Pioveva… e nevicava a bassa quota

Sabato scorso ad Aosta pioveva e nevicava a quote relativamente basse. C’era la Foire des Alpes, rassegna dedicata a… tutti gli animali che non sono bovini, ma soprattutto capre e pecore.

Da camion, furgoni, camioncini scendevano gli animali e venivano condotti dentro l’arena, ma già al mattino c’era il dubbio che anche quest’anno la manifestazione non avrebbe avuto una partecipazione pari a quella dei primi anni.

Bisogna portare due capi (due pecore, due capre, una capra e una pecora) per avere diritto ai contributi erogati al fine di aiutare gli allevatori delle razze locali (pecora rosset, capra valdostana), quindi chi non è venuto alla Foire, non riceverà questi premi in denaro.

Qualcuno partecipa anche con specie e razze differenti: un giovanissimo appassionato con le sue capre nane, poi ci sono (pochi) cavalli, asini, lama. Ricordo in passato anche renne e molto altro, invece quest’anno c’erano pochissimi animali in generale, anche per quello che riguarda la parte di fiera, cioè animali che potevano essere venduti direttamente in quell’occasione.

C’è chi non è venuto per il tempo, chi è sceso, ma poi riparte quando gli dicono che sta nevicando e bisogna andare a metter dentro i manzi. C’è anche chi è arrivato e non vorrebbe scaricare i suoi animali, visto che toccherà lasciarli all’aperto sotto la pioggia. Raccolgo un po’ di voci: “Un mio amico non è venuto, ha una capra qualificata per domani alla finale della battaglia, lui munge, passare due giorni qui è un impegno, non ce la faceva.” “Negli anni passati ti aiutavano di più, adesso io che non ho razze di quelle per cui danno i contributi, ho solo spese per venire qui!

Il maltempo comunque non aiuta proprio. Ci sono quasi solo allevatori, qualche appassionato e nessun turista/curioso. Ricordo che, la mia prima volta alla Foire qualche anno fa, c’era pure il mercatino al piano superiore, c’era ancora anche lo scorso anno, mentre sabato solo il piano terra era parzialmente occupato dagli animali. Gli allevatori delle pecore si lamentavano: “…c’è spazio, capre ce ne sono poche, potevano lasciarci metter dentro anche le pecore!“. Alcune probabilmente erano ancora al pascolo, ma altre, tosate, sono state appositamente tirate fuori dalle stalle.

Ci si trova comunque tra appassionati, si gira, si chiacchiera, si guardano gli animali. Non solo capre valdostane, ma anche numerose “alpine comuni”.

Una capra davvero strana, in foto non rende l’idea fino in fondo delle sue dimensioni. Strano il colore e la morfologia, pensate che pesava, mi hanno detto, 106 kg!! Non so che incrocio strano fosse, ma dall’aspetto sembrava quasi una renna!

All’ingresso dell’arena, Camillo ed altri allevatori raccoglievano firme per sensibilizzare a riguardo della “questione lupo”. Avevano fatto stampare numerose foto scattate in valle durante innumerevoli predazioni a danno di capre, pecore e anche bovini. “Non me le hanno lasciate appendere, dicono che turbano la sensibilità del pubblico!“. Il pubblico invece si fermava, chiedeva, sfogliava, ma non sembrava affatto turbato, piuttosto indignato. Non sono mancate discussioni con chi invece riteneva che il lupo avesse pienamente ragione nel procacciarsi il cibo tra greggi e mandrie…

Ma quelli che affermano che allevare sia una forma di sfruttamento degli animali… perchè non viene a scambiare quattro chiacchiere con questo bambino, che ha addirittura fatto fare le copertine personalizzate per le sue capre?

C’è chi inganna il tempo in attesa delle premiazioni pomeridiane portando le capre all’aperto per una battaglia. D’altra parte è così che sono nate le battaglie delle capre “ufficiali”, sono stati regolamentati e ufficializzati quegli incontri che, per passione e passatempo, già si organizzavano tra amici.

Si va a far pranzo, poi ci si augura di tornare presto a casa. Piove, fa freddo, ci sono i lavori da fare…

Finalmente, senza perdere tempo, viene dato il via alle premiazioni. I giudici chiamano in campo i capi selezionati per ciascuna categoria, in modo da vederli affiancati e decidere quali sono i primi tre da premiare.

Si ritira il premio e si inizia a già a pensare alla battaglia del giorno successivo, per chi ha animali finalisti. La speranza è che anche il tempo sia migliore.

Chiude la rassegna la premiazione delle pecore, mentre pioggia e pioviggine si alternano, in una giornata decisamente fredda. Anche in una terra di forti tradizioni come la Val d’Aosta, la considerazione che può essere fatta alla fine della giornata è che anche qui si sente la crisi. Queste manifestazioni possono essere tenute in vita solo… con i soldi. La passione non è sufficiente. C’è un costo per venire qui con gli animali, sia economico (camion o altri mezzi), sia in termini di tempo. In qualche caso sarà anche mancanza di volontà, ma… quando tutto va bene, uno va volentieri a passare una giornata in compagnia con gli amici. Quando invece ci sono tante piccole/grandi cose che non girano per il verso giusto, viene a mancare persino l’entusiasmo.

Dal punto di vista economico non rifarei questa scelta

Era un giorno torrido di settembre quando sono andata a trovare Marco. Si parte in direzione della pianura, per attraversare poi le colline astigiane, costeggiare la città di Asti e puntare verso altre colline ancora. La meta è in provincia di Alessandria.

Un paese di 145 residenti: “…ma metà sono di comodo!“. La casa di Marco è vicino al “centro” del paese, un pugno di case sulla sommità della collina. Dal balcone si vedono gli orti sottostanti, i piccoli frutti, più lontano altre colline e vigneti. “Nel 1992 ho comprato tre pecore a Sanremo, lavoravo là in Comune come giardiniere. Le ho prese per passione, non avevo ancora idea di fare questo. Poi nel 1995 sono tornato a casa, ho riaperto l’azienda di mio papà che aveva le api e i vigneti.

Prima di vedere gli animali e sentire la storia di Marco, ci si siede a tavola. Il rischio è quello di non riuscire poi a rialzarsi per un po’. Gli gnocchi sono freschi, li abbiamo visti preparare, e verranno conditi con due sughi, entrambi con i formaggi di produzione propria a far da base per questi condimenti.

Ho iniziato con fragole e frutti di bosco, pochi capi di pecore e facevo formaggi per uso famigliare. Nel 2000 ho preso le prime tre capre. Le pecore sono la mia passione, ma le capre mi danno da vivere. Vado al pascolo quasi tutto l’anno, ma bisogna sempre integrare con fieno. Adesso è tutto secco, quindi do solo fieno, come quando c’è la neve.

