Zecche & diserbanti (e altri problemi)

Continuo con gli arretrati sulle giornate al pascolo, anche se il gregge è ormai in montagna. Mettendo a confronto diverse chiacchierate fatte con amici anche in varie parti d’Italia, mi viene il dubbio che questo blog a volte venga frainteso. C’è chi lo guarda per avere una boccata d’aria fresca, per evadere dalle proprie incombenze quotidiane…

Certo, vedere le immagini del gregge è un piacere. Il lungo nastro bianco che al mattino si srotola alle spalle del pastore quando parte diretto verso nuovi pascoli… Sono io la prima ad aver subìto e a continuare a subire il fascino di tutto questo. Giorno dopo giorno però, dall’interno, uno vede meglio i problemi. Qualcuno è lì, sotto gli occhi, altri non li immagini nemmeno.

Dal tetto di una casa in costruzione dei muratori avevano commentato che quello era un “capitale che cammina”. Certo, il gregge è un capitale, ma che valore ha, quando lo devi vendere? Un gregge in cammino nel bosco, un’immagine senza tempo, lontana da tutto quello che è il XXI secolo, ma non è così. Il pastore deve vivere, sopravvivere alle tasse e alle spese relative alla gestione dell’azienda.

Molte persone scuotono la testa quando parlo di problemi, come se si trattasse di pessimismo legato al singolo caso. Ma non è così. Grandi e piccoli problemi quotidiani anche per chi fa questo mestiere. Il gregge era lì che pascolava sotto alla linea elettrica e arriva uno che si lamenta per le zecche. Non vuole che gli animali pascolino vicino a casa sua perchè l’anno precedente i suoi figli si erano presi le zecche. E’ inutile cercare di far capire che: 1) le pecore sono state sottoposte ad un trattamento contro i parassiti; 2) la pecora è un animale ospite, prendono le zecche perchè queste già sono presenti sul territorio; 3) i proprietari del prato vogliono che l’erba venga mangiata dagli animali (meglio il gregge del trattore!).

Gli animali mangiano, poi si coricano a ruminare, che ne sanno loro dei problemi del pastore? Andare o non andare in quel prato? In fondo quell’uomo non solo non ha ragione riguardo alle zecche, ma non ha nemmeno diritto di vietare l’ingresso al gregge su terreni non suoi. Che si può fare? Sperare che, al lunedì, sia al lavoro… così in poche ore le pecore passeranno, mangeranno e andranno oltre.

Per il momento intanto si ci si sposta verso altri pascoli. Le preoccupazioni immediate di giornata sono sempre quelle, sfamare gli animali, ma intanto ci sono conti da pagare, le tasse, qualcosa da acquistare. Magari il vagante ha meno spese rispetto a chi ha la stalla, ma vi posso assicurare che non c’è niente di semplice. Questo non è nemmeno un grosso gregge, quindi le entrate sono proporzionali… Avere il doppio di animali significa però più spese e più problemi (necessità di operai, difficoltà di reperire pascoli adeguati e sufficienti, problemi nella movimentazione…).

Un grosso gregge può far danni dove passa. Si parla di decrescita, di numeri compatibili con il territorio. Generalizzando, l’allevamento intensivo non è un modello da seguire, l’ideale è un piccolo allevamento, specialmente in montagna, specialmente nelle aree marginali. Come mai la maggior parte dei “piccoli” che conosco è in crisi? Diversificare, valorizzare, ma se sei da solo e se non hai fondi da investire, come fai?

Quanti di quelli che si fanno incantare dall’immagine della nascita degli agnelli si rendono conto di tutto questo? Ma non posso nemmeno passare il tempo a “piagnucolare” tutto il tempo su queste pagine. Tanto vale smettere di scrivere. Cosa dire a chi vuole iniziare questo mestiere? Quelli che già lo fanno da una vita, rispondono: “Fai altro!“, anche se poi si commuovono vedendo un ragazzino che lavora con passione con gli animali.

Il gregge pascola qualche ora sotto ad una villetta abbandonata nei boschi. Un’altra giornata di cielo azzurro e brezza frizzante. Uno lavora duramente, ha soddisfazioni concrete dal proprio lavoro, quel che chiederebbe è semplicemente ricevere anche il giusto riconoscimento per i prodotti ottenuti in modo tanto sano, genuino, eco-compatibile. E invece no, è lì che il meccanismo si inceppa e la poesia si dissolve.

Altro spostamento, perchè comunque il lavoro va fatto, sempre, quotidianamente, fino a quando le bestie ci sono. Che sia un gregge di pecore, o di capre, o una mandria di bovini. O arrivi all’estremo e li vendi davvero, o devi stringere i denti e resistere, chiedendoti anche perchè lo fai.

