Appelli-annunci

Anche se da qualche tempo su questo blog esistono spazi per così dire “di servizio”, oggi riporto alcuni annunci qui. Stavo pensando in effetti di aprire anche una pagina dedicata ai cani, perchè ricevo sempre decine di richieste da persone che cercano cani da lavoro (toccatori o da guardiania).

(foto P.Annoni)

Il primo è un triste appello. Viene da Teresina, sorella di Candido, pastore che tragicamente se n’è andato qualche tempo fa. “Piango con tutto il cuore per il vuoto lasciato da un ragazzo solare, amante del suo gregge, pieno di energia e vitalita`, che per un momento di sconforto ha perso la propria vita a soli 45 anni. Sono sempre stata molto orgogliosa di lui, peccato che non glielo posso piu´ dire di persona. Ci vuole coraggio a stare fuori all`aperto sotto tutte le intemperie, pioggia, vento, ghiaccio, neve e sole cuocente, senza tutte le comodita` della dolce casa, le scarpe lucide e gli abiti puliti e stirati. Ogni tanto il calendario indicava anche per lui dei giorni festivi e non soltanto lavorativi, come le prime comunioni e le cresime dei propri figli, i compleanni, il Natale e la Pasqua, allora potevamo vedere Candido senza barba con i suoi bei ricci accorciati, folti come la lana delle pecore con l’abito adatto per l’occasione e naturalmente le scarpe ordinate che sostituivano gli scarponi. Grazie a tutti coloro che lo hanno amato e continueranno ad amarlo nel loro cuore ed anche a chi incontrandolo gli ha offerto aiuto e simpatia sul suo cammino.

Io non lo conoscevo, l’ho solo “visto” in questo articolo. Teresina abita in Germania e cerca chiunque possa raccontarle qualcosa di suo fratello. “Ammiro il lavoro del pastore anche se purtroppo poco capito e sostenuto. Principalmente le persone che hanno conosciuto Candido sono in Lombardia, nella provincia di Bergamo, soprattutto in Valle Seriana ed in  pianura, Brescia, Milano, Lecco, Como. Un messaggio a tutti coloro che hanno conosciuto Candido di persona ed hanno potuto vederlo e parlargli sia in passato ma anche e soprattutto nei primi nove giorni del 2014, sarei molto lieta di ricevere testimonianze che mi possano rendere ancora piu’ vivo il suo ricordo. Grazie a chi vorra’ parlarmi di lui. Il mio indirizzo mail e’: teresina.rossi@gmx.de

Il secondo annuncio riguarda un cane. “Abito in prov.di Vicenza ho una femmina di border collie di 4 anni. L’ha portata a casa mia figlia anni fa. Ora però il lavoro di mia figlia  dopo la laurea l’ha portata a Roma e ovviamente non è  spesso a casa. Purtroppo io sono rimasta sola, mio marito e deceduto, e l’altro figlio per lavoro è lontano anche lui. In questo tempo ho cercato di gestire la mia bellissima “Vega” portandola fuori una volta al giorno e lasciando che corresse libera lungo l’argine del fiume e giocasse almeno un ora al giorno, ma ora sfortunatamente la mia salute è fortemente compromessa. Sto male nel vedere Vega costretta a casa, ha bisogno di spazi e di essere impegnata è insito nella sua natura. Io la REGALEREI molto volentieri a un pastore che la trattasse bene con affetto. E’ sana, sterilizzata molto attiva,  e sempre stata controllata dal veterinario. E’ molto molto intelligente e dolce, per lei sarebbe bene rendersi utile e io  sarei tranquilla nel sapere che può essere felice. Ovviamente potrei venire ad incontrare chi dimostrasse interesse alla mia “Vega” e fare un po’ di giorni di affiancamento affinchè si abituasse e non desse problemi. Grazie  Loretta. 3381763487 lzaborra@gmail.com

Almeno due buoni motivi per tornare lassù

E’ da qualche anno che, per un motivo o per l’altro, ogni estate c’è un post che riguarda questo alpeggio e questi amici. Anche quest’anno sono tornata all’alpe Giulian. Vi ricordate la visita dello scorso anno? Quindi bisognava tornare per avere gli aggiornamenti che riguardano questi giovani, visto che di novità ce ne sono eccome!

Questa volta salgo a piedi, non avendo motivi di lavoro o materiale da portare su, preferisco una sana camminata alla tensione di affrontare quella ripida e tortuosa strada. Con tristezza osservo l’abbandono che avanza ed il progressivo crollo di antiche baite che solo qualche anno fa avevo immortalato ancora con i tetti al loro posto. Qui i pascoli sono utilizzati, ma non le strutture, se non come stalle di fortuna per le capre in alcuni momenti della stagione.

Poi arrivo all’alpe Giulian ed uno dei motivi per andare lassù era vedere finalmente la nuova baita. Torniamo indietro anche a questo post per ricordare meglio quali erano le condizioni di vita e di lavoro quassù. Sarà Ivan più tardi a spiegarmi com’è che alla fine la baita c’è ed anche Katia mi racconterà la storia della loro casa in alpeggio… “Se non continuavamo ad insistere noi, non so se alla fine avrebbero fatto qualcosa! Il bando della Regione alla fine non è stato aperto e così abbiamo dovuto mettere dei soldi anche noi. Un rischio, visto che qui siamo in affitto e quindi la certezza assoluta di continuare a salire qui non c’è… L’hanno tirata su in 11 giorni…“. Ivan spiega: “Il Comune ha pagato parte del materiale e noi l’altra, più abbiamo messo il lavoro. Non ti dico che fatica, poi portare su tutto per quella strada!“. Oggi però la casa c’è, è confortevole, persino fin troppo calda, accogliente, adatta ad un bambino di pochi mesi ed a tutti quelli che vivono a queste quote. Grazie alla corrente elettrica della centralina c’è il riscaldamento, il frigo e persino la lavatrice, che consente di evitare di lavare a mano alla fontana o mandare giù ai genitori il bucato.

C’è anche un’altra novità in alpe, legata all’arrivo del piccolo Luca. Ivan questa primavera mi aveva chiesto se conoscevo qualche ragazza disponibile per passare la stagione in alpe e dare una mano a sua sorella, sia con i lavori, sia con il bambino. Per caso, negli stessi giorni, un’amica di questo blog mi raccontava le sue vicende personali. “Mi mancherà l’alpeggio, quest’estate…“. Comprendendo al 100% le sue parole e per una di quelle illuminazioni che a volte ti colgono istantaneamente, sfruttando la tecnologia che accorcia le distanze ho accennato la cosa all’uno ed all’altro. “Ci penso…“. “Ne parlo in casa e poi ti dico…“. Ma nel giro di poco tempo l’accordo è stato trovato e così ecco Camilla, che su questo blog era intervenuta in passato con commenti e foto. Classe 1990, una laurea di primo livello in Valorizzazione e tutela dell’ambiente e del territorio montano all’università di Milano, sede di Edolo, una tesi sull’accrescimento degli agnelloni al pascolo in alpe in relazione al cotico erboso… “Dalle pesate è emersa una mancata crescita e questo fattore è stato ipotizzato dovuto al turbamento degli attacchi dell’orso che si sono verificati in quella stagione“. Camilla ci aveva già parlato di questi problemi qui.

Per me praticamente questo è il quarto anno in alpe. Prima ero in Lombardia, al Crocedomini, dove ci siamo conosciute. Lì quell’estate ho passato su più o meno un mese. Poi le due estati successive sono stata su due mesi. Quest’anno qui starò due mesi e mezzo. Aiuto con il formaggio, vado al pascolo. E’ il primo anno che mungo, avevo paura di non riuscire. Per adesso mungo le vacche, sette a mano, stamattina volevo farne otto, ma non non ce l’ho ancora fatta! Sono contenta dell’esperienza. Ero abituata alle pecore, ad andare al pascolo, ma per il resto il lavoro è quello, gli orari sono un po’ diversi, ma uno si abitua. A casa abbiamo pecore, una quarantina, mio papà le tiene per passione. Mio nonno aveva le vacche, ma quando non ha più potuto tenerle abbiamo preso le pecore.

