Parto nonostante le previsioni incerte, ma per fortuna il cielo è limpido e l'aria fresca. Almeno al mattino riuscirò a raggiungere la mia meta, spero di trovare i pastori che sto cercando. Le tracce ci sono ed infatti li incontro al Gias Chiot della Sella, dove i panni stesi al vento annunciano da lontano la presenza di qualcuno. Ci sono anche le pecore, che si stanno avviando al pascolo.

Simone l’avevo già incontrato insieme a sua madre Silvia nel 2005, quando giravo per scrivere “Vita d’alpeggio”. Sono oltre quarant’anni che questa famiglia sale qui nel Vallone della Meris, all’alpeggio Chiot – Sella. Madre e figlio, mentre il marito svolge tutt’altra professione. “Mettevamo il secchio sotto la fontana, ma l’acqua veniva giù goccia a goccia e ci metteva un’ora a riempirsi… Mia madre era molto più pulita di me ora (ma la semplice baita è pulita ed ordinata, ndA), si è cosumata le ginocchia al fiume a lavare. Lavava una prima volta, poi scaldava l'acqua, lavava una seconda. La vita che abbiamo fatto…”, sta raccontando Silvia a degli amici in visita. Oggi le cose sono un po’ cambiate, ma non poi così tanto, se si considera che siamo nel XXI secolo. “E’ passata una turista e mi ha chiesto se poteva usare il mio bagno… Ma qui, anche se hanno messo un po’ a posto le baite, anche se non siamo più nei vecchi gias come una volta, il bagno non c’è e non c’è mai stato. C’è il pannello solare al primo Gias, ma altrimenti niente luce, niente acqua. Il caseificio non l’hanno fatto, su al terzo gias tocca dormire in tenda, io con le mie gambe non ce la faccio più ad andare dietro alle bestie… Paghi l'affitto e non ti danno niente! Al giorno d'oggi non si può andare così, anche per i giovani. Spendono soldi in delle cose inutili e per noi nessuno fa niente. Parlano, parlano, ma… Un giorno l'altro mi metteranno magari in galera, io qui non potrei fare i formaggi. Ma almeno là starò tranquilla, mi riposerò. In un altro vallone c'è l'alpeggio attrezzato con il caseificio, l'hanno messo all'asta e l'hanno dato ad uno che salirà con un gregge di montoni da vendere ai marocchini. E' così che ci aiutano…”.

Dietro alle bestie, al pascolo, ci va Simone. Un gregge di pecore roaschine ed un gregge di capre. L’unica concessione alla modernità, su di qui, è il quad parcheggiato davanti al Gias del Chiot. “La prima volta che l’ho usato, sono arrivato su e volevo venderlo! Una volta presa la mano, però è comodo, visto che altrimenti bisogna andare e venire a piedi.” Simone ha aperto le reti e gli animali si incamminano. Queste sono montagne poco nebbiose, ventilate, il problema può essere la siccità e dove far bere le pecore.

“Una volta l’erba era migliore, si gestiva diversamente il pascolo. Su quei pendii adesso c’è tutto quello che qui chiamiamo carèl, le pecore non lo mangiano. Quando si dava fuoco, si bruciavano i pascoli a fine stagione, non ce n’era così tanto. E queste? Si andava al pascolo con una zappetta e toglievi tutte queste piante. Adesso non si può, figurati… E’ parco, non puoi toccare i fiori, è vietato. Stanno invadendo tutti i pascoli qua in basso, guarda che roba! Da bambino mia nonna mi aveva insegnato a fare un gioco, prendevo i frutti di questa pianta, li staccavo e quelli erano le vacche da portare al pascolo. Ci divertivamo così. Ma poi bisognava lavarsi bene le mani perché fa vomitare.” Il Vincetoxicum hirundinaria sta colonizzando a perdita d’occhio i pascoli del vallone, nessun animale lo pascola e così si diffonde liberamente a discapito delle erbe che possono invece piacere a pecore e capre.

Fa già caldo, anche se molto più in basso nei canaloni c’erano ancora i resti delle valanghe invernali e primaverili, insieme a tanta legna portata a valle negli anni precedenti. “Quando ha fatto le grandi nevicate tre anni fa qui è stato un disastro. Su all’ultimo gias una volta si entrava piegandosi, ma era fatto apposta perché la neve ci passasse sopra. Invece alzandolo è successo che la valanga ha portato via tutto e mi tocca dormire in tenda. Sono tre anni che chiedo il container con la domanda per il pascolo gestito, ma il Parco si è opposto per l’impatto ambientale. E i bivacchi che ci sono? Quelli non fanno impatto?”
Più tardi Silvia dirà che una trentina di anni prima l’affitto dell’alpe veniva pagato 100.000 lire: “…e, con il frutto della prima settimana, te lo ripagavi. Si scendeva tre volte la settimana con il mulo a portare giù ricotte e formaggi.”