Adesso prendo anche i contributi per la capra di Roccaverano, ma di pure ce ne sono ormai ben poche, sono quasi tutte meticciate. La razza stava scomparendo totalmente. Io preferisco le pecore perchè se ne metti una nuova nel gregge, le altre la annusano e poi è finita. Le capre si picchiano, io sono pacifico e mi da fastidio che si picchino! Una volta una me l’hanno ammazzata a forza di picchiarla!

Richiesta di formaggio di capra ce n’è. Per fare la robiola più buona, che era il formaggio tipico che si faceva qui una volta, i vecchi dicevano che ci voleva una pecora e sette capre. Il caseificio autorizzato ce l’ho dal 2013. Faccio soprattutto formaggi puri, o pecora, o capra, la gente cerca di più quelli di capra.” Una scelta di vita e di lavoro, quella di Marco. “Dal punto di vista economico… non la rifarei! E lo dico con la morte nel cuore! Soddisfazioni ce n’è, ma una volta lo stipendio al 27 sapevi che c’era. Adesso hai il nulla, certi mesi non sai come fare per le spese di casa.

Marco ha anche due vitelli, i maiali che consumano il siero della caseificazione, innumerevoli conigli, galline, anatre… La passione è quella per l’allevamento in generale. “Potessi farlo… terrei un “arsenale” di pecore! Due per tipo, tutte di razze da latte. Qualche capra, ma molte meno. Adesso ho una cinquantina di capre e venti pecore.

Capre (e non solo) in alpeggio

Mentre ero in Val d’Aosta, oltre ad intervistare aziende in cui si alleva e si caseifica, sono anche andata a cercare capre in alpeggio. La prima “gita” mi ha riportata su sentieri che avevo già percorso in passato con una transumanza. Il gregge era sicuramente su, avevo visto foto su facebook pochi giorni prima.

E’ una bella giornata di sole, nel fondovalle si irrigano i prati con le girandole e le vacche sono al pascolo. Sul sentiero si incontrano numerosi turisti, è sabato e questo è un percorso molto frequentato, sia per le escursioni, sia per l’alpinismo.

La fienagione è in corso, sono previste piogge per l’indomani, quindi è meglio affrettarsi a ritirare tutto il fieno già secco. Il sentiero intanto sale tornante dopo tornante, questa è un’antica mulattiera, siamo nel Parco del Gran Paradiso. Ogni tanto qualche traccia, un po’ di lana attaccata alle spine o sulla corteccia di un larice.

Nei primi pascoli che si incontrano dopo il bosco, l’erba non è quasi stata mangiata. Finalmente le pecore le vediamo molto più su, sul versante, proprio dove passa il sentiero. Così la marcia continua fino a raggiungere il gregge: pecore biellesi e capre valdostane. E’ lo stesso gregge che già avevo accompagnato due anni fa.

Anche il pastore lo conosco, è Davide, che in passato mandava quassù gli animali in guardia, ma adesso è lui a sorvegliarli in prima persona. “Sono sette anni che le mando qui… Le capre stanno sempre insieme alle pecore, anche giù d’inverno quando giro. Oggi ho sbagliato a venire a pascolare qui, c’è troppa gente sul sentiero!” E il gregge, sotto il sole, si ferma “a mucchio”, andando ad invadere proprio un tratto di sentiero. La gente si ferma, guarda, fa foto, commenta in tutte le lingue.

Anche nel Biellese c’è la passione per le capre di razza valdostana, i territori non sono così lontani e poi, per l’appunto, capita che si venga a passare l’estate sulle montagne della vallèe. Nel Biellese però queste vengono allevate soprattutto per bellezza e per passione, senza che vengano portate alle battaglie come invece accade in altre zone del Piemonte.

Lentamente il gregge si sposta e finirà poi per pascolare sopra all’alpeggio. Il tempo cambia, arrivano le prime nuvole, i turisti cominciano a scendere. C’è invece qualcuno che sale con gli asini… arriva anche Enrico, così posso andare a salutarlo e scambiare quattro chiacchiere. Mi racconta della sua avventura che prosegue con le capre camosciate nelle colline di Roccaverano, di progetti per il futuro anche per l’alpeggio, sempre con capre, ma razze più rustiche della camosciata.

Sarebbe davvero bello che questo alpeggio, collocato in un luogo meraviglioso, potesse tornare anche a produrre formaggi. La posizione è perfetta, con il sovrastante rifugio e il flusso continuo di turisti. Salutiamo Davide ed Enrico, è ora di rientrare, qualche goccia di pioggia cadrà sulla via del ritorno… La speranza era quella di avere bel tempo per il giorno successivo, altro alpeggio, altre capre…

Ogni animale rispecchia il carattere di chi lo alleva

Da quanti anni non salivo alla Vagliotta? Più di dieci… mi sa proprio che l’ultima volta era stata per nel 2015, quando giravo a far interviste per “Vita d’Alpeggio”. Non è per me così vicina la Valle Gesso. E’ quasi più lungo il viaggio in auto che la salita a piedi all’alpeggio.

Il sentiero è uno di quelli che ti portano in quota quasi senza accorgertene. Un motivo c’è e vale per la maggior parte dei sentieri da queste parti: qui venivano a caccia i reali e bisognava portarli su con tutto il loro seguito, quindi bisognava tracciare dei percorsi agevoli. Per chi volesse conoscere meglio questo aspetto storico, vi rimando alla pagina del Parco. In quel giorno io salivo, ancora all’ombra e al fresco, inebriata dal profumo dei maggiociondoli in fiore.

Non c’era silenzio, l’aria, oltre al profumo dolce, portava il fragore del torrente gonfio di acqua. Tutto molto bello, romantico e pittoresco per un’escursione, ma immaginate doverlo fare molte molte volte, a piedi, nel corso di tutta l’estate? Anno dopo anno… mentre gli anni passano, appunto. Viveri e materiali arrivano su ad inizio stagione con l’elicottero. “Sono venticinque anni che saliamo qui, anche se è da un po’ che vorremmo cambiare… Il figlio Nicolò sta giù, lui è più trattorista. Fossimo da un’altra parte dove si può andare e venire magari verrebbe anche lui, ma non so se starebbe qui fisso cinque mesi.

Prima di arrivare all’alpeggio, incontro il gregge che scende verso il pascolo, dopo la mungitura del mattino. Pecore roaschine e capre. “Doveva esserci Marilena… lei ti ha detto di venire su, ma io… io sono più per le pecore, è lei quella delle capre, anche all’inizio eravamo partiti uno con le pecore e uno con le capre. E’ anche questione di carattere, ogni animale rispetta il carattere di chi li alleva!

