Manca la pioggia

Dove non ha piovuto la situazione si sta facendo davvero critica e, probabilmente, ci saranno allevatori costretti a scendere dall’alpeggio con qualche settimana di anticipo. Dove ha fatto qualche temporale va già subito meglio, ma… in generale la situazione è critica.

Facciamo una carrellata tra le valli. Qui siamo in Val Germanasca (TO) ai Tredici Laghi. I pochi bovini presenti, lasciati liberi di spostarsi a piacimento, vanno dove l’erba è ancora un po’ più verde e fresca.

Ma sui costoni, tutto dove le rocce sono più superficiali, dove manca quel po’ di umidità dei laghi (anch’essi molto bassi di livello), l’erba è gialla, rossa, completamente secca. Il sole splende implacabile, caldo, ogni tanto si unisce il vento ad asciugare ancora di più il terreno.

Gli effetti della siccità sono ancora più visibili in basso, in alcuni prati che, non so per quale motivo, non sono nemmeno stati pascolati. Gialle distese che paiono campi di grano… e siamo solo a fine agosto, non ad ottobre! Un tempo da queste parti si vedevano più animali, invece oggi gli alpeggi paiono sotto utilizzati, con il bosco che avanza.

Cambiamo vallate: Vallone dell’Arma in Valle Stura (CN), zone già normalmente più aride e meno piovose. La mandria è sparpagliata sul ripido pendio, a pulire tutto quello che resta.

Anche più in alto ci sono altre mandrie, laddove ormai quasi tutto è stato pascolato. E’ normale, a questa stagione. Si finiscono i pascoli alti, poi si scende. Il problema è che, più in basso, le alte temperature e la siccità non hanno fatto ricrescere l’erba già pascolata ad inizio stagione, o hanno fatto seccare quella che c’era.

Se solo avesse piovuto almeno un po’… Qui siamo ai Tornetti in Val di Viù (TO), dove invece ci sono stati dei temporali, alcuni anche violenti e con grandine. Mi dicevano che la grandine ha addirittura schiacciato l’erba. Però almeno qui di erba verde ne ho vista, i colori erano quelli giusti per la stagione, per l’inizio di settembre a questa quota.

Val d’Aosta, Vallone di Saint Barthelemy, Tsa de Fontaney. Non c’è più niente, l’erba è stata totalmente pascolata, nei prati sottostanti è stato già sparso il liquame, ma la terra è dura, non vede pioggia da settimane.

La mandria sta pascolando molto più in alto, quasi sotto al colle, accanto un laghetto, dove ancora c’è un po’ di verde. Lungo il ruscello, salendo quassù, era l’unica zona dove si vedeva quel colore. Non ha ancora fatto molto freddo, anzi… le temperature sono spesso ben superiori, il suolo è ancora caldo, con la pioggia l’erba ci sarebbe ancora.

Su di un altro versante, in un vallone laterale, le vacche sono puntini scuri sparsi in una zona più verde… ma vengono i brividi a vedere la pendenza di quel pascolo, forse più adatto a pecore e capre. Probabilmente, in un’annata normale, non sarebbero state mandate a pascolare lassù, ma per prolungare la stagione, si coglie tutto quello che c’è, dove c’è.

Altro alpeggio, anche qui pare che non ci sia più da mangiare per molti giorni. La desarpa sarà anticipata per molti, quando non c’è più niente, le bestie torneranno giù.

Più in basso c’è un pastore con il suo gregge, per pecore e capre si trova ancora sempre qualcosa in più, dato che si pascola ovunque sui pendii, sotto agli alberi, tra i cespugli. Il gregge poi è piccolo, sono animali affidati al pastore solo per la stagione estiva.

Il recinto è nella versione “massima sicurezza”, più alto della media e con un giro di reti “normali” intorno. Qui i lupi ci sono, sono già stati visti e fotografati quando ancora c’era la neve. “Di solito dormo qui nella roulotte, ma se capita di scendere la sera, voglio essere tranquillo!

Il pastore si chiama Remo, ci conoscevamo a vicenda, ma solo di nome… Sapevo che era stato a lungo nel Nord Est a fare il pastore da quelle parti, ma adesso è tornato nella sua regione d’origine dopo aver venduto il gregge che conduceva al pascolo da quelle parti.

Mi piacerebbe riuscire a fare un gregge solo di pecore Rosset, in alpeggio. Qui adesso ci sono delle Biellesi e delle Rosset. Oppure mi piacerebbe prendere delle pecore Lacone, farle partorire in primavera, salire e mungere, fare formaggio di pecora.

Anche se in Val d’Aosta soffia il vento, oltre a non piovere, la fortuna è avere almeno tutto un valido sistema di irrigazione a mezza quota e in bassa valle. Dove sono stati tagliati i fieni, poi si bagna e, quando scenderanno gli animali, potranno esser messi al pascolo. Ma, dove l’acqua non c’è, qualcuno ha già addirittura problemi a far bere mandrie e greggi, su negli alpeggi.

La capra è donna, la pecora uomo

E’ passato qualche anno da quando avevo intervistato Marta per “Di questo lavoro mi piace tutto”, il libro sui giovani allevatori. Marta aveva fatto la scelta di stare in montagna, nonostante le scomodità che questo comporti per qualsiasi lavoro. All’epoca la sua attività era all’inizio e, addirittura, mi diceva che non le piaceva andare al pascolo.