Perchè un tempo si lavorava onestamente e si progrediva, c’era il capitale che cammina, quello degli animali, e c’era quello da mettere da parte o da investire per migliorare. Il gregge è arrivato in un altro prato, ma anche in questo breve spostamento c’è stato un brivido.

I rovi lungo la strada non sono appassiti per il freddo delle ultime notti. E anche quelli intorno al prato. Qualcuno ha fatto abbondante uso di disseccante… Ci sarebbe da preoccuparsi ben più di questi prodotti che non delle zecche! Eppure ogni primavera per chi movimenta animali tra strade e campagne, il problema si ripresenta.

Cielo limpido, aria fresca, l’erba “invecchia”, ma il Pastore ha già calcolato di avere pascoli a sufficienza per arrivare al giorno in cui salirà in montagna.

Capite cosa intendo dire? Che c’è molto dietro queste immagini. Ci sono le piccole difficoltà quotidiane di ciascuno, la lamentela, l’animale che mangia l’erba diserbata e resta intossicato, l’agnello che nasce con una malformazione. Ma quello è “parte del gioco”. Poi ci sono tutti quelli che non ce la fanno più. Non sono fantasie e generiche lamentele, ma dati concreti. Si parla di 60 aziende agricole che chiudono ogni giorno. C’è chi lo fa per ragioni anagrafiche o di salute, ma c’è chi proprio non riesce più ad andare avanti.

Come avevo già scritto altre volte, non si può vivere di sola passione e il sistema attuale la passione la toglie a molti. “Ho venduto gli agnelli, mi ha dato poco, dice che non vanno…“. Ma se il macellaio li ritira, qualcosa comunque ne farà. E’ all’allevatore che arriva nelle tasche una miseria, specialmente se paragonata al lavoro svolto. Scusate per il pessimismo/realismo di questo post. Ma sono troppi a mandarmi messaggi entusiasti dove dicono di invidiare i pastori/allevatori.

Riflessioni sulla pericolosità delle pecore

Oggi vorrei riflettere qualche minuto con voi. Perchè, soprattutto in tempo di crisi, viene da domandarsi se forse tutto quello che stiamo vivendo non è dovuto un po' anche al distacco totale dalla realtà più vera, quella della terra, quella delle origini, del territorio. Parole abusate, parole con cui riempirsi la bocca, parole a cui raramente seguono i fatti. I sintomi di questo fenomeno sono un po' dappertutto, non sono di sicuro io la prima a parlarne, ma… restando agli argomenti trattati di solito da questo blog, volevo prendere spunto da due articoli che mi sono stati segnalati. Questo è di grande attualità ed infatti è successivo ai disastri provocati dal maltempo in Liguria. Un consigliere provinciale fa questa proposta: "Chiedo che la Regione crei una legge per il finanziamento dei piccoli allevatori che si occuperanno del pascolo degli animali nei fiumi aiutandoli non solo con finanziamenti ma anche mettendo a disposizione strutture adeguate alle loro esigenze".

Quest'immagine del torrente Chisone non si riferisce alle ultime piogge, ma ad eventi precedenti. E' vero, negli ultimi tempi si sono verificate anche precipitazioni eccezionali, in poche ore sono cadute quantità di acqua pari a quelle che normalmente dovrebbero distribuirsi nel corso di mesi. Però… Però i fiumi non sono più gestiti come una volta! Quante volte qui abbiamo parlato di fiumi e pastorizia? Decine e decine di volte! Anzi, questo blog alle origini è nato proprio per far conoscere questo problema, cioè la contrapposizione tra le aree protette lungo i fiumi ed i pastori vaganti.

Adesso c'è chi propone di tener puliti i fiumi pascolando ed addirittura chiede le strutture idonee per i pastori… Ma non c'è bisogno di strutture, di finanziamenti, ma solo di potersi avvicinare, ai fiumi! Qui lungo il Chisone non è parco (l'immagine sopra è stata scattata poche centinaia di metri sopra il ponte da cui è stata scattata la foto del fiume in piena), quindi bene o male si riesce a passare, ma altrove, nelle aree protette, è sufficiente che un gregge venga visto da lontano per far sì che arrivino i guardiaparco a farti andar via.

Lungo il Po è così dappertutto, io l'ho già sperimentato in tutte le province attraversate dal grande fiume: Cuneo, Torino, Vercelli, Alessandria. Cosa sono i gravi danni apportati alla flora ed alla fauna dalle pecore in confronto ad una piena, ad un'alluvione? Certo, dove gli animali scendono al fiume per bere potranno schiacciare un nido. Dove pascolano, potranno scortecciare una pianta, ma la vegetazione riparia non è fatta apposta, non è adattata al passaggio di eventi periodici che possono perturbarla? Un gregge è molto meno impattante di un'alluvione… E poi, magari, pulendo un po' dalla vegetazione l'alveo, non è forse che così l'acqua potrà scorrere con meno ostacoli?

