Ho smesso di guardare il cosiddetto “TG satirico”, Striscia la Notizia. L’altra sera però, girando tra i canali, mi sono casualmente imbattuta nel solito Edoardo Stoppa che faceva visita ad un allevatore in Ossola (VB). Si sa, quando sono posti che conosci, ti soffermi maggiormente. E così ho guardato l’intero servizio, che potete rivedere anche voi. Anche solo così, ad occhio, c’erano molte cose che stonavano e contrastavano con le parole del “giornalista”. Ma questo lo può dire chi è del mestiere o che, bene o male, se ne intende. Ovviamente il pubblico generico si beve le parole di Stoppa e si indigna. Per gli animali “maltrattati”, per il latte nei secchi della vernice, per l’impossibilità di bere, ecc ecc ecc. Ma come stanno invece le cose?
Nei giorni successivi di articoli ne sono usciti tanti. L’indignazione è stata della gente dell’Ossola, degli allevatori di tutta Italia, ma anche delle istituzioni. Innanzitutto, gli animali non erano affatto maltrattati. Godono di ottima salute, hanno acqua da bere a volontà, stanno in stalla solo nella stagione invernale, altrimenti pascolano fuori e poi vanno in alpeggio. Leggete la difesa dell’allevatore uscita su “La Stampa”. «Con la vendita del formaggio riusciamo a malapena a coprire le spese, portiamo avanti il lavoro avviato anni fa dai nostri genitori con fatica, orari pesanti e, sebbene le nostre strutture non siano perfette, abbiamo bestie sane che trascorrono otto mesi libere in alpeggio e solo quattro in stalla». È lo sfogo di Mario Borri, allevatore di Domodossola. «Innanzitutto la persona intervistata è mio fratello che lavora in cava e offre il suo aiuto solo nel tempo libero; inoltre alcune parti del servizio in cui ci siamo difesi sono state tagliate – dice Borri -. Ciò non toglie che la nostra azienda abbia qualche dettaglio da migliorare, ma le difficoltà sono tante. Esiste una legge nel nostro Comune che permette di costruire il capannone per il fieno, ma non la stalla, perciò è difficile spostarci, quasi impossibile di conseguenza ottenere finanziamenti se manca il terreno su cui costruire. Le nostre stalle sono state fabbricate tanti anni fa e successivamente la zona è diventata residenziale, abbiamo le mani legate anche per vincoli idrogeologici e centro storico». Vecchia storia già sentita!
Le strutture non sono recenti, ma come mai una volta in montagna le stalle erano così? Adesso ci entusiasmiamo vedendo una vecchia stalla con tipologie architettoniche di pregio come questa (in Val Troncea, TO), poi ci indigniamo nel caso in cui vi siano vacche all’interno? Muri spessi, per non patire il freddo dell’inverno di montagna. Le vacche lì non le vogliamo vedere, ma magari sogniamo di riadattarle e farci una tavernetta dove incontrarci la sera con gli amici… Qui uno sfogo dell’allevatore ad un giornale locale.
Anche l’Asl ha preso le difese dell’allevatore. Ce ne sono tante di vecchie stalle ancora utilizzate in montagna, ma non è questo a definire un cattivo allevatore e delle cattive condizioni di vita per gli animali. “…Non ci siamo però sentiti di agire in modo deciso con il pugno di ferro perché, né per i consumatori né per gli animali, ci sono le condizioni che farebbero pensare a una situazione gravissima. Certamente siamo coscienti del fatto che ci siano dei margini di miglioramento ed è per questo che avevamo già intavolato un dialogo con l’allevatore che, nonostante le difficoltà in cui verte, si è detto disponibile a intervenire”. Edoardo Stoppa ha inoltre dichiarato nel servizio che le bestie “stanno al buio 24 ore su 24 per mesi e mesi”, ma l’Asl dichiara che “dalla primavera all’autunno gli animali sono condotti in un alpeggio sopra Bognanco dove vivono in libertà. Lo abbiamo visitato anche noi”. L’Asl aggiunge anche che “il comparto allevatoriale è sempre stato sviluppato nel nostro territorio e noi ci impegniamo costantemente al monitoraggio dei numerosissimi piccoli allevamenti della zona. Addirittura il numero di questi è aumentato nel corso degli ultimi anni da quando i giovani, con sacrifici e rinunce, hanno deciso di proseguire l’attività iniziata dai padri o nonni. La realtà è peraltro fatta di molteplici sfaccettature e bisogna essere in grado di valutare in modo razionale le situazioni”“. Un servizio costruito facendo vedere e sentire solo quello che voleva il “giornalista”. Una vera vergogna!!!!! Non che non esistano veri casi da denuncia, ma… sono le istituzioni a dover intervenire.
Le “animaliste” che hanno creato il caso non demordono e, nonostante tutto, continuano a sostenere le loro ragioni, negando anche l’evidenza. Molte vecchie baite di montagna vanno all’abbandono e c’è chi si indigna pure per questo, chiedendosi come mai e magari sognando di tornare ad abitarle. Vedete? Anche questo caso è significativo per aiutare a comprendere come non si possa più fare. Non tanto magari per le persone, ma perchè passa un’animalista e si preoccupa per come vivono i vostri animali nelle vecchie stalle. Delle vostre difficoltà di allevatori/montanari, dei vostri problemi con la burocrazia e con i conti da far quadrare non se ne interessa nessuno. E’ più importante la porta arrugginita dietro le quali ruminano, ben pasciute e al caldo, le vostre vacche.