E qui riceverà anche un prezioso regalo. Ci sono delle differenze tra Lombardia e Piemonte, per esempio qui si usano molte più campane e queste poi sono sorrette dalle canaule. E così, dal lavoro di Ivan e Katia (uno intaglia, l’altra colora), eccone una appositamente dedicata che servirà per adornare il collo di Susy, un’agnella speciale che avevamo conosciuto qui. “La cosa che mi piace di più è andare al pascolo delle pecore, però sto prendendo gusto anche a fare il formaggio e mungere.” Camilla si è stupita per la folla che partecipa alle transumanze (quella dell’Alpe Giulian è particolarmente numerosa e allegra), abituata ai pastori vaganti per cui ogni giorno è una transumanza, per cui anche in alpe si sale senza particolari clamori.

Raggiungo gregge e pastore al pascolo. Lungo il sentiero le tracce dei recinti, Ivan sta facendo un buon lavoro per migliorare i pascoli. Invece di realizzare i recinti nelle aree più comode, pianeggianti (e solitamente con un’erba migliore), li sposta via via sui versanti, cercando di far arretrare i cespugli di mirtilli e rododendri. E bravo pastore, questo sì che vuol dire gestire la montagna!

Il gregge è in un vallone laterale che non conoscevo. “Se al posto dei sassi ci fosse tutta erba, qui salterebbe fuori un altro alpeggio…“. In effetti il posto è davvero bello, ma tutto il cotico è disseminato di rocce e vi è pure il pericolo che gli animali, spostandosi, ne facciano cadere altre, mettendo a rischio la loro stessa incolumità. Chiacchieriamo a lungo, si parla della nuova baita, dell’andamento della stagione, dei danni subiti da altri pastori per causa del lupo, degli avvistamenti nella parte alta della valle.

Adesso che abbiamo la casa, inizieranno i problemi per il caseificio. Lo so che non è come dovrebbe essere, ma lo spazio a disposizione era quello e non si può fare nella stessa baita anche il bagno e lo spogliatoio. Poi l’alpeggio è del Comune, abbiamo già messo tanto di nostro per la baita, rischiando… Se l’asl vuole un altro caseificio, vada a dirlo al Comune! Lo so che adesso non ci sono soldi, mi rendo conto che il Comune deve spendere quei pochi che ci sono per tutti, quindi magari asfaltano una strada che serve per 50 famiglie. La gente potrebbe trovare da dire se si spendono migliaia di euro per qualcosa che serve per una famiglia sola per pochi mesi all’anno quassù…“. Il discorso ha la sua logica, le difficoltà sono tante, la legge non sta a guardare le singole realtà. Eppure la caseificazione è fondamentale: non tanto quassù, dove si vende poco (il transito di turisti è soprattutto composto da escursionisti stranieri che seguono la GtA), quanto in generale. “Camilla si stupisce a sentir parlare di mungitura delle pecore, ma come ti ho sempre detto, è quella mungitura che mi fa tirare avanti, lo stipendio quotidiano del pastore… Paga la benzina ad andare su e giù…“.

Come era accaduto in passato presso altri pastori, ho l’occasione di filmare il pastore mentre manda il suo cane a girare le pecore, che stanno avviandosi in massa verso un punto troppo ripido e pietroso. Quant’è prezioso il lavoro dei cani in questo mestiere! Insostituibile! Una persona non potrebbe mai svolgere lo stesso compito, ma anche il cane deve avere il giusto addestramento e la predisposizione, altrimenti il rischio di incidenti sarebbe ancora maggiore del passaggio spontaneo del gregge in quel punto.

Torno all’alpeggio, passo accanto alle vacche, sta salendo la nebbia e cadono alcune rade gocce di pioggia. Chiacchiero ancora con Camilla e Katia, in alpe c’è anche il giovanissimo Davide (11 anni), cugino di Katia e Ivan. Sta passando qui l’estate per badare al bimbo e dare una mano in generale. Sul tavolo ci sono i libri dei compiti delle vacanze aperti, ma vengono chiusi rapidamente per lasciare il posto ad una tazza di thè con i biscotti.

Fenomeni anomali

Siamo a gennaio e c’è gente che gira in maglietta… Viceversa c’è gente intabarrata come se fossimo in Siberia perchè, diamine, è pur sempre gennaio! E poi il giorno dopo sono a letto, non per un male di stagione, ma per la sudata fatta, visto che c’erano 18-20°C!

E’ davvero un tempo strano, non quelle giornate calde che tutti gli anni si verificano a gennaio o febbraio, complice il vento caldo, il foehn che soffia dalle montagne. Nei giorni scorsi era caldo e basta, quasi un caldo afoso, non si muoveva un filo d’aria, sudavi a fare qualunque lavoro, perchè comunque non osavi toglierti il gilè o la camicia. Il terreno era ovviamente tutto sgelato e le pecore pascolavano tranquille, mentre una falce di luna tramontava dietro al Monviso.

Il tempo è già sempre un argomento di conversazione attuale, per chi vive e lavora soggetto ad ogni più piccolo capriccio meteorologico, ma in questi giorni era un classico ascoltare commenti del tipo: “Certo, non ci lamentiamo, ci fosse la neve sarebbe peggio… Ma non è normale!“. “Ah, secondo me poi ce lo fa spurgare, farà freddo come lo scorso anno o anche peggio, a marzo saremo poi ancora nella neve!“. “Adesso siamo ancora nei giorni di Santa Bibiana, bisognerà vedere quando finiscono quelli…“.

Fino alla fine della giornata comunque perdurava quel caldo ed era strano perchè non c’erano ancora le foglie sugli alberi, perchè le giornate duravano ancora poco, perchè comunque avrebbe dovuto essere inverno. Non si stava male, solo in camicia e gilè, senza berretti, senza gelo che ti spacca le mani, però… “Fosse febbraio, allora dici che è la primavera che arriva in anticipo! Così invece non sai cosa aspettarti!“.

Quando il sole tramonta ti infili appena una maglia, ma niente di più. In alcuni punti l’erba sta addirittura ricacciando, si vede qualche fiore che inizia a sbocciare a ridosso di un muro, nei posti più riparati. E, giorno dopo giorno, affiorano rocce e porzioni scure sulle montagne, la neve sta sciogliendo rapidamente.

Il giorno successivo pareva fosse appena un po’ più fresco, complice una lieve velatura che occupava parzialmente il cielo. Ma la terra non era comunque brinata, si poteva andare subito al pascolo senza timore che gli animali mangiassero erba verde gelata. Che strano inverno!

Il gregge viene condotto al pascolo, anche gli animali sembrano gradire questo tepore, qualcuno addirittura sembra infastidito dalla lana, ma sicuramente non è ancora tempo di tosatura! L’inverno è appena agli inizi, caldo anomalo o riscaldamento globale, la neve potrebbe comunque arrivare da un momento all’altro e non sarebbe la prima volta che ciò accade. In passato si guardavano solo i “giorni di marca”, oggi si consulta internet e, nebbia a parte, per ora non sembra che il tempo debba mutare molto. Però in effetti dovrebbe tornare il freddo.

Sarà il caldo, sarà l’aria, sarà quel che sarà, ma all’improvviso i pastori assistono ad una scena insolita e comica. Qui ne vedete solo le fasi finali, perchè tanta è stata la sorpresa e le risate che subito non ho nemmeno pensato a filmarla. Una pecora (solo successivamente con un certo seguito delle compagne) ha iniziato ad attaccare i cani. Si è staccata dal gregge che pascolava ed ha letteralmente caricato prima uno, poi anche gli altri cani. Guardare per credere!

