto è stato fatto per recuperare valorizzare questa ricotta stagionata. Oltre ai formaggi, da “La capra bianca” troviamo anche i salami realizzati con la carne delle capre a fine carriera.
…questa ovviamente non è che una parte di quel che Daniele mi ha raccontato… ma tutto il materiale raccolto finirà nel mio prossimo libro dedicato alle capre…