Si è perso il legame con le radici

Credo che questo sarà un post che farà molto discutere perchè già su Facebook abbiamo dibattuto a lungo sull’argomento. Ben vengano i commenti e le impressioni di tutti voi, perchè mi piace confrontarmi e capire la ragione delle cose. Quello che è scontato per me, non lo è per altri e quindi…

Veniamo al fatto, o meglio, al luogo dove si è verificato. Gregge al pascolo nella campagna, zona dove campi e prati si alternano a cascine e case “residenziali”, frammisti a qualche frutteto. Una realtà rurale e non altamente urbanizzata. Non è insolito incontrare greggi, nel giro di pochi chilometri ce n’è almeno un paio che, anno dopo anno, transitano da quelle parti per un periodo di pascolamento anche abbastanza lungo (alcune settimane o anche un paio di mesi) Quindi la gente che abita lì dovrebbe avere l’abitudine a vedere il gregge, il pastore, le reti, i cani, vedere gli spostamenti a piedi lungo le strade secondarie. Con i padroni dei prati c’è il contatto diretto, con “gli altri” invece purtroppo è cosa rara. Anzi, capita di parlare con la gente più frequentemente quando sei in zona a maggiore densità di case, perchè la curiosità per l’insolito evento porta mamme, bambini e semplici passanti a fermarsi e scambiare quattro chiacchiere.

Il fatto invece è questo: il pastore sta per spostarsi. Quel giorno non ha aiutanti extra, quindi lascia il socio a custodire il gregge e porta avanti l’auto e le reti, poi torna indietro a piedi. Quando arriva, c’è una capra che ha partorito. Lei non può seguire il gregge, quei primi momenti con il capretto sono fondamentali: lo deve leccare, lui si alzerà per poppare il primo latte, farà i primi passi malfermi. Il pastore quindi prende una rete, fa un recinto provvisorio dentro cui lasciare madre e piccolo temporaneamente, poi sposta il gregge e ritorna il prima possibile con il furgone per caricare gli animali. Il timore può essere quello di arrivare e non trovare più la rete e gli animali (i furti non sono cosa infrequente, ahimè!), ma nessuno pensava di trovare una signora con il telefono in mano.

Meno male che è arrivato… Stavo per telefonare ai vigili, quella povera bestia lì abbandonata…!”. Di qui in avanti lo spazio alle riflessioni. Per chi è “del mestiere”, la reazione è quella di: a) stupore; b) sorpresa; c) rimanere a bocca aperta perchè non è possibile che succeda una cosa del genere. Qualcuno, su facebook, mi ha detto che avrei dovuto essere contenta per l’interesse del prossimo. Sì, se avessi perso un agnello o un capretto (cosa che talvolta succede quando restano addormentati magari in un fosso o in un posto dove sfuggono alla vista). Ma una capra recintata con le reti???? Con il capretto visibilmente appena nato?????? Se uno conoscesse un minimo il corso della natura, innanzitutto capirebbe che cosa è “successo”. Seconda cosa, intuirebbe che il pastore ha agito così per il bene degli animali e quindi prima o dopo tornerà.

La mia paura è che sempre più gente ignorante (che ignora, che non sa, che non conosce) si prenda la briga, stimolata anche da certe trasmissioni TV che presentano gli allevatori come biechi delinquenti che maltrattano gli animali, di intervenire a sproposito nel lavoro altrui. Io, se non so, prima di “chiamare i vigili”, cerco di capire. Al massimo chiedo alla cascina vicino: “Scusate, c’è una capra là, dov’è andato il pastore?“. Oppure seguo la traccia delle pecore, non è difficile farlo. In quale altro mestiere la gente si permette di andare a sindacare su ciò che fai come invece sta accadendo sempre di più con gli animali? Non confondiamo il “tener bene” con l’umanizzare le loro esigenze. Se per il parto umano occorre assistenza, per quello animale, salvo gravi imprevisti, la pecora, la capra, cercano quasi di isolarsi per dare alla luce il piccolo ed è meglio non disturbarle nei primi attimi di vita.

C’è un gran bisogno di corretta informazione, non solo i bambini non sanno più da dove viene il latte o le uova, ma anche gli adulti hanno perso totalmente il contatto con le radici. I documentari ci dicono tutto sulla gazzella di thompson, ma non sappiamo nulla degli animali che una volta quasi tutti allevavano in casa. Il guaio è che non sappiamo nemmeno vederli per quello che sono, quando li incontriamo. Riporto un po’ di commenti da facebook, tanto per mettere a confronto diversi punti di vista di persone che comunque hanno in qualche modo un contatto con me e (presumo) conoscano anche questo blog. Alcuni sono a loro volta allevatori: “Di gente così che n’è… anzi a volte anche peggio!! Pensate che quest’estate i villeggianti che affittano dove sono io hanno avuto il coraggio di chiedermi di togliere la corrente dalla griglia dove c’erano le pecore perchè altrimenti il loro cane prendeva la scossa!!