Con Aldo inizia una lunga chiacchierata sui temi più vari. Ci si conosce da anni ed è capitato più e più volte di incontrarsi un situazioni e contesti differenti. Prima di parlare di capre, ci raccontiamo mille cose, spaziando dal tema delle speculazioni sugli alpeggi, al lupo, alla figlia veterinaria in Francia e molto altro ancora. “Volevamo andar via di qui, ma non è facile trovare altri alpeggi, sai bene come funzionano le cose in questi anni… preferisco essere qui che altrove per conto di altri. Il gias sopra non l’hanno fatto aggiustare perchè noi parlavamo di andarcene. Ma, se anche fosse stato così, poteva venire qualcun altro e sarebbe servito comunque, no?

Aldo si dice contento del progetto del mio nuovo libro: “Vita d’alpeggio, quello sì che era stato bello. Gli altri sui pastori… sai, questi grandi pastori, a me non piacciono. Te l’avevo già raccontato, quando era arrivato uno di loro con il suo gregge e ci aveva pascolato i prati che a noi servivano per lungo tempo, lui è passato senza rispettare niente…“. Mentre il sole inonda i magri pascoli della Vagliotta, ci mettiamo a parlare di capre: “Prima del lupo stavano meglio, le mungevi, le aprivi, loro facevano il loro giro e tornavano alla sera.

Adesso sono costrette a pascolare con le pecore, ma mettono meno latte, il pascolo della capra e della pecora sono differenti. Rispetto ai pastori che allevano solo per la carne, chi munge ha un altro rapporto con gli animali. Poi ne ha anche di meno. Adesso abbiamo tante capre bionde. Per caso abbiamo preso una Toggenburg, abbiamo visto che anche stando fuori pativa meno e aveva tanto latte.

Il gregge è da poco in alpeggio, ma di formaggi ce ne sono già: quelli freschi degli ultimi giorni, le ricotte del mattino e formaggi stagionati prodotti nelle settimane precedenti: “Si vende qualcosa anche qui, ma soprattutto agli stranieri. Noi facciamo bio da sempre, è stata una scelta, una filosofia, un modo di differenziarci. Andiamo a fare mercatini, anche lontano, soprattutto in Francia, là la gente capisce di più.

Il gregge è poco lontano dalle baite, così i cuccioli di Pastore di Pirenei sono partiti con gli animali, ma poi sono rientrati a casa. Qui non ci sono problemi con i cani dei turisti, dato che si è nel parco ed è vietato introdurre cani, anche al guinzaglio. I pastori dei Pirenei con questo gregge (gli adulti) hanno correttamente segnalato la mia presenza sul sentiero, poi mi sono venuti incontro scodinzolando e cercando qualche carezza.

Quando ridiscendo il gregge è sopra al sentiero: le pecore stanno andando a cercare ombra. Non è facile fare i pastori quassù, sicuramente è servita tanta passione, tenacia, spirito di sacrificio per tornare, anno dopo anno, per 25 stagioni. Sono pascoli difficili, pascoli da pecore, chissà cosa succederà quando Aldo e Marilena troveranno un’altra montagna o, semplicemente, smetteranno di affrontare questa salita?

Il sole adesso scalda i fiori del maggiociondolo, ancora più profumati. Qualche anno fa Aldo aveva avuto problemi alle ginocchia, è quasi un miracolo che possa ancora camminare in montagna, soprattutto su di qui. Lui però non è tanto da pascolo: “Preferisco fare tutte le altre cose, se sono al pascolo mi viene da pensare, mentre sono lì fermi, a tutto quello che c’è da fare…

A Barcelonnette per la fiera

Andare o non andare a Barcelonnette? Ci avevo pensato su parecchio, già immaginavo che non avrei trovato molti animali, quest’anno, però… Alla fine è sempre un bel posto, i mercati francesi mettono allegria ed è un’occasione per vedere qualcosa di diverso dal solito.

E così sono partita, in un bel sabato di fine settembre, luci e colori autunnali. Il viaggio è comunque lungo, c’è da raggiungere Cuneo, risalire la Valle Stura e poi scendere fino alla cittadina di Barcelonnette, dove c’è già un bel po’ di traffico. Tutte le vie sono invase dalle bancarelle del mercato, poi si arriva alla piazza centrale, dove ci sono gli animali. Da una parte bovini, qualche cavallo, strane pecore dalle lunghe corna che qualcuno mi dice essere di origine ungherese.

Pecore, agnelloni, montoni, ecc. sono nella parte centrale della fiera. Effettivamente non ci sono tanti animali, sempre di meno rispetto agli anni precedenti, ma c’è un motivo molto semplice. La festa del Sacrificio è appena avvenuta, tutti gli agnelloni sono stati venduti in quell’occasione. Evidentemente anche qui in Francia le fiere zootecniche stanno perdendo di importanza e non è più tanto questo il posto dove si contratta, si vende, si acquista.

Ci sono pastori, ci sono contadini, allevatori. La fiera è comunque il luogo dove ci si incontra, si chiacchiera, si commenta. Forse all’estero più che “in casa”, ci si può aggirare per le fiere annusando quest’atmosfera particolare, come semplici osservatori, cogliendo attimi di vita.

Non mancano le campane e chi le acquista, ovviamente prevalgono quelle per pecore e capre, con tanto di canaule in legno. I prezzi non sono economici, ci sono anche pastori italiani che sollevano, fanno suonare, ascoltano, valutano. Ce n’è per tutte le tasche, ovviamente dipende dall’uso che si vuole fare della campana, se se ne cerca una da utilizzare al pascolo o una più importante.

Si può comprare una campana per qualcun altro? E’ una cosa molto difficile, la scelta di una campana è così personale! Non è solo il suono di quella singola campanella, ma è anche il pensarla inserita nella sinfonia, nell’armonia delle altre campane che già si hanno nel gregge. L’orecchio si forma man mano, crescendo, di pari passo con la passione.

In giro per la fiera si possono fare acquisti di ogni tipo, oppure anche solo girare tra le bancarelle ammirando, lasciandosi riempire gli occhi dai colori, il naso dai profumi. Ci sono anche qui, come in Italia, bancarelle di abbigliamento dozzinale e prodotti alimentari industriali, ma anche molto, moltissimo artigianato e aziende agricole. Ci sono pure tocchi etnici e multiculturali.

Qui il cibo da strada è anche questo stand dove in enormi padelle si cucina la paella, la pasta ai frutti di mare o si friggono seppie e calamari. Alla fine della giornata non ci saranno che pochi avanzi, nel fondo delle padelle. Molti comprano per portare a casa, altri mangeranno da qualche parte sulle panchine, in giro per Barcelonnette.

Sono anche moltissimi quelli che vanno a pranzare nei numerosi locali sparsi per l’intero paese, nelle vie e sulle piazze. Fuori tutti hanno lavagnette con il menù del giorno, si può mangiare anche all’aperto, l’aria fresca del mattino ha lasciato il posto ad un bel sole caldo di inizio autunno.

