Brucia tutto…

Non sono solo gli incendi a “bruciare”. Lo scorso anno ci si lamentava per la non-estate: la troppa pioggia, il freddo, le condizioni di vita/lavoro negli alpeggi, le difficoltà nel fare il fieno. Bene o male però, tribolando, la stagione in alpeggio tutti l’avevano portata a termine. Quest’anno invece la situazione è ben più grave. Sta “bruciando” tutto: il sole cocente, il vento, la siccità influiscono pesantemente.

La cosa che preoccupa di più probabilmente è l’acqua. Fino a qualche settimana fa, prima dell’inizio del grande caldo, ruscelli, torrenti, pozze d’acqua, fontane, laghi erano colmi, gorgogliavano, davano un senso di vita tutt’intorno. Quando però iniziano ad inaridirsi, quando tra le rocce non scorre più niente, quando il fango si secca e la terra si screpola, c’è da preoccuparsi. Senz’acqua, avvizzisce la vegetazione, ma sono soprattutto gli animali che, senz’acqua, non possono stare.

Sole e vento inizialmente hanno fatto felici tutti coloro che dovevano tagliare il fieno. In pianura è andato bene il primo taglio, ancor meglio il secondo. In montagna si è fatto un buon fieno, anche se qualcuno parlava di “erba dura”, grazie alla strana stagione con alternanza di periodi caldi in modo anomalo e brusche interruzioni.

Dove non si può bagnare, sarà dura fare altri tagli, se va avanti così. E poi… bagnare con cosa? Qua e là ruscelli e torrenti calano drasticamente di livello. Sole e caldo in pianura portano benefici agli operatori del turismo di montagna, che vedono arrivare la folla di cittadini in fuga, alla ricerca di refrigerio, ma a lungo andare questo caldo eccezionale, unito alla siccità, sarà un problema per molti.

Giorno dopo giorno, l’erba dei pascoli sta seccando prima ancora dell’arrivo degli animali, alle quote più elevate. Guardate questo pianoro, in un luogo sicuramente fresco e ricco di acqua: lì vicino scorre un torrente impetuoso, gonfio di acqua lattiginosa che scende dai ghiacciai, ma appena ci si sposta un po’ ecco chiazze giallo-rossastre di erba che sta seccando, fiori che si accartocciano, steli che si induriscono.

Dove c’è poco suolo, rocce e ghiaia superficiali, l’erba man mano secca. Quando gli animali arriveranno qui, se non pioverà prima, non troveranno un buon pascolo. Ma almeno ci sarà il torrente che scorre nel mezzo del pianoro. Dove manca l’acqua, la situazione è ancora più critica. Sole, caldo, erba cattiva, cala anche la produzione del latte, gli animali pascolano male, mangiano meno.

Alle quote inferiori, si finisce l’erba che c’è ancora. Anche qui sta venendo sempre più dura e chiazze ingiallite emergono qua e là. Dovrebbe poi piovere, affinchè l’erba ricresca e ci sia la possibilità di pascolare una seconda volta quando gli animali scenderanno dagli alpeggi più alti.

Qui il gregge è già al secondo passaggio: le pecore erano salite presto, nella seconda metà di maggio, prendendo addirittura qualche fiocco di neve durante una nevicata tardiva, però avevano mangiato bene la prima erba. Adesso però ciò che è ricresciuto nel frattempo, ingiallisce e viene pascolato malamente, eppure bisogna mangiarlo, altrimenti a fine stagione sarà peggio ancora. E poi… basterà l’erba per arrivare a fine stagione, se l’estate prosegue così?

Questa è una veduta di alcuni pascoli della Val Chisone, in una zona notoriamente secca ed assolata: si vedono le chiazze verdi dove le mandrie hanno pascolato ad inizio stagione, ma tutt’intorno è giallo. “Se va avanti così, presto avremo problemi a far bere gli animali…“, mi dice un pastore. Senz’acqua, senza erba, ci sarà chi dovrà scendere prima dagli alpeggi? Ricordo, nel 2005, di aver incontrato una triste transumanza a fine agosto, forse primi di settembre, una mandria che scendeva tra la polvere, senza nemmeno i campanacci, con tutt’intorno pascoli gialli e riarsi.

Il caldo sale in quota

Anche se non sono più su in alpeggio come in passato, basta una gita in una valle a caso per vedere certe cose. Poi ci sono gli amici che mi aggiornano, magari sfogandosi con qualche lamentela sulla scarsa qualità dell’erba, sulla difficoltà di farla pascolare agli animali. In pianura il caldo si sente eccome, ma in montagna?

La scorsa settimana mi trovavo in Valchiusella e ne ho approfittato per fare anche una gita veloce, quattro passi lungo la valle. A mezza quota ho trovato mandrie al pascolo. Faceva caldissimo, l’umidità dell’aria era molto elevata, il sole filtrava tra le nebbie che, inevitabilmente, si formavano. Il Chiusella è ancora ricco d’acqua, le pozze hanno un bel colore verde, ma il caldo mi fa tornare indietro al 2003, primo anno in cui arrivai da queste parti per il censimento degli alpeggi.

Anche allora si erano raggiunte temperature molto elevate e la siccità aveva trasformato i pascoli in distese brulle e riarse. Molti erano dovuti scendere in anticipo dagli alpeggi. Per ora la situazione non è così grave, ma l’erba è alta, dura, gli animali la pascolano malamente. Mosche e tafani li infastidiscono, il caldo non diminuisce nemmeno in quota, non c’è un filo di vento.

Arrivo nei pressi dell’Alpe Pasquere. Le baite sembrano esser state ristrutturate da quando ero passata di qui a censire le strutture. Questo alpeggio è servito dalla strada, a differenza di molti altri della valle, il cui raggiungimento avviene ancora esclusivamente a piedi. Eppure quante polemiche erano state fatte per la realizzazione della pista (chiusa al traffico) che risale su per il vallone!