Mi mettevo a piangere, le capre erano quelle di mio papà, erano abituate a stare con le pecore. Sia loro, sia il cane, obbedivano alla voce di un uomo! Adesso io e Luca litighiamo per andare al pascolo, guai se non posso andarci!“. Marta è tornata a Sambuco dopo aver visto il mondo, in azienda gli animali c’erano già, lei ha scelto le capre. “Le ho scelte per il latte, con le mucche è troppo impegnativo iniziare dal niente, poi da sola sarebbe stato troppo difficile.” Luca è arrivato dopo: “Facevo il fotografo, stavo seguendo un progetto sul lupo e la pastorizia. Ho conosciuto il papà di Marta, sono tornano, lui non aveva tempo e mi ha mandato da lei…

Dal 2011 lavorano insieme. “Ci siamo sposati, siamo andati in viaggio di nozze in Val d’Aosta, là abbiamo visitato aziende di capre, ci siamo ispirati a quello che abbiamo visto… Come razze, quelle di mio papà con cui ho iniziato erano nostrane, a me piacevano le Rove, ma qui non danno latte, ne hanno a malapena per il capretto. Il formaggio lo faccio io, vado a fare mercati. Adesso da un mese e mezzo mungiamo a macchina, prima tutto a mano.

Lo scorso anno spesso eravamo in tre, ma quest’anno quando lei è al mercato, dovevo farmele tutte io, 150-160 litri…“, racconta Luca. “Io ero contraria alla mungitrice, c’è meno contatto con l’animale, è più una catena di montaggio, ma da quando c’è siamo meno stanchi. I primi anni sono stati un po’ così… i capretti non volevo venderli, le caprette mi faceva pena svezzarle, le capre vecchie non me la sentivo di venderle… Le capre hanno tutte un nome e non si da mai il nome di una capra morta ad una nuova capretta!

Trovo che la capra sia un animale femminile, è più furba e maliziosa della pecora. La capra è donna, la pecora è uomo! Le pecore non ti riconoscono come le capre…” Marta e Luca alternano tradizione alla modernità. “Un anno a dicembre non avevamo soldi per il fieno. Luca usava internet più di me, abbiamo copiato da un’azienda della Toscana ed abbiamo lanciato “adotta una capra“. Non conoscevo il potere di internet, dopo tre giorni già chiamavano dalla Sicilia per aderire all’iniziativa. Continuiamo a farlo, molti vengono a ritirare il pacco e passano la giornata al pascolo con noi.” Leggete anche QUI un’altra intervista a Marta con ulteriori dettagli sull’iniziativa.

Le capre sono al pascolo in una frazione a monte di Sambuco. Tutte le sere vengono fatte rientrare in paese per la mungitura. Se il caseificio è stato realizzato ed è in piena attività, una lunga vicenda riguarda le stalle utilizzate dall’azienda. “Speriamo di riuscire a farcene una, ma servono soldi e ci sono tanti problemi. Dicono che aiutano, ma bisogna provare ad andare a fare le domande per i contributi per capire cosa significa…“, racconta Luca.

Pensavo di saper lavorare il latte perchè avevo lavorato in caseificio a Demonte… Ho poi fatto dei corsi a Moretta e sono stata un paio di volte in Francia da un’allevatrice di capre per imparare a fare la lattica. Io non riesco a capire le cose solo in teoria, devo vederle, toccarle. Poi vado ad occhio, a sensazioni, non sono una tecnica. I formaggi li trovate nel punto vendita a Sambuco, al mercato di Demonte e a quello di Vinadio.

La Fiera dei Santi a Vinadio

L’ultima domenica di ottobre a Vinadio (Valle Stura, CN) si tiene la Fiera dei Santi, giunta alla 159° edizione. La Mostra della Pecora Sambucana, ad essa abbinata, invece quest’anno festeggiava il 29° compleanno. Essendo stata a Bobbio Pellice al mattino, sono arrivata a Vinadio solo nel primo pomeriggio.

Risalendo la valle lungo la strada secondaria nell’inverso, qua e là ho visto animali al pascolo, vacche e piccole greggi di pecore. Una bella giornata di sole autunnale, quest’anno i prati sono tutti verdi di erba grazie alla stagione estiva straordinariamente piovosa. E così, fin quando non verrà a nevicare, si può pascolare all’aperto.

Come sempre, la cornice della Mostra è il forte di Vinadio. La fiera si svolge sia per le vie del paese, sia nelle piazze, ma data l’ora io punto direttamente sul luogo in cui vi sono gli animali. La premiazione è già avvenuta, ma qualcosa da vedere e qualcuno con cui chiacchierare lo troverò di certo.

Non mancano le bancarelle di prodotti artigianali, prodotti tipici agroalimentari. Formaggi, salumi, aglio, miele, frutta… C’è tantissima gente, il mercato è troppo affollato, quasi non si va avanti tra la ressa, quindi scendo nel forte per raggiungere lo spazio dedicato alle pecore.

Gli animali, tutti ovini di razza sambucana, sono nei loro box, suddivisi in base al proprietario. Pecore e agnelle di età differenti, montoni, anche qualche madre con l’agnellino, pecore bianche, pecore nere. I giudici le hanno valutate e scelte per la premiazione in base alle loro caratteristiche.