Per fortuna, cambiato pascolo, le cose sono tornate nella norma ed il gregge ha ricominciato a temere l’abbaiare dei cani durante gli spostamenti o lungo il confine del prato. Speriamo che torni alla normalità anche il tempo, che si spossa stare in maglietta quand’è primavera e che adesso smetta di sciogliere la neve lassù in montagna, che i pascoli continuino ad essere coperti, che cada altra neve per fare riserve d’acqua per l’estate.

Di tutto un po'

Lo so, dovrei raccontarvi la fiera di Guillestre, ma non ho ancora avuto tempo di scrivere il resoconto dettagliato dell'evento. E così utilizzo un po' del prezioso materiale che mi avete mandato. Non appena recupererò anche il portatile, potrò pubblicare anche le foto più vecchie che attendono ormai da qualche mese di trovare il loro spazio qui.

Oggi cedo la macchina fotografica a due amiche di questo blog, grandi appassionate di montagna e grandi fotografe. Barbara di Osso in Bocca, della quale vi segnalo anche questo post dedicato ai pastori. Gustatevelo che è una meraviglia per gli occhi. Barbara è una grande appassionata di cani, cani da lavoro, cani che hanno un vero rapporto a tutto tondo con i loro padroni, che condividono con qualcosa di più della passeggiata mattina e sera. E la sua passione traspare chiaramente nelle sue foto.

Questi scatti provengono dal suo Appennino e riguardano un pastore "…che pascola un po' di qua e un po' di la dal confine tosco-emiliano… Ha l'ovile a circa trecento metri di dislivello dal crinale e vi fa rientro ogni sera." Il gregge è di pecore di razza massese.

Ecco il pastore con i suoi cani. "Un border-collie, un meticcio di cane da pastore belga ed un meticcio di cane da pastore bergamasco. Pietro avrà una cinquantina d'anni. Produttore di pecorino, come nelle migliori delle tradizioni."

Ancora uno scatto, ma questo è un altro gregge, come potete vedere dalla razza delle pecore. Devo essermi persa io le spiegazioni di dove sia stata presa questa immagine e chiedo a BB di lasciare due righe nel commento per spiegarcelo.

Cane e pastore, una vera simbiosi. Ancora ieri, per l'ennesima volta, facendo ricerche on-line mi sono arrabbiata vedendo quanti ignoranti parlano e scrivono a sproposito, confondendo i cani paratori (quelli usati per condurre le pecore) con i cani da guardiania (per la difesa contro i predatori). Questi animalisti saccenti accusano i pastori di non saper lavorare e di "avere solo più bastardini innocui", che ovviamente nulla possono contro il lupo. Peccato che quei cani siano lì per altri scopi, cioè per "parare" le pecore, solo che questa gente pontifica senza sapere nulla.

Un intermezzo con un video, il backstage del film "L'ultimo pastore" di Marco Bonfanti, con le scene delle pecore in piazza Duomo a Milano. Cresce l'attesa per vedere l'opera conclusa…

Veniamo poi a Francesca di Terre Alte, che non manca mai di segnalarmi notizie curiose che hanno a che fare con la pastorizia. Questa volta, anche se solo con la "macchinetta da battaglia", ci manda la sua testimonianza di un altro gregge in piazza, un'opera d'arte alquanto singolare.

La notizia è riportata qui. Certo che queste pecore blu sono abbastanza inquietanti… Sempre Francesca poi ci segnala questo articolo che invece riguarda un montone (vero) e dei turisti che hanno vissuto un'avventura montana… "drammatica"? Chiamare il soccorso alpino perchè aggrediti da un montone? Mah…

Cosa succede quando un ciclista…

Un giorno come tanti in alpeggio. Aria d'autunno, il sole che scalda lentamente la mattinata, le pecore che si allargano pigramente a pascolare intorno alle baite. I pastori che ne approfittano per fare un po' di quei lavori rimandati da tempo, ritirare attrezzature e materiale in vista della fine stagione. Ogni tanto uno sguardo al gregge, che si trova tutt'intorno alle baite, fin verso la strada. Le pecore dovrebbero prendere da sole la via giusta per salire nei pascoli dall'altra parte della pista sterrata.

Qualcosa però luccica sulle curve più a valle: un ciclista in sella alla sua MTB. Che c'è di strano? Niente… Ma da qualche tempo ogni elemento esterno rappresenta un motivo di allarme. Cosa succederà? Fino a non molto tempo fa il gregge si trovava in una zona dove il passaggio di estranei era pari quasi a zero e quindi non ci sono mai stati problemi di questo tipo. I maremmani fanno subito il loro lavoro, sentono l'estraneo prima ancora di vederlo… Ma quando lui vede loro si blocca ed inizia a guardarsi intorno visibilmente preoccupato. Dovessi aggiungere un fumetto alla foto sopra scriverei: "Dove c…avolo è il pastore?".

Il ciclista, ahimè, inizia ad urlare, anche se ha chiaramente sentito i richiami del pastore indirizzati al cane. Pure il cane ha sentito, ma ciò nonostante corre verso il ciclista che si era fermato, ma… sembra pronto a riprendere il suo viaggio con una fuga precipitosa! Le pecore intanto, spaventate dal trambusto (più dalle urla del ciclista che dall'abbiaiare del cane, a dire la verità), si sono girate tornando indietro verso le baite.

Finalmente il cane ascolta il pastore, che nel frattempo stava correndo in direzione del "problema": torna sui suoi passi lanciando sguardi con la coda dell'occhio al ciclista. Quest'ultimo risale cautamente in sella e prova a riprendere la sua pedalata verso la parte terminale del vallone.

Il gregge si è immobilizzato. Il ciclista pedala, il cane osserva, il pastore si sta avvicinando sempre più all'estraneo e l'altro maremmano, più a monte, non la smette di abbaiare sommessamente. 

Il pastore raggiunge il ciclista e lo scorta fino ad uscire dalla zona interessata dal pascolamento delle pecore. In sua presenza i maremmani si sono calmati ed hanno ripreso le loro posizioni in mezzo al gregge, pronti a ricomparire in caso di necessità. Il ciclista, visibilmente preoccupato, commenta l'accaduto con il pastore.

Ormai è abituato a vedere questi cartelli e sa bene cosa significhino. Ciò nonostante ha paura di questi grossi cani bianchi, ha paura di vederseli arrivare contro senza che nessuno riesca a richiamarli in tempo. Il pastore gli spiega che, se scende dalla bici, se sta fermo, se non grida, se non si agita, i cani non gli faranno niente, al massimo lo avvicineranno per annusarlo e sincerarsi che non si tratti di un pericolo. Un conto è dirlo, un altro farlo… specialmente quando magari uno ha paura dei cani in generale.

Questi poi sono cani che, visti in un contesto "normale", ispirano anche tenerezza, ma se devono svolgere il loro lavoro come guardiani e difensori del gregge lo fanno come si deve. Nel caso del ciclista tutto è andato abbastanza bene: si è dimostrato comprensivo, conosceva il problema, ha chiacchierato, ha chiesto al pastore come fosse andata la stagione, se avesse avuto problemi con il lupo. In altre occasioni invece escursionisti e turisti "aggrediscono" il pastore verbalmente, anche senza aver effettivamente riportato dei danni per causa dei cani (ma li leggono, i cartelli???). Purtroppo, con chi non vuole capire il problema, non si riesce a ragionare e non si riesce a spiegare il perchè questi cani siano lontani dall'uomo-pastore (a differenza dei cani da conduzione), perchè abbiano questo atteggiamento apparentemente feroce, perchè i pastori se ne siano dovuti dotare da qualche anno a questa parte.
Il problema è ancora maggiore quando devi farlo capire in pianura: se sei un pastore vagante, i cani stanno con il gregge tutto l'anno (e sono anche utili contro i lupi a due gambe, di notte… perchè l'abigeato non è un reato estinto): chi lo dice al podista o al ciclista inseguito in pianura o in periferia di una città che quei cani servono per difendersi dagli attacchi del lupo in montagna? Te ne senti dire di tutti i colori, l'ho sperimentato più volte in prima persona.
Serve una forte campagna di sensibilizzazione e soprattutto è necessario mostrare la realtà di chi in montagna, in alpeggio, ci vive e ci lavora. Quand'è che i media daranno spazio a questi temi?