Ancora un giro per la fiera, sono finiti i discorsi ufficiali dal palco, la gente sta pranzando, così si riescono a fotografare meglio le bancarelle. Formaggi, salumi, miele, dolci, frutta, verdura. Qui sono molto comuni dei grossi blocchi di gelatina di frutta, che vengono tagliati sul posto, e forme di torrone morbido ricoperte da frutta secca. Come sempre, noto che in Francia le normative sul confezionamento e vendita degli alimenti sono meno restrittive rispetto a quanto accade da noi.

La dimostrazione di tosatura è già avvenuta, qualcuno dei passanti allunga la mano a toccare un ciuffo di lana. Nel primo pomeriggio si inizierà a caricare gli animali per riportarli al pascolo, nelle varie aziende più o meno lontane.

In quel momento sono tutti in paziente attesa. Chissà se ci sono stati vendite e acquisti? Alcuni credo che siano commercianti, altri allevatori. Gli Italiani che incontro commentano sulla qualità non elevata degli animali presenti quest’anno, sia come pecore, sia come montoni, a parte qualche eccezione.

Permettetemi un appunto sulla “pecora italiana” in questo box. Il confine non è lontano… Non si tratta di un animale esotico, avrebbero potuto scrivere la razza e poi, sotto, aggiungere Italia.

Lascio la fiera e riprendo la via del ritorno. Ogni paesino meriterebbe una sosta e tante foto ai panorami, ai dettagli, ai colori dell’autunno, ma il viaggio è lungo e le giornate si fanno via via più corte. Non riesco a resistere almeno a fotografare qualche piccolo gregge al pascolo accanto ai villaggi. Le grosse greggi sono ormai quasi tutte scese dagli alpeggi, restano qui le pecore “residenti”, che affronteranno l’inverno alpino in stalla.

Quando ero passata al colle (della Maddalena per gli Italiani, di Larche per i Francesi) avevo visto delle reti tirate lungo la strada, al mattino. Adesso però, in queste reti, c’è ancora un gregge al pascolo. Cani da guardiania non ce ne sono, il “recinto” è ampio, così non riesco a resistere ed entro nelle reti. Mi muovo piano, con circospezione, affinchè gli animali non si spaventino per la mia presenza, e infatti continuano a pascolare indisturbati.

Il colore di queste pecore si confonde con il panorama, con l’erba secca. Ormai c’è più poco da mangiare, ma il gregge bruca avidamente e gli animali sono in buon stato, più belli di molti di quelli appena visti alla fiera. Sole, vento, cielo in cui si rincorrono le nuvole, il gregge tutto intorno, potevo rimanere lì ore a guardare gli animali e scattare foto.

C’è anche un grosso montone con un rudun dal suono grave. Sulla schiena ha la floucà, probabilmente è un castrato, il suo ruolo è quello di guida e di capo-gregge, infatti anche lì nelle reti le pecore si spostano ora avanti, ora indietro, sempre pascolando, seguendo i suoi movimenti.

Non manca un buon numero di capre, soprattutto di razza Rove, belle grasse e con il pelo lucido. Questi animali, visti in Francia, sembrano sempre particolarmente possenti, mentre in Italia danno l’impressione di avere una taglia inferiore. Forse la ragione è da vedere nel fatto che oltralpe svettano sopra al gregge di merinos, di taglia inferiore rispetto alle Biellesi o alle Bergamasche.

Ancora qualche minuto con il gregge, poi bisogna ripartire. Ci sono pecore anche in Italia, numerosi greggi, uno accanto alla strada composto da moltissimi agnelli e le loro mamme. Passato il confine però cambia il tempo, appena oltre il colle il sole svanisce, le nuvole prendono il sopravvento e, appena inizio la discesa tra i tornanti, inizia pure a piovere, così non mi fermo più a scattare altre foto. Tornerò in Francia magari per la Fiera di Guillestre, in ottobre, il 19…

“Le più belle massesi di tutto il Frignano”

Oggi lascio che sia qualcun altro a raccontare. Mi ha scritto una “vecchia” conoscenza, Riccardo, che si è trovato in Appennino per lavoro e, anche là, ha incontrato dei pastori. “Ho conosciuto Renzo Nizzi di Fiumalbo, ti ho scritto un post come resoconto della giornata e ti ho anche messo delle altre foto delle sue pecore che ho fatto alcuni giorni dopo quando ho fatto un altro giro sull’Appennino e sono passato a trovarlo a casa sua. Lui non sapeva di te e di quello che scrivi, ma adesso ti segue anche lui (e soprattutto i figli).” Cedo così a lui la parola.

(foto R. Dellosta)

Dopo aver sentito parlare a lungo dell’alpe del Cimone, un giorno un po’ per curiosità e un po’ per sfuggire alla calura della bassa decido di farci un giro. Salendo osservo i pascoli già bruciati dal caldo che quest’anno è salito fin quassù, le uniche chiazze verdi sono di nardo che in molti punti, soprattutto quelli più freschi, ha preso completamente il sopravvento sulle altre specie, segno che un tempo questi pascoli sono stati molto sfruttati, ma ad oggi l’erba non sembra mangiata e non ci sono molte tracce degli animali.

(foto R. Dellosta)

Proseguo la salita su un ripido sentiero fino alla vetta dove il panorama è meraviglioso, nelle giornate più limpide si riescono a vedere i due mari, addirittura il Monviso ed il Monte Rosa, ma oggi si alza la foschia dalla pianura, così mi limito ad osservare le montagne circostanti così diverse dalle Alpi, con pochi prati solo sulla cima e le Apuane ripide e rocciose, quasi senza un filo d’erba. In lontananza si sentono dei campanacci, quindi decido di incamminarmi verso dove sembra provenire il suono, e, camminando comincio a scorgere in un vallone un piccolo gregge, proseguo affrettando il passo fino a raggiungerlo.

(foto R. Dellosta)

All’arrivo saluto il pastore, iniziamo a parlare, gli mostro sul cellulare alcune foto di pecore biellesi, faccio apprezzamenti sulle sue: questa è giovane, questa sembra che deve partorire … lui mi interrompe: “Ma allora tu sei un pastore? perché sai distinguere una recchia  da una pecora adulta, guarda che qui di gente ne passa, ma solo uno una volta si è fermato e sapeva queste cose, era uno che aveva fatto il pastore”, No dico, ho la passione per gli animali, non sono un pastore, ma in due minuti già abbiamo fatto amicizia.

(foto R. Dellosta)

Il gregge di Renzo non è particolarmente grande, il giusto numero per degli animali da latte, ma davvero ben tenuto, solo una pecora molto in là con l’età è un po’ tirata “sai quella la tengo perché ci sono affezionato, ma le altre, nemmeno una zoppa, era successo un anno che l’avevano presa, poi le ho curate per bene e adesso sono tutte perfette”. La passione e l’attaccamento ai suoi animali traspare da ogni suo gesto “le pecore sono la mia droga, non credo che riuscirei mai a smettere di allevarle” noi la chiamiamo la malattia gli dico, “ no no sono una droga, sei anni fa sono riuscito a smettere di fumare, non è mica facile sai …, ma non togliermi le pecore, non riuscirei proprio a farne a meno”.