Io proseguo lungo il sentiero, anche perchè l’alpeggio successivo è di quelli che, purtroppo, non sono stati dotati di viabilità. La pista devia poco sotto e non è stato prolungato un ultimo tratto che, senza grossi problemi avrebbe potuto collegare anche le baite in testata di valle. La mandria la incontro più in basso rispetto alle baite: vacche e due cavalli, mentre in precedenza avevo visto anche un mulo, perchè qui gli animali da soma vengono ancora utilizzati. Erba che ingiallisce pure qui, il calore della pianura risale sotto forma di nebbie e nuvole.

Le strutture dell’alpe Prà sono ancora tradizionali, ma in buone condizioni. Non so chi utilizzi oggi questo alpeggio, sono passati più di dieci anni da quando avevo girato tutta la valle e molte cose sono cambiate, qualcuno non ce più, volti giovani sono subentrati a mantenere vivo questo mestiere. Il mio arrivo è preannunciato dai cani, questo sentiero è segnato anche come GtA, quindi dovrebbe essere abbastanza frequentato, ma quel giorno non incontro altri escursionisti.

C’è una famiglia giovane, due bambini piccoli, tra cui questo con un visetto da birba. “Stai facendo i compiti?” “No… Sto colorando!“, e si nasconde dietro all’album. Il fratello maggiore, nel cortile davanti alle baite, inizialmente rifiuta di farsi fotografare.

Quando però tornerò indietro, gli animali erano stati fatti salire nei pascoli vicino alle baite, anche con l’aiuto dei bambini. “Adesso la vuoi una foto?“. Il piccolo fa segno di non con la testa, ma poi cerca di mettersi in posa accanto alla vacca, che però si sposta e così c’è tempo solo per un veloce scatto “rubato”. E’ ora di scendere, tornare nel caldo ancora più soffocante, più afoso della pianura. Chissà come proseguirà l’estate? Sembra preannunciarsi ancora più difficile di quella fredda e piovosa dello scorso anno.

E’ finita l’estate?

Ci sarebbero tante cose di cui scrivere, argomenti legati al mondo dell’allevamento, della pastorizia, dell’alpeggio, di cui sarebbe bello parlare con voi. Molte sono notizie negative, tristi o che fanno innervosire. Francamente non ne ho voglia e non me la sento di impegolarmi in queste discussioni, tanto più che la mia ricomparsa on line è di breve durata e presto tornerò in alpe, quindi non potrei nemmeno portare avanti la discussione.

Parliamo così più semplicemente dei giorni passati, quando il grande caldo era stato bruscamente interrotto da una perturbazione che, qua e là, era stata anche abbastanza intensa. Dopo tanto caldo e sole, trovarsi delle giornate immersi nella nebbia fitta, interrotta solo da violenti scrosci di pioggia, temporali, vento freddo, era stato un cambiamento abbastanza brusco. La montagna non conosce molte sfumature, più si sale in quota più il clima si fa sentire in modo drastico. Questa volta però, a sentire le notizie che vengono dalla pianura, le cose sono state ben più gravi là nella bassa e quassù, nebbia a parte, si sentono solo i benefici del “rinfresco” generale.

Poi, come accade di solito in questa stagione, al maltempo fanno seguito alcune belle giornate. Ci sono ancora alcune nuvole passeggere, ma niente che faccia temere perturbazioni. L’aria è tersa, limpida, ed anche piuttosto fresca. Sembra già di cogliere delle note autunnali da fine stagione. Il sole ha i raggi più obliqui, le giornate si accorciano, il vento è subito più freddo. Che sia già finita l’estate, decisamente in anticipo sul calendario? Non ci sarebbe poi tanto da stupirsene, quassù.

In queste giornate succede un qualcosa che si verifica raramente, cioè che, senza nemmeno particolare sforzo, dalla cresta delle montagne si vede la città, di solito soffocata da una cappa di smog e foschia. Le “montagne di casa” le tocchi con un dito e dietro c’è Torino. Ad occhio nudo intuisci qualcosa, poi con il binocolo arrivi ad individuare gli edifici. Addirittura, oltre la collina, spicca addirittura la mole inquietante della centrale di Trino Vercellese. Sono in momenti così che i pastori pensano al “viaggio” dei loro colleghi che, a piedi, con il gregge, vanno anche oltre quei luoghi che ora loro stanno guardando con i propri occhi.

L’estate è appena arrivata su in alta quota, dove le piante devono sbrigarsi in poche settimane a compiere tutto il loro ciclo vegetativo. Qui c’è la flora che preferisco, tante erbe dalle fioriture meravigliose, più sono piccole ed abbarbicate al poco suolo disponibile, più ti stupiscono con colori e forme di rara bellezza. Anche la qualità di queste erbe è pregiata, ben lo sanno gli animali, che si spostano fin quassù per cercare i ciuffi che spuntano qua e là in quelle che vengono definite “vallette nivali”. Man mano che il pomeriggio avanza, l’aria si fa più fredda, il vento intenso spinge uomini ed animali a rientrare verso il basso.

Poi però, nei giorni successivi, la stagione riprende il suo corso e, al mattino, quando il recinto viene aperto gli animali già si ammucchiano, nel classico atteggiamento da giornate calde. Fosse per loro, passerebbero così delle ore, fino al raggiungimento di temperature più miti ed adatte per andare al pascolo. Ma questo poteva funzionare quando gli animali venivano lasciati liberi, ora che si è obbligati a confinarli nei recinti, bisogna anche forzarli a pascolare anche quando fa caldo.

La salita verso le quote maggiori e verso i pascoli avviene lentamente, con una fila che si snoda irregolarmente lungo il sentiero. Le nuvole di quel giorno hanno una consistenza diversa, non sono cariche di pioggia, né si tratta di passeggeri ammassi nuvolosi. Queste sono nuovamente le nebbie del caldo, quelle che si formano quando il calore della pianura arriva fin quassù. Per fortuna non sembrano essere troppo fitte e stazionarie.