Come ai vecchi tempi?

C'era un tempo in cui andare al pascolo era un'attività per i bambini, per i ragazzini, mentre agli adulti spettavano altri lavori, più duri, più pesanti. Di quel tempo ho letto, ho sentito raccontare, e poi un giorno ho incontrato Giorgia (1994) e Mattia (1997).

Sono andata in Valle Stura per chiacchierare con loro. A dire la verità i fratelli Tamagno sono tre, in alpeggio mancava Roberto (1996), che Giorgia mi descrive come il più forte della famiglia: "E' già capace di tirar fuori da solo un vitello durante un parto difficile! A me ed a lui piacciono le vacche, Mattia invece è per le capre.
Fratello e sorella però sono in alpeggio a sorvegliare un gregge dove prevalgono le pecore, quasi tutte di razza sambucana, alcune di proprietà e la gran parte prese in guardia. “Ma le capre sono mie!”, ci tiene a precisare il giovanissimo e serissimo pastore.

Come mai questi due ragazzi sono qui, da soli, in alpeggio? La determinazione e la sicurezza sono caratteristiche comuni ad entrambi mentre raccontano la loro storia. “Fino allo scorso anno c’era su un operaio rumeno a guardare le pecore. Prima avevamo due montagne, mettevamo su di una le vacche e sull’altra le pecore. Poi però il prezzo è salito troppo e allora le vacche le mandiamo in guardia alla Chiusa. L'anno scorso, a metà estate l’operaio se n’è andato portandosi via dei rudun, i piatti, le posate, quel che c’era in casa. Noi venivamo su due volte la settimana a vedere come andavano le cose e a portare il mangiare. Le pecore sono rimaste abbandonate, tre giorni da sole, e così ne abbiamo perse alcune. Allora da quel momento siamo venuti su noi due, prima stavamo tutti giù per fare il fieno, come adesso nostro padre. Qui è bello, sei libero, non c’è nessuno che rompe.” Nella prima parte della stagione, prima di arrivare all'alpeggio, come punto di appoggio i due ragazzi utilizzano una roulotte.

 

Questa potrebbe sembrare un’avventura incredibile per altri coetanei abituati ad una vita completamente diversa, ma invece loro la stanno vivendo con grande naturalezza, sono entrambi consci del loro ruolo nell’economia aziendale famigliare ed entrambi hanno intenzione di proseguire su questa strada. Intanto adesso crescono ed imparano facendo pratica quassù. “All’inizio, le prime settimane non c’era nessuno, poi poco per volta sono arrivati i margari. Non abbiamo trovato nessuna difficoltà, siamo abituati a lavorare con le bestie anche a casa. In alpeggio è bello, respirare l’aria pura! Nella baita abbiamo tutto, il caminetto e la luce, l’acqua.
Non hanno paura della solitudine, della lontananza dai genitori, che pure ogni tanto vengono a portare loro viveri e dare una mano.
Mi piace guardare cosa fanno gli altri, i vicini, vedere le loro bestie…”.
Ecco a cosa serve il binocolo al collo di Mattia, non solo ad individuare eventuali pecore diperse dal gregge.

Giorgia invece guarda in una direzione in particolare, perché adesso ha un moroso, il marghè di uno degli alpeggi sottostanti. “Sono uscita quattro sere di fila, lui è più vecchio di me, mi ha portato anche a Cuneo, in un locale dove si mangia e si balla. Ma Mattia non era da solo, c’era la mamma, con lui.
Io invece non esco mai, non sono mai uscito. Ho altro da fare! Quando vado a scuola al mattino prima vado in stalla, perché papà i capretti non li conosce e ci penso io a farli poppare. Anche quando torno da scuola vado subito in stalla”, precisa Mattia.
Sua sorella ha frequentato il primo anno a Cuneo della scuola per segretarie d’azienda, ma dovrebbe iniziare a studiare per le due materie in cui è stata rimandata, Matematica ed Inglese. “Al mattino io non vado in stalla perché io devo partire più presto. Ho scelto quella scuola perché eventualmente mi può dare altri sbocchi, più che non agraria. Ma tanto io voglio fare questo. Con le mucche, però. Io ho un sogno, quello di avere delle stalle più moderne. Adesso su a Pianche abbiamo delle stalle vecchie dove devi togliere tutto il letame a mano, così mi piacerebbe avere un bel capannone mio, pieno di mucche!”.

Mattia gioca con Nebbia, il cane è affezionato a lui e sembrano quasi ballare insieme. Lui sogna un gregge di almeno 200 capre da carne.
Io sono più per le capre, mi piacciono per il loro colore, per le corna, sono più belle. Anche le pecore, sì… Ma mi piacciono di meno. Preferisco giusto quelle gaie, quelle bianche e marroni. La prima capretta me l’ha regalata mio padre, una capra con le corna, è ancora qui nel gregge. D’inverno giù le do l’insalata, le patate. Mi piacerebbe avere tante capre francesi, di quelle belle con le corna…
Non c’è verso di avvicinare Mattia ai bovini. “Le vacche non le tocco nemmeno, non mi piacciono, sono troppo grosse. I miei sono contenti che mi piaccia questo lavoro, solo che vorrebbero tenere più pecore. Le pecore valgono troppo poco… Se le cose vanno male, prima di vendere le vacche, si vendono le pecore! Quando siamo a casa lavoriamo tutti in stalla, c’è da togliere il letame a mano."
La loro storia di pastori e margari è abbastanza recente. “E’ stato nostro padre ad iniziare a venire in alpeggio, qualche bestia ce l’avevamo anche prima, ma i nonni facevano tutt’altro. Noi due sappiamo fare un po’ tutti i mestieri, qui. Mio fratello prende le pecore zoppe ed io le medico, abbiamo imparato a forza di vedere nostro papà che lo faceva.

La scelta scolastica così diversa dal suo mondo porta inevitabilmente Giorgia ad essere esposta al giudizio degli altri.
A volte sì, prendono in giro, dicono che arriva la vaccara… Fanno qualche battuta così, ma non importa. Nasci lì dentro, non si cambia lavoro per questo. Tra i miei amici c’è gente che ha le bestie come noi, ma anche tanti altri. Capiscono cosa vuol dire fare questo mestiere.
Una delle cose che piacciono di più a Giorgia è il momento del parto.
Sono io che mi alzo di notte per andare a vedere le vacche che devono fare. Non mi è mai capitato di essere completamente da sola quando c’è un parto. A volte sono momenti difficili, ma poi la nascita del vitello è una delle cose che mi da più soddisfazione. Con le vacche è un altro lavorare, che non con le pecore.
Oggi Giorgia non può ancora decidere, rispetta le decisioni del padre ed aiuta il fratello nella conduzione di quel gregge di circa 600 animali, ma sogna un altro futuro fatto di fili tirati a delimitare i pascoli e grandi mandrie di vacche bianche.

L'estate è un momento relativamente semplice, pur nelle difficoltà e nei cambiamenti che la vita in alpeggio comporta. “D’inverno su da noi è lunga, specie quando nevica tanto come qualche anno fa. Quando nevica le bestie le mettiamo tutte dentro. I capretti nascono tutti nella stalla. L’inverno dura parecchio, per tre mesi dove stiamo noi il sole non arriva mai. Il fieno lo abbiamo sotto un nylon e ti gelano le mani quando devi andare a prenderlo.
L’isolamento non pesa a questi ragazzi, nemmeno d’inverno, perché stare in mezzo alla gente per loro spesso significa dover avere problemi ed essere costretti ad affrontare discussioni. “A Natale e a Pasqua arriva su gente da Genova, da Torino, quelli che hanno le case lì. Si lamentavano per il rumore perché c’erano dei vitelli che muggivano in stalla. Si sta meglio quando non c’è nessuno, come su di qua.