Infatti, nello spazio centrale, ci sono gli animali che sono stati selezionati e che hanno valso un premio ai loro allevatori. In questi 29 anni di mostra tanto è stato fatto per il recupero e la valorizzazione di questa razza ovina autoctona, oggi conosciuta ed apprezzata soprattutto per la carne (agnellone).

La sambucana è bianca o nera… ed anche questa categoria ha avuto i suoi soggetti premiati! Intorno agli animali a quest’ora ci sono soprattutto turisti, curiosi e tanti bambini, affascinati dalle pecore.

I bambini delle scuole hanno anche realizzato dei lavoretti a tema, con la lana e la storia della pecorella smarrita ritrovata dal pastore. Poi ci sono delle pecore dai colori tanto improbabili quanto simpatici.

Ancora lana, con le anziane signore che mostrano la loro abilità nella filatura. Gesti, conoscenze, capacità che vanno perdendosi. Nonostante da anni si parli di recupero della lana, valorizzazione della lana, per la maggior parte dei pastori la tosatura resta comunque un costo.

Oltre alle pecore nei box, un gregge locale è stato condotto qui quasi al completo, per far apprezzare ai visitatori gli animali, per dare appunto l’idea di cosa sia un gregge. Gli animali attendono pazienti. E’ stato dato loro del fieno, ma si sazieranno solo più tardi, quando finalmente verranno condotti al pascolo.

C’è il banco delle attrezzature, dove trovi un po’ di tutto, dalle reti alle forme per i formaggi, ma quello che attira sempre maggiormente è l’angolo dedicato a campane e campanacci. In questo caso meno spazio ai rudun per i bovini, prevalgono canaule e campanelle per pecore e capre.

Per concludere in bellezza, si può salire al piano superiore, dove tra caldarroste e vin brulè si può ascoltare e ballare musica occitana. E’ festa per tutti. La stagione si chiude con queste fiere. Presto potrebbe arrivare la neve, gli animali smetteranno di pascolare all’aperto, andranno in stalla.

Riparto da Vinadio con un vassoio di crouzet. Mi dicono di cucinarli subito, la sera stessa, ma sono raccomandazioni superflue! Questa pasta, simile alle orecchiette, lega la sua leggenda al nome di Giovanna d’Angiò. Se volete saperne di più, leggete qui cosa si dice a tal proposito. E’ ora di ripartire, con il cambio dell’ora le giornate si sono accorciate. Ma di fiere ce ne sono ancora, nelle prossime settimane. Un appuntamento sicuramente da non perdere è quello di un’altra Fiera dei Santi, quella del 2 novembre a Luserna San Giovanni (TO).

Mi permetto di ricordarvi che proprio a Luserna porterò in anteprima il mio libro “Pascolo vagante 2004-2014”. Vi aspetto!!

Nuove iniziative di “adotta una capra”

Ve li ricordate Marta e Luca? Bene, mi inviano le nuove offerte della loro azienda per l’iniziativa “adotta una capra”, quindi volentieri presto un po’ di spazio sul blog per dare visibilità a questi giovani e alla loro attività.

Siamo Marta e Luca, abitiamo a Sambuco, in alta Valle Stura di Demonte, dove alleviamo capre.
Alcuni di voi già ci conoscono essendo arrivati al terzo anno in cui proponiamo “adotta una capra”, altri invece leggono di questa iniziativa per la prima volta.
Il nostro gregge è composto da un centinaio di capre di tutte le razze e di tutti i colori, dalle rustiche chevre du rove, alle autoctone capre alpine, fino alle ultime arrivate camosciate delle alpi acquistate quest’anno.
L’amore per la montagna ci ha fatto scegliere un allevamento di tipo tradizionale: puntiamo al rispetto per il territorio, alla valorizzazione dei nostri formaggi e della carne. Utilizziamo il pascolo come principale fonte di sostentamento per le capre, nei prati vicino al paese durante la primavera e l’autunno, salendo in alpeggio durante l’estate presso la borgata Chiardoletta. Questa borgata di Sambuco, circondata da un fitto bosco molto amato dalle capre, si trova a 1500 metri di quota ed è
il luogo dei nostri sogni. Lì le giornate iniziano poco dopo l’alba con la mungitura del mattino, continuano con lunghe ore di pascolo fino al tramonto e si concludono al chiarore delle stelle con la mungitura serale.
Per mantenere ed esaltare le qualità organolettiche del latte appena munto questo viene trasformato crudo presso il caseificio aziendale. Dalla caldera escono i “chabrinet”, piccoli tomini a pasta cremosa alle volte ricoperti con cenere alimentare o con erbe aromatiche, le “tome del fourest”, formaggi con stagionatura da 1 a 3 mesi, dolci in estate, più saporiti in autunno e la ricotta fresca.


Nei mesi di febbraio/marzo,al termine di 5 mesi di gravidanza, le capre partoriscono i capretti, che riempono le nostre giornate di lavoro e gioia. Nei primi mesi di vita, fino allo svezzamento o alla vendita, rimangono con le madri nutrendosi del loro latte che garantisce una crescita ottimale e una
qualità delle carni superiore.
L’adozione di una capra costa 100 euro e vi da diritto al ritiro di 120 euro di prodotti. Questi saranno pronti a partire dalla tarda primavera e dovranno essere ritirati presso la nostra fromagerieLa Meisoun dei roc, in modo da poterci conoscere di persona e potervi avvicinare al nostro tipo di
vita. Non effettuiamo spedizioni dei nostri prodotti. Insieme ai formaggi riceverete anche patate, miele, funghi ed erbe di montagna essiccati e un calendario con le foto di Luca (che vi sarà spedito al momento dell’adozione) dove sarà segnata la data approssimativa per venire a ritirare il pacchetto
di prodotti.