Su su in quota l’estate forse non inizierà mai del tutto. Mentre il gregge pascola più in basso, si sale a vedere la testata del vallone, tra la nebbia che va e viene. Lassù, sui nevai, le tracce dei camosci e degli stambecchi, che pascolano in alto sulle cenge tra le rocce. Si sentono le pietre che cadono, mosse dal loro passaggio, ed i caratteristici sibili di allarme dei camosci, spaventati dai cani del pastore. Anche se quassù non verrà mai l’erba per il gregge, anche se (per fortuna) la neve non scioglierà mai del tutto, il pastore sa quanto è importante tutta questa massa d’acqua solida, a garantire torrenti mai asciutti ed erba fresca anche a fine stagione.

In fondo niente di nuovo

Passano le settimane, finisce luglio e arriva agosto, ormai sono più i giorni già passati in alpe di quelli che restano da trascorrere su. I mesi scorrono veloci, ad agosto si sa che basta poco perchè, dal caldo, si arrivi ad avere una nevicata improvvisa. Per “il resto del mondo” agosto è estate, ferie (forse adesso un po’ meno, con la crisi), caldo. Qui ad agosto si pascola in alto, ma ti accorgi che le giornate man mano si accorciano.

In una settimana possono succedere tante cose, pur non capitando niente di nuovo… Un giorno magari piove, poi quello dopo si alza un vento fortissimo, che regala sì una splendida giornata di cielo terso, ma annulla tutti i benefici della pioggia, “rovina” l’erba ed impedisce di dormire in quelle baite d’alpeggio dove il tetto di lamiera sembra dover volar via da un momento all’altro sotto l’impeto delle folate. Le stufe a legna spesso non hanno un buon tiraggio e riempiono le stanze di fumo denso…

Dopo il vento resta il bel tempo, ma dall’aria tersa e secca via via si passa prima al caldo e poi all’umidità e all’afa. Dopo aver avviato il gregge lungo il solito sentiero che porta su ai pascoli di alta quota, si sposta il recinto ai piedi di un altro vallone, un po’ più in alto. Piccole variazioni alla routine, ma il lavoro è sempre quello, giorno dopo giorno. Con il caldo, le pecore al mattino faticano di più ad incamminarsi, rimarrebbero tutto il giorno all’ombra tra i cespugli, oppure addossate ad una roccia, per iniziare a pascolare solo nel tardo pomeriggio o la sera. Dovrebbero essere libere, dovrebbero poter dormire in quota, non dovrebbero essere forzatamente rinchiuse tra le reti ogni notte, ma sono passati i tempi in cui ciò era possibile.

Altrove, in quelle vallate più a ridosso della pianura, il caldo porta subito la nebbia. Si va a fare un giro per controllare che anche di là sia tutto a posto, si guardano le pecore, si ascoltano i resoconti del pastore, si gioisce per lo sventato attacco ad opera di un lupo solitario grazie al pronto intervento dei cani da guardiania. Poi ci si scambiano le notizie, di valle in valle…

Sempre più caldo, sempre più faticoso avviare il gregge, bisogna incitarlo con i cani, evitare che gli animali si ammassino lì sotto le rocce, dove quelli sopra possono far cadere sassi sui gruppetti sottostanti, cosa che comunque accade spesso anche nei momenti di normale pascolamento. Non si può nemmeno esagerare con gli incitamenti e così i pastori mangiano pranzo attendendo che lentamente il gregge prenda la sua strada verso l’alto.

Anche lassù comunque arriva il calore e, se non proprio l’afa, comunque si avverte l’umidità che incombe sulla pianura. Non c’è più ombra a queste quote, il sole ti cuoce, si spera che continui a passare di tanto in tanto una nuvola per donare qualche attimo di sollievo. Prima o poi sarà inevitabile che tutto questo calore sfoci in dei temporali, ma per ora le nuvole si limitano ad andare oltre, sospinte dal vento in quota.

La neve scioglie rapidamente, in questi giorni, e l’erba, a queste quote, cresce altrettanto rapidamente. Qui le piante “sanno” di avere poco tempo a disposizione per il loro ciclo vitale, così appena dopo la scomparsa dei nevai, a vista d’occhio, si vede avanzare il verde e poco dopo si hanno addirittura i fiori, tutto nel giro di pochi giorni. Nebbie di calore vanno e vengono, il gregge pascola finalmente ben allargato, ma tra poco sarà ora di avviarlo verso il ritorno, perchè c’è da scendere fino al recinto ed occuparsi delle ultime incombenze di giornata. Il rientro dei pastori alla baita ormai avviene con il crepuscolo, quando non con l’oscurità e le pile frontali accese.

Di fiori, di nuvole, di pastorizia

Sentite la mancanza dei post quotidiani, ma lassù in alpe non prende nemmeno il telefono e la centralina carica 2 batterie da 12 Volt, quindi niente computer, niente internet, niente blog! Però ogni tanto scendo con il mio bagaglio di biancheria da lavare, lista della spesa e… nuove foto!

La stagione tardiva mi permette di mostrarvi ora lo splendore delle fioriture, cosa che altrimenti avrebbe caratterizzato l’inizio del mese. Non ovunque le fioriture sono altrettanto abbondanti e variopinte, la loro ricchezza dipende da diversi fattori. Uno di questi è il tipo di terreno, infatti dove il suolo è calcareo, generalmente si incontra un maggior numero di specie erbacee a fioritura evidente, come in questo caso.

Nonostante ci sia chi non lo vuole ammettere e chi preferisce una montagna “senza l’uomo”, popolata solo da selvatici, queste fioriture esistono indirettamente anche grazie all’uomo ed alla sua opera di gestione della montagna. Un corretto pascolamento, con un numero di capi adeguato ed animali adatti al territorio fa sì che i “pascoli” si mantengano tali, che non vengano invasi dai cespugli, che non si trasformino in boscaglie impenetrabili e che si mantenga la biodiversità.