(foto R. Dellosta)

“Guardale le mie massesi, purtroppo ci sono quelle bianche in mezzo, sono di mio figlio, non le posso proprio vedere quelle macchie bianche nel mio branco, ma sai … sono costretto a tenerle, non ci fosse lui che fa tutto in cascina” questione di punti di vista penso, “qui danno i contributi per le cornelle, per le massesi no, solo in Toscana, ma la Toscana è li a duecento metri, possibile che non si rendono conto, li danno a chi pianta i lamponi e non a noi pastori che ci stiamo estinguendo. Ma fin che posso tengo le massesi. Addirittura ho preso il premio per il migliore montone alla fiera, ma ho dovuto prima darlo  ad un altro perché noi emiliani non possiamo partecipare, poi lui mi ha dato a me la coppa, ma io sono già contento così ”.

(foto R. Dellosta)

È mezzogiorno, il sole picchia forte nonostante le nuvole che si addensano sulle cime e le pecore si raggruppano per sfuggire alla calura. Noi ne approfittiamo per un veloce pranzo seduti sul prato,  in cui assaggio il suo formaggio accompagnato con le pere ed un sorso di vino, una delizia! Parliamo della sua razza, a lui piacciono le nere, nemmeno troppo le bigie, ma devono assolutamente avere le corna, mi racconta di quando ne aveva addirittura che assomigliavano alle capre girgentane “erano uno spettacolo, anche se purtroppo ho perso la razza”, gli parlo dei pastori in Piemonte che in genere le corna non le vogliono vedere. Questione di punti di vista, dopotutto il vero pastore seleziona anche per la bellezza, non solo per la resa ed ognuno ha la sua razza.

Mentre mangiamo la discussione prosegue “sai ho anche un’altra passione io: le campane, ne ho di tutti i tipi quelle di ottone, di bronzo, di acciaio, dalla Sicilia, della Sardegna. Quando viene qui il campanaro facciamo sempre degli scambi, ne ho persino di legno del Marocco. Poi i collari li faccio io con la pelle di vacca” gli parlo dei rudun e delle campane che si usano in Piemonte, lui ovviamente ne ha anche di piemontesi e valdostane, addirittura mi spiega mostrandomele che quelle di una nota ditta valgono solo se prodotte prima di una certa data. Nel gregge si notano diverse pecore con più di una campana al collo, alcune hanno addirittura una grilliera cioè un collare tutto pieno di campanelle.

Renzo nel gregge tiene solo un cane da conduzione “due sono troppi, invece di lavorare si intralciano tra di loro”.  Gli chiedo se ha mai pensato di prendere dei maremmani visto che qui ci sono molti lupi  “il maremmano  buono deve sempre stare nel gregge … se ne avessi avuto uno non ti saresti potuto avvicinare, li regalavano ma non li ho voluti, non si sa mai con i turisti giù in paese …”. Parlando di lupi mi racconta del recinto per la notte “ne avevano fatti di fissi con i soldi della regione, ma li dovevano fare con la rete elettrosaldata come gli ho detto io, non con la rete normale che alla prima neve si sono piegati tutti”. Lui alla sera fa un recinto un po’ particolare con i pannelli di rete elettrosaldata e all’esterno la rete con la batteria, un’ulteriore accortezza per non che si impigliano con le corna anche se un recinto così richiede più tempo e soprattutto tanta fatica per essere montato.

(foto R. Dellosta)

 

“Le vedi quelle montagne laggiù? Una volta erano tutti pascoli, poi campi di segale e grano più a valle, adesso tutti abeti e larici, non sono piante di queste parti, li hanno piantati e adesso sono tutti malati, poi quando arriva la neve scirocca  li rompe tutti” La montagna pian piano si sta rimboschendo, “mi dovrebbero addirittura pagare perché porto le pecore qui, da altre parti so che lo fanno, non come noi che dobbiamo pagare per il pascolo”. Lui è l’ultimo pastore del suo paese, una volta faceva il pascolo vagante giù in pianura fino in Veneto dalle parti di Chioggia, ora d’inverno resta a casa e gli animali stanno in stalla. In paese ci sono altri che le tengono per passione o per prendere qualche contributo ma nulla più, mi racconta di un giovane pastore che ha cominciato e poi dopo pochi anni ha smesso ed è andato in un’altra regione a lavorare con le vacche, di un altro che anziano non trovando più manodopera ha dovuto vendere tutto.

(foto R. Dellosta)

Quest’anno il clima non è buono, è andata bene per il fieno, ma le temperature sono troppo alte e c’è siccità, le sorgenti sono ormai asciutte e le pecore patiscono il caldo. Ci spostiamo un po’ più a valle alla ricerca di erba più tenera, qui oltre il nardo che si propaga sempre di più anche grazie ai cavalli del rifugio vicino che mangiano la spiga e lo disseminano ovunque, non è rimasto molto da mangiare.

(foto R. Dellosta)

Riflettiamo sui problemi della pastorizia che qui come altrove non sono solo i lupi o la manodopera che non si trova, nemmeno il clima o la siccità che ha seccato anzitempo l’erba, i problemi sono la burocrazia e le leggi che ti ostacolano in tutto anche qui sull’alpe, le spese che aumentano sempre più, ma soprattutto la gente che ormai ha cambiato le abitudini. “mi chiedo tutti i giorni che cosa mangiano. Pazienza l’agnello che lo devono cucinare … ma il formaggio? No, nemmeno quello, anche i turisti che vengono qui comprano la ricotta al supermercato. Meno male che ci sono tanti toscani, a quelli piace mangiare bene, ma gli altri … sono stretti come la foglia del ginepro, se gliela regali è buona ma non la comprano mica eh!”.

Si fa tardi, io devo incamminarmi lungo il sentiero del ritorno e Renzo deve riportare gli animali più in basso per la mungitura, qui non ci sono strutture sull’alpe e le pecore, anche quelle asciutte da quando c’è il lupo, scendono ogni sera vicino alla cascina. Ci salutiamo dunque con la promessa di rivederci in un’altra occasione. Al mio ritorno in pianura, parlando con un altro pastore originario di queste parti ho saputo di aver visto le “più belle massesi di tutto il Frignano”

(foto R. Dellosta)

P.S.: Alcuni giorni dopo al ritorno da un’altra gita da quelle parti ho rincontrato Renzo con il suo gregge mentre si avviava verso casa, ecco alcune foto.

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

Una super fiera a Luserna San Giovanni

Per me era, già negli anni scorsi, una delle fiere più belle che avessi mai visto, ma quest’anno ne ho avuto la conferma anche dai tanti visitatori arrivati da fuori Piemonte. Io vi ho partecipato nei due giorni, il 1 novembre, in cui vi erano solo le bancarelle, e il 2, giorno della fiera vera e propria, con gli animali, ancora più espositori e il massimo dell’affluenza.