E’ ora di pranzo, Mattia manda i cani per girare il gregge e ricompattarlo, Giorgia invece si avvia verso la baita per preparare il pranzo. I ruderi del vecchio alpeggio sono visibili più a valle, sotto la strada, mentre i due ragazzini abitano nella nuova baita, una delle tante fatte edificare dalla Comunità Montana Valle Stura negli alpeggi dove si pratica la pastorizia. I ritmi di lavoro sono quelli di tutti i pastori, il recinto viene aperto tutte le mattine verso le 8:00, 8:30 e la giornata finisce sempre intorno alle 21:00.

Mentre scendiamo, tra l'erba, uno scheletro di una pecora. Risale allo scorso anno, probabilmente è uno degli animali scomparsi quando erano stati abbandonati dal loro guardiano. "Il lupo qui c'è, lo abbiamo già visto anche quest'anno, ma per fortuna non ce le ha ancora toccate." Mattia sta ancora fischiando ordini ai cani, Giorgia entra nella baita, mentre in cielo si rincorrono nuvole di pioggia. Fa freddo anche quassù, in questa strana estate del 2011.

Oggi raccontate voi

Tra il tanto materiale ricevuto (ed ancora da riordinare), oggi pubblico innanzitutto un annuncio dell'amico Duccio.

Gregge ed azienda agricola in Toscana in vendita. Per gravi problemi di salute, dei conoscenti pastori sono costretti a vendere urgentemente il proprio gregge, 140 ovini di razza appenninica. Cercano di vendere anche l'Azienda agricola, si tratta di colonica e fienile in pietra, 2 stalle di 400mq, 70 ettari di pascolo, trattori e tutto il resto. L'azienda è nel comune di Scarperia, Firenze, proprio sotto il crinale appenninico. Se qualcuno fosse interessato mi contatti personalmente.

Un mio amico pastore invece ha dei cani maremmani da dar via, sono dei cuccioli nati dalla sua cagna, quindi stanno crescendo con le pecore. Ovviamente preferirebbe darli ad altri pastori che li possano impiegare nella difesa del gregge dal lupo. Contattatemi se siete interessati.

Poi lascio la parola ad un altro amico, Bruno. "Buongiorno Marzia, è parecchio tempo che non corrispondiamo via mail, io sono Bruno di Ivrea (…). Girovagando in rete ho trovato parecchi Video riguardanti la nostra comune "maladija" ambientati presumo in Benelux , visti i mulini a vento presenti. Ironicamente parlando, indipendentemente dal paese, si tratta sicuramente di paesi sottosviluppati, visto che lasciano transitare le pecore per la città, pascolare i parchi, le rive degli argini… ORRORE!!!!!!
Nel mio comune questa primavera, dopo aver cacciato Scala, hanno affisso in tutte le bacheche del paese il regolamento riguardante la gestione del pascolo e, tra i vari bla bla bla, c'era il divieto di pascolo sulle rive dei fiumi , argini, rive, ecc ecc. 
Ironia della sorte, proprio vicino a casa mia esiste un argine anti-alluvioni e, mentre il cantoniere affiggeva il manifesto alla bacheca vicino l'argine, io ero lì che facevo scorazzare le mie 12 pecore sull'argine (da galera!!!!).
C'è da premettere che io non ho certo bisogno di andare a pascolare le mie pecorelle sull'argine (potrei tenerne dieci volte tanto e non spostarle mai dai miei prati). Questi argini vengono comunque sfalciati due volte l'anno (la seconda volta in ottobre/novembre) quando le erbacce infestanti hanno tutti i loro bei semini maturi ed il vento li trasporta nei miei prati, confinanti con l'argine, pronti a germogliare rigogliosi in primavera. Ovviamente il fatto che io tenga ad avere dei prati puliti e che questi  si riempiano di infestanti non interessa proprio a nessuno dei tanti "ambientalisti della domenica"  in circolazione.
Sicuramente questo è solo uno dei tantissimi video presenti sul Web e non rappresenta certo una "chicca"; mi fa comunque piacere segnalartelo, chissà che tu non possa magari proiettarlo in qualche tuo incontro dove sono presenti quelle mamme inorridite dalle pecore nei parchi di Torino.
Un caro saluto ed un augurio di buon lavoro, Bruno"

Questo è il video di cui ci parla nel suo messaggio…

Convivere con… i turisti!

Cronache di ordinaria follia. Parliamo di alpeggi, parliamo di pastorizia, di montagna ed a volte anche di lupi. Ma soprattutto parliamo di persone… Questa volta mi trovo a raccontarvi una storia che pare assurda, ma è reale al 100%. Siamo in Piemonte, tra la Val Chisone e la Val di Susa, in una delle località di montagna più conosciute di questa regione: Sestriere. Ho visitato due alpeggi nell'ambito del lavoro che sto svolgendo in PROPAST e sono rimasta sconcertata. In certi alpeggi i pastori si lamentano dei problemi tra i loro cani da guardiania ed i turisti… Qui invece la situazione si capovolge! Sono i turisti che causano problemi! Leggete e guardate.

Ecco un cane nel recinto, a guardia delle pecore. Ci osserva, ci studia, per adesso non siamo un potenziale pericolo e non abbaia. Ma lì vicino passa una strada sterrata molto frequentata da ciclisti e pedoni, la strada corre proprio davanti all'alpeggio e la pastora colloca ora da un lato, ora dall'altro i recinti, sia quelli per il gregge, sia quelli con le pecore e gli agnellini. "Una volta facevo il parc del gregge anche lontano da casa, ma poi da quando un paio di volte ho visto il lupo proprio vicino alle reti, preferisco averlo sempre qui vicino." Le pecore degli agnelli per forza devono essere lì, altrimenti comporterebbe troppo tempo andarle a vedere, spostarle, ecc… Anche in questo recinto c'è sempre un cane a difesa degli animali. A differenza di quello nella foto, che accompagna il gregge al pascolo, l'altro resta lì tutto il giorno, nel grande recinto che contiene pecore ed agnellini. Ma la gente si lamenta… I turisti della domenica e quelli delle seconde case di Borgata. Il tutto fa sì che addirittura si debba indire una riunione in Comune!!

Passa un ciclista, il cane avverte il potenziale pericolo di qualcosa di estraneo che si avvicina alle pecore ed abbaia. Insomma, fa il suo lavoro, niente di diverso da un cane in un giardino… Eppure si voleva imporre alla pastora di tenere una distanza di 200 (!!!!!!!) metri da strade e piste, quando colloca i recinti per le sue pecore. Si paga l'affitto e poi non si può nemmeno lavorare, non si può pascolare? E questo perchè? Perchè i turisti hanno paura che i cani saltino le reti! Cosa che peraltro non fanno così come un cane non salta la siepe o la cancellata intorno ad una casa. Il candore di un bambino presente ha alleggerito la tensione ed il clima sempre più acceso della riunione: "Ma io vado sempre vicino alla rete, non ho paura, il cane mi viene vicino, scodinzola ed io lo accarezzo." Avrei voluto vedere quel momento e la faccia di qualcuno dei presenti…

Ma non è finita qui, perchè comunque ai cani viene imposta la museruola quando sono al pascolo, sempre perchè altrimenti i turisti hanno paura. Io la imporrei ai turisti ignoranti… Perchè questi cani non sono aggressivi a meno che sia la persona a sbagliare comportamento. I cartelli su come comportarsi ci sono e poi qui i cani sono talmente abituati a vedere gente che non si scompongono nemmeno più di tanto. Ne è un esempio il cane della foto, che mai mi aveva vista prima e che comunque mi ha lasciata avvicinare senza abbaiare, ma tenendo d'occhio ogni mio movimento. Mi domando però che efficacia possano avere in caso di un attacco da lupo, questi cani! Certo, segnalano abbaiando, ma… Il cane nell'immagine è uno dei due a guardia del gregge che pascola a monte di Sestriere.