Accanto alla grande varietà di piante (e di fiori), c’è pure una grande biodiversità animale. Camminando sul sentiero che attraversa i pascoli, in questi giorni si è letteralmente circondati da nuvole di farfalle di innumerevoli specie diverse, senza parlare poi di tutti gli altri insetti. L’altro giorno, accanto all’alpeggio, sui due lati del torrente, si aggiravano entomologi armati di retino, che dopo un’ora o poco più se ne sono andati soddisfatti per la “caccia” andata oltre le aspettative. Per non parlare delle falene notturne che si intrufolano in casa al calar della notte, appena vedono chiarore ed una finestra aperta.

Potrebbe sembrare un paesaggio naturale, i pascoli sembrano essere lì da sempre, ma non è così. E’ l’uomo, è il pastore a far sì che esistano. Intendiamoci, un carico errato (troppe bestie, animali pesanti non adatti alla montagna) o una gestione non razionale (insistere troppo a lungo nella stessa area, passaggi quotidiani ripetuti per settimane nello stesso luogo, ecc…) causano danni anche superiori all’abbandono…

Ma guardate questo versante, dove negli ultimi (10? 15? 20???) anni il pascolamento è stato nullo o frettoloso: a fatica il pastore ha riaperto un varco per il gregge e gli animali camminano in fila a lungo prima di allargarsi a pascolare, finalmente fuori da ex-pascoli invasi da cespugli. Giorni di pascolamento perso! Se qui ci fosse tutta erba, il gregge trascorrerebbe alcune giornate a brucare, senza la necessità di andare oltre a cercare foraggio. E lì, su quel versante, pensate che la fioritura sia abbondante come quelle che vi ho mostrato prima? Finita quella del rododendro, non c’è paragone con altre aree limitrofe utilizzate meglio.

Alle alte, altissime quote, sopra i 2500-2600 metri, non è più l’uomo ad avere influenza, ma soprattutto il clima: la neve, il ghiaccio, le valanghe, il vento… E’ lassù che incontriamo dei gioielli che il giardiniere più raffinato non potrà ricreare. Piccole piante che fioriscono tra le rocce o cuscinetti compatti, verdi, che all’improvviso si colorano di rosa intenso.

Quassù il gregge sale fin dove trova erba, poi lassù tra le rocce al massimo si spinge qualche capra, ma in alto è il regno degli stambecchi, che osservano placidi ed indisturbati, per mettersi in movimento nel tardo pomeriggio-sera, quando fa meno caldo e il gregge ormai sta rientrando verso il recinto.

Il caldo aumenta in pianura e su sono le nuvole a farla da padrone, spesso anche portando momenti di freddo. Generalmente le giornate iniziano con un risveglio in un cielo limpido e terso, ma già dopo la colazione spesso si vede una nuvoletta. A mano a mano che la giornata procede ed il gregge sale in quota, il cielo cambia.

Le nuvole vanno e vengono, ci si copre e ci si sveste, il sole è bruciante, ma fa ancora fresco quando questo si nasconde, il grande caldo non è ancora arrivato quassù. Al mattino conviene sempre mettere nello zaino la tuta antipioggia, a spalle portare l’ombrello, perchè quando lo lasci giù alla baita…

…la bellissima giornata vista al mattino può riservare sorprese improvvise. Le nuvole si chiudono, diventano più scure, inizia a tuonare e arriva aria di pioggia. Qualche volta il temporale colpisce  tutt’intorno, lo vedi addirittura passare con la sua scia d’acqua, ma altre invece si scatena con violenza e non hai nemmeno tempo / modo di cercare un riparo, ammesso che ve ne sia uno.

Per adesso però, anche grazie alle piogge, l’erba si mantiene bella verde, i torrenti sono gonfi d’acqua e non ci si preoccupa per la siccità come accadeva la passata stagione. Basta poco per avere delle difficoltà, in questo lavoro apparentemente idilliaco e sereno. Sempre, tutto l’anno, si è in balia del tempo!

Come vedete, la neve non è ancora sciolta tutta, anche se progressivamente si va ritirando e assottigliando. Con il caldo, gli animali la apprezzano persino, per cercare refrigerio, ma il pastore li smuove temendo cedimenti, mandando il gregge verso i pascoli, dove potrà nutrirsi con l’erba invece di rimanere lì per ore con lo sguardo a terra.

Nelle belle giornate il pastore vive i suoi momenti più belli, quelli in cui può permettersi di salire su fino al colle e vedere i suoi animali “tutti belli allargati”, fermi, intenti a pascolare. Sono quelle rare occasioni durante le quali si “abbandona il gregge”, ce lo si lascia alle spalle per salire un po’ più su, fino ad affacciarsi dall’altra parte, per vedere “altre montagne”, altri pascoli. Vagare con lo sguardo e il cannocchiale per riconoscere altri alpeggi, associarli a nomi di pastori e margari.

In un attimo poi sembra di essere in tutt’altra stagione, con la nebbia arrivata all’improvviso ad avvolgere tutto. Per fortuna qui, a differenza di altre montagne, raramente dura per ore (o anche giorni!), si tratta piuttosto di passaggi rapidi, destinati a dissolversi in poco tempo.

Il tardo pomeriggio così è fatto di nebbie che vanno e vengono, a volte di temporali improvvisi, persino grandinate, ecco perchè nello zaino è sempre meglio avere un abbigliamento vario ed adatto a tutte le situazioni. Ma questa è la montagna, da sempre, bisogna essere pronti a tutto e non farsi cogliere impreparati.

Ecco una serata con le nuvole ancora incerte sul da farsi, con il gregge che inizia a scendere per la via del ritorno, ma ancora allargato a pascolare. Le giornate sono sempre lunghe, anche se le ore di luce lentamente diminuiscono, il pastore deve accompagnare il gregge al recinto, non può più limitarsi a lasciare pecore e capre in quota in posto lontano dai confini degli altri pascoli, lontane dai pericoli. Il pericolo a quattro zampe può arrivare ovunque, in qualsiasi momento…

Non pensavo di trovare un ingorgo quassù!