Forse non c’è più “comunicazione” tra le persone. Quando ero piccola io, ricordo, i pastori passavano sempre nello stesso periodo, sempre per le stesse strade e la gente li conosceva… i bambini, i ragazzi erano “educati” anche al rispetto (e al timore) del gregge, dei cani e del lavoro del pastore… non era una cosa “strana”, faceva parte della vita un paio di volte all’anno…  Adesso c’è questa divisione netta tra chi fa una vita stanziale e chiusa nelle quattro mura e con un eccesso di zelo verso i “poveri” animali e chi con gli animali, ci sta tutto il giorno e magari per lavoro si deve anche barcamenare fra varie incombenze…  Nel mio piccolo, tempo fa, ho portato dal veterinario la cagnolina (5 kg) di casa (che se non sta sul divano è in braccio al padrone) e poi sono scappata a prendere il pane, logicamente l’ho lasciata in auto… con l’ansia che qualcuno chiamasse i vigili!”. Quest’amica ha centrato in pieno il problema, a volte sei costretto a fare delle cose non al 100% regolari, ma appunto stai cercando di fare il massimo per riuscire a fare tutto. Magari hai le pecore in un punto pericoloso, magari devi poter attraversare una strada prima che venga notte o chissà cos’altro! “Allora non sono l’unico! L’anno scorso mentre passavo sotto i palazzi di una città un simpatico ometto mi ha chiamato la protezione animale perchè maltrattavo e sovraccaricavo gli asini. Adesso non so se caricare sul dorso di un asino 4 reti o 8 agnellini sia maltrattamento, però dopo una giornata a litigare con le guardie ce l’ho fatta a fargliela capire e all’ometto gli ho detto che era ora d levarsi visto che stava diventando scuro…“, racconta un giovane pastore vagante della Lombardia. E purtroppo potrei raccontarvi decine e decine di episodi che dimostrano come, oltre a dover fare il loro lavoro, gli allevatori (pastori e non) debbano sempre più combattere contro persone che si intromettono senza conoscere la realtà.

  1. Purtroppo va così, la televisione ha sterilizzato il mondo e lo ha riempito di animalisti in poltrona, seriamente preoccupati per lupi ed orsi, molto, molto meno per l’Uomo di montagna. Così dopo due settimane di pioggia, quando il fango ti è filtrato sottopelle e il freddo si preso cura di ogni tuo osso, dopo che hai pregato, implorato, bestemmiato, pianto, dopo che finalmente hai raccolto le tue bestie… chi ti arriva alle spalle… ma lui naturalmente, l’amico degli animali con il suo caldo giaccone da mille euro e le sue calde scarpe di vacchetta. L’amico degli animali alza il ditino ammonitore, vero che non lascerai più le tue pecore all’aperto, vero che me lo promette… E tu umiliato dopo quaranta anni di lavoro gli dici di si perché se provi a reagire in qualche modo diventi il bieco torturatore, gli dici di si perché pensi a tua figlia a scuola, gli dici di si perché pensi a tua moglie che per anni ti chiesto di trovarti un lavoro serio (ora non lo fa più perché il lavoro non esiste più). Gli dici di si e pensi che se ci fosse ancora tuo padre con la sua grande festa dell’uccisione del maiale finiremmo tutti in galera.
    PS amo i lupi e gli orsi ma amo di più gli uomini delle montagne che difendono la proprie esistenza quassù. Grazie a scusa l’intrusione.

  2. In questo mondo ormai sono tutti sapienti. Quando facevamo misure di rumore in giro per i paesi avevamo giusto il tempo di parcheggiare il mezzo che subito arrivava l’esperto di turno, pronto a dire la sua su cosa facevamo e sul perché ci stavamo sbagliando a fare che che stavamo facendo. Un popolo di consulenti, critici, sfaccendati, faccendieri e allenatori di qualunque sport e bandiera. Gente che deve pontificare, giudicare e denunciare per onorare il suo ego microscopico. Non serve a nulla chiedergli di farsi gli affari loro, sarebbe come metterli davanti alla loro ignoranza. E a urlargli dietro “Vatla a piè ‘n tal c…” si rischia solo la denuncia per molestie e mille noie, a dir poco. Il fatto è che anche vigili e carabinieri farebbero volentieri a meno di questi sapientoni, eppure per dovere di carica gli tocca dargli ascolto…

  3. Non penso che c’entrino le radici. Forse intendevi dire l’alienazione dell’uomo verso la natura, verso il mondo selvatico.

