E’ ormai da qualche tempo che, quando riesco, vado a fare interviste per il mio futuro libro dedicato al mondo della capra. Ne ho già un buon numero, sono in tanti quelli che vorrebbero ancora essere intervistati, ma da TUTTI non riuscirò ad andare. Ovviamente ogni storia è unica e meriterebbe di essere raccontata, ma il mio non sarà un libro incentrato sulle interviste (avete presente “Vita d’Alpeggio”? Ecco, vorrei fare qualcosa di simile, dove le voci degli intervistati servono a spiegare meglio gli argomenti). Quello che posso dire dopo sei mesi di chiacchierate, è che ci sono storie simili, storie di uomini, donne, giovani e anziani che allevano capre perchè si è sempre fatto quel mestiere in famiglia, perchè piacciono le capre, perchè c’è la passione. E poi ci sono storie anche molto differenti tra loro, quelle di chi è arrivato ad allevare capre dopo un percorso di vita. Sarà tra questi che concentrerò le mie prossime interviste, altrimenti rischio che il libro non arrivi mai ad una conclusione…

I primi animali che incontro davanti a casa di Marco sono dei bovini, per di più di una razza particolare: si tratta di tre Highlanders, nelle diverse colorazioni del mantello (rossiccio, il più conosciuto, nero e quello nella foto). “Quando ho iniziato, l’idea era quella di avere capre e bovini per gestire il territorio. Qui ho comprato da uno che era così entusiasta che facessi un’azienda agricola con le capre che mi ha quasi regalato le baite diroccate e i terreni, ma c’erano solo rovi, cespugli, erbe dure. Nel 2008 avevo già fatto la strada, nel 2009 ho iniziato, ma non è stato facile. Solo con i terreni non mi davano la qualifica di imprenditore agricolo, e senza quella non potevo avere le autorizzazioni e i permessi dal Comune per costruire! Così ho comprato 10 capre a poco prezzo, con quelle e gli ettari ho avuto la qualifica ed ho potuto iniziare.”

(foto Monika Hricko)
La storia di Marco inizia però prima. Io lo conosco dai tempi dell’università. Laureato come me in Scienze Forestali ed Ambientali, per un certo periodo abbiamo lavorato negli stessi uffici in facoltà: gli ambiti erano quelli dell’alpicoltura e zootecnia. Poi Marco ha svolto incarichi come libero professionista, quindi ecco la decisione di allevare. “Le capre mi sono sempre piaciute. Fin da subito l’intenzione era quella di mungere per fare formaggio di qualità. Formaggio ne trovi tanto, ma spesso manca proprio la qualità!”

Anche con la qualità e tutte le attrezzature a norma di legge, le cose non sono facili. “Quando ho comprato le attrezzature, ho concordato delle giornate con il casaro, che mi ha insegnato delle tecniche per migliorare. Io, leggendo libri e manuali, ero arrivato ad avere un prodotto che però era difettoso. Adesso mi sono specializzato, ho provato varie lavorazioni. Faccio freschi, lattiche, presamiche per gli stagionati, robiole a 20 giorni di stagionatura, tomette, tome, ho provato anche a fare il blu.”

La cantina infatti è molto fornita. “Quando ho iniziato ho sottovalutato il fatto che in questo momento in Italia, in Piemonte, a Lanzo… non c’era bisogno di formaggio di capra! Ti devi creare il mercato prima. Fornisco privati, alcuni negozi e ristoranti, ma quest’estate si è lavorato poco. Il ristorante o il negozio non ti chiama per dire che ha finito il prodotto, lo devi cercare tu. Piuttosto che spendere quei cinque euro in più per la qualità del prodotto, preferisce risparmiare acquistando da quello che lo fa “uso famiglia”, ma magari lo porta a poco prezzo anche a 50 chilometri di distanza! Gente che rovina il mercato a me, ma nemmeno si arricchisce, vendendo a quel prezzo!”

(foto Monika Hricko)
“E’ una delusione trovarti di fronte a molta gente che si riempie la bocca di belle parole sulla montagna, sul ritorno dei giovani, su chi la fa vivere, sulle iniziative, ecc, ma poi proprio loro i tuoi formaggi non li vengono a prendere. Quando io giravo gli alpeggi per lavoro, quando trovavo delle realtà che mi piacevano, non stavo mica a guardare il prezzo!”

E’ una dura lotta anche recuperare il territorio. Pur essendo la capra adatta a pascoli cespugliati, pur essendo Marco un tecnico che si è occupato di miglioramento e recupero di pascoli anche dal punto di vista teorico, di difficoltà ce ne sono. Mi spiega che, in questi anni, il pascolo è già migliorato, grazie ad un lento recupero con il pascolamento. “Il fieno invece un po’ me lo faccio perchè sono terreni di mia nonna e mi spiace lasciarli andare, più che altro è una soddisfazione. Poi ne compro, cerco di prenderlo il più vicino possibile e vado a vedere i prati prima che vengano tagliati.”

(foto Monika Hricko)
A volte viene persino il pensiero di smettere, o meglio, di andare altrove. Monika è Australiana, presto lei e Marco andranno in Australia per sposarsi, ma ci sono già stati insieme altre volte. “Il mio obiettivo è quello di fare un lavoro che ci dia soddisfazione e che faccia sì che possiamo essere tranquilli dal punto di vista economico. Non mi interessa fare allevamento intensivo. Vedremo come andrà nei prossimi anni… Se qualcosa non cambia, se non si inizia a guadagnare il giusto, magari lasciamo tutto e ci trasferiamo, là è tutto un altro sistema, un altro modo di lavorare.”

(foto Monika Hricko)
La chiacchierata va avanti a lungo, era da tempo che non ci vedevamo. Non posso non chiedere a Marco come valuta l’esperienza universitaria, oggi che fa questo lavoro. “Mettere su un’azienda agricola mi ha insegnato tante cose. A qualcosa l’università è servita, ma visto l’investimento di soldi e di tempo in quegli anni, francamente speravo servisse poi di più, una volta nel mondo del lavoro! Ogni tanto ho ancora contatti con il dipartimento per qualche progetto.”
Per contattare Marco, cercate su facebook “La capra e la panca – Azienda Agricola“.