Per fortuna si può ancora assistere a questa scena anche in una località turistica come questa. Solo che ce ne sarebbe di informazione da fare… Il Comune, invece di indire delle riunioni per confinare pastori e pastorizia dove questi non possono dar fastidio al turismo, dovrebbero invitare gli esperti a tenere conferenze dove si spiega cos'è la pastorizia, il suo ruolo per la montagna, ecc ecc ecc. E magari anche conferenze sul tema del lupo, perchè è un argomento sentito e sul quale occorre fare tanta corretta informazione. Spiegare davvero a cosa servono i cani, spiegare cosa significa per la pastorizia il ritorno del predatore, i disagi subiti dai pastori, le diverse situazioni e le strategie di difesa, cos'è già stato fatto per affiancare i pastori in questi anni ed i progetti attualmente in corso. Insomma, tutti gli aspetti del ritorno del lupo.

Nell'alpeggio di Monterotta si caseifica il latte della mungitura di vacche, capre e pecore. E' un fiore all'occhiello, un alpeggio con autorizzazione e bollino CEE. Parlavamo di ordine e pulizia, e qui non mancano. Questo è il locale di caseificazione, poi c'è il punto vendita e la cantina di stagionatura. L'alpeggio è comunale, ma strutture così non dovrebbero esserci solo a Sestriere, dovrebbero essere la norma anche sulle montagne meno conosciute.

I formaggi non restano invenduti, c'è la fila fuori dalla baita in un giorno settimanale del mese di luglio. In aggiunta, una volta alla settimana il margaro scende per vendere al mercato. La moglie, ridendo, mi racconta che però ci sono già stati casi di persone che non sono più venute ad acquistare perchè hanno saputo che ci sono i lupi… "Una donna mi ha detto che non viene più nemmeno di giorno, con i bambini, perchè ha paura… Le ho spiegato che non c'è niente da temere, soprattutto qui, ma non ha voluto sentire ragioni.". Da quando hanno i cani, il gregge non ha più subito attacchi, anche se il predatore è stato visto più volte, anche di giorno. Ma mai c'è stato pericolo per le persone, mi ripetono i margari. Inoltre la strada che porta all'alpeggio è una trafficatissima passeggiata per turisti, quelli che hanno paura dei cani e per i quali il Comune ha imposto le famose museruole!

Qui vediamo i (pochi) formaggi di pecora. "Avevamo molti più animali, mungevamo fino a 50 litri al giorno, ma poi abbiamo dovuto abbatterli (per colpa della scrapie, ndA) ed adesso continuiamo con quello che c'è… Bestie nostre più quelle prese in affitto".

Questi invece sono i Plaisentif in corso di maturazione: verranno controllati al momento giusto e solo quelli che rispondono alle caratteristiche del disciplinare verranno marchiati con il simbolo del "formaggio delle viole". I turisti sono fondamentali per questo alpeggio, per la vendita di tutti i prodotti, ma purtroppo c'è il rovescio della medaglia con tante situazioni di intolleranza ed ignoranza (nel senso proprio del termine di "non conoscenza").

La famiglia Lisa ed il loro alpeggio sono un piacevole contrasto con il tema del post precedente. Qui alpeggio e paesaggio sono in armonia. Ma mi chiedo… è così perchè il Comune non può permettersi di fare brutta figura con i turisti? Sono quelli la risorsa per la montagna, il fattore che determina la perfetta ristrutturazione dell'alpe? Certo, il comune turistico sarà più "ricco" di quello sperduto nella valle laterale, quindi potrà fare certi investimenti. E allora che siano altri Enti a fare le giuste politiche per la montagna, così che anche l'alpeggio meno fortunato sia decente e possa diventare una meta turistica!

Le vacche al pascolo completano il quadro felice di questo alpeggio, dove a stonare c'era solo la museruola del cane… Sono tante le forme di convivenza che vengono chieste a chi lavora in alpeggio. Con il lupo, con i turisti, con certi burocrati, con certi amministratori, con i pregiudizi, con la natura, con il maltempo, con…

Cercare il lupo… ed i pastori

Anche quest'anno, grazie all'amico Duccio Berzi, sono stata in Val Chisone al Rifugio Selleries per il campo del Centro per lo Studio e la Documentazione sul Lupo. Era atteso un gruppo di appassionati che sono venuti fin lì per cercare di vedere il lupo e saperne qualcosa di più su questo animale. Ma parlare di lupi qui vuol dire anche parlare di pastorizia e, con il giusto spirito, si è cercato l'incontro ed il dialogo con i pastori.

Salendo da Fenestrelle, a Prà Catinat ho già incontrato un gregge. Si tratta del gregge di Fabrizio, che stava finendo di pascolare in quella zona prima di spostarsi più in alto. Nel fondovalle pioveva, qui invece erano cadute solo poche gocce e la nebbia andava e veniva. Abbiamo parlato dell'andamento della stagione, dei soliti problemi e pure del lupo. A differenza della scorsa estate, quando gli attacchi si erano susseguiti in modo impressionante, per adesso il pastore mi parlava solo di un agnello predato.

Fabrizio ha attraversato vari momenti difficili durante lo scorso anno, che lo hanno portato addirittura a vendere l'intero gregge. Adesso però ha altri animali e continua a fare il pastore… perchè questo è un mestiere che difficilmente viene abbandonato del tutto da chi lo pratica. Gli auguro un futuro migliore, con maggiore serenità e più successi, completo la sua intervista per il lavoro che sto svolgendo e raggiungo il Rifugio Selleries. Qui alla sera incontrerò il gruppo del CSDL e terrò la mia proiezione di immagini, al fine di spiegare quale sia il vero disagio arrecato dal lupo alla pastorizia: animali uccisi, sì… Ma soprattutto un disagio continuo per l'intera stagione d'alpeggio. Laddove poi le condizioni sono particolarmente difficili, il "problema lupo" è veramente la goccia che fa traboccare il vaso. Prima di me ha parlato Vittorio Bosser Peverelli della Regione Piemonte, fornendo dati sul monitoraggio del lupo in Piemonte e le azioni intraprese a sostegno dei pastori (indennizzi, premio di pascolo gestito, ecc…).

L'indomani il tempo è stato abbastanza clemente e, con la nebbia inizialmente distaccata alle nostre spalle di qualche decina di metri di dislivello, abbiamo potuto raggiungere le Bergerie del Ciardonet, dove gregge e pastore però non erano ancora arrivati. Abbiamo appuntamento con loro più tardi. Si sale chiacchierando di argomenti legati al lupo, alla pastorizia, alla natura con il guardiaparco Luca Giunti a far da guida. Per me l'umore non è dei migliori, perchè ho appena saputo dell'attacco al "mio" gregge il giorno precedente. Ma l'atmosfera è quella giusta, con persone che vogliono capire, che amano sì il lupo come animale, ma sono anche aperte al dialogo e disponibili ad ascoltare le ragioni dei pastori.

Raggiungiamo il Lago del Ciardonet ai piedi del Monte Orsiera. Chiacchierare con Duccio è sempre interessante ed utile per capirne di più sui sistemi di prevenzione dagli attacchi da lupo. Ancora una volta tocca convenire che non tutte le situazioni sono uguali, specie sulle Alpi, con un territorio così vario e condizioni più o meno sfavorevoli alla "convivenza". Ma viene l'ora di andare a cercare il pastore, che il gruppo aveva già conosciuto la sera prima, dal momento che Fulvio e la sua famiglia avevano partecipato alla serata nel Rifugio.

Il gregge lo sentiamo prima di vederlo. C'è la nebbia, cade persino qualche goccia di pioggia e qualche granello di grandine. Il pastore urla i comandi, fischia, e da lontano ammiriamo il lavoro dei cani da conduzione, che radunano le pecore e le fanno scendere nel pianoro. E' tutto un concerto di belati, ma già la sera prima il pastore ci aveva avvisati che non sarebbe andato lontano, visto che aveva intenzione di riunire il grosso del gregge con le pecore degli agnelli. Ed infatti è un coro continuo di pecore che chiamano i loro piccoli ed agnelli che belano alla ricerca delle madri.