    Marzia, credo che quell’atteggiamento, di eccessiva premura, nasca semplicemente dal fatto che oggi il rapporto con gli animali è soprattutto vissuto con i cani ed i gatti (non dovrei sbagliarmi a sostenere che sono diffussisimi tra le mura domestiche). Cani e gatti che hanno funzione soprattutto una funzione terapeutica (ci fanno compagnia e ci aiutano a sentirci meno soli ed inutili….non certo ci servono per tirare a campare dal punto di vista lavorativo…).

    E’ l’eccessivo addomesticamento, sia del genere umano che di certi animali, che ci ha ridotti così “distanti” dall’ambiente selvatico.

    Proprio parlando di questi animali, oramai terribilmente “umanizzati”, come non farci venire in mente che addirittura ci sono persone che li portano dagli psicologi (fai ricerca su Google…)?

    Potrei andarci pesante citando un libro che tratta delle perversione umane….tra cui rientra anche quello relativo al rapporto malato verso gli animali domestici.

    Meglio non rovinarci la giornata.

    • no, no, proprio le radici rurali. quelle che ci danno da mangiare! penso che chi oggi abita in campagna, come quella signora, facilmente ha avuto bestie in casa fino ad un paio di generazioni fa, al massimo.

      …portano il cane dallo psicologo e non si rendono conto che sono loro ad avergli creato lo stress umanizzandolo e costringendolo a cose che, nella sua natura di cane, non farebbe!

  4. Secondo me ha ragione Marzia: si sta perdendo tutto. Bisognerebbe seriamente fare dei corsi o delle lezioni per far conoscere questo mondo così antico e tradizionale. Non solo però il mondo del pastore, ma anche quello a noi più scontato costituito dalle aziende ormai industrializzate quali sono quelle di vacche da latte, suini o quant’altro, che per molti sono oggetto di poco interesse.
    Durante i nostri spostamenti troppa gente mi si è avvicinata facendomi domande alquanto banali, pensando invece di aver trovato “il quesito difficile” a cui , forse, neanche il pastore sa rispondere.
    A volte ciò mi rattrista perché sono comunque cose che fanno parte di noi, sono il nostro passato. Non si può rinnegare il passato ma anzi mantenerlo, non a caso nelle scuole si studia la storia. E’ necessario studiare la nostra storia perché: “Un mondo senza storia è come una casa senza fondamenta”!!.

      • Concordo in pieno… pensa che anche io ho perso qualcosa. Forse è proprio questo progresso che ci porta a escludere alcune nozione (non so, sto ipotizzando). Anche mio papà spesso sconsolato mi dice che non si ricorda alcune parole nel nostro dialetto (figurati io!). Non dico di dover reintrodurre nelle scuole anche questa vecchia lingua, come volevano fare un po’ di tempo fa, però un minimo di conoscenza su tutto ci vorrebbe! E’ dai bambini da cui si deve cominciare, ormai gli adulti sono “persi”.

  5. Queste cose confermano il fatto che al mondo siamo tutti utili: come farebbero i supermercati a rifilare vacche di 20 anni chiamandole (propriamente) bovino adulto?
    Un signore scollegato dalle proprie radici dinnanzi ai miei manzi mi dice: ma quando vado a comprare del bovino adulto che cosa mi danno? Io lo rassicuro dicendogli “sicuramente non la fregano” e mi spiego meglio con un paragone umano.
    Vede: Una femmina di umano prima é una bambina = VITELLINA poi diventa una ragazza = vitella; dopo di che a circa 20 ANNI diventa ADULTA = scottona o giovenca a seconda che si sia accoppiata o meno. A 80 anni è ancora sempre una persona ADULTA. Nel caso lei amoreggi con una persona di 20 anni o di 80 lo ha sempre fatto con una ADULTA, a lei la scelta.

  6. E tu pensa se quella capra era legata stetta ad una pianta… come si fa per farla abituare ad un capretto che non vuole… chissà cosa avrebbe combinato quella signora “premurosa”…
    Al giorno d’oggi, con tutte le possibilità che ci sono, le persone dovrebbero avere una cultura superiore e capire un pochettino (o almeno cercare di capire) anche le cose che non conoscono direttamente, invece è sempre più pieno di sapientoni imbecilli… forse una volta le persone erano un po’ più umili e avevano un po’ più di rispetto…

    • vaglielo a spiegare… una volta c’era una su internet che aveva aperto apposta un blog per denunciare un pastore che aveva degli agnelli “scuoiati vivi”. semplicemente era stata “messa la pelle” di un agnello morto per cause naturali durante e subito dopo il parto ad un altro agnello, per farlo adottare dalla mamma rimasta senza piccoli…

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