Questa è la proposta per il pacco “Adotta una capra 2014”, due pacchetti di prodotti, il secondo rivolto a chi preferisse la carne di capretto al posto dei 5 kg di formaggio.
• 5 kg di “toma del fourest”
• 1 kg di ricotta
• 2 “chabrinet”
• 50 gr di funghi porcini secchi
• 1 kg di miele di montagna
• 1 calendario 2013
• 6 kg di carne di capretto
• 1 kg di “toma del fourest”
• 1 kg di ricotta
• 50 gr di funghi porcini secchi
• 2 “chabrinet”
• 1 calendario 2014
Se interessati a questa iniziativa vi preghiamo di contattarci ai recapiti sottoelencati, per eventuali domande o chiarimenti circa questa iniziativa.
Mail di Luca: erre24mm@hotmail.it Telefono di Marta: 333 9090570

Attività d’inverno

Salire in Valle Stura d’inverno per proseguire le riprese del film sui pastori… Questo era l’ultimo appuntamento con la famiglia Giordano, in un momento dell’anno durante il quale le attività di chi vive (e lavora) in alta quota si differenziano da chi invece scende a valle, magari praticando la pastorizia nomade.

Nelle intenzioni speravamo di incontrare l’inverno vero, ma quest’anno le cose vanno così. Un po’ di neve c’era, ma poca. Il freddo quello sì, ormai il caldo davvero anomalo sembra essere dimenticato, quindi non mancava ghiaccio e la neve residua, però… Sognavamo il vero senso di inverno in montagna e abbiamo dovuto accontentarci!

D’altra parte al mattino avevo fatto due passi ed ero riuscita a salire nel versante esposto a sud quasi senza pestare neve. I pascoli erano addirittura scoperti qua e là, con ampi segni del devastante passaggio dei cinghiali. Anche se si intuiva che fossero pascoli comunque utilizzati (picchetti di ferro dove tirare i fili per le vacche ancora posizionati in loco, mah…), tra il dissodamento ad opera degli ungulati ed i cespugli infestanti che stanno addirittura ostruendo il sentiero, la situazione non era delle migliori.

Freddo sì, ma non freddissimo, tant’è vero che nei pressi di una sorgente brillava quest’erba così verde, così fresca da far pensare alla primavera imminente e non al cuore dell’inverno. Eppure al primissimo pomeriggio già il sole accennava a tramontare ed il cielo già si velava, come se davvero dovesse arrivare la neve.

Dai Giordano si era in piena attività di tosatura, lavoro che impegna quotidianamente padre e figlio per parecchio tempo. “L’altro giorno poi c’era la tosatrice che non funzionava ed abbiamo dovuto portarla giù ad aggiustare. Abbiamo messo insieme anche altre cose da fare, mentre si scendeva… Partiti al mattino, non siamo venuti indietro fino alla sera alle sette, con tutti i lavori ancora da fare…“, racconta Lucia. In stalla c’è caldo umido, telecamera e macchine fotografiche si appannano con grande disappunto della troupe.

In stalla le pecore mangiano fieno, qui non si esce fino alla primavera, quella vera. Prima di iniziare la tosatura, le mangiatoie sono state riempite, così gli animali si alimentano, mentre gli uomini lavorano. E’ un lavoro duro, lungo, noioso, va già bene che adesso ci sono le tosatrici elettriche. Il ronzio però è tale che non si può procedere con le interviste, solo filmati di questa attività tipicamente invernale, per chi ricovera le pecore in stalla.

Da una parte quelle già tosate, dall’altra il lavoro per le prossime settimane! Battista e Daniele sono precisi, accurati, non si vede un taglietto o anche solo uno segno, un ciuffo di lana più lunga rimasta sulla schiena delle pecore. “I tosatori… Quelli sono più veloci di noi! Ma fanno solo quello…“.

Lucia ci mostra i lavori, la loro casa è in corso di ristrutturazione per poter fornire accoglienza ai turisti, tre stanze, sei posti letto all’ultimo piano, come affittacamere. Integrare le attività per vivere, sfruttando le opportunità offerte da alcuni finanziamenti disponibili per interventi di questo tipo… Poi riuniamo la famiglia intorno al tavolo durante una piccola pausa nei lavori, così mostriamo loro l’anteprima del film (questa). Non commentano la loro storia, ma osservano con curiosità gli altri pastori, soprattutto… le loro bestie!

Per la prossima puntata aspettiamo il maltempo, ci è già stato fatto notare che, in tutte le occasioni, abbiamo ripreso una pastorizia idilliaca baciata dal sole. Alla prima neve quindi la troupe ripartirà… E poi si inizieranno a seguire anche le altre storie di pastori. Ci sarà anche un sito dedicato al film, ma vi farò sapere prossimamente non appena sarò riuscita a caricare un po’ di materiale.

