Otto montagne

C’è un libro che dovete leggere, se non l’avete ancora fatto. La maggior parte dei libri che ho letto nella mia vita, li ho presi in biblioteca, perché se avessi dovuto acquistarli a questo punto avrei una casa con i muri fatti di volumi, talmente tanti sono i titoli che ho “divorato”. Raramente cerco un libro sulla base di recensioni, di solito mi affido al caso. Vado allo scaffale dei nuovi arrivi e mi lascio ispirare da qualcosa, una frase nella quarta di copertina, un titolo, la copertina stessa. Con “Le otto montagne” di Paolo Cognetti pensavo di leggere un romanzo “di montagna”.

Non pensavo però di trovare la “montagna” nell’accezione di chi vi sale in alpeggio con il bestiame. Montagna intesa come alpeggio, “lui la chiama così“, dice uno dei protagonisti. Ho letto le recensioni solo una volta terminata la lettura di questo meraviglioso libro, scritto con uno stile scorrevole, in grado di far rivivere (specialmente a chi la montagna la conosce bene) sensazioni, paesaggi, suoni, rumori e persino odori. Ero lì durante la mungitura, vedevo i momenti della lavorazione del latte, guardavo con tristezza l’alpeggio vuoto e abbandonato, le baite crollate, sentivo i campanacci.

Le recensioni sono tutte positive e al suo Autore, quasi mio coscritto, hanno portato un meritato successo. I posti di cui parla mi sono meno famigliari di altri, ma mi sembrava comunque di conoscerli. Ho poi cercato on-line i riferimenti ed ho scoperto di essere stata in alcuni di quei luighi, ma ho solo sfiorato il vallone in cui è ambientato il cuore del romanzo. Però non è quello il punto: in questa o in quella valle, io mi ci ritrovavo a camminare per quel sentiero. Vivevo il cambiamento delle stagioni, la transumanza verso l’alpeggio, i pascoli che via via vengono mangiati, l’ora speciale della sera, la mia preferita quando ero lassù, quella in cui il tempo si dilata, i suoni sono più profondi, c’è una pace che non ho mai ritrovato altrove.

Anche i protagonisti mi pareva già di averli incontrati, per lo meno quelli della montagna. Prevedevo le loro risposte, i loro comportamenti, il loro attaccamento a quelle baite, agli animali, al lavoro, ai luoghi di origine. Chi scrive le recensioni parla del rapporto padre-figlio, parla della montagna intesa come territorio, come scuola di vita, come luogo in cui ci si confronta con sé stessi meglio che non altrove. Tutto vero, e l’Autore è molto bravo a tratteggiare i suoi personaggi, il loro carattere, i conflitti interiori, la trama del romanzo.

Ma io mi sono soprattutto lasciata trasportare lassù (il lago non è questo, ma è poco lontano…) nelle quattro stagioni, specialmente quella estiva e quella autunnale, la salita in alpeggio quando ormai è tutto pascolato, bruciato dal gelo, con le fiamme dorate dei larici. L’aria che cambia dopo quel certo temporale, i raggi che si fanno obliqui… Certe descrizioni sono identiche nei miei occhi, nei miei ricordi, forse le ho già riportate da qualche parte anche nei miei libri o su queste pagine virtuali. Chi ha scritto “Le otto montagne”, la montagna la conosce bene, l’ha vissuta. Non è solo opera di fantasia, questo romanzo, ma… anche senza conoscere l’Autore, posso immaginare che nelle pagine della sua opera ci siano tante ore spese lassù, nella montagna dei pascoli, in quella del bosco e pure in quella più altra, delle pietraie e dei nevai.

Molte volte i libri “di montagna” hanno come protagonisti quelli che “vanno” in montagna. Qui invece c’è chi la abita chi la vive, chi cerca di resistere, chi vuole riportare in vita l’alpeggio abbandonato, sfalciare e pascolare i prati che altrimenti verrebbero invasi di cespugli e alberi.

Eccolo il torrente lungo cui giocavano i protagonisti, da bambini, torrente che cambierà, che si ingrosserà con le alluvioni, che verrà sfruttato dall’uomo per produrre energia. Ma che, in alto, continuerà a scorrere in mezzo a pascoli e rocce. Anche nel libro c’è qualche capra, che pascola incustodita alle alte quote… C’è la vita dell’alpe ritratta nella sua cruda realtà, senza eccessi di poesia. C’è il margaro che nasce con quella “malattia” e non potrà mai lasciare quel suo mondo, la sua montagna.

Leggete “Le otto montagne”, non rimarrete delusi. Scorre fluido come il torrente lungo il quale salirete e ridiscenderete molte volte con i protagonisti. E’ una bella storia, dura e spigolosa come i montanari, una storia che emoziona più volte, dall’inizio alla fine. Una storia che mi ha fatto riflettere anche su vicende personali. Una storia di territorio e radici, ma anche di valori antichi.  A me ha lasciato dentro un senso di malinconico struggimento, ma anche una gran voglia di andare a vedere quel vallone. Non chiedetemi dov’è… leggete il libro e provate anche voi a scoprirlo!

Una risposta

  1. Ciao Marzia, ho ricevuto il tuo messaggio e ti ringrazio moltissimo per le cose belle che hai scritto sul mio libro. Se che anch’io sono un tuo lettore? Seguo questo blog da anni, attratto da tutte le storie di uomini, animali e montagne. Ora mi piacerebbe molto scrivere dei “nuovi montanari” come te. Mi piacerebbe venire a trovarti quando avrò tempo, magari in estate (sono ancora molto preso dagli impegni letterari ma ho una gran voglia di tornarmene in montagna). E poi quando vuoi ti porto a Grana, lì ci sono tutte le capre che vuoi.

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