Il primo giorno sono riuscita a farmi un giro da tranquilla, guardando gli stand e scattando foto a tutto ciò che c’era di particolare. Come questa selleria non piemontese (presumo lombarda), con campane (ma soprattutto collari) diversi da quelli che vediamo solitamente da noi.

Le sellerie a questa fiera sono tutte presenti, ciascuna con i loro articoli e ciascuna con i suo affezionati clienti. Attrezzature tecniche, reti, picchetti, fili, bastoni, campanacci, forme per il formaggio e molto molto altro ancora.

Tra i tantissimi banchi di prodotti alimentari, vi sono ovviamente quelli dei formaggi. Alcuni sono commercianti, altri produttori di aziende agricole della zona, compresi i margari con le loro tome realizzate ancora in montagna e formaggi più freschi prodotti ormai in pianura.

Era bello anche solo godersi i colori ed i profumi delle bancarelle: frutta, verdura, spezie, legumi, castagne, noci… Ce n’era davvero per tutti, tra aglio, porri, peperoni, melanzane, cavoli, mele, pere, zucche…

E quando non erano fresche, erano sotto vetro! Accanto ad olive, acciughe, funghi, sottaceti vari… Insomma, chiunque poteva trovare qualcosa di suo gradimento, senza dimenticare pane, dolciumi, farine, miele, vini e molto altro ancora.

Ma la vera fiera era il giorno in cui c’erano le bestie. Da una parte quelle dei commercianti, soprattutto bovini. C’erano anche commercianti da altre regioni (non è il mio campo, ma ho letto i nomi sui camion!!) e poi, come da qualche anno a questa parte, gli Austriaci.

Ho fatto un giro molto veloce per salutare amici e conoscenti e vedere le bestie. Nel reparto ovicaprini, non c’erano grosse novità. Le “solite” capre di un appassionato allevatore locale, che riscuotono sempre grande interesse, più qualche altro gruppetto.

Per le pecore, il commerciante è sempre quello… Quest’anno c’erano meno capi degli anni scorsi, suddivisi in gruppi di provenienza diversa. Non sono propriamente del mestiere, ma un gruppetto di pecore con una fitta lana e il ciuffo fin giù sul naso aveva un qualcosa di famigliare e ne attribuivo la provenienza al gregge di un pastore che mi aveva fatto visita il giorno precedente. (Per la cronaca, avevo indovinato!)

Oltre alla fiera, c’era la mostra degli animali di provenienza locale. Avrei voluto fermarmi di più, scattare più foto, assistere alla premiazione e alla gara di mungitura, ma quest’anno sono riuscita proprio solo a fare un giro veloce, dovendomi occupare del mio stand.

Poco per volta il pubblico si faceva sempre più numeroso e si cominciava ad avere problemi nel riuscire a spostarsi da una parte all’altra della fiera. La bellissima giornata di sole, la giornata festiva (domenica) il ponte di Ognissanti hanno fatto sì che l’affluenza sia stata davvero straordinaria.

Così molto del pubblico della fiera me lo sono vista scorrere davanti dalla mia bancarella. Ecco qui un gruppo di pastori dalla Lombardia. Ma sono venuti a salutarmi pastori dal Trentino, dal Veneto, dall’Emilia, dalla Liguria e da ogni angolo del Piemonte. Grazie a tutti voi e grazie a chi si è entusiasmato davanti a “Pascolo vagante 2004-2014”.

Verso sera molti animali portavano sulla schiena le scritte che indicavano la loro vendita. Poco per volta venivano caricati sui camion. Le bancarelle accendevano le luci (chi le aveva), altri iniziavano a smontare anche se il pubblico continuava a girare tra gli stand. C’era chi cantava e chi aveva lo sguardo già un po’ annebbiato. Per vedere anche le mie altre foto, qui un album pubblicato su facebook.

La transumanza di inizio stagione della Pecora Brigasca

Mentre mandrie e greggi completano la loro stagione in alpeggio, appena prima della festa della pecora Brigasca in Francia, a la Brigue, vi propongo un “servizio” realizzato dall’amico Carlo qualche mese fa. A lui la parola.

“Fine giugno: per i pastori è arrivato il tempo di transumanza, lo spostamento del bestiame dai pascoli invernali agli alpeggi. E così fa Aldo Lo Manto, proprietario dell’azienda agricola “I formaggi del boschetto”, presidio Slow food per la toma di pecora Brigasca. Aldo è l’unico pastore della Liguria a fare la transumanza interamente a piedi partendo da Garlenda e arrivando fino alla località Pornassina (Le Navette Liguri) a oltre 2000 metri di altitudine, è lui che ha salvato dall’estinzione la pecora Brigasca. Il nome della Brigasca (Brigasque) deriva dal monte Briga e dall’omonimo passo, sulle Alpi Marittime in Liguria, zona di confine tra Italia e Francia.

(foto C.Borrini)

Da alcuni anni, Aldo ha voluto coinvolgere in questa esperienza (la transumanza), sostenuto anche dall’Associazione i Transumanti, anche gruppi di escursionisti che camminano con i pastori e con le greggi entrando in sintonia con la natura e gli animali. Quest’anno a questa transumanza abbiamo voluto assistere anche noi (io e mia moglie).

(foto C.Borrini)

Il ritrovo era fissato per le 5.00 del mattino presso la Chiesa della Natività di Garlenda, quindi accompagnati da Valentina siamo arrivati presso i recinti dove erano ancora rinchiusi gli animali. Quindi per la mattina del 20 giugno sveglia alle 4.00, orario per me molto inusuale (sono ancora al primo sonno), ma anch’io sono stato contagiato un po’ dalla malattia delle pecore, quindi ho fatto volentieri questo sacrificio. Alle ore 5,45 con puntualità quasi Svizzera si sono aperti i recinti e il cancello ed è partita ufficialmente la transumanza.

(foto C.Borrini)

Un migliaio di Brigasche divise in due greggi e una cinquantina di bovine, con al seguito cavalli, cani e guidate dai pastori hanno iniziato così il loro lungo viaggio verso i monti.

(foto C.Borrini)

Passando per Vellengo Passo di Cesio e da Colle San Bartolomeo, la prima tappa prevedeva l’arrivo a San Bernardo di Conio dove per la serata è stata organizzata la “Festa del Pastore”.

(foto C.Borrini)

Io e mia moglie abbiamo lasciato momentaneamente la transumanza per ritrovarla nel pomeriggio verso San Bernardo di Conio. Nel tratto tortuoso di strada da Colle San Bartolomeo a San Bernardo segni inequivocabili sull’asfalto ci dicevano che le greggi e la mandria ci precedevano.

(foto C.Borrini)

Infatti dopo pochi minuti, ecco gli animali e i pastori all’ombra degli gli alberi per una meritata sosta per il riposo.