La nebbia, seppur non fittissima, aiuta a capire meglio le mie parole della sera precedente: cosa vuol dire essere lì al pascolo senza vedere i propri animali. Spero che il gruppo abbia compreso il messaggio, il perchè un pastore non potrà mai amare il lupo. Non soltanto è ciò che può uccidere i suoi animali, per cui nutre una passione infinita, ma è anche il pericolo costantemente in agguato che ti costringe a ritmi di lavoro estenuanti in condizioni spesso estremamente disagiate. E' anche il fattore che ti allontana dalla famiglia, dagli amici, persino in quel periodo (l'alpeggio) durante il quale un tempo tiravi un po' il fiato almeno per qualche giorno.

Fulvio spiega, Fulvio racconta, Fulvio risponde alle domande. Il pascolo vagante, gli attacchi subiti dal gregge, l'impiego dei cani da guardiania, il rapporto ed i problemi con i turisti, le zone in cui maggiore è il rischio di incidenti con il predatore. Il suo è un caso di "convivenza" quasi totalmente riuscita, anche se con un minimo tributo di capi uccisi, con ritmi di lavoro ed orari diversi dal passato. Fulvio inoltre è la persona giusta per comunicare tutto ciò a terzi e così le domande continuano a lungo.

Molto viene detto sull'impiego dei cani da guardiania, argomento che tiene banco tra il gruppo fin dalla sera precedente. Tra le pecore ci sono ben sette di questi cani. Fulvio è stato uno dei primi pastori a provare l'efficacia dei cani e successivamente ha allevato le cucciolate che poi sono state date ad altri pastori. Ottimamente efficaci contro i predatori, hanno segnalato abbaiando anche il nostro arrivo, ma si sono arrestati nel momento in cui il pastore li ha richiamati.
Mentre Fulvio ed il gruppo continuano la loro chiacchierata, io mi incammino sulla strada del ritorno. Lascio questa nebbia e queste montagne per cambiare vallata, gregge, pastore, problematiche.

Fare il pastore, tutta la vita!

Parto nonostante le previsioni incerte, ma per fortuna il cielo è limpido e l'aria fresca. Almeno al mattino riuscirò a raggiungere la mia meta, spero di trovare i pastori che sto cercando. Le tracce ci sono ed infatti li incontro al Gias Chiot della Sella, dove i panni stesi al vento annunciano da lontano la presenza di qualcuno. Ci sono anche le pecore, che si stanno avviando al pascolo.
 

Simone l’avevo già incontrato insieme a sua madre Silvia nel 2005, quando giravo per scrivere “Vita d’alpeggio”. Sono oltre quarant’anni che questa famiglia sale qui nel Vallone della Meris, all’alpeggio Chiot – Sella. Madre e figlio, mentre il marito svolge tutt’altra professione. “Mettevamo il secchio sotto la fontana, ma l’acqua veniva giù goccia a goccia e ci metteva un’ora a riempirsi… Mia madre era molto più pulita di me ora (ma la semplice baita è pulita ed ordinata, ndA), si è cosumata le ginocchia al fiume a lavare. Lavava una prima volta, poi scaldava l'acqua, lavava una seconda. La vita che abbiamo fatto…”, sta raccontando Silvia a degli amici in visita. Oggi le cose sono un po’ cambiate, ma non poi così tanto, se si considera che siamo nel XXI secolo. “E’ passata una turista e mi ha chiesto se poteva usare il mio bagno… Ma qui, anche se hanno messo un po’ a posto le baite, anche se non siamo più nei vecchi gias come una volta, il bagno non c’è e non c’è mai stato. C’è il pannello solare al primo Gias, ma altrimenti niente luce, niente acqua. Il caseificio non l’hanno fatto, su al terzo gias tocca dormire in tenda, io con le mie gambe non ce la faccio più ad andare dietro alle bestie… Paghi l'affitto e non ti danno niente! Al giorno d'oggi non si può andare così, anche per i giovani. Spendono soldi in delle cose inutili e per noi nessuno fa niente. Parlano, parlano, ma… Un giorno l'altro mi metteranno magari in galera, io qui non potrei fare i formaggi. Ma almeno là starò tranquilla, mi riposerò. In un altro vallone c'è l'alpeggio attrezzato con il caseificio, l'hanno messo all'asta e l'hanno dato ad uno che salirà con un gregge di montoni da vendere ai marocchini. E' così che ci aiutano…”.
 

Dietro alle bestie, al pascolo, ci va Simone. Un gregge di pecore roaschine ed un gregge di capre. L’unica concessione alla modernità, su di qui, è il quad parcheggiato davanti al Gias del Chiot. “La prima volta che l’ho usato, sono arrivato su e volevo venderlo! Una volta presa la mano, però è comodo, visto che altrimenti bisogna andare e venire a piedi.” Simone ha aperto le reti e gli animali si incamminano. Queste sono montagne poco nebbiose, ventilate, il problema può essere la siccità e dove far bere le pecore.
 

Una volta l’erba era migliore, si gestiva diversamente il pascolo. Su quei pendii adesso c’è tutto quello che qui chiamiamo carèl, le pecore non lo mangiano. Quando si dava fuoco, si bruciavano i pascoli a fine stagione, non ce n’era così tanto. E queste? Si andava al pascolo con una zappetta e toglievi tutte queste piante. Adesso non si può, figurati… E’ parco, non puoi toccare i fiori, è vietato. Stanno invadendo tutti i pascoli qua in basso, guarda che roba! Da bambino mia nonna mi aveva insegnato a fare un gioco, prendevo i frutti di questa pianta, li staccavo e quelli erano le vacche da portare al pascolo. Ci divertivamo così. Ma poi bisognava lavarsi bene le mani perché fa vomitare.” Il Vincetoxicum hirundinaria sta colonizzando a perdita d’occhio i pascoli del vallone, nessun animale lo pascola e così si diffonde liberamente a discapito delle erbe che possono invece piacere a pecore e capre.
 

Fa già caldo, anche se molto più in basso nei canaloni c’erano ancora i resti delle valanghe invernali e primaverili, insieme a tanta legna portata a valle negli anni precedenti. “Quando ha fatto le grandi nevicate tre anni fa qui è stato un disastro. Su all’ultimo gias una volta si entrava piegandosi, ma era fatto apposta perché la neve ci passasse sopra. Invece alzandolo è successo che la valanga ha portato via tutto e mi tocca dormire in tenda. Sono tre anni che chiedo il container con la domanda per il pascolo gestito, ma il Parco si è opposto per l’impatto ambientale. E i bivacchi che ci sono? Quelli non fanno impatto?
Più tardi Silvia dirà che una trentina di anni prima l’affitto dell’alpe veniva pagato 100.000 lire: “…e, con il frutto della prima settimana, te lo ripagavi. Si scendeva tre volte la settimana con il mulo a portare giù ricotte e formaggi.
 


 

Simone apre anche le capre, che si dirigono verso altri pascoli rispetto al gregge. Il principale cruccio di questo giovane pastore, classe 1985, è quello non poter essere autonomo rispetto ai vincoli che regolano quasi ogni aspetto del suo mestiere ed inoltre non vedere sufficientemente apprezzato e valutato il suo prodotto. "Mia madre voleva che facessi altro perché dice che non c’è futuro, ma dev’essere una cosa che ho preso con i geni, una malattia… Anche quelle poche volte che sono andato in gita con la scuola, dopo due giorni le pecore mi mancavano proprio, senti che non sei a posto."
 