Non sono le pecore a rimuovere tutto ciò che si accumula lungo il corso del torrente, del fiume. Loro potrebbero al massimo brucare erba, foglie, contenere gli arbusti. Ma, trasportati dai fiumi, in questi giorni abbiamo visto ben altro. Oltre a tonnellate di immondizia (ahimè), una gran quantità di legname.

Quante volte, d'estate, vi avevo mostrato le immagini di canaloni e letti di torrenti ancora invasi dai resti delle slavine dell'inverno? Legna che è rimasta lì, legna che nessuno ha rimosso. Legna che con le alluvioni è scesa a valle, ha fatto diga, si è accumulata contro i ponti. Un tempo non sarebbe successo, un tempo, quando non c'era la crisi, ma si era tutti più poveri, quella legna sarebbe servita. Adesso in alpeggio il formaggio con il fuoco a legna non lo puoi più fare… Porti su le bombole, consumando energia per il loro trasporto, la legna resta nei canaloni e non vai nemmeno più a tagliare i cespugli di rododendro, di ontano, per avere legnetti per accendere il fuoco. Non so, non capisco. C'è chi lo chiama ambientalismo, c'è chi lo chiama modernità, progresso. Vi invito anche a leggere le riflessioni sullo stesso tema pubblicate su Ruralpini qui.

L'ultima riflessione è su questo articolo. Nel Bellunese si vuole vietare la transumanza attraverso i paesi."la transumanza delle pecore, che al loro passaggio lasciano sul terreno odori e deiezioni che rendono complicato, per alcuni residenti, anche solo uscire di casa." Verrebbe da ridere, ci sarebbe da pensare ad uno scherzo, no? Capisco che ci si lamenti per i liquami sparsi in gran quantità sui campi, lì sì che l'odore può infastidire… Ma cosa resta sulla strada dopo il passaggio di un gregge? A Pont Canavese, a Novalesa vi ho mostrato delle feste della transumanza. A Barcellonette la fiera ovina si tiene nella piazza del paese. E di gente fuori di casa per vedere lo spettacolo ce n'era tantissima. Ci fosse davvero la crisi, la gente uscirebbe di casa con paletta e sacchetto a cogliere quelle deiezioni, così come raccontava mia nonna. Ai suoi tempi c'erano le corse per accaparrarsi quelle che muli e cavalli lasciavano dietro, per le strade di Torino.

Non c'è niente da festeggiare

A volte ci sarebbe tanto da dire, e invece tocca tacere. Anche scrivendo di pascoli, alpeggi, pastorizia si può incappare in vicende così delicate e scottanti che uno non sa più se è meglio lasciarle lì in attesa di sviluppi o tirarle fuori all'onor del mondo. Comunque… In uno dei due casi meglio guardare ai risultati finali, tralasciando le polemiche che verrebbe voglia di sollevare. Nell'altro aspettiamo le decisioni di chi di dovere con quel poco di fiducia che resta (nello Stato, nelle Amministrazioni, nel buon senso…).

Lo spirito comunque non è dei migliori e non sono solo io a pensarla così. Quando le cose vanno male, è giusto fare festa? Magari sì, per distrarsi un attimo e pensare che, nonostante tutto, la vita può ancora essere bella e ci si può divertire lo stesso, anche se dopo i problemi sono ancora tutti lì ad attenderti. Non devono però averla pensata così i margari che dovevano partecipare alla transumanza in Valle Po oggi e domani. Infatti quest'anno la manifestazione non si terrà (qui e qui su targatoCN due articoli in merito). Si dice che non si poteva garantire la presenza delle mandrie per motivi personali ed economici dei magari stessi. La voce ufficiosa che circola riguarda l'esiguo prezzo di vendita dei vitelli, poche centinaia di euro per un vitello di razza piemontese, praticamente nemmeno ci si ripaga i costi (meno che mai se si è dovuto ricorrere ad un parto cesareo, per non parlare poi dell'alimentazione e tutto il resto).
Se ne parla abbastanza di queste cose? Penso proprio di no. Dovrebbero scendere in piazza tutti, gli allevatori, per denunciare i mille problemi che li affliggono. Quante riflessioni ci sarebbero da fare…
Affitti di alpeggi con contratti annuali che diventano un vero e proprio incubo in relazione non solo alla possibilità di trovare una sede per l'estate, ma anche agli impegni sottoscritti per ottenere i contributi. Per farla breve, se per i 5 anni di durata di tale impegno non hai la stessa superficie di alpeggio e lo stesso numero di animali, non solo perdi i contributi, ma devi restituire quelli percepiti. E gli allevatori questi soldi non li mettono in banca, ma li usano per pagare le spese sostenute… Questo è solo un esempio.

Oggi niente foto, vi lascio meditare su quello che vi ho raccontato, e sono solo alcune tra le tante cose di cui bisognerebbe parlare.