(foto C.Borrini)

Qui ho avuto una piccola incomprensione con un maremmano; forse mi sono avvicinato troppo alle pecore e mi sono trovato questo bel cucciolone che abbaiava e mi teneva sotto tiro, al che alla chetichella mi sono allontanato e tutto si è risolto per il meglio senza l’intervento del pastore.

(foto C.Borrini)

Nel frattempo, mentre le pecore e le mucche si erano messe a pascolare ho scambiato alcune battute con Aldo. In breve mi ha detto che solo dei pazzi possono ancora fare questo lavoro puntando decisamente il dito contro il mondo fatto di carte e burocrazia che non capisce più le tradizioni, oltre ad altri problemi quali il mercato, il lupo, gli ambientalisti o pseudo tali, ecc.

(foto C.Borrini)

Ma poi c’è di mezzo la passione (che per lui è missione) e così continua nonostante tutto.

(foto C.Borrini)

Dopo il riposo e il pascolo le greggi e la mandria vengono ricompattate dai pastori con l’aiuto fondamentale dei cani ed è iniziato così l’ultimo tratto della prima tappa verso San Bernardo di Conio.

(foto C.Borrini)

Intanto il tempo si stava annuvolando ed è scesa la nebbia e la temperatura si era notevolmente  abbassata. E’ iniziato quindi il viaggio di avvicinamento a San Bernardo che è durato circa un’oretta.

(foto C.Borrini)

L’arrivo a San Bernardo di Conio è stato salutato da un buon gruppo di persone e turisti e da un tempo sempre più nebbioso. Quindi inizia il passaggio delle greggi con Aldo Lo Manto ad aprire la sfilata.

(foto C.Borrini)

Seguito dal primo gregge composto dalle pecore produttive che dovranno in serata essere munte…

(foto C.Borrini)

…dalla mandria delle bovine nel quale le mamme hanno incontrato i loro vitellini per l’allattamento…

(foto C.Borrini)

…e infine dal secondo gregge. Dopo la sistemazione delle greggi e della mandria nei loro recinti preparati prima, ha avuto inizio la “Festa del Pastore” con degustazione di piatti tipici della tradizione agro-pastorale, alla quale, purtroppo non abbiamo potuto partecipare.

(foto C.Borrini)

Il giorno successivo pastori, greggi, mandria e gli escursionisti al seguito, hanno raggiunto la località Navette Liguri per l’alpeggio estivo, passando da Bosco di Rezzo, Passo della Mezzaluna, Alpe Grande, Pianlatte, Colle del Garezzo, Monte Fronte e Fascia Pornassina.

Che dire in conclusione: abbiamo passato una bella giornata a contatto con gli animali e con il mondo pastorale in una nuova realtà quella della pastorizia ligure, abbiamo conosciuto nuove persone e scoperto la razza Brigasca. Per quanto riguarda la scoperta dei prodotti della cucina vedremo di provvedere per il prossimo anno. Un ringraziamento all’Associazione I Transumanti in particolare a Valentina Borgna per la sua disponibilità e per le informazioni che ci ha fornito sul percorso della transumanza. Un saluto ad Aldo Lo Manto e…Buon viaggio Pastore!!!! Arrivederci al prossimo anno.”

Tra le tante fiere, quella di Sampeyre

In questi fine settimana non c’è di che annoiarsi. Per gli allevatori, ci sono le transumanze vere e proprie, lo spostamento di greggi e mandrie di proprietà. Ma poi ci sono mostre, fiere, rassegne zootecniche. Sempre più gli animali vengono fatti sfilare (mi hanno detto che c’era anche un piccolo gregge alla Duja d’or ad Asti a metà settembre), riscuotendo un gran successo. Oggi c’è La Transumanza a Pont Canavese, anche i prossimi fine settimana sono ricchissimi di appuntamenti. La sottoscritta va un po’ qua ed un po’ là, vagante come sempre, come può, quando può.

Domenica scorsa ero a Sampeyre. Al mattino, mentre risalivo per andare a fare una camminata, ho già incontrato animali che scendevano. Molto probabilmente erano per l’appunto diretti alla fiera che si teneva nel capoluogo. Il suono dei rudun risuonava nella valle. Giù in paese, anche se era abbastanza presto, c’era già movimento.

Terminata la mia gita, sono ridiscesa velocemente per andare alla fiera, ma qualche nastro colorato e soprattutto le buse fresche lungo la strada mi hanno fatto venire dei dubbi… Per fortuna c’è poi stato modo di imboccare un’altra strada e precedere la mandria diretta a Sampeyre per sfilare nel centro. Un rapidissimo giro alla fiera, dove vacche, capre, pecore, asini e cavalli fin dal mattino sono state sistemate qua e là lungo la strada che porta alla piazza. Poi vado incontro alla mandria.

Incontro anche un simpatico “conducente di asino“, che aspetta come me gli animali per unirsi alla sfilata. Il passaggio nel paese è previsto per le ore 15:00. C’è un pallido solo autunnale, poco traffico, ma sicuramente arriverà molta gente nel pomeriggio per il clou della manifestazione.

Le vacche sono state fatte fermare in uno spiazzo, dove possono anche pascolare un po’. Quando è ora, ci si mette in cammino, ci va circa una mezz’ora a raggiungere Sampeyre, anche se gli animali avanzano di buon passo. In tanti partecipano a questa “transumanza” insieme ai margari, anche per riuscire a garantire lo scorrimento del traffico.

Per la strada, ecco le locandine di un appuntamento che seguirà tra non molto. La Fiero dei Des (Fiera del 10) è una scadenza a cui non mancare, da queste parti. A Bellino, il 10 ottobre, tra bancarelle e animali locali in mostra, ci si incontra prima di scendere definitivamente in pianura, prima di rientrare nelle stalle.

Si passa Calchesio, poi prosegue la discesa, incrociando auto e moto, riuscendo a far avanzare anche chi si è trovato dietro in coda. C’è sempre qualche piccolo attimo di nervosismo, perchè gli automobilisti non sanno come comportarsi quando vedono gli animali sulla strada. C’è chi si blocca in centro, chi avanza anche quando dall’altra parte le auto stanno sorpassando la mandria, nonostante segnali, inviti e grida delle persone che cercano sia di badare alle vacche, sia di dirigere il traffico.

Molta gente già aspetta all’imbocco del paese, c’è chi si affaccia dai balconi, chi sta sulla porta di casa. Non so se questa sia la prima volta in cui gli animali vengono fatti sfilare nel centro, ma sicuramente è uno spettacolo che offre qualcosa in più rispetto ad una semplice fiera con gli animali in mostra.

Un tempo non era uno spettacolo inconsueto vedere degli animali, vacche, capre o pecore che fossero, transitare per le strade. Oggi la gente si assiepa in piazza a guardare con entusiasmo una mandria, così come aspetterebbe gli atleti di una gara o una sfilata di carri allegorici. Un qualcosa di bello da vedere, allietato dal suono dei campanacci.