Scorrono lenti e frenetici insieme i giorni in alpeggio. Per qualcuno la stagione d’alpe è una transumanza, una sede, un periodo da trascorrere su, con gli animali che pascolano ora una zona a quota minore, ora maggiore, fino al ritorno in pianura. Per altri invece le cose non sono così semplici e lineari.

Dopo una breve parentesi, il caldo si era nuovamente ritirato e il sole non era nemmeno fastidioso. Se poi le nuvole coprivano il cielo, era necessario aggiungere una maglia. Non se ne lamentavano gli animali, che invece soffrono e non poco quando le giornate sono afose o torride.

Tutto sommato quindi non ci si lamentava affatto, visto che così c’era modo di pascolare una seconda volta quei pascoli che già avevano sfamato il gregge ad inizio stagione, ormai più di un mese e mezzo prima. Con il caldo sarebbe stato difficile, gli animali avrebbero cercato l’ombra e avrebbero patito l’assalto delle mosche.

Poi viene il giorno della partenza, dello spostamento. In questo caso si cambia addirittura vallata, per cercare un luogo dove non solo gli animali possano brucare buona erba, ma soprattutto i guardiani del gregge abbiano una struttura degna di questo nome dove ricoverarsi la sera, cosa ahimè non scontata ancora oggi, nel XXI secolo.

Si attraversano i pascoli magri dove nelle settimane scorse il gregge già ha brucato quel che c’era di più appetibile. Gli animali camminano in una lunga fila sul sentiero, sanno che oggi non sono lì per pascolare, ma per andare altrove. Il cielo resta velato, la speranza è di non incontrare nebbia o temporali durante il cammino, per il resto la mancanza di sole è addirittura gradita.

Sul colle c’è un’aria quasi fredda, a contatto delle schiene sudate. Più che una tappa, il tempo necessario per far sì che il gruppo si ricompatti e si possa riprendere il cammino senza che nessun animale resti troppo attardato. Il tragitto è ancora lungo…

Si percorrono sentieri quasi soffocati dalla vegetazione, antiche vie di transito che oggi restano aperte quasi solo più grazie al periodico passaggio di uomini ed animali. In questa transumanza infatti il pastore era “armato” di roncola per tagliare i rami che maggiormente invadevano la via.

Un altro colle, un altro vallone, una scorciatoia seguendo le piste dei cervi per evitare un lungo giro sui sentieri ufficiali, e di colpo il suono di altre campane, di altre transumanze. Poco dopo ci si ritrova incolonnati tra una mandria di vacche con tanto di rudun e, più indietro, un altro gregge di pecore, di piccole dimensioni.

Rideranno, coloro che quotidianamente affrontano il traffico cittadino, ma comunque rimanere incolonnati con un gregge su di un sentiero di montagna dove passeranno poche decine di escursionisti in tutta l’estate è un avvenimento abbastanza inconsueto. La mandria, che già seguiva un gregge di capre transitate precedentemente, poi proseguirà il suo cammino, mentre le pecore devieranno per altre piste frequentate soprattutto dagli animali selvatici.

Nonostante la data, anche a quote non elevate, c’è ancora da attraversare un nevaio che scende nel canalone. In molti alpeggi gli animali stanno salendo solo in questi giorni, la stagione è tardiva, la neve scioglie a poco a poco e l’erba inizia appena appena ad essere quella “giusta” per il pascolo.

Anche i rododendri sono nel momento della loro massima fioritura, colorando i versanti a chiazze dalle tonalità vivaci. Il gregge ormai si sta affacciando sull’altra valle, la transumanza è quasi conclusa, almeno per quel giorno. Bisognerà però ancora attendere qualche tempo per salire ancora a quote maggiori, dove finalmente ci si fermerà per qualche mese.

Il tempo fino ad ora è stato clemente, ma verso sera in cielo si accumulano densi nuvoloni che si fanno via via più scuri più a ridosso delle montagne. Si sentirà anche qualche colpo di tuono e cadrà un po’ di pioggia, ma è solo un classico temporale estivo. D’altra parte c’è da augurarsi che ogni tanto un po’ di pioggia cada, per scongiurare la siccità che aveva drammaticamente colpito gli alpeggi lo scorso anno.

Cercando di dare meno fastidio possibile

Pascolo vagante, spostarsi tutti i giorni, o quasi, alla ricerca di pascoli. Però poi ci sono quegli spostamenti più lunghi per andare da una zona di pascolo all’altra, oppure spostamenti più delicati perchè c’è da tagliare una strada trafficata o percorrerne un tratto, o ancora un ponte, un paese da attraversare. Certi giorni c’è tutto questo insieme…

Allora cerchi, per quanto possibile, di organizzarti e fare del tuo meglio. Solo che capita sempre l’imprevisto o la serie di imprevisti che mandano a monte parte dei programmi. Per esempio l’ora di partenza quasi mai è quella preventivata… Comunque, il ritardo quel giorno fa sì che le temperature si abbassino un po’ e le pecore mangino a volontà, così da essere “tranquille” mentre ci si sposta.

Ancora un’ultima sosta, per pascolare in una stoppia di mais e saziare il gregge. Dopo il cammino è insidioso, tra prati e campi di grano, dove animali affamati potrebbero fare danni se desiderosi di pascolare ancora. Intanto il tempo passa, il calore è meno intenso, si camminerà meglio. La strada con maggior traffico è già stata superata, tutto il resto del cammino sarà lungo vie secondarie.

Qui non c’è traffico automobilistico, il percorso è riservato ai mezzi agricoli, residenti e biciclette. Essendo nel fine settimana, di ciclisti ne incontriamo molti, però per fortuna i più sorridono, salutano e si godono lo spettacolo della transumanza. Certo, potevamo spostarci in settimana, ma ci sarebbe stato più traffico sulle strade principali e non solo di gente che “esce” per il weekend. Inoltre, sarebbe stato più difficile trovare persone che vengono ad aiutare.