Come in un film western

Siamo tornati in Valle Stura per il secondo appuntamento con la famiglia Giordano (fienagione in fondovalle + alpeggio in quota) finalizzato alla realizzazione del film sui pastori nell’ambito del progetto ProPast.

La pioggia tanto attesa si era presentata ad intralciare le operazioni di fienagione, ma poi il giorno dopo la mattinata era splendida e ci siamo avviati molto presto a raggiungere l’alpeggio. Visto il carico delle attrezzature, ci era stato consigliato di salire dal Vallone dell’Arma e non dal sentiero utilizzato da Battista, da suo cognato e dal loro aiutante Andrea per arrivare alla Montagnetta. Qualche esitazione all’inizio per colpa della segnaletica mal posizionata (ed errata nelle tempistiche), ma poi ci siamo avviati sulla strada giusta.

Il posto è splendido, la vecchia strada militare abbandonata in alcuni tratti è franata o ingombra di pietre, ma attraversa questo paesaggio di rocce calcaree compiendo svolte e tornanti dietro ciascuno dei quali uno si aspetterebbe di veder arrivare un cowboy a cavallo avvolto nel poncho…

In effetti girare qui un film non sarebbe male… Ah, già, noi lo stiamo facendo! Ma non è fiction, non è fantasia, si tratta di vita reale, anche se qualcosa di ciò che vi mostreremo sembrerà incredibile a molti.

Finalmente, dopo un lungo cammino con le attrezzature, arriviamo al Colle del Vallonetto e scorgiamo laggiù la baita, il recinto e le pecore. Ci aspetta ancora la discesa, sempre lungo l’antica strada militare.

Giusto in tempo per vedere l’uscita del gregge dal recinto… Tra ciuffi di erba secca e dura, che nemmeno le pecore mangiano più, e nuvole di polvere che si posa ovunque (anche sugli obiettivi di macchina fotografica e telecamera), gli animali seguono il pastore, che anche oggi li condurrà al pascolo.

Qui la vita è dura, Battista, suo cognato ed il giovane Andrea si alternano nella cura e conduzione del gregge, tre giorni ciascuno. Si sale con i viveri misurati per quel periodo, anche perchè la capanna è così piccola da non permettere di ammassare molte cose. E poi tutto pesa, sulle spalle, a partire dal pane. La buona Lucia, giù a casa, prepara pietanze da portare su, perchè “…uno a scatolette e salame si rovina lo stomaco!“.

Nei pressi del recinto c’è una carcassa, o meglio, le ossa e un po’ di lana. Battista ci spiegherà che si trattava di una pecora malata, lasciata indietro in una rete accanto al recinto. “Al mattino era viva, poi gli avvoltoi l’hanno uccisa e mangiata. Ne ho contati 18, l’altro giorno! Hanno pulito tutto lì sotto, dove un’altra pecora era morta. Non so, stava bene, poi di colpo è andata giù, morta. Forse una pietra, non so. Ma l’altra era viva…“. Gli avvoltoi di cui si parla sono i grifoni. “Sono arrivati dalla Spagna, così dicono. Non so… Sono enormi! Dicono che mangiano solo carogne, ma…“. E infatti questo è quanto riportato comunemente a riguardo dell’avvoltoio grifone. Può darsi che la pecora sofferente fosse peggiorata o che fosse morta nel frattempo e quindi gli animali se ne siano cibati. Qualche ornitologo ci sa dire di più?

Il gregge avanza, Battista ci spiega che oggi andrà lassù, verso la cresta di confine, ha ancora dell’erba da finire di pascolare. Le pecore devono accontentarsi di quello che c’è, stanno già pascolando versanti che di solito erano destinati al mese di settembre. E poi? “Quando siamo saliti di erba ce n’era, ma dopo si è fermata… Andiamo avanti fin quando ce n’è e poi scendiamo, non si può fare altro“.

Un torrente, ancora un po’ d’acqua che, come in tutte le aree carsiche, compare e scompare all’improvviso, giusto per permettere al gregge di dissetarsi. Venisse a mancare anche quel poco d’acqua, bisognerebbe scendere subito.

La solitudine quassù non è totale: “In questi giorni passa molta gente, anche in bici, poi tanti stranieri a piedi, Tedeschi… Se sono lì vicino al sentiero si fermano a far due parole, quello sì. La moglie non so se è tranquilla quando sono quassù da solo… Ma è così. Mio figlio no, lui qui non sta. Ma è giovane, anch’io da giovane non sarei stato.” Questo discorso Battista lo ribadisce più volte ed io non riesco a spiegarmelo, perchè il giovane dovrebbe essere più pronto ad affrontare il “pericolo”, che poi è rappresentato “solo” dall’isolamento, specialmente di notte.

Le pecore salgono rapide sui pendii scoscesi ed assolati, c’è il vento e Battista si avvia per il versante più “dolce”. In poco tempo è in cresta e dopo mi confiderà di non essere più agile come un tempo, d’altra parte ormai gli anni sono quasi settanta “…e c’è anche un po’ di asma!“.