"Quando sono su mangio sempre al sacco, mi alzo presto, mungitura, colazione abbondante, poi mungiamo di nuovo la sera e si va a letto sempre abbastanza tardi. Più avanti nella stagione le facciamo asciugare perché su non possiamo lavorare il latte e, dovendo stare sempre insieme alle pecore, non posso venire a portarlo giù qui. Da quando c’è il lupo non le puoi lasciare da sole.” In zona il predatore è ricomparso nel 1997. “E’ il primo anno che ho i cani, incontri con il lupo non ne hanno ancora avuti, ma per il resto sono davvero soddisfatto. Sono dei Pirenei, forse sono più lenti dei Maremmani, ma sono migliori. Non ho avuto problemi né con le pecore, né con i miei cani. Ed anche con i turisti va tutto bene e qui ne passano tanti. Certo, ci sono i cartelli, ma hai sempre paura che qualcuno passi lo stesso in mezzo e non sai come reagisce il cane."
 

Le pecore salgono in fila sui ripidi pendii, troveranno erba da pascolare più a monte, ma il sole caldo le infastidisce. "Quando le senti che si spaventano e scappano per il lupo, tu sei lì e non puoi fare niente… Anche per quello il recinto lo facciamo sempre in basso, vicino alle baite. Se le senti che si agitano, esci a controllare. Cerchi di spostarlo almeno una volta la settimana, ma alla fine tutte le parti pianeggianti restano rovinate, a farle dormire sempre lì. Essere da soli è dura. Adesso ci siamo io e mia madre, ma poi? Da solo non potrei far tutto, o lavori il latte o vai al pascolo. Le ragazze, se sanno che fai il pastore… Amici ne ho tanti, qualcuno che ha le bestie, le vacche. Qui conosci tanta gente, quelli che passano. Certo, non è che riesci a vederti tanto, alla sera tu vai a dormire perché al mattino devi alzarti presto, ma a me piace conoscere gente nuova anche per scoprire cose che vanno meglio rispetto a quello che facciamo noi.
 

"Una volta quelle che mungevi scendevano comunque, solo che avevi i recinti in pietra, quelli che vedi ancora là in basso, e le mettevi lì. Tutte le altre invece pascolavano libere andando in alto ed i pascoli restavano mangiati meglio e concimati. Lavoravi il latte ed andavi su a vederle e portare il sale due, tre volte la settimana. Potevi scendere di giorno a portare i formaggi, adesso invece tocca andare la sera dopo che hai finito i lavori e ritorni su al mattino presto. Per fortuna che c’è almeno il quad.
 

Il primo gias è quello ristrutturato con il pannello solare ed una stanza per la caseificazione, dove però manca l'acqua. “Fare il caseificio e poter lavorare il latte in montagna ed in pianura è uno dei miei sogni, anche perché qui arriva gente da Torino o da Milano e dice che non ha mai mangiato un formaggio così. Giù ne trovano a 30 euro il chilo e non ha questo sapore. Soldi ce ne sono pochi, altrimenti quello che vorrei è comprare una piccola cascina con un po’ di terra e… fare il pastore, per tutta la vita! E’ quello il mio sogno.” Lo so che forse io non dovrei dire che qui si fa il formaggio, perchè le strutture non sono idonee, ma secondo me è importante invece denunciare questa situazione, con persone capaci, in gamba, che producono ottimi formaggi e nessuno che si interessa della loro situazione. Eppure l'affitto lo pagano e perchè non ci si adopera per sistemare quella stanza per la caseificazione??
 

Silvia lo fa da una vita. Io non ho mai mangiato una ricotta di pecora buona come la sua. Metterla in bocca è un qualcosa di unico, con quel leggerissimo gusto di fumo che deriva dal fuoco a legna su cui fa scaldare il siero. Certo, le leggi proibirebbero anche quello. "Non è mai morto nessuno, a mangiare i miei formaggi." Penso alle mozzarelle blu e mi arrabbio, mi arrabbio con chi fa le leggi a tavolino, con chi sta seduto negli uffici e non conosce la realtà, con chi non immagina nemmeno cosa voglia dire vivere e lavorare in alpeggio.
 

Mi piace tutto di questo lavoro, alle parti brutte non ci dai peso. Tra il lupo ed altro, adesso non sei mai autonomo. Più va avanti così e meno sai che futuro ti puoi aspettare… Le cose più belle sono avere una bella pecora, vederla al pascolo. La Roaschina deve avere certe caratteristiche, il naso, la testa, le corna… Preferisco avere un bel cavial che cento milioni! Ogni tanto c’è quel momenti di sconforto in cui ti viene da pensare di mollare tutto, magari quando tutta la stagione è andata bene e poi alla fine succede l’incidente, il lupo te ne ammazza dieci in un colpo. Ma è quell’attimo, il giorno dopo ti è già passata. Quel che c’è di bello qui è la serenità, se ti tolgono quello è finita.
 

Sono così semplici, i sogni di Simone. A differenza della maggior parte dei suoi coetanei, è addirittura felice del fatto che su di qui il cellulare non prenda  per niente. Lui sta bene con le sue pecore, solo che non si sente più libero. Chiede solo di poter fare il suo lavoro, essere rispettato e poter raccogliere i frutti delle sue fatiche. Non arricchirsi, ma solo essere pagato il giusto. "Le soddisfazioni di questo mestiere sono altre, non i soldi. Però devi poter vivere…".
 

D'inverno il gregge gira cercando pascoli fino ai mesi più rigidi, poi si affitta una sede. "Ma non è mai semplice trovare una cascina dove vogliamo le pecore. Ci sono tanti pregiudizi, dici che hai le pecore e dicono subito di no. La solita storia delle zecche, che poi non è vera… Tutta colpa anche di certe mele marce che ci sono in giro e vanno a fare danni, le conseguenze le pagano tutti gli altri pastori. Adesso c’è anche una legge nuova che dice che, nelle zone di mezza montagna, non puoi fare pascolo vagante, devi comunque avere una seconda sede, un posto dove ricoverarle. L’abbiamo trovato, ma non c’è la concimaia, ed è diventata obbligatoria perché non puoi mettere subito il letame sui prati, deve colare giù il liquido. Ma quando le pecore dormono fuori, sui prati? Non so… Abbiamo chiesto al padrone della cascina se era disposto a farla, ma il preventivo è stato di 25.000 euro!!! Certo che non te la fa! Una volta affittavi la cascina, pagavi le care (il quantitativo di fieno, ndA) e ti davano l’alloggio, la legna per scaldarti, la luce. Adesso devi pagarti tutto tu. Abbiamo cercato una concimaia da affittare per far vedere di essere a posto, ma le cascine che ne avevano una vecchia e le hanno ristrutturate per fare alloggi le hanno buttate giù. Non so… E’ un bel problema.
 

Il posto è splendido, la vista spazia verso i monti, il lago presso il quale c'è un rifugio dove tante volte sono salita per delle escursioni, in passato. “Il futuro… Non so. Non devono continuare a spendere soldi per niente. Il Parco per noi non ha voluto il container, ma hanno fatto il centro per il lupo ad Entracque. Comprano le capre dai macellai per darle da mangiare ai lupi che hanno lì… Io vorrei solo poter vivere come una persona normale, non c’è niente da inventare, bisogna solo far conoscere il nostro mestiere, i nostri prodotti, far capire il loro valore. La nostra roba vale di più perché dà di più! Bisogna valorizzarla. Gli animali sono controllati, seguiti, non come certa roba che arriva dall’estero. Se non si capisce questo, tra quarant’anni le montagne saranno vuote. Giovani adesso ce ne sono ancora, avrebbero la passione, ma i genitori spesso li scoraggiano, così come faceva mia madre. Li pilotano verso altro, perché non c’è più la rendita, anche con le vacche.
 

Scendo, passo ancora da Silvia, siamo daccordo che ci vedremo ancora, magari quando Simone verrà alla fiera a Luserna. Il tempo è passato veloce, le nuvole hanno occupato il cielo e c'è aria di temporale. Volevo salire ancora da altri pastori, ma pure lì manca la strada e così rinuncio, tornerò un'altra volta, il viaggio verso casa richiede quasi due ore e mentre guido medito ancora sulle semplici parole di Silvia e Simone. Ce n'è ancora da fare, se si vuole veramente operare in modo costruttivo per gli alpeggi e coloro che li utilizzano!