Il sole cala verso le montagne, il gregge cammina ordinato, si riesce a fare la curva senza pestare i prati, segno che le pecore sono davvero sazie. Comunque, i pastori con i cani sono posizionati nei punti critici a sorvegliare. Non è “solo erba”, come potrebbe pensare qualcuno, ma è il lavoro del contadino e non bisogna danneggiarlo.

Il sole tramonta, ma c’è ancora un bel po’ di strada da percorrere. Rispetto all’anno precedente ci si porta un po’ più in là, sia per accorciare la tappa del giorno successivo, sia per fare un piacere ad un altro pastore, che ha chiesto di non toccargli il pascolo dove ci si era fermati un anno fa, così lui lì potrà fermare il suo gregge nei prossimi giorni.

E così viene notte. Si sale nel bosco quasi avvolti dall’oscurità, poi ci si affaccia sulla pianura ed è uno spettacolo vederla illuminata dalle luci dei paesi. Sarebbe una passeggiata romantica, non ci fosse il pensiero di tutte le cose che bisogna ancora fare prima di andare a letto per qualche ora di meritato riposo. Le auto, in testa e in coda, scortano il gregge per evitare spiacevoli incidenti con l’oscurità, anche se queste sono vie secondarie.

L’indomani si preferisce attendere per far pascolare il gregge, ma non troppo, perchè altrimenti il caldo sarà eccessivo. Inevitabilmente arriverà ad incombere sulla transumanza, ma più tardi si farà sentire, meglio sarà per uomini ed animali. Appena tutti gli aiutanti di giornata arrivano, si caricano gli agnelli più piccoli e ci si mette nuovamente in marcia.

C’è un po’ di tensione, questa volta sarà necessario percorrere un tratto più lungo in mezzo alla cittadina, sia perchè non si può tagliare fuori come d’inverno, quando non vi sono coltivazioni, sia a causa di un cancello che prima non c’era… Per fortuna alle 10:00 del mattino il traffico non è ancora eccessivo e tutto fila abbastanza liscio.

A differenza dell’andata, questa volta tutti rispettano il gregge e nessuno cerca di infilarsi tra gli animali. La preoccupazione è anche sempre rivolta ai cani, che si tengono ai lati del gregge per contenerlo, ma sono a forte rischio di essere investiti da qualche automobilista impaziente. Si tiene la mezzeria, ma è meglio quando le auto in direzione contraria attendono il passaggio di tutti gli animali, invece di procedere normalmente. Questo tratto non potrebbe essere percorso in un giorno feriale, la coda di auto e pullman che si verrebbe a formare sarebbe eccessiva!

Si abbandona la strada principale. Purtroppo quella che sarebbe stata una via più comoda, meno impegnativa e più rapida continua ad essere chiusa per lavori che vanno avanti da oltre un anno. Così ecco il gregge impegnato in difficili passaggi tra campi e prati, con i cani che faticano a contenerlo ed i pastori che si innervosiscono. Bisognerebbe camminare veloce, ma dietro la fila si allunga a dismisura, gli agnelli faticano, le pecore tornano indietro a chiamarli… In mezzo a questo momento delicato, sono tre ciclisti a creare confusione. Vogliono a tutti i costi superare il gregge, apostrofano i pastori in modo arrogante, chiedono di aprire loro un varco, spaventando le pecore, facendole andare verso il grano, verso i prati. Per fortuna siamo tutti così impegnati a mandare i cani e cercare di contenere il gregge che nessuno ha tempo e voglia di rispondere per le rime.

Una tappa per far pascolare il gregge, farlo riposare, mangiare anche noi un pranzo veloce, poi si riparte perchè c’è di nuovo da percorrere un pezzo di strada trafficata ed è meglio affrontarlo quando “la gente” è tutta seduta a tavola, anche in questa domenica di sole e leggera brezza. L’altro motivo di preoccupazione, lungo le strade, sono i diserbanti/disseccanti. Quando vedi la chiazza giallastra sai che il pericolo è lì, ma se invece è stato dato da poco… Bastano pochi morsi! Li vedi usare nei campi, li vedi usare dai cantonieri della Provincia, li vedi usare dal privato lungo il fosso, ma anche davanti al cancello di casa.

Non c’è più il problema del treno. Da quando la linea è stata dismessa, è finito l’incubo del riuscire ad essere in corrispondenza del passaggio a livello in un orario in cui sicuramente non passavano treni. Ora le sbarre sempre alzate non fanno più paura e il cammino procede spedito.

Dopo tanto asfalto sotto il sole del primo pomeriggio, una pausa refrigerante lungo il fiume. Gli animali bevono meno del previsto, ma comunque si riposano e cercano l’ombra. La meta finale si avvicina, ma allo stesso tempo sembra non arrivare mai. Buona parte dei punti critici sono stati superati, ma adesso il problema è la stanchezza degli animali. Non ci sono però altri posti per fermarli, così si deve per forza andare avanti.

Piccole tappe per pascolare, si attraversano paesi di campagna, inizi ad incontrare gente conosciuta, saluti, scambi una battuta. Qualcuno chiede se è già ora di salire in montagna, anche se all’orizzonte si stagliano le cime ancora completamente innevate. Non manca più tantissimo, ma almeno un mese di pianura sì…

Un altro paese, poi dalla pianura si inizia a salire verso le colline, l’ultima fatica per il gregge. Sono tutti stanchi, animali, uomini e pure i cani, eppure le pecore in prima fila “spingono” continuamente, vorrebbero superare i pastori ed andare oltre. Camminano a bocca aperta, ansimano, il calore nel gregge è soffocante, per fortuna presto sarà il momento di tosarle!

Si sale tra ville e boschetti, il gregge sembra sapere esattamente dove si trova, sa di essere quasi a destinazione e ritrova nuova forza, nuova determinazione nel camminare veloce. Solo nelle retrovie c’è invece chi fa più fatica, ma alla fine tutti arriveranno sani e salvi a destinazione.