La mandria attraversa tutto il centro tra due ali di folla, gente e bancarelle, poi viene condotta in un prato dove sono già stati tirati i fili per contenerla nelle ore successive. Conclusa la sfilata, la fiera può continuare. Ci sono i “soliti banchi” da mercato, abbigliamento, oggetti vari, poi l’artigianato e i prodotti tipici.

Da segnalare un produttore artigianale di campane che ancora non mi era mai capitato di incontrare, ma che sicuramente dev’essere noto agli appassionati “del settore”. Chi fosse interessato a contattarlo, può lasciare un commento ed io provvederò a farvi sapere i suoi recapiti.

Ai giardinetti… ecco pecore e capre! Con le transenne sono stati creati dei box per contenerle ed ogni allevatore ha il suo spazio. Biellesi, incroci, Suffolk, Romanov, tutte provenienti da allevatori locali. E così, per quel giorno, l’erba dei giardini pubblici è stata tagliata gratuitamente…

Moltissimo pubblico anche ad assistere al triathlon del boscaiolo. Taglialegna professionisti si cimentavano in diverse prove di abilità e precisione: intaglio con la motosega, prove di velocità nella sramatura, capacità di far cadere il tronco in un punto esatto. Tutto questo vi fa capire come i mestieri della montagna possano anche essere “divertenti da vedere”. L’importante è capire che è un lavoro, quindi va apprezzato nei momenti di festa e rispettato in tutti gli altri giorni dell’anno.

Per qualcuno tante, per altri poche

Anche quest’anno ho fatto un giro alla Fiera di Barcellonette. Già on-line circolavano articoli in cui si parlava di un numero di capi esposti di gran lunga inferiore a quello che avevo visto gli anni precedenti, ma quando sono stata là sabato 27 ho potuto verificare in prima persona.

Quello che non mi ha delusa sono le bancarelle. Oltre ad una buona quantità di banchi di abbigliamento d’importazione (che trovi anche sulle nostre fiere e mercati), in Francia c’è sempre un buon numero di espositori “a tema”, che possono essere ricondotti alla filiera della pecora. In questo caso ecco gilè e calde calzature in vera lana di pecora.

Poi, tra generi alimentari di vario tipo, di cui è anche bello persino limitarsi ad ammirare i colori ed annusare i profumi, ecco l’artigianato, dove non manca mai uno spazio per gli animali. Quelli veri però sono più avanti, nella solita piazza.

Non so se è solo una mia impressione, ma quest’anno mi è sembrato di vedere più formaggio di pecora del solito, accanto a quelli a latte vaccino e caprino. Quello che era da annotarsi era il prezzo: mentre sui formaggi vaccini, un prodotto “medio” non particolarmente ricercato aveva un prezzo abbastanza simile a quelli italiani, i formaggi di pecora erano decisamente non alla portata di tutti.

Vedere sulle bancarelle del mercato formaggi a media stagionatura con prezzi anche superiori ai 30 €/kg fa un certo effetto. Poi ovviamente ce n’era per tutti i gusti e tutte le tasche… Comunque, oltre alle pecore da carne che solitamente si incontrano a queste fiere e nella gran parte degli alpeggi confinanti con le vallate italiane, c’è anche una realtà di caseificazione che da dei buoni prodotti.

Qualche bovino, qualche cavallo, qualche asino, e poi ecco anche le pecore. Gli articoli parlavano di circa 600 capi, forse ce n’era qualcuno in più, ma sicuramente non le migliaia del passato. Scambio due parole con un pastore italiano in pensione, mi racconta della fiera di Arles, dove un tempo si vedevano anche 10.000 pecore. Ma oggi non fanno nemmeno più la fiera!!

I pochi animali dell’edizione 2014 sono comunque da attribuire soprattutto ad una causa. A breve si terrà la festa mussulmana detta del Sacrificio, pertanto i commercianti sono impegnati, i montoni sono già stati portati via ecc ecc. Inoltre solo più pochi vengono alla fiera per fare affari, per vendere o acquistare. E così le fiere restano quasi solo più dei momenti di incontro, ma si rischia di vederle scomparire.

Alla fiera si viene anche per acquistare attrezzature, che siano reti o che siano campane. E qui, in quanto a campane da pecore, la scelta non manca mai! Nonostante il frastuono, lo speaker dal palco, la gente che parla, intorno a questi banchi c’è sempre qualcuno che fa suonare ora questa, ora quella campana, per scegliere il suono che più piace, che più si armonizza con quello delle campane già presenti nel gregge.

Per il pubblico, ormai in queste manifestazioni non manca mai una dimostrazione di tosatura. Affascina chi non l’ha mai vista, è un momento per spiegare qualcosa in più sul lavoro di chi alleva pecore e… non se la perdono nemmeno quelli “del mestiere”, forse perchè per una volta devono solo guardare e non preoccuparsi di tutti gli aspetti di quelle giornate impegnative quando sono i loro animali ad essere sottoposti a quel trattamento.

Fuori dall’Italia è anche bello guardarsi intorno e vedere che gente c’è. Certi dettagli ti fanno capire molte cose anche senza parlare… Per esempio questi due ragazzi, freschi dell’acquisto di un rudun, sono Italiani. Poi ci sono i molti pittoreschi berger francesi, ragazze e ragazzi che lavorano come salariati a badare alle pecore in alpe e non solo. Li riconosci per l’abbronzatura, per l’abbigliamento, per gli scarponi, per i cani (border collies) che li accompagnano, per le capigliature…

E poi, nel primo pomeriggio, le pecore vengono portate via. E’ ora anche per loro di andare a mangiare… A piccoli gruppi vengono fatte salire sui camion che le riporteranno a destinazione. Certo, non erano così tante come in passato, ma per chi, dall’Italia, per la prima volta assiste a questa fiera, sicuramente ce n’era un numero superiore a quello che può essere visto nelle (poche) fiere ovine che ancora si tengono da noi.

Ecco il momento in cui un altro gruppo sale sul camion. L’organizzazione è perfetta: un corridoio con le transenne, gli animali sono obbligati a salire e non possono scappare in nessun posto. Intanto continua a splendere il sole, una bellissima giornata autunnale, che garantisce la buona riuscita della fiera. Ancora un giro veloce tra le bancarelle per qualche acquisto, poi si rientra verso casa.

Una tappa al Col de Larche (o colle della Maddalena, sul lato italiano) è d’obbligo, visto che quest’anno almeno uno delle tante greggi francesi è ancora al pascolo quassù, proprio a fianco della strada. E qui allora qualche migliaio di pecore c’è…

Per concludere, vi segnalo un appuntamento in Francia al quale, per sovrapposizione di eventi, nemmeno quest’anno riesco a partecipare. Si tratta della festa della pecora brigasca a la Brigue il 19 ottobre.