Simone apre anche le capre, che si dirigono verso altri pascoli rispetto al gregge. Il principale cruccio di questo giovane pastore, classe 1985, è quello non poter essere autonomo rispetto ai vincoli che regolano quasi ogni aspetto del suo mestiere ed inoltre non vedere sufficientemente apprezzato e valutato il suo prodotto. "Mia madre voleva che facessi altro perché dice che non c’è futuro, ma dev’essere una cosa che ho preso con i geni, una malattia… Anche quelle poche volte che sono andato in gita con la scuola, dopo due giorni le pecore mi mancavano proprio, senti che non sei a posto."

"Quando sono su mangio sempre al sacco, mi alzo presto, mungitura, colazione abbondante, poi mungiamo di nuovo la sera e si va a letto sempre abbastanza tardi. Più avanti nella stagione le facciamo asciugare perché su non possiamo lavorare il latte e, dovendo stare sempre insieme alle pecore, non posso venire a portarlo giù qui. Da quando c’è il lupo non le puoi lasciare da sole.” In zona il predatore è ricomparso nel 1997. “E’ il primo anno che ho i cani, incontri con il lupo non ne hanno ancora avuti, ma per il resto sono davvero soddisfatto. Sono dei Pirenei, forse sono più lenti dei Maremmani, ma sono migliori. Non ho avuto problemi né con le pecore, né con i miei cani. Ed anche con i turisti va tutto bene e qui ne passano tanti. Certo, ci sono i cartelli, ma hai sempre paura che qualcuno passi lo stesso in mezzo e non sai come reagisce il cane."

Le pecore salgono in fila sui ripidi pendii, troveranno erba da pascolare più a monte, ma il sole caldo le infastidisce. "Quando le senti che si spaventano e scappano per il lupo, tu sei lì e non puoi fare niente… Anche per quello il recinto lo facciamo sempre in basso, vicino alle baite. Se le senti che si agitano, esci a controllare. Cerchi di spostarlo almeno una volta la settimana, ma alla fine tutte le parti pianeggianti restano rovinate, a farle dormire sempre lì. Essere da soli è dura. Adesso ci siamo io e mia madre, ma poi? Da solo non potrei far tutto, o lavori il latte o vai al pascolo. Le ragazze, se sanno che fai il pastore… Amici ne ho tanti, qualcuno che ha le bestie, le vacche. Qui conosci tanta gente, quelli che passano. Certo, non è che riesci a vederti tanto, alla sera tu vai a dormire perché al mattino devi alzarti presto, ma a me piace conoscere gente nuova anche per scoprire cose che vanno meglio rispetto a quello che facciamo noi.”

"Una volta quelle che mungevi scendevano comunque, solo che avevi i recinti in pietra, quelli che vedi ancora là in basso, e le mettevi lì. Tutte le altre invece pascolavano libere andando in alto ed i pascoli restavano mangiati meglio e concimati. Lavoravi il latte ed andavi su a vederle e portare il sale due, tre volte la settimana. Potevi scendere di giorno a portare i formaggi, adesso invece tocca andare la sera dopo che hai finito i lavori e ritorni su al mattino presto. Per fortuna che c’è almeno il quad.”

Il primo gias è quello ristrutturato con il pannello solare ed una stanza per la caseificazione, dove però manca l'acqua. “Fare il caseificio e poter lavorare il latte in montagna ed in pianura è uno dei miei sogni, anche perché qui arriva gente da Torino o da Milano e dice che non ha mai mangiato un formaggio così. Giù ne trovano a 30 euro il chilo e non ha questo sapore. Soldi ce ne sono pochi, altrimenti quello che vorrei è comprare una piccola cascina con un po’ di terra e… fare il pastore, per tutta la vita! E’ quello il mio sogno.” Lo so che forse io non dovrei dire che qui si fa il formaggio, perchè le strutture non sono idonee, ma secondo me è importante invece denunciare questa situazione, con persone capaci, in gamba, che producono ottimi formaggi e nessuno che si interessa della loro situazione. Eppure l'affitto lo pagano e perchè non ci si adopera per sistemare quella stanza per la caseificazione??