Qui sarà possibile riposare, pascolare e abbeverarsi. Finalmente anche questa giornata è giunta al termine, senza grossi incidenti, allora si può tirare un sospiro di sollievo. Per riposarsi bisognerà ancora attendere qualche ora, ma d’ora in po’, per qualche giorno, non ci sarà più da fare lunghi cammini. Però ci saranno giornate forse anche più impegnative… La vita del pastore, quasi mai c’è tempo per riposarsi!

Fenomeni anomali

Siamo a gennaio e c’è gente che gira in maglietta… Viceversa c’è gente intabarrata come se fossimo in Siberia perchè, diamine, è pur sempre gennaio! E poi il giorno dopo sono a letto, non per un male di stagione, ma per la sudata fatta, visto che c’erano 18-20°C!

E’ davvero un tempo strano, non quelle giornate calde che tutti gli anni si verificano a gennaio o febbraio, complice il vento caldo, il foehn che soffia dalle montagne. Nei giorni scorsi era caldo e basta, quasi un caldo afoso, non si muoveva un filo d’aria, sudavi a fare qualunque lavoro, perchè comunque non osavi toglierti il gilè o la camicia. Il terreno era ovviamente tutto sgelato e le pecore pascolavano tranquille, mentre una falce di luna tramontava dietro al Monviso.

Il tempo è già sempre un argomento di conversazione attuale, per chi vive e lavora soggetto ad ogni più piccolo capriccio meteorologico, ma in questi giorni era un classico ascoltare commenti del tipo: “Certo, non ci lamentiamo, ci fosse la neve sarebbe peggio… Ma non è normale!“. “Ah, secondo me poi ce lo fa spurgare, farà freddo come lo scorso anno o anche peggio, a marzo saremo poi ancora nella neve!“. “Adesso siamo ancora nei giorni di Santa Bibiana, bisognerà vedere quando finiscono quelli…“.

Fino alla fine della giornata comunque perdurava quel caldo ed era strano perchè non c’erano ancora le foglie sugli alberi, perchè le giornate duravano ancora poco, perchè comunque avrebbe dovuto essere inverno. Non si stava male, solo in camicia e gilè, senza berretti, senza gelo che ti spacca le mani, però… “Fosse febbraio, allora dici che è la primavera che arriva in anticipo! Così invece non sai cosa aspettarti!“.

Quando il sole tramonta ti infili appena una maglia, ma niente di più. In alcuni punti l’erba sta addirittura ricacciando, si vede qualche fiore che inizia a sbocciare a ridosso di un muro, nei posti più riparati. E, giorno dopo giorno, affiorano rocce e porzioni scure sulle montagne, la neve sta sciogliendo rapidamente.

Il giorno successivo pareva fosse appena un po’ più fresco, complice una lieve velatura che occupava parzialmente il cielo. Ma la terra non era comunque brinata, si poteva andare subito al pascolo senza timore che gli animali mangiassero erba verde gelata. Che strano inverno!

Il gregge viene condotto al pascolo, anche gli animali sembrano gradire questo tepore, qualcuno addirittura sembra infastidito dalla lana, ma sicuramente non è ancora tempo di tosatura! L’inverno è appena agli inizi, caldo anomalo o riscaldamento globale, la neve potrebbe comunque arrivare da un momento all’altro e non sarebbe la prima volta che ciò accade. In passato si guardavano solo i “giorni di marca”, oggi si consulta internet e, nebbia a parte, per ora non sembra che il tempo debba mutare molto. Però in effetti dovrebbe tornare il freddo.

Sarà il caldo, sarà l’aria, sarà quel che sarà, ma all’improvviso i pastori assistono ad una scena insolita e comica. Qui ne vedete solo le fasi finali, perchè tanta è stata la sorpresa e le risate che subito non ho nemmeno pensato a filmarla. Una pecora (solo successivamente con un certo seguito delle compagne) ha iniziato ad attaccare i cani. Si è staccata dal gregge che pascolava ed ha letteralmente caricato prima uno, poi anche gli altri cani. Guardare per credere!

Per fortuna, cambiato pascolo, le cose sono tornate nella norma ed il gregge ha ricominciato a temere l’abbaiare dei cani durante gli spostamenti o lungo il confine del prato. Speriamo che torni alla normalità anche il tempo, che si spossa stare in maglietta quand’è primavera e che adesso smetta di sciogliere la neve lassù in montagna, che i pascoli continuino ad essere coperti, che cada altra neve per fare riserve d’acqua per l’estate.

A volte piove

Caldo, fa caldo in montagna, figurarsi in pianura! In pianura ci sono oggi e rimpiango di essermi lamentata quando sembrava caldo in montagna…

Al mattino le pecore faticano ad incamminarsi perchè fa troppo caldo, il sole picchia, a quelle quote non c’è l’ombra nemmeno di un larice. Il cielo era blu, limpido, terso, non una nuvola o un accenno di nebbia.

Il caldo era evidente a mano a mano che le ore passavano e, verso le cime delle montagne, persino quassù l’aria si faceva meno limpida. Il sole era insopportabile, bruciava, stordiva. Ci fosse almeno stato un po’ d’aria…

Il massimo che si era riusciti ad ottenere, verso sera, era stata questa strana velatura. A fine settembre, ma soprattutto con altre temperature, una cosa del genere poteva far pensare alla neve in arrivo, ma questa volta sicuramente non era il caso. Scendendo verso le baite, sentivi il calore che aumentava, ma per fortuna la sera tardi comunque rinfrescava un po’.

Il giorno dopo finalmente qualche nuvola, ma chissà se queste avrebbero portato la tanto attesa pioggia? Ce n’era un disperato bisogno, anche qui dove, meno che altrove, si sentono gli effetti della siccità.

Qualche goccia e poi un fortissimo colpo di tuono. Torna provvidenziale l’enorme masso “a balma” che il pastore aveva già adocchiato tempo fa. E’ perfetto per queste occasioni. Intorno pioggia torrenziale, qualche chicco di grandine, il ruscello che subito si ingrossa ed i tuoni che rimbombano contro la montagna. Non sta solo “bagnando la polvere”, piove davvero. Al riparo, si gioisce dell’insperato evento, mentre verso il fondovalle si alternano una luce cupa ed un accenno di arcobaleno.