Meglio non ripeterlo alla troupe che a fatica trasporta fin qui, ad oltre 2.700 metri, telecamera, cavalletto, microfono e macchina fotografica! Certo, il panorama una volta in cima è mozzafiato e pare di avere tutto a portata di mano, anche quella strana cosa bianca in mezzo a tanta roccia. Battista non sa cos’è, gli spiego che è il Monte Rosa, con i suoi ghiacciai. “Di qui Elva non si vede, dall’altra punta più in là sì…“. Poi lascia che gli spieghi cosa vediamo, i nomi degli alpeggi e dei loro conduttori, chi è quello con i bèru (le pecore), poi i nomi dei pochi paesi che si scorgono, le vallate, le montagne. E’ stato in Francia a lavorare da pastore, Battista, prima solo d’inverno, vicino ad Arles, e poi anche d’estate “…e andavamo in un alpeggio in faccia a La Grave, guardavo un gregge di 2.000 merinòs!“, ma altrimenti non ha viaggiato molto fuori dalla sua valle.

Terminiamo l’intervista, ci spiazza con qualche battuta, poi racconta della figlia che “…non so se tornerà. Ma è anche giusto, si fa la sua vita. Prima avevamo paura, perchè lui ha già tre bambini, ma poi abbiamo visto che le vogliono un gran bene e allora adesso siamo più tranquilli. Il futuro però non so. Finchè possiamo noi… mio cognato ha 14 anni meno di me. Però Daniele su qui non ci sta, di notte. Non so, per adesso è così, poi si vedrà. Quel ragazzo che adesso è da noi, Andrea, è proprio bravo. Trovasse un lavoro da star qui d’inverno, ma non trova niente, è difficile.

Poi Battista va dal suo gregge, che si è sparpagliato per la montagna. Non deve sconfinare, anche se dietro i pendii sono ripidi e difficilmente le vacche saliranno fin lì. La nostra macchina non dovrebbe essere lontana, vediamo sotto la strada della Gardetta, ma raggiungerla è meno scontato di quel che sembra e sicuramente impieghiamo molto più della mezz’ora preventivata dal pastore.

Pastorizia di alta quota

Il secondo pastore scelto per il film sulla pastorizia in Piemonte nell’ambito del progetto PROPAST in verità è una famiglia, che rappresenterà la realtà del pastore in montagna, che vive e lavora tutto l’anno in quota, occupandosi del pascolo, dell’alpeggio, della fienagione. In particolare, essendo in Valle Stura, si aggiunge l’aspetto della valorizzazione dei prodotti attraverso il recupero della pecora sambucana.

Al mattino le prime riprese sono in stalla, durante la mungitura. E’ Daniele, il figlio, a parlare e spiegare il suo lavoro, la sua passione. Tra non molto cesserà quest’attività, il gregge è prossimo alla salita in alpe e lassù non ci sono le strutture per continuare la caseificazione. Saranno il papà e lo zio ad alternarsi in alpe, lui resterà qui per le altre attività aziendali, prima fra tutte la fienagione.

L’allevamento della pecora sambucana è legato alla produzione di carne, principalmente agnelli ed agnelloni (tardoun), solo l’azienda Giordano munge e caseifica. Daniele racconta anche di come da qualche tempo sua sorella Patrizia, che si occupava soprattutto proprio del latte, si sia spostata in fondovalle, andando a convivere. Una scelta difficile, forse temporanea nella speranza di muovere poi quassù tutta la nuova famiglia.

Dopo si va al pascolo non lontano da casa. Battista davanti, Daniele dietro, un breve cammino per raggiungere i versanti dove il gregge si tratterrà fino a sera. Sono appezzamenti privati, affittati dai Giordano, dove il gregge contribuisce a mantenere pulito contrastando l’inevitabile avanzata dei cespugli.

Nonostante il maltempo in pianura, che si spinge fino alla media valle, quassù il vento regala una quasi inaspettata giornata di sole, che contribuisce a mostrare gli aspetti positivi del vivere e lavorare in montagna. Ci ripromettiamo di tornare per mostrare anche la realtà invernale, quella della neve, dell’isolamento.

Tra pochi giorni il gregge salirà lassù, sulla Montagnetta, l’alpeggio estivo. Un lungo cammino a piedi, non ci sono alternative per raggiungere i pascoli ed il gias. Anche noi, nel mese di agosto, andremo a trovarli, ma Battista ci suggerisce la strada più “comoda” dalla Bandia, dove possiamo avvicinarci maggiormente con l’auto e poi trasportare tutte le attrezzature per le riprese senza tanto dislivello.

Sono posti davvero “da pecore”, il territorio è adatto a loro. Il suolo calcareo caratteristico di queste zone garantisce un’alta biodiversità, che sarebbe però in pericolo se questi pascoli non venissero più utilizzati. La fioritura è appena agli inizi, i piccoli cespugli aromatici rilasciano però i loro profumi quando calpestati dal gregge: il timo, la santoreggia montana, l’assenzio, la lavanda, la nepeta si mescolano con il dolce odore delle ginestre in fiore.

Daniele ha già parlato prima, è la volta di Battista, così il figlio controllerà il gregge mentre il papà racconta. La passione è fortissima per entrambi, questo mestiere è la loro vita, ma emergono parole forse inaspettate. “Non volevo continuasse qui, avrei preferito facesse altro. E’ perchè c’è il lupo… Non è più vita, non si può lavorare così. Non puoi lasciarle da sole nemmeno un minuto, nemmeno qui vicino alle case. E poi d’estate deve sempre esserci su qualcuno. Prima salivamo 2, 3 volte la settimana per vedere se era tutto a posto, per dare il sale, intanto giù si faceva il fieno.” Quest’anno ad aiutare la famiglia c’è un giovane della pianura, di Fossano, che da tempo voleva passare un estate in alpeggio. “Ha voglia di fare, di imparare. Non ha paura a restare su anche da solo, vedremo come va.