Silvia lo fa da una vita. Io non ho mai mangiato una ricotta di pecora buona come la sua. Metterla in bocca è un qualcosa di unico, con quel leggerissimo gusto di fumo che deriva dal fuoco a legna su cui fa scaldare il siero. Certo, le leggi proibirebbero anche quello. "Non è mai morto nessuno, a mangiare i miei formaggi." Penso alle mozzarelle blu e mi arrabbio, mi arrabbio con chi fa le leggi a tavolino, con chi sta seduto negli uffici e non conosce la realtà, con chi non immagina nemmeno cosa voglia dire vivere e lavorare in alpeggio.

“Mi piace tutto di questo lavoro, alle parti brutte non ci dai peso. Tra il lupo ed altro, adesso non sei mai autonomo. Più va avanti così e meno sai che futuro ti puoi aspettare… Le cose più belle sono avere una bella pecora, vederla al pascolo. La Roaschina deve avere certe caratteristiche, il naso, la testa, le corna… Preferisco avere un bel cavial che cento milioni! Ogni tanto c’è quel momenti di sconforto in cui ti viene da pensare di mollare tutto, magari quando tutta la stagione è andata bene e poi alla fine succede l’incidente, il lupo te ne ammazza dieci in un colpo. Ma è quell’attimo, il giorno dopo ti è già passata. Quel che c’è di bello qui è la serenità, se ti tolgono quello è finita.”

Sono così semplici, i sogni di Simone. A differenza della maggior parte dei suoi coetanei, è addirittura felice del fatto che su di qui il cellulare non prenda per niente. Lui sta bene con le sue pecore, solo che non si sente più libero. Chiede solo di poter fare il suo lavoro, essere rispettato e poter raccogliere i frutti delle sue fatiche. Non arricchirsi, ma solo essere pagato il giusto. "Le soddisfazioni di questo mestiere sono altre, non i soldi. Però devi poter vivere…".

D'inverno il gregge gira cercando pascoli fino ai mesi più rigidi, poi si affitta una sede. "Ma non è mai semplice trovare una cascina dove vogliamo le pecore. Ci sono tanti pregiudizi, dici che hai le pecore e dicono subito di no. La solita storia delle zecche, che poi non è vera… Tutta colpa anche di certe mele marce che ci sono in giro e vanno a fare danni, le conseguenze le pagano tutti gli altri pastori. Adesso c’è anche una legge nuova che dice che, nelle zone di mezza montagna, non puoi fare pascolo vagante, devi comunque avere una seconda sede, un posto dove ricoverarle. L’abbiamo trovato, ma non c’è la concimaia, ed è diventata obbligatoria perché non puoi mettere subito il letame sui prati, deve colare giù il liquido. Ma quando le pecore dormono fuori, sui prati? Non so… Abbiamo chiesto al padrone della cascina se era disposto a farla, ma il preventivo è stato di 25.000 euro!!! Certo che non te la fa! Una volta affittavi la cascina, pagavi le care (il quantitativo di fieno, ndA) e ti davano l’alloggio, la legna per scaldarti, la luce. Adesso devi pagarti tutto tu. Abbiamo cercato una concimaia da affittare per far vedere di essere a posto, ma le cascine che ne avevano una vecchia e le hanno ristrutturate per fare alloggi le hanno buttate giù. Non so… E’ un bel problema.”

Il posto è splendido, la vista spazia verso i monti, il lago presso il quale c'è un rifugio dove tante volte sono salita per delle escursioni, in passato. “Il futuro… Non so. Non devono continuare a spendere soldi per niente. Il Parco per noi non ha voluto il container, ma hanno fatto il centro per il lupo ad Entracque. Comprano le capre dai macellai per darle da mangiare ai lupi che hanno lì… Io vorrei solo poter vivere come una persona normale, non c’è niente da inventare, bisogna solo far conoscere il nostro mestiere, i nostri prodotti, far capire il loro valore. La nostra roba vale di più perché dà di più! Bisogna valorizzarla. Gli animali sono controllati, seguiti, non come certa roba che arriva dall’estero. Se non si capisce questo, tra quarant’anni le montagne saranno vuote. Giovani adesso ce ne sono ancora, avrebbero la passione, ma i genitori spesso li scoraggiano, così come faceva mia madre. Li pilotano verso altro, perché non c’è più la rendita, anche con le vacche.”

Scendo, passo ancora da Silvia, siamo daccordo che ci vedremo ancora, magari quando Simone verrà alla fiera a Luserna. Il tempo è passato veloce, le nuvole hanno occupato il cielo e c'è aria di temporale. Volevo salire ancora da altri pastori, ma pure lì manca la strada e così rinuncio, tornerò un'altra volta, il viaggio verso casa richiede quasi due ore e mentre guido medito ancora sulle semplici parole di Silvia e Simone. Ce n'è ancora da fare, se si vuole veramente operare in modo costruttivo per gli alpeggi e coloro che li utilizzano!