Anche l’indomani, ad una mattinata limpida e calda, rapidamente aveva fatto seguito una giornata di nuvole passeggere. Forse anche quella sera ci sarebbe stato un temporale? Lo zaino questa volta era appesantito dalla giacca impermeabile, ma l’ombrello era rimasto giù.

Le capre quel giorno erano salite su, oltre la bastionata di rocce, trovando passaggi degni di un rocciatore per poi pascolare in vasti pascoli verdeggianti ad oltre 2.600 metri di quota. A volte anche a loro capita di essere sorprese dal maltempo, ma questa volta avevano capito per tempo cosa stava per succedere ed erano ridiscese, poi il pastore aveva mandato i cani a girarle lì verso il basso, nel pianoro.

Di nuovo sotto la balma, di nuovo tuoni, acqua, grandine e l’aria che si fa fredda. Sembrava di veder tornare verdi i versanti nel giro di pochi minuti! Una vera benedizione, questi temporali pomeridiani.

Anche le capre avevano ormai localizzato la balma e cercavano di sloggiare i loro occupanti, pastori o cani che fossero. Il cucciolo non si lasciava intimidire, ma d’altra parte c’era spazio per tutti. Poco per volta la pioggia era cessata, ma il cielo era rimasto cupo. Il tempo di raggiungere le baite ed un altro scroscio di mezz’ora aveva investito la valle, interrompendo anche la mungitura delle vacche nell’alpeggio confinante. La pioggia è sempre un po’ un fastidio, ma in questo caso si prende volentieri, dopo averla tanto invocata!

…pare comunque di raccontar favole, adesso che sono qui a 34°C, a pochi chilometri di distanza, dove non piove da settimane, mesi e sta seccando tutto…

Sembrava l’aria d’autunno

Un giorno è torrido, in pianura il caldo e l’afa la fanno da padroni, ma anche lassù il calore si fa sentire. Però la preoccupazione è un’altra, la siccità. Certe montagne sono più belle, ancora verdi, quelle tardive dove magari la neve si è sciolta dopo. Altre invece sono aride, battute dal sole e dal vento. Qui, dopo il primo pascolamento, l’erba non è ricresciuta ed anche i pascoli ancora “interi” mostrano chiazze via via più ampie di erba “bruciata”, arida, ingiallita, specie sulle aree di cresta o quelle più rocciose. E’ impressionante la vista della webcam nella Conca del Prà in Val Pellice, pare di essere a fine ottobre.

Il caldo lo patiscono pure gli animali. Il cucciolo, che fino alla scorsa settimana aveva paura ad attraversare torrenti e ruscelli, ora vi si tuffa dentro e ne approfitta per rinfrescare la pancia e le zampette (anche le rocce sono calde!).

Nel giro di pochi giorni le fioriture cambiano. Quello che oggi è un tappeto multicolore, dopo due, tre giorni di sole e vento appassisce rapidamente. Basterebbe anche solo un po’ di pioggia. No, a dire il vero servirebbero giornate intere di pioggia, perchè già l’inverno è stato avaro di neve e la terra ha sete.

Quant’è preziosa l’acqua in alpeggio… Se manca, anche il miglior pascolo perde il suo valore. Con poca acqua, gli animali mangiano male, pascolano in modo meno accurato e poi si sposterebbero a cercarla. Oppure brucano, ma non fino a sazietà. D’altra parte anche noi, mangiando, se ad un certo punto abbiamo sete e non possiamo bere, smettiamo di cercare altro cibo, no?

La nebbia non porta acqua, ma solo una tenue umidità… Per lo meno interrompe il dominio del sole torrido, e del vento. Però ad alta quota la nebbia può anche essere data da nuvole basse e forse allora qualcosa può cambiare. Ci si attacca a tutto… Lassù i problemi sono quelli immediati, le esigenze più semplici, bere e mangiare, prima per le bestie, poi per te.

E quando la nebbia si alza c’è aria di temporale, il cielo ha quell’aspetto della pioggia imminente… E pioggia sarà, ma solo scrosci brevi, con tanto vento e tuoni, un fastidio temporaneo per i pastori, “…ma non è nemmeno riuscita a bagnare la polvere!“. Infatti il sentiero che porta al recinto è coperto da una polvere inumidita appena in superficie, ma impalpabile come talco appena sotto, e si forma una nuvola al rientro delle pecore.

L’indomani, di nuovo sole, e vento. Non è più capace a piovere, le nuvole si rincorrono in cielo. C’è chi dice che “…la cipolla d’altra parte l’aveva detto, siccità fino al mese di ottobre!“. Pare sia una prova tradizionale, una previsione fatta con una cipolla tagliata, guardando qualcosa si saprebbe l’andamento dell’estate, umida o siccitosa.

Così non si credeva più che quella giornata di nebbia potesse portare “qualcosa”. Anche se in effetti faceva freddo già al mattino, quando il cielo era livido, un grigiume alto, non nuvole gonfie di pioggia. Sembrava l’aria dell’autunno, più da fine settembre che fine luglio. Addirittura da inizio ottobre. Nella nebbia, a 2.500 e più metri, faceva freddo. Non era la nebbia di quei giorni di afa in pianura.

Poi la nebbia si era alzata e le nuvole alte avevano iniziato a lasciar cadere qualche goccia. Verso sera, pioggia battente, non un temporale. E al mattino? Anche dentro, nella baita, sentivi che l’aria fuori aveva un qualcosa… Cielo azzurro, limpido, ed una bella imbiancata dai 2.400, 2.500 metri in su. L’erba brillava, subito più verde. Non è quello che salva della siccità, ma su quelle montagne dove la pioggia è caduta, è stata una vera salvezza. La speranza è che non si alzi subito il vento, che arrivi ancora altra pioggia, un giorno o una notte ogni tanto.