Battista ha una vita da raccontare: l’emigrazione in Francia a lavorare come pastore, il ritorno e l’esperienza come operaio alla Michelin: “…ma mi ha rovinato, ho ancora un’ernia e l’ulcera da allora!“, senza mai rimanere senza pecore. E dopo la scelta di lavorare qui con la famiglia, fare i pastori come tanti, ma oggi invece esser rimasti in pochi. Si spopola la valle, i paesi, qualcuno resiste, ma a fare i pastori no, secondo lui una delle principali cause è la gestione “imposta” dalla presenza del predatore, che vincola quotidianamente almeno una persona della famiglia alla sorveglianza costante. “In alpeggio ci alterniamo io e mio cognato, tre giorni a testa, poi uno scende e l’altro sale con i viveri per tre giorni, avanti così. Daniele lui no, è giovane, lassù ha paura, da solo. Tutte le sere ci sentiamo con la moglie giù, con la radio. Non è facile.” In Battista c’è passione ed amarezza insieme, quando parla della sua vita.

Lucia ha sostituito la figlia Patrizia quando è andata a convivere in fondovalle. “Mi ha insegnato lei a fare i formaggi… Li abbiamo sempre fatti, ma poi lei si era perfezionata, era andata a Moretta ed era venuto su Guido Tallone a darle delle indicazioni. Ogni tanto le telefono e le chiedo, ma comunque quando può viene ancora su. Ho dovuto ricominciare ad organizzarmi la giornata, di lavoro qui ce n’è. Quando gli uomini sono su, oltre al fieno, c’è da cucinare per loro, di modo che ne abbiano per tre giorni. Non è facile variare e preparare qualcosa che si conservi…“. Parla, Lucia, racconta. D’estate si è lontani, nel resto dell’anno si cena spesso a tarda ora: “Ma non mi piace mangiare prima, li aspetto… Non mi sembra giusto, altrimenti, per un momento che si può passare insieme.

E’ forte il legame che unisce questa famiglia ed è stato uno dei motivi che ha fatto sì che sia rimasta qui a vivere e lavorare. La figlia se n’è andata da poco, “…ma è anche giusto così…“. Per Lucia è un errore chiudere le Comunità Montane, che qui hanno fatto moltissimo, sono una vera presenza, un Ente a cui rivolgersi ed ottenere aiuti concreti. Molte case sono in via di ristrutturazione, è la CM ad aver aiutato a partecipare ad un bando ed adesso gli interventi vengono finanziati e si contribuirà a rendere più vivo il paese. “Anche i giovani della Locanda, si danno da fare, si sono inseriti bene, lavorano bene e sanno farsi benvolere, speriamo davvero riescano ad andare avanti.”  Non è come ne “Il vento fa il suo giro”, qui chi viene da fuori è ben accetto, l’importante è che lavori, abbia rispetto e si dia da fare per il paese, il territorio, la comunità.

Torniamo ancora al pascolo, riprenderemo fino al rientro serale del gregge. Quella è una sera di sole e di vento, pertanto gli animali non verranno ricoverati in stalla, ma nel recinto sottostante. Sembra idilliaco fare i pastori qui, ma nelle parole della famiglia Giordano ci sono stati tanti spunti di riflessione…

Antichi mestieri e nuove foto

Un po’ di vostre foto, vostre storie… Iniziamo con Gloria che, dalla Valle Stura, ci ha mandato numerose immagini della rappresentazione Antichi Mestieri.

Ti invio alcune foto relative alla rappresentazione degli Antichi Mestieri svolti a Vinadio il 26 e 28 dicembre. Piu di 100 persone di Vinadio e della Valle Stura hanno voluto far vedere ai visitatori le tradizioni e usanze della nostra valle e trascorrere insieme un Natale all’insegna del passato.”

Ecco Gloria e Bruno. “Come inaugurazione della serata, abbiamo cantato tutti insieme, sotto l’albero della piazzetta, “ pastre de l’Argentiero” , canto in lingua occitana che dice: <<Pastres de l’Argentiero – Caloun d’en aout en bas – Pouòrtoun froumage gras- Dedin la fourmagiero – Per far la presentiero -Aou boun Gesù qu’es na.>> (Traduzione: Pastori dell’Argentera – scendono dall’alto in basso, –  portano formaggio grasso – dentro la formaggera, –  per farne offerta – al buon Gesù ch’è nato).

“E’ stato un vero successo di partecipazione da parte di tantissimi giovani, alcuni di tua conoscenza come Fabio di Fedio, i fratelli Bernardi di Rialpo, i ragazzi della Fiera di Vinadio.”, racconta Gloria.

Ecco ancora la cardatura della lana nella stalla, e successiva filatura. Per fortuna che c’è ancora qualcuno in grado di farlo, ma ci saranno anche delle giovani che imparano, in grado poi di tramandare questi “antichi mestieri”?

Concludiamo con questi ragazzi intenti a molare gli attrezzi, sotto gli occhi del pubblico che ha visitato la manifestazione.

Spostiamoci altrove, cambiamo valle, saliamo a Balme da dove Apollonia ed i suoi nipotini ci inviano le foto di un capretto molto particolare: “Questo capretto è nato il 2 gennaio:  il mio veterinario mi ha detto che sono una razza vecchissima, ne nasce una ogni 7 o 8 anni. Nascono completamente senza orecchie,  ma non è una malformazione, ma una razza vecchia che avevamo nelle nostre valli 100 anni fa. E’ difficilissimo allevarne, una 2 anni fa è nata sempre a me, ma non è andata bene. Speriamo in questa caprettina che si chiama Fiaba.

Per farmi gli auguri Adolfo invece mi aveva spedito questa magnifica immagine con un panorama mozzafiato. “La foto è stata scattata a metà ottobre sulle piste da sci del Passo Lusia. Il gregge è di Ruggero Divan “il re di Lusia”. Le montagne innevate sullo sfondo fanno parte della catena del Lagorai, versante che va dal Passo Rolle in direzione Predazzo-Cavalese.

Torniamo in Piemonte, Bianca ci manda degli scatti dal Castello di Vogogna (VB) dove, per il presepe vivente, degli amici sono stati chiamati a partecipare con i loro animali.

Li avete riconosciuti? Ecco Alex accanto al fuoco, quando ormai sono calate le tenebre.

Qui invece c’è Pamela. Presepi viventi senza neve anche da quelle parti, quest’anno.

L’ultima foto invece viene dalla Valsesia ed ho chiesto ad Anna se potevo copiarla dalla sua bacheca di Facebook per condividerla con tutti voi, perchè è davvero un bellissimo scatto che dice molto sul mondo dell’allevamento e dell’alpeggio.

Adotta una capra in Valle Stura

Non solo non finiscono più le interviste… ma i giovani intervistati mantengono i contatti e mi comunicano le loro iniziative. Marta ve la ricorderete di sicuro, ecco quello che ci scrive.

Siamo Marta e Luca, 29 anni entrambi, viviamo a Sambuco, nell’alta valle Stura e alleviamo capre. Veniamo da esperienze molto diverse: Marta da un periodo di lavoro in un caseificio e Luca da poco laureato in fotografia documentaria in Galles, ma condividiamo la passione per la montagna e vogliamo vivere di montagna. Questo amore ci ha fatto decidere di allevare capre e di produrre formaggi con il loro latte. Due anni fa Marta si è inserita lavorativamente nell’azienda agricola della madre, Isabella Degioanni, già impegnata nell’allevamento ovi-caprino e bovino. In questo periodo ha incrementato il numero di capre da50 a120 e Luca le si è affiancato nel lavoro.

Tutte le capre sono di razza meticcia alpina, che comporta una minore produzione di latte a favore di una maggiore rusticità dei nostri animali, che sono condotti sui pascoli di Sambuco per 7 mesi all’anno, segno del nostro legame con queste terre. A novembre abbiamo iniziato la costruzione di un caseificio, dove trasformare il latte delle nostre capre in formaggi di vario tipo e dove Marta potrà mettere in pratica le proprie conoscenze tecniche acquisite negli anni di lavoro presso il caseificio Valle Stura. Dal mese di novembre fino a aprile la produzione di latte è interrotta dalla gravidanza della capre; inoltre gli animali sono nella stalla e la loro gestione comporta molte spese quali mangimi, fieno. È un periodo difficile che ci mette a dura prova. Vi scriviamo per chiedervi di partecipare ai nostri sforzi con un contributo economico in cambio del quale potrete avere una selezione dei nostri prodotti quando ricominceremo la produzione. Dal mese di maggio sarà inoltre possibile per voi venire a ritirare i vostri prodotti, visitare il nostro gregge seguendolo al pascolo oppure assistere alle quotidiane operazioni di mungitura e trasformazione del latte. Il contributo che vi chiediamo è di 100 euro, al quale corrisponderanno prodotti per un valore di 120 euro.

Vi proponiamo due pacchetti di prodotti, il secondo rivolto a chi volesse ricevere della carne di capretto invece dei5 Kgdi formaggio stagionato.

•5 Kgdi formaggi stagionati

• 2 tomini muffettati

•1 kgdi ricotta fresca

•2 litridi latte fresco

•1 kgdi miele di montagna

• 50 gr di funghi porcini essiccati

•5 kgdi patate di montagna

oppure

•6 Kgdi carne di capretto

•1 kgdi formaggio stagionato

• 2 tomini muffettati

•1 kgdi ricotta fresca

•2 litridi latte fresco

•1 kgdi miele di montagna

• 50 gr di funghi porcini essiccati

•5 kgdi patate di montagna

Potete effettuare il pagamento tramite bonifico bancario (dati sotto elencati), giro posta, venendoci a trovare a Sambuco ed effettuare il pagamento in loco.

IBAN IT28U0760110200000094153400 Beneficiario Marta Fossati

Questi infine i nostri recapiti telefonici e indirizzi e-mail, nel caso voleste maggiori informazioni riguardo alle lavorazioni, alle modalità di pagamento o voleste sapere qualcosa in più sulle nostre capre.

Luca Giacosa

tel.3201625268 e-mail erre24mm@hotmail.it

Marta Fossati

tel. 3899375127  e-mail marta.mowgli@gmail.com


Vi aspettiamo, ora andiamo al pascolo. Marta e Luca